Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11342 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11342 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 17064/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME c.f. LTTNCL59E05F839C, COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
contro
NOMECOGNOME c.f. MRGPLA49E47F839J, in proprio e in qualità di procuratrice speciale di DELLA COGNOME c.f. DLLPTR55H29H501Q, NOMECOGNOME c.f. MRGSVN53H62F839B, COGNOME NOMECOGNOME c.f. MRMMRN60E54F839N, rappresentate e difese dall’avv. NOME Buono controricorrenti
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, NOME
avverso la sentenza n.1133/2023 della Corte d’ depositata il 14-3-2023, intimati appello di Napoli,
OGGETTO:
reintegrazione nel possesso
RG. 17064/2023
C.C. 16-4-2025
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16-42025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ha chiesto al Tribunale di Napoli sezione distaccata di Ischia di essere reintegrata nel possesso o compossesso del cortile che conduceva alla sua abitazione in INDIRIZZOIschia al INDIRIZZO lamentando che NOME COGNOME avesse apposto un paletto chiuso con lucchetto che impediva l’uso e il passaggio e Ischia RAGIONE_SOCIALE avesse invaso il cortile con materiali edilizi e attrezzatture; ha chiesto che fosse eliminato il paletto o in subordine le fossero consegnate le chiavi e fossero rimosse le cose.
Assunte sommarie informazioni, con decreto inaudita altera parte il Tribunale ha ordinato la rimozione dei materiali e la consegna delle chiavi del paletto. Instaurato il contraddittorio, rimasta contumace Ischia RAGIONE_SOCIALE e costituitasi NOME COGNOME il Tribunale ha revocato il decreto con ordinanza, avverso la quale è stato proposto reclamo ex art. 669-terdecies cod. proc. civ. accolto dal Collegio.
Instaurato il giudizio di merito, si costituivano, quali eredi della convenuta NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in persona della procuratrice NOME COGNOME mentre non si costituivano gli altri eredi NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME. Con sentenza n.8781/2017 depositata il 4-8-2017 il Tribunale di Napoli sezione distaccata di Ischia ha accolto il ricorso e confermato l’interdetto possessorio reso dal Collegio in sede di reclamo ; per l’effetto ha ordinato ai convenuti NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME di reintegrare la ricorrente nel compossesso e nella pratica di passaggio pedonale e carrabile del
cortile e del percorso che lo precedeva, mantenendolo sgombro e consegnando la chiave del paletto apposto all’ingresso del cortile.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME in proprio e quale procuratrice di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello, al quale hanno resistito NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME. Con sentenza n. 1133/2023 depositata il 14-32023 la Corte d’appello di Napoli ha accolto l’appello e per l’effetto ha rigettato la domanda di reintegra nel possesso, compensando le spese di lite tra le parti costituite. La sentenza ha dichiarato che la ricorrente NOME non aveva fornito prova sufficiente relativa all’esercizio di possesso attuale -in ordine all’esercizio del passaggio sul cortile con vettura, mentre non era mai stata in contestazione la possibilità di accedere a piedi- nel 2001, e cioè al momento del contestato spoglio.
3.NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo, svolto sia ai sensi del n. 3 che ai sensi del n. 5 dell’art. 360 co. 1 cod. proc. civ.
NOME COGNOME in proprio e in qualità di procuratrice speciale di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di erede universale di NOME COGNOME, hanno resistito con controricorso.
Le altre parti sono rimaste intimate.
Il 12-2-2024 il consigliere delegato ex art. 380-bis cod. proc. civ. ha depositato proposta di definizione accelerata del giudizio nel senso di dichiararne l’inammissibilità o comunque manifesta infondatezza e il 20-3-2024 il difensore dei ricorrenti munito di nuova procura speciale ha chiesto la decisione del ricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e a ll’esito della camera di consiglio del 16-4-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente si dà atto che, in ragione dell’esito del giudizio, non si pone questione sulle modalità di esecuzione della notificazione del ricorso per cassazione alle parti rimaste intimate, in applicazione del principio sulla ragionevole durata del processo, che impone di evitare condotte che ostacolino una sollecita definizione del giudizio, tra le quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale, non giustificata dalla struttura dialettica del processo; ingiustificata sarebbe nella fattispecie la fissazione di termine per rinnovare le notifiche non andate a buon fine o per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti non destinatari di notificazione, in quanto la fissazione di tale termine si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. Sez. 1 11-3-2020 n. 6924 Rv. 657479-01, Cass. Sez. 6-3 17-6-2019 n. 16141 Rv. 654313-01, Cass. Sez. 2 21-5-2018 n. 12515 Rv. 648755-01).
