Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1656 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1656 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5389/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE); RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona dei legali rappres. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrenti-
-contro-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-controricorrente-
-nonché-
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO -DIREZIONE GENERALE PER LA LOTTA ALLA CONTRAFFAZIONE -UFFICIO ITALIANO COGNOME, in persona del legale rappres. p.t.;
-intimato- avverso la sentenza n. 140/2022, della Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, depositata in data 28.12.2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13.12.2024 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Si espone nel ricorso per cassazione che: – in data 20 aprile 2020 la RAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALE riceveva un provvedimento provvisorio di rifiuto totale, emesso dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi e notificatole per il tramite di Wipo, relativo alla designazione italiana della registrazione internazionale n. 1463984 per ZARA in classe 43 (il marchio) atta a contrassegnare i servizi appartenenti alla classificazione di Nizza; -tale provvedimento provvisorio era fondato sull’opposizione presentata da RAGIONE_SOCIALE e, ai sensi dell’art. 171 CPI , concedeva alla titolare termine di 90 giorni dalla data di notifica per controdedurre ovvero richiedere copia dell’opposizione, ai fini dell’eventuale replica ; – in data 8 luglio 2020 -e quindi entro il termine del 20 luglio 2020 assegnato dall’Ufficio lo studio incaricato dalla r icorrente inviava all’Ufficio l’istanza di assunzione-mandato in nome e per conto della titolare (con la quale chiedeva ‘ di voler considerare tali nuovi riferimenti per la trasmissione di ogni comunicazione e/o notifica ufficiale relativa al procedimento di opposizione più sopra menzionato ‘ ); – l ‘U fficio non ri spondeva all’ istanza e la Zara, per il tramite dello Studio incaricato, si metteva ripetutamente in contatto telefonico con l’U fficio ed inviava all’e saminatore, che era stato indicato essere responsabile del procedimento, richiesta di informazioni
sullo stato della propria richiesta di copia dell’opposizione; – in quella occasione, solo a seguito di tale contatto telefonico, in via meramente informale e telefonica, l’e saminatore comunicava di aver ritenuto che l’istanza non comprendesse la richiesta di ricevere una copia dell’atto di opposizione ma nessuna comun icazione ufficiale dell’u fficio confermava tale presa di posizione, né conseguentemente veniva assegnato alcun termine per replicare; con nuova PEC all’u fficio lo studio incaricato dalla ricorrente prendeva posizione su quanto informalmente comunicato in merito al preteso dife tto di richiesta di copia dell’o pposizione, sottolineando che nella locuzione ‘ trasmissione di ogni comunicazione e/o notifica ufficiale relativa al procedimento di opposizione sopra menzionato ‘ fosse necessariamente compresa anche la notifica dell’atto di opposizione stesso, nonché delle eventuali memorie e documenti depositati a sost egno dall’o pponente, rientrando certamente tale atto e tali eventuali memorie e documenti nella più generale nozione di ‘ ogni comunicazione ‘ (o in quella anch’essa più ampia – di ‘(ogni) notifica ufficiale ‘), delle quali era stata chiesta la trasmissione; l ‘U fficio non rispondeva ed emetteva provvedimento definitivo di rifiuto totale che veniva notificato tramite Wipo alla Zara in data 10 giugno 2021.
Avverso il suindicato provvedimento definitivo di rifiuto del marchio, la ricorrente NOME proponeva ricorso alla Commissione dei ricorsi, lamentando la nullità e l’ illegittimità del provvedimento medesimo per violazione del diritto di difesa della titolare del marchio rifiutato, conseguente alla mancata trasmissione dell’atto di opposizione all’origine del rifiuto, e proponendo domanda subordinata di reintegrazione nei termini ( restitutio in integrum ) secondo l’art. 193 CPI .
La Commissione rigettava il ricorso, avallando la tesi dell’U fficio secondo la quale l’i stanza presentata nel luglio 2020 non conteneva alcuna richiesta di trasmissione dell’atto di opposizion e, e con ciò confermando la decisione
dell’ufficio di dare luogo al rifiuto definivo del marchio; si rigettava altresì la domanda subordinata di restitutio in integrum a motivo della mancata prova in ordine alle circostanze eccezionali, con compensazione delle spese di giudizio.
Avverso tale decisione, la RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE nel procedimento di fronte alla Commissione dei ricorsi, che ha dato origine alla sentenza impugnata) e la RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria ed attuale titolare del marchio, ricorrono in cassazione con tre motivi, illustrati da memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, anch’esso illustrato da memoria.
Non si è costituito il Ministero intimato.
RITENUTO CHE
1.Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 171, n. 5 C.P.I. e 24 Cost., per aver la Commissione suddetta adottato un’interpretazione errat a ed ingiusta del disposto del predetto art. 171 relativo alle prerogative ed ai diritti che spettano al titolare di un marchio, nello specifico della frazione nazionale di un marchio internazionale, che si trovi a fronteggiare un rifiuto provvisorio del marchio medesimo, a motivo di una opposizione presentata da un terzo (nello specifico RAGIONE_SOCIALE).
I ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata abbia ritenuto che la formulazione dell’istanza, del seguente tenore ‘ con richiesta di voler considerare tali nuovi riferimenti per la trasmissione di ogni comunicazione e/o notifica ufficiale relativa al procedimento di opposizione più sopra menzionato ‘, non integr asse una espressa richiesta di ricevere copia dell’atto di opposizione e che la locuzione ‘ comunicazione ‘, che pure la ricorrente nell’istanza aveva chiaramente legato alla procedura di
opposizione (identificandola con l’univoco numero di protocollo), non fosse idonea ad essere intesa come comprendente l’atto di opposizione.
Al riguardo, i ricorrenti assumono che trattasi di una lettura errata e non costituzionalmente orientata alla luce del diritto di difesa, in quanto è indiscutibile che la mancata trasmissione di copia dell’atto di opposizione, nonché degli eventuali documenti e memorie, abbia privato la ricorrente del proprio diritto costituzionale di difesa, non consentendo l’avvio della procedura di opposizione vera e propria, ai sensi dell’a rt. 178 CPI, e dunque determinando la definitività della decisione di rifiuto del marchio, in assenza della benché minima possibilità per la parte ricorrente di far valere in alcun modo le proprie ragioni e difese.
I ricorrenti lamentano altresì che la sentenza impugnata, con ragionamento errato, ingiusto ed illogico, non ha in alcun modo motivato in ordine alla circostanza evidenziata dalla ricorrente della completa omissione di ogni e qualunque ri lievo o riscontro formale dell’U fficio (e conseguente termine di risposta concesso alla t itolare) in merito alla pretesa inidoneità dell’istanza a costituire valida richiesta di copia dell’atto di opposizione.
Infatti, nella sentenza impugnata si legge semplicemente che la ricorrente non avrebbe richiesto nel termine ad essa assegnato l’invio dell’atto d i opposizione e che pertanto l’U fficio avrebbe del tutto legittimamente emesso il provvedimento di rifiuto definitivo, in assenza di ogni e qualsivoglia riscontro all’istanza che, stando all’interpretazione accolta dalla commissione, si sarebbe di fatto risolta in una mera assunzione di mandato, ma senza esito e senza seguito, posto che la ricorrente non aveva altresì attivato la procedura di cui all’art. 171, n. 5 CPI, avendo sì menzionato l’opposizione all’origine del rifiuto, ma senza fare esplicita richiesta di riceverne copia.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 193 CPI in tema di reintegrazione del titolare del diritto di proprietà industriale nei procedimenti di fronte all’u fficio.
Al riguardo, i ricorrenti assumono che dall’illustrazione dei fatti emerge in modo chiaro come la loro condotta sia stata improntata alla massima diligenza, sia in relazione alle tempistiche di deposito dell’istanza (12 giorni prima del termine del 20 luglio 2020) sia con riguardo al suo contenuto.
Pertanto, i ricorrenti lamentano che la Commissione dei ricorsi abbia affermato che la ricorrente non avrebbe neppure allegato una reale causa giustificativa dell’errore, il che non è, anche a voler ammettere che un errore nella formulazione dell’istanza ci sia effettivamente stato.
2.Il primo motivo è inammissibile.
L’art.171 (Esame dei marchi internazionali) c.p.i. che disciplina la procedura dinanzi all’UIBM in caso di rifiuto provvisorio, recita: « Entro il termine perentorio all’uopo fissato dall’Ufficio italiano brevetti e marchi, il titolare di una registrazione internazionale, per la quale sia stato comunicato all’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale un rifiuto provvisorio, tramite un mandatario nominato ai sensi dell’articolo 201, può presentare le proprie deduzioni, ovvero richiedere copia dell’atto di opposizione sulla base del quale è stato emesso il rifiuto provvisorio. In tale ultimo caso, se il titolare della registrazione internazionale richiede la copia nel termine prescritto, l’Ufficio comunica alle parti l’avviso di cui all’articolo 178, comma 1, e applica le altre norme sulla procedura di opposizione di cui agli articoli 178 e seguenti ». Si prevede altresì un termine di due mesi decorrente dalla comunicazione dell’opposizione al titolare del marchio internazionale, periodo nel quale l’U IBM rimane inattivo potendo le parti tentare un accordo di conciliazione. Qualora entro tale termine il titolare della registrazione non presenti le proprie controdeduzioni o non chieda
copia dell’atto di opposizione, l’UIBM emette il rifiuto definitivo (art.171, comma 6, c.p.i.).
Nella specie, l’istanza, denominata, « Assunzione di mandato limitato all’atto di opposizione », depositata entro la scadenza del termine, era così formulata: « con richiesta di voler considerare tali nuovi riferimenti per la trasmissione di ogni comunicazione e/o notifica ufficiale relativa al procedimento di opposizione più sopra menzionato ».
Secondo la Commissione l’istanza pres entata dalla titolare e ricorrente non poteva essere considerata idonea e pertinente ai fini della procedura indicata dall’art. 171, n. 5 CPI., non contenendo alcuna richiest a di trasmissione dell’atto di o pposizione sulla base del quale era stato emesso il rifiuto, né tantomeno la formulazione di controdeduzioni.
Parte ricorrente assume che la formulazione della propria istanza – dopo aver ricevuto la comunicazione del rifiuto provvisorio di registrazione del marchio-‘ con richiesta di voler considerare tali nuovi riferimenti per la trasmissione di ogni comunicazione e/o notifica ufficiale relativa al procedimento di opposizione più sopra menzionato ‘, integri , invece, espressa richiesta di ricevere copia dell’atto di opposizione e che la locuzi one ‘ comunicazion e’, che pure la ITX ricorrente nell’istanza aveva chiaramente legato alla procedura di opposizione (identificandola con l’univoco numero di protocollo), e sia idonea ad essere intesa come comprendente l’atto di opposizione.
Orbene , l’indicazione inserita dalla ITX al momento del deposito della propria istanza nel campo ‘ tipologia ‘ riportato nel modulo di deposito (che descrive l’oggetto dell’istanza stessa) , nel quale si legge ‘ Assunzione di mandato limitato all’atto di opposizione, conferito dal richiedente il marchio opposto ‘, dicitura poi richiamata anche nell’intitolazione dell’allegata istanza, non può essere intesa come richiesta di trasmissione dell’atto d’opposizione, trattandosi di mera istanza di iscrizione dell’assu nzione del
mandato da parte dei nuovi difensori, che non comprendeva una chiara richiesta di trasmissione dell’atto di opposizione a norma dell’art. 171, comma 5, c.p.i.
Del resto, l’espressione utilizzata dell’istanza <> non è altro che una formula di stile comunemente richiamata nei mandati difensivi, che peraltro si riferisce alle notifiche e comunicazioni che dovessero essere emesse dall’autorità innanzi alla quale pende il procedimento successivamente all’assunzione del mandato, con la conseguente decadenza prevista dal combinato disposto dell’art. 171, comma 5 e 6 c.p.i.
La censura, seppure prospettata come violazione di legge, è dunque diretta a sollecitare un riesame dei fatti, ovvero a suggerire una diversa ricostruzione ed interpretazione dei fatti.
Essenzialmente, la parte ricorrente contrappone una diversa lettura dell’istanza in quanto nella richiesta di trasmissione « di ogni genere di comunicazione », avrebbe dovuto, a suo dire, essere ricompresa anche quella dell’atto di opposizione. Il che rende inammissibile la censura.
3.Il secondo motivo è del pari inammissibile.
Le ricorrenti sostengono che la condotta di ITX sarebbe stata improntata alla massima diligenza e che l’istanza di richiesta di trasmissione dell’atto di opposizione sarebbe stata depositata entro il termine previsto e con modalità tali da non lasciare dub bi interpretativi all’esaminatore. In particolare, secondo le ricorrenti, ITX avrebbe depositato l’istanza prima della scadenza del termine del 20 luglio 2020 e, a seguito del silenzio dell’ufficio, avrebbe sollecitato l’esaminatore mediante invio di un a e-mail in data 16 aprile 2021; dopo aver appreso per le vie brevi che la domanda di marchio aveva subito un rifiuto definitivo, avrebbe inviato una pec in data
20 aprile 2021 (doc. 7 avv.) per precisare come l’istanza di assunzione -mandato dovesse altresì intendersi quale istanza di trasmissione dell’atto di opposizione.
Sulla base di quanto esposto, era stata quindi presentata l’istanza di reintegrazione nel termine previsto dall’art. 171, comma 5, c.p.i. contestualmente alla proposizione del ricorso ex art. 135, comma 1, c.p.i. innanzi alla Commissione dei ricorsi.
Orbene , secondo quanto prescritto dall’art. 193, comma 2, c.p.i ., nel termine di due mesi dalla cessazione della causa giustificativa dell’inosservanza deve essere compiuto l’atto omesso e deve essere presentata l’istanza di reintegrazione con l’indicazione dei fatti e delle giustificazioni e con la documentazione idonea. Inoltre, la richiesta di reintegrazione nel termine non è ricevibile se sia trascorso un anno dalla data di scadenza del termine non osservato.
Nel caso in esame, come eccepito dalla controricorrente, il termine per richiedere copia dell’opposizione scadeva in data 20 luglio 2020, vale a dire 3 mesi dopo la comunicazione del provvedimento di rifiuto totale comunicato il 20 aprile 2020; ITX ha presentato istanza di reintegrazione del termine ex art. 193 c.p.i. in data 6 agosto 2020, e dunque oltre il termine decadenziale di un anno dal termine non osservato (20 luglio 2020).
Inoltre, l ‘istanza di r eintegrazione nel termine avrebbe dovuto dunque essere presentata all’UIBM , autorità responsabile del procedimento amministrativo nel quale si inserisce il termine perentorio previsto dall’art. 171, comma 5, c.p.i., e non già alla Commissione dei ricorsi.
Al riguardo, v a osservato che l’art. 193 c.p.i. consente al titolare o al richiedente di un titolo di proprietà industriale che, pur avendo usato la diligenza richiesta dalle circostanze, non ha potuto osservare un termine nei confronti dell’Ufficio italiano brevetti e marchi o della Commissione dei
ricorsi di essere reintegrato nei suoi diritti se l’inosservanza ha per conseguenza diretta il rigetto della domanda o di una istanza ad essa relativa, ovvero la decadenza del titolo di proprietà industriale o la perdita di qualsiasi altro diritto o di una facoltà di ricorso. La reintegrazione del titolare nei propri diritti è attuata dunque esclusivamente qualora il titolare non abbia potuto osservare un termine nei confronti dell’Ufficio pur avendo usato la diligenza richiesta dalle circostanze.
In altri termini, l’applicazione dell’istituto della restitutio in integrum prevede che il titolare del diritto sia effettivamente incorso in un errore che gli abbia impedito di rispettare un termine e che egli adduca prove a sostegno della scusabilità dell’errore commesso .
Invero, in tema di proprietà industriale, l’art. 193 d.lgs. n. 30 del 2005 contempla una procedura di reintegrazione nei termini per il versamento del c.d. ” diritto ” (o tributo) finalizzato al mantenimento del brevetto; detta procedura – che consente di sanare gli effetti giuridici negativi derivanti dal mancato rispetto, nei confronti dell’UIBM o della Commissione ricorsi, di un termine la cui inosservanza comporta la perdita del diritto o di una facoltà di ricorso – presuppone la prova, da parte dell’istante, di avere impiegato la diligenza richiesta dalle circostanze in relazione al caso specifico (Cass., n. 7496/19). E’ stat o altresì rilevato che fini della reintegrazione nei diritti di brevetto disciplinata dall’art. 193, comma 1, del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, la nozione di ” diligenza richiesta dalle circostanze ” – quale parametro della scusabilità della condotta di chi non abbia osservato un termine nei confronti dell’Ufficio italiano brevetti e marchi o della Commissione dei ricorsi – va posta in relazione con il quadro reale nel quale l’attività da compiersi si colloca, in modo da poter valutare se un qualche rimprovero possa essere mosso al soggetto che quell’attività ha omesso di svolgere (Cass., n. 13889/2015).
In ricorso si lamenta, genericamente, anche la mancanza di comunicazione dell’Ufficio (una ministeriale o un rilievo formale) circa la pretesa inadeguatezza dell’istanza, in una sorta di dovere di cooperazione dell’Uffi cio che non trova base normativa.
Nella specie, la Commissione ha affermato: « Le disposizioni sopra richiamate consentono la reintegrazione del titolare nei propri diritti solo qualora il mancato rispetto del termine assegnato dall’Ufficio sia dipeso da circostanze imprevedibili ovvero da evidente errore da parte del titolare e semp re che quest’ultimo abbia osservato il grado di diligenza e cautela richiesto dalle circostanze. La giurisprudenza ha anche chiarito che il predetto errore per consentire la reintegrazione, deve potersi ritenere scusabili, eccezionale, isolato e imprevedibile ».
I ricorrenti non hanno addotto alcun motivo dell’omesso deposito che possa essere valutato come errore scusabile , dichiarando anzi che ‘ peraltro non è nemmeno chiaro quale errore possa essere imputabile al mandatario della titolare (…) . In altri termini, manca il presupposto per l’applicazione dell’art. 193, comma 1, c.p.i., ovvero l’esistenza di un errore (non ammesso da controparte) che abbia determinato il mancato rispetto di un termine essenziale.
Parte ricorrente non ha allegato l’esistenza di una reale causa giustificativa in relazione al mancato rispetto d ei termini fissati dall’Ufficio, anzi assumendo che non vi sarebbe stato alcun errore nella procedura in questione.
Pertanto, in sostanza, anche tale doglianza, in difetto di violazione di norme di diritto, tende al riesame dei fatti, contrapponendo alla sentenza impugnata una diversa, personale, interpretazione dei fatti.
Per quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 7.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 13 dicembre 2024.