Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4195 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4195 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 766/2024 R.G. proposto da :
NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in Venetico INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in MESSINA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MESSINA n. 447/2023 depositata il 24/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, proprietario di immobile, rilevava che nel fabbricato antistante, recentemente costruito, di proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME erano presenti luci non conformi all’art. 901 c.c. Pertanto, conveniva il primo (e la seconda, previa integrazione del contraddittorio) dinanzi al Tribunale di Messina per ottenere la condanna alla regolarizzazione. I convenuti proponevano tra l’altro domanda riconvenzionale affinché l’attore consentisse il passaggio nel cortile di sua proprietà, ex art. 843 c.c., per eseguire opere di manutenzione. Nel 2020, il Tribunale di Messina accoglieva la domanda d ell’attore condannando i convenuti alla regolarizzazione delle luci in conformità alla concessione edilizia. Rigettava le altre domande dell’attore per tardività e quella riconvenzionale dei convenuti per mancanza dei requisiti di cui all’art. 843 c.c. La Corte di a ppello rigettava l’appello dei convenuti, confermando la sentenza di primo grado.
Ricorrono in cassazione i convenuti con cinque motivi, illustrati da memoria. Resiste l’attore con controricorso, illustrato da memoria. Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del ricorso nel senso della manifesta inammissibilità o infondatezza. I ricorrenti ne hanno chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Del collegio fa legittimamente parte, in qualità di Presidente, il Consigliere Dr. NOME COGNOME che ha redatto la proposta di definizione. Infatti, secondo Cass. SU 9611/2024: « Nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte ed eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una
funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa » .
– Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 112, 115 c.p.c., 901 e 902 c.c. nonché dell’art. 111 Cost., lamentando che la Corte di appello abbia confermato la condanna al ripristino delle luci e allo spostamento della parete esterna del fabbricato, nonostante l’azione proposta riguardasse solo la regolarizzazione delle luci ai sensi dell’art. 901 c.c. Si afferma che tale statuizione ecceda i limiti della domanda, violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, e sia priva di fondamento giuridico. Inoltre, si contesta l’applicazione degli artt. 873, 874, 877 e 949 c.c., ritenuti non pertinenti.
Il secondo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamentando che la Corte non abbia spiegato le ragioni per cui avrebbe imposto ai ricorrenti di spostare la parete, misura non necessaria per la regolarizzazione delle luci. Si ev idenzia l’assenza di motivazione adeguata e la contraddizione con quanto accertato dalla consulenza tecnica.
I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono rigettati.
Non vi è violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., né degli artt. 901 e 902 c.c. Il dispositivo del Tribunale, confermato in secondo grado, non contempla alcuna necessità di spostare l a parete esterna dell’ultimo piano del loro fabbricato. Le censure si basano su una interpretazione erronea del dispositivo della sentenza di primo grado. Non vi è di conseguenza alcun omesso esame di fatti decisi (a prescindere dal fatto che, trattandosi di doppia conforme, il secondo motivo incorre nella inammissibilità ex art. 348-ter co. 5 c.p.c.).
3. Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c. e degli artt. 843 c.c., sostenendo che la Corte di appello ha ignorato le risultanze della consulenza tecnica, la quale attestava la necessità di accedere al cortile di Mollica per riparare il muro dei ricorrenti. Si afferma che tale necessità fosse provata e non contestata, e che la decisione di rigettare la domanda riconvenzionale sia priva di base fattuale e giuridica.
Il quarto motivo denuncia ancora omesso esame di un fatto decisivo e carenza di motivazione, lamentando che la Corte di appello non abbia considerato gli elementi probatori relativi alla domanda riconvenzionale e abbia disatteso le risultanze della consulenza tecnica senza adeguata giustificazione.
Il terzo il quarto motivo, da esaminare congiuntamente, sono rigettati.
Nella parte censurata, la sentenza argomenta: «la mera richiesta di accesso con generica motivazione e senza prova della corrispondente necessità non costituisce un diritto del richiedente e bene ha fatto il primo decidente, in assenza di circostanziata prova della sussistenza di tali requisiti, a rigettare la domanda riconvenzionale dei convenuti in primo grado».
Tale motivazione resiste alle censure che le sono state rivolte attraverso il secondo motivo di ricorso. Non vi è di conseguenza alcuna violazione dell’art. 115 c.p.c. e degli artt. 843 c.c., né omesso esame di fatti decisi (a prescindere dal fatto che, trattandosi di doppia conforme, il quarto motivo incorre nella inammissibilità ex art. 348-ter co. 5 c.p.c.).
4. – Il quinto motivo denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e della normativa ministeriale sulle spese giudiziali, artt. 4 e 5 d.m. n. 55/2014 e art. 1 d.m. n. 127/2004, contestando la liquidazione delle spese del grado di appello a carico dei ricorrenti e lamentando una valutazione errata del valore della causa. Le critiche mosse nei motivi di ricorso evidenziano tensioni tra la qualificazione giuridica
delle luci, le distanze legali e la portata della domanda attorea. Il ricorso solleva questioni rilevanti sulla corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e sulla corretta applicazione delle norme in tema di regolarizzazione delle luci e di accesso al fondo altrui per lavori necessari.
Il quinto motivo è rigettato.
La liquidazione è stata effettuata nel rispetto dei parametri normativi di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c. e del principio della soccombenza. Infatti, in materia di disciplina delle spese processuali, il sindacato di legittimità è limitato alla violazione di legge, che si verifica qualora le spese stesse siano poste a carico della parte totalmente vittoriosa. La compensazione totale o parziale delle spese del giudizio costituisce, difatti, una facoltà discrezionale del giudice di merito, al cui prudente apprezzamento è rimessa la valutazione della ricorrenza delle condizioni per disporla, e – in virtù di un principio non in contrasto con una interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. – è sottratta all’obbligo di specifica motivazione, senza che, per questo, la statuizione diventi sindacabile in sede di impugnazione e di legittimità, a meno che non sia sorretta da ragioni palesemente illogiche, ossia tali da inficiare per la loro. inconsistenza lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto (Cass. SU 32061/2022).
– Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, anche ai sensi dell’art. 93 co. 3 e 4 c.p.c.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che
liquida in € 3. 5 00, oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge. Inoltre, condanna la parte ricorrente al pagamento ex art. 96 co. 3 c.p.c. di € 3. 500 in favore della parte controricorrente, nonché al pagamento ex art. 96 co. 4 c.p.c. di € 3.000 in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/02/2025.