Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3381 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 3381  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30817/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocat essa  COGNOME  NOME  (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE  che  la rappresenta e difende EMAIL
– ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  D ‘ APPELLO  di  FIRENZE  n. 876/2021 depositata il 3 maggio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
R.G. 30817/2021
COGNOME.
Rep.
C.C. 6/12/2023
C.C. 14/4/2022
SPESE PROCESSUALI.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale  di Pistoia -Sezione  Distaccata  di  Pescia ingiunse ad NOME COGNOME il pagamento di euro 25.845,65 in favore del geometra NOME COGNOME, a titolo di competenze professionali.
Il  decreto fu opposto dalla COGNOME e nel giudizio si costituì il COGNOME, chiedendo il rigetto dell’opposizione.
Fatta  svolgere  una  c.t.u.,  il  Tribunale  accolse  l’opposizione, revocò il decreto ingiuntivo e, previa compensazione dei rispettivi debiti  e  crediti,  condannò  il  COGNOME  al  pagamento  della  somma  di euro 7.809,09 in favore della COGNOME, nonché al pagamento delle spese di giudizio, comprensive di quelle della consulenza tecnica.
 La  pronuncia  è  stata  impugnata  dal  COGNOME  e  la  Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 3 maggio 2021, ha rideterminato  la  condanna  a  carico  dell’appellante  nella  minore somma di euro 5.345,68, liquidando le spese del giudizio di primo grado  nel  senso  della  compensazione  nella  misura  di  due  terzi, rimanendo il terzo residuo a carico dell’appellante, e decidendo in senso analogo quanto alle spese del giudizio di appello, compensate nella stessa misura dei due terzi.
La sentenza, in particolare, dopo aver rigettato o dichiarato inammissibili sette degli otto motivi di appello, ha accolto il quarto che aveva ad oggetto la condanna del professionista al pagamento della somma di euro 2.463,41 per oneri concessori. Riguardo a questa somma, che era compresa in quella della condanna inflitta dal Tribunale, la Corte d’appello ha osservato che la COGNOME avrebbe dovuto comunque sopportare quel costo, anche se l’attività edilizia espletata dal geometra fosse stata del tutto corretta da un punto di vista urbanistico, con la conseguenza che essa doveva essere detratta.
Quanto  alle  spese,  la  Corte  fiorentina  ha  rilevato  che  la COGNOME rimaneva «comunque vittoriosa», ma che la riduzione della
condanna operata in appello giustificava la compensazione parziale, rimanendo comunque il terzo residuo a carico del soccombente.
Contro la sentenza della Corte d’appello di Firenze propone ricorso  NOME  COGNOME  con  atto  affidato  ad  un  solo  motivo  e affiancato  da  memoria  Il  geom.  NOME  COGNOME  non  ha  svolto attività difensiva in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
 Con  l’unico  motivo  di  ricorso  si  lamenta,  in  riferimento all’art.  360,  primo  comma,  n.  3),  cod.  proc.  civ.,  la  violazione  e falsa applicazione degli artt. 91, 92, 112 e 132 cod. proc. civ., oltre a vizio di motivazione.
La ricorrente premette che nel caso di specie la decisione di primo grado era stata «sostanzialmente confermata» e che perciò, in difetto di specifico motivo di appello sulle spese, la condanna posta dal Tribunale avrebbe dovuto essere confermata. Essendo ella totalmente vincitrice, dato che il decreto ingiuntivo emesso a favore del geometra era stato revocato e il medesimo condannato al pagamento della differenza, la COGNOME sostiene che la Corte d’appello non avrebbe potuto rideterminare le spese di entrambi i gradi di giudizio. In primo grado, infatti, il Tribunale aveva chiesto al c.t.u. di indicare quale fosse la somma realmente dovuta al COGNOME, senza che la ricorrente avesse mai richiesto la somma che è stata poi eliminata nel giudizio di appello. La Corte di merito, quindi, avrebbe dovuto lasciare inalterate le spese del primo grado. Si precisa, infine, che lo scaglione corretto sarebbe quello che va da euro 5.200 a euro 26.000, in considerazione dell’applicazione del criterio del decisum anziché quello del disputatum .
1.1. Il motivo di ricorso non è fondato.
La Corte rileva, innanzitutto, che, per propria costante giurisprudenza, il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di
riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite; mentre in caso di conferma della decisione impugnata, il punto sulle spese può essere dal giudice del gravame modificato soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione. Tuttavia, anche in ragione dell’operare del c.d. effetto espansivo interno di cui all’art. 336, primo comma, cod. proc. civ., l’accoglimento parziale del gravame della parte vittoriosa in cui favore il giudice di primo grado abbia emesso condanna alla rifusione delle spese di lite non comporta, in difetto di impugnazione sul punto, la caducazione di tale condanna, sicché la preclusione nascente dal giudicato impedisce al giudice dell’impugnazione di modificare la pronuncia sulle spese della precedente fase di merito, qualora egli abbia valutato la complessiva situazione sostanziale in senso più favorevole alla parte vittoriosa in primo grado (sentenze 7 gennaio 2004, n. 58, 29 ottobre 2019, n. 27606, ordinanza 13 luglio 2020, n. 14916).
Ne consegue che nel caso in esame la Corte d’appello, avendo accolto,  anche  se  in  parte,  l’appello  del  COGNOME,  riducendo  di conseguenza la condanna posta a suo carico dal Tribunale, aveva il potere di regolare ex novo le spese del giudizio di primo grado; il che esclude che possa sussistere il vizio di ultrapetizione lamentato dalla ricorrente.
Quanto, invece, alla presunta lesione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., la censura è ugualmente infondata.
Pacifico  essendo  che  la  liquidazione  delle  spese  deve  avere luogo in base all’esito complessivo della lite, la Corte osserva che, pur essendo indubbio che l’odierna ricorrente sia da considerare, a seguito della compensazione dei reciproci crediti e debiti, complessivamente, anche se non totalmente, vincitrice, è altrettanto vero  che  è  stato riconosciuto anche  il diritto del
geometra ad un compenso di circa euro 17.000, che sono stati defalcati. Il professionista, infatti, aveva chiesto e ottenuto il decreto ingiuntivo per la somma di euro 25.845,65, e una parte di quella somma gli è stata comunque riconosciuta e compensata col maggior credito dell’odierna ricorrente. Ne consegue che la decisione della Corte d’appello è corretta, proprio alla luce di quella che è stata la vicenda processuale assunta nella sua complessità; né a diversa conclusione può giungersi in base al principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 31 ottobre 2022, n. 32061. E va comunque ricordato che l’art. 91 cod. proc. civ. impedisce solo che le spese giudiziali siano poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 27 dicembre 1999, n. 14576; Cass. 27 settembre 2002, n. 14023 e succ. conf.) e che il potere di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite, rientra tra quelli che il giudice di merito può discrezionalmente esercitare.
In relazione, infine, all’ulteriore censura di asserita errata individuazione dello scaglione di riferimento ai fini della liquidazione, la Corte ne rileva la palese inammissibilità, attesa la genericità della stessa e la non puntuale indicazione di quali sarebbero le cifre liquidate in eccesso. Ed è comunque errato il richiamo, contenuto nel ricorso, all’art. 5 del d.m. n. 140 del 2012, posto che nel caso in esame la Corte d’appello era tenuta ad applicare, ratione temporis , il d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
Non occorre provvedere sulle spese, attesa la mancata costituzione in questa sede della parte intimata.
Sussistono  tuttavia  le  condizioni  di  cui  all’art.  13,  comma  1 -quater ,  del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte  della  ricorrente,  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1 -quater ,  del  d.P.R.  30  maggio 2002,  n.  115,  dà  atto  della  sussistenza  delle  condizioni  per  il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di  contributo  unificato  pari  a  quello  versato  per  il  ricorso,  se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Terza