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Reiterazione contratti a termine: decadenza e danni

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di abusiva reiterazione di contratti a termine, il termine di decadenza per impugnare l’intera sequenza decorre dalla cessazione dell’ultimo contratto. Un lavoratore ha perso il diritto al risarcimento del danno perché non ha impugnato tempestivamente nemmeno l’ultimo rapporto di lavoro, rendendo la sua domanda inammissibile.

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Reiterazione Contratti a Termine: La Cassazione sui Termini di Decadenza

Nel complesso mondo del diritto del lavoro, i termini per agire in giudizio sono cruciali. Perdere una scadenza può significare perdere un diritto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sulla reiterazione contratti a termine e su quando scatta il termine di decadenza per contestarne l’abuso e chiedere il risarcimento del danno. La pronuncia sottolinea l’importanza di un’azione tempestiva da parte del lavoratore per tutelare la propria posizione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un addetto ai lavori idraulico-forestali impiegato da un’Amministrazione Regionale attraverso una lunga serie di contratti a tempo determinato, succedutisi dal 1989 al 2014. Il lavoratore ha agito in giudizio per far accertare l’illegittimità di tale prassi, sostenendo che la continua reiterazione contratti a termine costituisse un abuso e chiedendo il risarcimento del danno.

Inizialmente il Tribunale gli aveva dato parzialmente ragione. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, accogliendo l’eccezione dell’Amministrazione e dichiarando il lavoratore decaduto dal diritto di impugnare i contratti. Secondo i giudici di secondo grado, ogni contratto avrebbe dovuto essere contestato entro un breve termine dalla sua scadenza. Poiché il lavoratore non aveva fornito prova di alcuna impugnazione, nemmeno per l’ultimo contratto cessato nel 2014, la sua domanda è stata respinta integralmente.

La Reiterazione Contratti a Termine e la Decisione della Cassazione

Il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il termine di decadenza non fosse applicabile alla sua richiesta di risarcimento per superamento del limite massimo di durata dei contratti (36 mesi). La Suprema Corte, pur correggendo in parte la motivazione della Corte d’Appello, ha confermato il risultato finale: il ricorso è stato rigettato.

La Corte ha stabilito un principio di diritto fondamentale: quando si contesta l’abusiva reiterazione contratti a termine, la sequenza contrattuale va considerata come un unico fatto illecito. Di conseguenza, il termine di decadenza per l’impugnazione non decorre dalla fine di ogni singolo contratto, ma dalla cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro della serie.

Le Motivazioni

Il cuore della pronuncia risiede nell’interpretazione dell’articolo 32 della legge n. 183/2010. La Cassazione ha chiarito che l’onere di impugnazione, a pena di decadenza, si applica a tutte le ipotesi di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, inclusa quella derivante dalla successione abusiva di più contratti. La ratio della norma è garantire la certezza delle situazioni giuridiche, stabilendo tempi brevi e certi per contestare la legittimità di un contratto a termine.

I giudici hanno spiegato che l’impugnazione tempestiva dell’ultimo contratto è sufficiente a contestare l’intera sequenza. La serie di contratti precedenti costituisce il “dato fattuale” che dimostra l’abuso, ma l’atto giuridico da impugnare è l’ultimo. Nel caso specifico, la Corte d’Appello, pur avendo errato nel considerare la decorrenza del termine da ogni singolo contratto, aveva correttamente rilevato che il lavoratore non aveva impugnato nemmeno l’ultimo contratto, cessato il 10 novembre 2014, entro i termini di legge. Questo accertamento di fatto, non contestato in Cassazione, ha reso la domanda inammissibile e ha sancito la perdita del diritto al risarcimento.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha implicazioni pratiche significative per i lavoratori precari. Chi intende contestare una serie di contratti a termine deve agire con prontezza. Il principio chiave è che per far valere l’abuso e chiedere i danni, è indispensabile impugnare formalmente (con una lettera o depositando un ricorso) l’ultimo contratto della serie entro il termine di decadenza previsto dalla legge (generalmente 60 o 120 giorni dalla sua cessazione, a seconda dei casi). Omettere questo passaggio preclude la possibilità di ottenere tutela giudiziaria per l’intera catena di rapporti di lavoro, anche se protrattasi per decenni. La decisione ribadisce che la certezza del diritto richiede che le contestazioni siano sollevate entro scadenze precise, consolidando le situazioni giuridiche non tempestivamente contestate.

Quando inizia a decorrere il termine di decadenza per impugnare una serie di contratti a termine ritenuti abusivi?
Il termine di decadenza per contestare l’intera sequenza contrattuale decorre dalla data di cessazione dell’ultimo contratto stipulato tra le parti.

È necessario impugnare ogni singolo contratto a termine per contestare la loro reiterazione abusiva?
No, non è necessario. Secondo la Corte di Cassazione, è sufficiente impugnare tempestivamente l’ultimo contratto della serie, poiché tale impugnazione permette di far valere l’illegittimità dell’intera sequenza pregressa.

L’azione per il risarcimento del danno per abusiva reiterazione di contratti a termine è soggetta a un termine di decadenza?
Sì. L’azione per ottenere il risarcimento del danno presuppone l’accertamento dell’illegittimità della reiterazione dei contratti. Tale accertamento è subordinato all’impugnazione dell’ultimo contratto entro il termine di decadenza. Se non si rispetta tale termine, si perde il diritto di agire anche per il risarcimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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