2. L’unico motivo di ricorso è intitolato: ‘Articoli 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., 1140-1168 c.c. e 115 c.p.c. a.Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto sugli oneri probatori nelle questioni di possesso uti dominus di un cortile che costituisce unico accesso all’abitazione della ricorrente e, consequenziale e connesso, b.omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, concernenti tale possesso, che sono stati oggetto di discussione tra le parti, risultanti sia da documentazione di oggettiva valenza sia da esami testimoniali’. I ricorrenti sostengono che erroneamente la sentenza abbia dichiarato che per ottenere la tutela possessoria fosse necessario che il ricorrente esercitasse possesso attuale al momento della molestia o dello spoglio, in quanto era sufficiente la prova dell’utilizzo del passaggio in epoca prossima allo
spoglio; lamentano che erroneamente la sentenza abbia ritenuto rilevante la prova del passaggio solo con mezzo proprio della ricorrente, così ritenendo che si trattasse di possesso di servitù di passaggio carrabile esclusivamente con mezzo proprio; aggiungono che nella fattispecie si trattava di possesso uti dominus, più ampio del possesso al quale sembra riferirsi la sentenza impugnata. Quindi lamentano che la sentenza impugnata, sulla base di tali erronei presupposti, abbia omesso la valutazione di gran parte del compendio probatorio, pretendendo la prova unicamente del passaggio con la propria vettura nell’area in questione nel novembre 2001; dichiarano che non è stato considerato il dato che il cortile costituisce l’unico accesso all’abitazione, che è stata trascurata la lettera 5-10-2001 con la quale NOME COGNOME aveva esibito titolo di proprietà sulla corte in questione, che non sono state considerate le dichiarazioni dei testimoni e in particolare del teste NOME COGNOME il quale aveva detto di avere parcheggiato il suo motocarro nel cortile nell’estate 2001, nonché dei testi NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME. Sulla base delle dichiarazioni di tali testimoni i ricorrenti sostengono che la Corte d’appello abbia erroneamente preteso, come unica prova, l’attraversamento con la propria vettura dell’area in questione da parte di NOME COGNOME nel novembre 2001, trascurando qualsiasi circostanza che desse prova della signoria sulla cosa diversa dall’attraversamento con mezzo proprio, nonos tante tale prova fosse agli atti.
3.Il motivo è manifestamente infondato.
I ricorrenti sostengono che la domanda di reintegrazione del possesso fosse stata svolta a tutela del possesso uti dominus del cortile e, diversamente, la sentenza impugnata ha interpretato la domanda come volta a lamentare lo spoglio del possesso sul cortile per non potervi transitare con veicoli al fine di raggiungere la propria
abitazione; la sentenza ha dato altresì atto che non era mai stata in contestazione la possibilità di accedere a piedi e non ha mai fatto riferimento a un diverso contenuto del possesso del quale si lamentasse lo spoglio. A fronte di questa interpretazione della domanda data dalla sentenza impugnata, i ricorrenti avrebbero dovuto in primo luogo, nel rispetto della previsione dell’art. 366 co. 1 n. 6 cod. proc. civ., specificamente indicare il contenuto dei propri atti processuali dai quali risultasse che la domanda non era stata svolta lamentando lo spoglio del possesso nei termini ritenuti dalla sentenza impugnata, ma allegando l’esistenza del possesso di contenuto più ampio al quale fanno riferimento nel ricorso; quindi, avrebbero dovuto formulare motivo di ricorso finalizzato a censurare l’interpretazione data dal giudice di merito alla domanda e alla sua estensione.
