Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9284 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9284 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17865-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 61/2023 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 15/03/2023 R.G.N. 429/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Reintegrazione
-godimento di pensione di vecchiaia rilevanza
R.G.N. 17865/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 04/02/2025
CC
RILEVATO CHE
1. l a Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza n. 1466/2020 con la quale, a seguito di ricorso depositato il 18.9.2019 da NOME COGNOME (nato il 23.2.1951) contro Ferrovie della Calabria, di cui era stato dipendente con profilo di operatore di esercizio dal 1975 alla data del licenziamento (31.8.2011), premesso che con precedente sentenza del Tribunale di Cosenza n. 1169/2015, passata in giudicato, era stata dichiarata l’inefficacia del licenziamento e condannata la società alla reintegrazione nel posto di lavoro e alla corresponsione di indennità risarcitoria pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, oltre accessori e versamento dei contributi assistenziali e previdenziali, in mancanza di reintegrazione la società era stata condannata al pagamento della somma complessiva di € 138.292,76 per il periodo 1.7.2015 -31.3.2019;
2. la società propone ricorso per cassazione con due motivi; resiste l’ex -dipendente con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per non avere la Corte d’Appello tenuto conto dell’età anagrafica dell’ex -dipendente ai fini della decisione (precisamente, del compimento del requisito anagrafico di 66 e 7 mesi per l’accesso alla pensione di vecchiaia in data 23.8.2017);
2. con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non avere la Corte d’Appello posto a fondamento della decisione lo stato di pensionamento del lavoratore, quale fatto non contestato dallo stesso (titolare di pensione di vecchiaia dal 23.8.2017 e di pensione anticipata al compimento del sessantunesimo anno di età);
3. osserva il Collegio che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il conseguimento della pensione di anzianità non integra una causa di impossibilità della reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato, atteso che la disciplina legale dell’incompatibilità (totale o parziale) tra trattamento pensionistico e percezione di un reddito da lavoro dipendente si colloca sul diverso piano del rapporto previdenziale, determinando la sospensione dell’erogazione della prestazione pensionistica, ma non comporta l’invalidità del rapporto di lavoro (Cass n. 16136/2018); inoltre, la possibilità del recesso ad nutum , con sottrazione del datore all’applicabilità del regime dell’art. 18 St. lav., è condizionata non alla mera maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi idonei per la pensione di vecchiaia, ma al momento in cui la prestazione previdenziale è giuridicamente conseguibile dall’interessato (Cass. n. 13181/2018);
4. operano in materia i seguenti principi: a) la maturazione dei requisiti per la pensione (sia di anzianità che di vecchiaia) comporta che il rapporto di lavoro non è più assistito dal regime di stabilità e passa ad un regime di libera recedibilità; b) il compimento dell’età pensionabile o il raggiungimento dei requisiti per l’effettiva attribuzione del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia non comportano l’automatica estinzione del rapporto di lavoro, ma occorre a tal fine un
apposito atto di recesso; c) la maturazione dei requisiti per la pensione non è, di per sé, situazione incompatibile con la reintegra;
5. nel quadro di tali principi, peraltro, l’effettivo pensionamento del lavoratore rende impossibile la reintegra; occorre, pertanto, accertare l’effettivo accesso del lavoratore alla pensione, quale circostanza impeditiva regolarmente eccepita; infatti (cfr. Cass. n. 1462/2012) solo l’effettivo pensionamento consente, ordinata la reintegrazione, di limitare il risarcimento al compimento dell’età di accesso effettivo alla pensione di vecchiaia, mentre non è rilevante a tali fini (salvi gli obblighi restitutori nei confronti dell’ente erogatore della pensione) il conseguimento della pensione di anzianità;
l’obbligazione del datore di lavoro al pagamento di indennità pari a quindici mensilità di retribuzione di cui alla legge n. 300/1970, art. 18, comma 5, si qualifica come obbligazione con facoltà alternativa, oggetto della quale è la reintegra nel posto di lavoro, la cui attualità è presupposto necessario della facoltà di scelta del lavoratore; ne consegue che, in tutti i casi in cui l’obbligazione reintegratoria sia divenuta impossibile per causa non imputabile al datore di lavoro, non è dovuta neanche l’indennità sostitutiva; né può ritenersi che la sentenza di reintegra possa travolgere, nonostante la sua natura dichiarativa con effetto ex tunc , fatti estranei al rapporto di lavoro, quali il pensionamento del dipendente (cfr. Cass. n 10721/2019);
dunque, la presentazione della domanda di pensione di vecchiaia e il conseguimento della stessa in un momento di gran lunga precedente l’instaurazione del presente giudizio costituiscono fatti ostativi alla reintegrazione, perché idonei a risolvere il rapporto di lavoro per volontà riconducibile allo
stesso lavoratore, anche quale comportamento concludente idoneo a risolvere il rapporto di lavoro; sicché l’attribuzione patrimoniale rivendicata per l’importo equivalente alla retribuzione globale di fatto che sarebbe stata percepita se in quello stesso periodo vi fosse stata reintegrazione nel posto di lavoro si rivela priva di causa, perché a quella reintegrazione osta l’intervenuto pensionamento di vecchiaia;
8. in proposito, la Corte costituzionale ha rilevato come, ” in una società come quella attuale, in cui si hanno disoccupazione e sottoccupazione, l’assenza di una piena tutela del diritto al lavoro (per difetto di garanzie di stabilità del posto) per i lavoratori che abbiano già conseguito la pensione di vecchiaia trova ragionevole giustificazione nel godimento, da parte loro, di tale trattamento previdenziale ” (v. Corte cost. sentenze n. 15/1983, n. 309/1992, n. 225/1994, n. 174/1971, n. 45/1965 – cfr., in termini, Cass n. 13203/2022);
9. esclusa l’automatica estinzione del rapporto di lavoro per il compimento dell’età pensionabile o il raggiungimento dei requisiti per l’attribuzione del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia, rimane salva la rilevanza di un valido atto risolutivo del datore di lavoro, con autonoma e successiva efficacia estintiva, così come di un atto risolutivo riconducibile a volontà concludente del lavoratore (cfr. anche Cass. n. 19520/2018, per la possibilità che il dipendente rinunci alla reintegrazione e manifesti la volontà di non riprendere servizio quale elemento ostativo al risarcimento del danno da illegittimo licenziamento successivo al maturarsi di detti eventi);
10. del resto, l’ex -dipendente sarebbe necessariamente esposto all’azione di ripetizione da parte del soggetto erogatore della pensione di vecchiaia per i trattamenti previdenziali
ricevuti che, altrimenti, sarebbero pacificamente indebiti (Cass. n. 16350/2017, n. 2694/2024);
11. la sentenza impugnata, omettendo di accertare (come devoluto nel merito, e a differenza di successive pronunce della stessa Corte di Catanzaro prodotte dalla difesa ricorrente con la memoria conclusiva) se il godimento della pensione di vecchiaia sia stato, nel caso di specie, comportamento concludente ai fini del termine finale dell’obbligo di reintegrazione stabilito con altra pronuncia passata in giudicato, anche, eventualmente, attraverso l’esercizio di poteri inquisitori officiosi, non risulta conforme ai principi sopra delineati;
12. essa deve, perciò, essere cassata in accoglimento per quanto di ragione del ricorso della società, con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per regolare le spese di lite, incluse quelle del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 4 febbraio 2025.