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Reiterazione contratti a termine: Cassazione e scuola

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11341/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di reiterazione di contratti a termine nel settore scolastico. La Suprema Corte ha chiarito che l’abuso nel rinnovo dei contratti precari sussiste quando questi sono utilizzati per coprire esigenze stabili e durature, come le cattedre vacanti, per un periodo superiore a 36 mesi. Ciò vale anche se il docente ha prestato servizio in istituti scolastici diversi. La sentenza ha cassato la decisione della Corte d’Appello che aveva negato il risarcimento proprio su questo presupposto, rinviando per un nuovo esame. È stato invece confermato il termine di prescrizione quinquennale per le rivendicazioni economiche relative all’anzianità di servizio.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Reiterazione Contratti a Termine nella Scuola: Sì al Risarcimento Anche se Cambi Sede

La Corte di Cassazione interviene nuovamente sul tema del precariato scolastico, offrendo un’importante tutela ai docenti assunti con contratti a tempo determinato. Con una recente ordinanza, è stato stabilito che la reiterazione di contratti a termine per coprire cattedre vacanti è abusiva e dà diritto al risarcimento del danno, anche qualora il docente abbia cambiato più istituti scolastici nel corso degli anni. Questa pronuncia chiarisce un aspetto fondamentale, spesso utilizzato per negare le tutele ai lavoratori precari della scuola.

I Fatti del Caso: Anni di Precariato e la Battaglia Legale

Il caso riguarda un docente che per anni ha lavorato per il Ministero dell’Istruzione attraverso una serie di contratti a tempo determinato, a partire dal 1984. Il docente, dopo aver accertato l’illegittimità di questa prassi, aveva ottenuto in primo grado il diritto al risarcimento del danno (quantificato in 15 mensilità) e al riconoscimento delle differenze retributive legate all’anzianità di servizio.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva parzialmente riformato la decisione. Pur riconoscendo il diritto alla progressione economica, aveva negato il risarcimento, sostenendo che non vi fosse stato un abuso poiché il docente aveva prestato servizio presso istituti scolastici sempre diversi. Secondo i giudici di secondo grado, questa circostanza escludeva la configurabilità di un abuso sistematico da parte dell’amministrazione. Contro questa sentenza, il docente ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione: Un Principio Fondamentale

La Suprema Corte ha accolto le ragioni del docente, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame. Il principio affermato è di grande rilevanza e si basa su un’interpretazione della normativa europea e nazionale conforme alla tutela del lavoratore.

L’errore della Corte d’Appello: perché cambiare scuola non esclude l’abuso?

Il punto centrale della decisione è che aver lavorato in scuole diverse è un elemento irrilevante per valutare l’abuso nella reiterazione di contratti a termine. Ciò che conta, secondo la Cassazione, è la natura delle esigenze che tali contratti andavano a soddisfare. Nel caso di specie, si trattava di supplenze annuali (dal 1° settembre al 31 agosto) su posti vacanti e disponibili. Queste cattedre non rispondono a esigenze temporanee e imprevedibili, ma a un fabbisogno stabile e permanente dell’amministrazione scolastica. Utilizzare contratti a termine per coprire questi posti in modo sistematico per oltre 36 mesi costituisce un abuso, a prescindere dalla specifica scuola di assegnazione.

Reiterazione contratti a termine e diritto al risarcimento

La Corte ha ribadito che, in applicazione della direttiva 1999/70/CE, è illegittima la reiterazione di contratti a termine per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili per un periodo complessivo superiore a 36 mesi. In tali casi, il lavoratore che non sia stato stabilizzato ha diritto a un risarcimento del danno, come già stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 5072 del 2016.

La questione della prescrizione: cinque anni, non dieci

La Cassazione ha invece respinto il motivo di ricorso del docente relativo alla prescrizione. Il lavoratore sosteneva che la richiesta di equiparazione stipendiale, essendo di natura risarcitoria, dovesse essere soggetta alla prescrizione ordinaria decennale. La Corte ha confermato il proprio orientamento consolidato: le differenze retributive basate sul principio di non discriminazione soggiacciono alla prescrizione breve di cinque anni (art. 2948 c.c.), poiché si tratta di pagamenti che devono essere effettuati periodicamente. Applicare un termine più lungo creerebbe una discriminazione “alla rovescia” a favore del lavoratore a termine rispetto a quello a tempo indeterminato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte fonda la sua decisione sul principio secondo cui l’analisi dell’abuso non può fermarsi a un dato formale come il cambio di istituto. L’accertamento deve essere condotto sulla sostanza, verificando se l’amministrazione abbia utilizzato lo strumento del contratto a termine per far fronte a esigenze permanenti e durature, eludendo di fatto l’obbligo di assunzione a tempo indeterminato. Il fatto che i contratti fossero di tipo annuale su posti vacanti è un indice sintomatico di tale abuso. La Corte territoriale, limitandosi a valorizzare il cambio di sede, ha applicato un parametro giuridicamente errato, omettendo di compiere la necessaria valutazione sulla durata e sulla qualificazione dei singoli incarichi. Per quanto riguarda la prescrizione, la Corte ha fatto riferimento alla recente pronuncia delle Sezioni Unite (n. 36197/2023), la quale ha confermato che la prescrizione dei crediti retributivi nel pubblico impiego decorre dal momento in cui il diritto sorge, senza alcuna sospensione legata al timore del lavoratore di subire ritorsioni (il cosiddetto “metus”).

Le Conclusioni: Cosa Cambia per i Docenti Precari

Questa ordinanza rafforza la tutela dei docenti precari, chiarendo che il diritto al risarcimento per l’abusiva reiterazione di contratti a termine non può essere negato solo perché si è prestato servizio in scuole diverse. La valutazione deve concentrarsi sulla natura dei posti ricoperti: se si tratta di cattedre vacanti e disponibili, che quindi esprimono un’esigenza duratura del sistema, il loro superamento per più di 36 mesi con contratti a termine è illegittimo. Per i docenti, ciò significa avere uno strumento in più per far valere i propri diritti e ottenere un giusto ristoro per anni di precariato. Resta fermo, invece, il termine di cinque anni per agire in giudizio al fine di recuperare le differenze retributive maturate.

Un docente con contratti a termine in scuole diverse può chiedere il risarcimento per abuso?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il fatto di aver lavorato in istituti scolastici diversi è irrilevante ai fini della valutazione dell’abuso, se la reiterazione dei contratti a termine è servita a coprire esigenze stabili e permanenti, come cattedre vacanti, per oltre 36 mesi.

Qual è il termine di prescrizione per le differenze retributive dovute all’anzianità di servizio?
Il termine di prescrizione è quinquennale, come previsto dall’art. 2948 del codice civile. La Corte ha rigettato la tesi secondo cui dovrebbe applicarsi il termine ordinario decennale, equiparando tali crediti a pagamenti periodici.

La reiterazione di contratti a termine è sempre illegittima?
No. L’illegittimità e l’abuso si configurano quando la successione di contratti a termine viene utilizzata per soddisfare esigenze non temporanee ma permanenti e durature dell’amministrazione, superando una soglia di durata complessiva (nel settore scolastico, 36 mesi), in violazione della normativa nazionale ed europea.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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