In mancanza di ciò, rimane indiscutibile il dato posto dalla Corte d’appello a fondamento della decisione, riferito al fatto che l’azione di reintegrazione è stata proposta in ragione dello spoglio del possesso del cortile, in quanto non più utilizzabile per il passaggio con veicoli. A fronte di questo dato e del fatto che la controparte aveva contestato l’esercizio di quel possesso, la sentenza si sottrae a ogni critica dei ricorrenti, laddove ha dichiarato che era onere della ricorrente dimostrare il possesso ‘nei termini allegati’, e perciò con riferimento all’ utilizzo del cortile per transitarvi con veicoli, al momento dello spoglio. Infatti, ai fini dell’accoglimento dell’azione di reintegrazione è necessario accertare il possesso del soggetto spogliato al momento dello spoglio (Cass. Sez. 2 27-12-1993 n. 12790 Rv. 484857-01, Cass. Sez. 2 21-6-1985 n. 3726 Rv. 441303-01, Cass. Sez. 2 2-2-1980 n. 734 Rv. 404182-01).
In ordine alla mancanza di prova del possesso ritenuta dalla sentenza impugnata, si deve dare continuità al principio secondo il quale l’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. nella formulazione attuale
prevede il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, e cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia; pertanto l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, quando il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, anche se la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. 2 20-6-2024 n. 17005 Rv. 671706-01, Cass. Sez. 2 29-10-2018 n. 27415 Rv. 651028-01, Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 62983001); né il motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. può essere proposto al fine di mirare a una complessiva rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U 27-12-2019 n. 34476 Rv. 656492-03).
Nella fattispecie, nessuna delle deduzioni svolte nel ricorso è utile a individuare un fatto o una serie di fatti decisivi ai fini del giudizio, in quanto i ricorrenti propongono una lettura delle dichiarazioni dei testimoni diversa da quella eseguita dalla sentenza impugnata, al fine di fare emergere l’esistenza di un esercizio del passaggio all’epoca dello spoglio che la sentenza ha escluso. In sostanza i ricorrenti lamentano la complessiva erronea valutazione delle risultanze istruttorie e perciò sostengono il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove riservato al giudice di merito, che non dà luogo a vizio denunciabile per cassazione (Cass. Sez. 3 10-6-2016 n. 11892 Rv. 640194-01, Cass. Sez. U 25-10-2013 n. 24148 Rv. 627790-01).
Non può giungersi a diversa conclusione neppure sulla base dell’osservazione svolta dai ricorrenti, in ordine al fatto che la Corte d’appello avrebbe erroneamente richiesto la prova del passaggio con vettura di proprietà della ricorrente, senza considerare i passaggi delle
vetture che comunque raggiungevano l’abitazione della ricorrente. La deduzione è svolta sulla base di una lettura della sentenza che non corrisponde al suo contenuto, perché la sentenza non ha eseguito l’affermazione della quale si dolgono i ricorrenti, ma ha esaminato le risultanze istruttorie per accertare se NOME COGNOME esercitasse il possesso transitando con veicoli; al fine di svolgere tale accertamento ed esercitando il suo apprezzamento in fatto estraneo al sindacato di legittimità, la sentenza ha considerato che ella da anni non utilizzava quel percorso con vettura. Quindi anche il diverso rilievo dei ricorrenti, secondo il quale in questo modo la sentenza non ha considerato la prova del possesso che era stata fornita, si risolve in una critica all’apprezzamento delle risultanze istruttorie riservato al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità.
4.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, i ricorrenti sono condannati alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, con la distrazione richiesta.
Inoltre, poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380-bis cod. proc. civ., devono essere applicati, come previsto dal comma terzo dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ., il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento a favore dei controricorrenti di somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di ulteriore somma a favore della cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 (Rv. 668909-01) e Cass. Sez. U 13-10-2023 n. 28540 (Rv. 669313-01), l’art. 380 -bis co.3 cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 co. 3 e 4 cod. pro c. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal
legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
Infine, in considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege, con distrazione a favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario;
condanna altresì i ricorrenti al pagamento ex art. 96 co. 3 e 4 cod. proc. civ. di Euro 3.000,00 a favore dei controricorrenti e di Euro 3.000,00 a favore della cassa delle ammende.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione