Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7157 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7157 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 30488/2020 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
– Ricorrente –
Contro
NOME COGNOME, COGNOME NOME, anche quali eredi di NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrenti –
Regolamento confini
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 271/2020 depositata il 02/03/2020.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 13 marzo 2024.
Rilevato che:
con atto di citazione notificato il 21/03/2011, NOME COGNOME convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Savona, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, affinché venisse determinato il confine tra il terreno di proprietà dell’attrice, distinto al catasto dei terreni del Comune di Varazze, al mappale 843 del foglio 35, e i sottostanti terreni dei convenuti, di cui ai mappali 844 e 338 del foglio 35, e, per l’effetto, venisse ordinato ai vicini di ripristinare lo stato dei luoghi, che essi avevano modificato acquisendo una porzione di terreno confinante. Chiese, inoltre, la condanna dei convenuti alla rimozioni di tubazioni che assumeva essere state collocate sulla sua proprietà;
i convenuti, nel primo atto difensivo, chiesero il rigetto delle domande attrici e proposero alcune domande riconvenzionali (aspetto, questo, ormai estraneo al tema del decidere);
il Tribunale di Savona, istruita la causa mediante una c.t.u. e con prove testimoniali, con sentenza n. 1521/2015, determinò il confine tra le due proprietà sulla base dell ‘elaborato planimetrico allegato alla c.t.u., cioè conformemente ai confini catastali, condannò i convenuti al ripristino dello stato dei luoghi e a eliminare le tubazioni; infine, rigettò le domande riconvenzionali proposte dai sig.ri COGNOME e COGNOME;
sull’ impugnazione dai soccombenti ( recte : di NOME COGNOME e NOME COGNOME) , la Corte d’appello di Genova, nella resistenza di NOME COGNOME , in parziale accoglimento dell’appello, oltre ad accogliere alcune domande riconvenzionali disattese in primo grado, per quanto
qui rileva, ha determinato (cfr. pag. 12 della sentenza) «il confine fra il mapp. 843 di proprietà COGNOME ed il mapp. 338 di proprietà COGNOME nella linea virtuale che corre sulla testa del muro di contenimento divisorio delle due proprietà ivi compresi i lati est e sud del ‘locale utilizzato dalla proprietà COGNOME‘» , e ha respinto la domanda di NOME COGNOME di rimozione delle tubazioni di proprietà degli appellanti;
questi, in sintesi, gli argomenti salienti della sentenza d’appello:
(i) con riferimento al confine tra il mappale 843, di proprietà COGNOME, posto a livello superiore, e il mappale 338, di proprietà COGNOME, posto a livello inferiore, il c.t.u. ha affermato che una parte del mappale 843 ricade al di sotto del muro di contenimento: si tratta di una fascia di terreno larga circa un metro, in corrispondenza dello spigolo nord-est del fabbricato principale, ove è presente un piccolo casottino;
(ii) il primo giudice ha determinato il confine attingendo ai soli dati catastali che , a norma dell’art. 950, cod. civ., hanno carattere residuale. Inoltre, il c.t.u. ha affermato che nei rilievi planimetrici dal medesimo redatti, ‘il riconfinamento celerimetrico ha sicuramente dei limiti di precisione ‘ e che ‘la sola riga di divisione, rappresentata in mappa in scala 1/2000, una tolleranza pari a cm 40’, sicché la rilevazione di cui alla planimetria redatta dal c.t.u., richiamata dal Tribunale, è soggetta ad un margine di errore che rappresenta quasi il 50 per cento rispetto alla striscia di larghezza massima di un metro, individuata come catastalmente appartenente al mappale 843;
(iii) il confine tra i due terreni, pertanto, deve essere determinato in base agli elementi desunti dallo stato dei luoghi rilevato dal c.t.u.
Successivamente all’acquisto della proprietà (in data 19/09/1998), i sig.ri COGNOME hanno realizzato dei lavori: in particolare,
hanno spianato la parte inferiore del terreno a ridosso del muro di divisione dal terreno (posto al livello superiore) di cui al mappale 843, ma non hanno modificato la precedente situazione di impossibilità di accesso al piccolo appezzamento di terreno di circa 114 mq sistemato come corte annessa all ‘abitazione di proprietà , posto al livello inferiore, aderente al mappale 338, catastalmente rientrante nel mappale 843.
Il c.t.u. ha rilevato e i testimoni hanno dichiarato che vi era un vecchio muro ‘secolare’ -e comunque ultraventennale -che impediva l’accesso dalla porzione di terreno soprastante (proprietà COGNOME) a quella sottostante (proprietà COGNOME), ricompresa catastalmente entro il mappale 843, muro sul quale in epoca più recente (nel 2006) è stato appoggiato il nuovo muro di contenimento, sormontato da una recinzione, con la precisazione che i due terreni sono a quote diverse e che tra quello superiore e quello inferire vi è un ‘ampio sbalzo in altezza’ ;
(iv) in conclusione, il confine deve ritenersi insistente in corrispondenza della recinzione che sormonta il muro di contenimento che divide le due proprietà, il che comporta anche l’accoglimento dell’eccezione di usucapione svolta dai convenuti, che sommano il proprio possesso (dal 1998) a quello del dante causa, ai fini dell’acquisto a titolo originario del ‘piccolo appezzamento di terreno di circa 114 mq, sistemato come corte annessa all’abitazione di proprietà, ricadente catastalmente nel mappale 843 ‘ ;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso;
questa Corte ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis , cod. proc. civ., che è stata ritualmente comunicata alle parti.
In seguito a tale comunicazione, la ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
Fissata l’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ., le parti hanno depositato memorie;
Considerato che:
il primo motivo di ricorso -‘ Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all ‘ art. 360, primo comma, numero 5) c.p.c., per aver omesso la Corte d’Appello di esaminare le reali risultanze fattuali della c.t.u. svolta in primo grado quanto all’individuazione del reale confine tra i terreni, costituito da un muro preesistente, che la Corte territoriale ha erroneamente individuato in altro e diverso muro, costruito in epoca successiva ‘ – censura la sentenza impugnata che ha frainteso le risultanze di fatto accertate dal c.t.u. ed è pervenuta a conclusioni errate.
Nello specifico, il fatto, decisivo nel giudizio di primo grado, che la Corte d’appello (pag. 9 del ricorso) ‘ non ha compreso’ e che il c.t.u. ha accertato (ed i testi hanno confermato), è che la ‘ proprietà COGNOME ‘ ha compiuto in maniera abusiva lavori di sistemazione del mappale 338, eliminando la fascia di terreno preesistente, di ‘ proprietà COGNOME ‘ , e unificando la quota di terreno al piano più basso tramite la realizzazione di un muro di contenimento a placcaggio;
1.1. il motivo è inammissibile;
1.2. fin da Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053, si è andato consolidando il principio di diritto per cui l’attuale art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella specie applicabile ratione temporis , ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti
processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Si è anche chiarito ( ex multis , Sez. 2 – , Ordinanza n. 10525 del 31/03/2022, Rv. 664330 – 01) che, in tema di giudizio di cassazione, il motivo di ricorso di cui all ‘ art. 360, n. 5, cod. proc. civ., deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio.
In altre parole, alla Corte di legittimità non può essere chiesta una nuova attività istruttoria ed è principio altrettanto pacifico in giurisprudenza che, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento di fatto compiuto dai giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che lo scrutinio dei fatti e delle prove è sottratto al
sindacato di legittimità, dal momento che, nell’àmbito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione che ne ha fatto il giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione ( ex plurimis , Cass. 7/04/2017, n. 9097; Cass. 07/03/2018, n. 5355; Cass. 13/06/2023, n. 16781);
1.3. nella specie, la Corte d’appello ha valutato le risultanze istruttorie (documenti, prova per testi e c.t.u.) e, dando conto delle ragioni del proprio convincimento, senza trascurare – al contrario di quanto lamenta la ricorrente l’aspetto relativo alla realizzazione del nuovo muro di contenimento tra le due proprietà, ha escluso che il confine tra fondi delle parti (rispettivamente: mappale 843 e mappale 338) coincida con le risultanze catastali e lo ha invece individuato nella linea (virtuale) che corre sul muro di contenimento che divide la proprietà sottostante dei convenuti da quella soprastante dell’attrice;
2. il secondo motivo -‘ Violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 360, primo comma, numero 3) c.p.c. nonché in relazione degli artt. 101 cpc e 112 cpc, per essersi la Corte d’Appello pronunciata su una eccezione di usucapione, eccezione sulla quale parte ricorrente aveva già dichiarato di non accettare il contraddittorio ‘ -censura la sentenza impugnata che, per un verso, in violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., ha accolto l’eccezione di usucapione, tardivamente proposta dai convenuti; per altro verso, in violazione dell’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ., ha dichiarato l’usucapione (a pag. 9), senza consentire alle parti di prendere preventivamente posizione sulla relativa questione;
2.1. il motivo è infondato;
2.2. la ricorrente, a pagg. 10 e 11 del ricorso per cassazione, afferma che i convenuti hanno tardivamente sollevato l’eccezione di usucapione di una striscia di terreno, eccezione che il giudice di primo grado aveva completamente disatteso; sottolinea, quindi, che la Corte di Genova avrebbe erroneamente accolto tale eccezione, benché non legittimamente proposta, ed avrebbe anche omesso di provocare sul punto il contraddittorio delle parti.
Rileva il Collegio che la rappresentazione dei fatti processuali offerta dalla parte non trova riscontro nelle risultanze di causa: in primo luogo, l’eccezione di usucapione era stata devoluta al giudice di appello, come si evince dalle conclusioni degli appellanti trascritte a pag. 1 della sentenza impugnata.
Inoltre, come risulta dagli atti di causa, a cui la Corte ha accesso quale giudice del fatto processuale, i controricorrenti hanno proposto l’eccezione di usucapione in comparsa di risposta (a pag. 3 e nelle conclusioni del medesimo atto, ove è chiesto il rigetto della domanda dell’attrice, ‘anche per intervenuta usucapione’) , tempestivamente depositata oltre venti giorni prima dell’udienza di prima comparizione, e di avere riproposto la medesima eccezione nella memoria ex art. 183, cod. proc. civ.
A giudizio del Collegio (cfr., in termini analoghi, tra le altre, Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 6009 del 04/03/2020, Rv. 657274 – 01), pertanto, la Corte di Genova era tenuta a pronunciarsi sull’eccezione di usucapione, rilevante ai fini della decisione sulla domanda di regolamento di confini, senza necessità di provocare il contraddittorio delle parti sulla relativa questione, che apparteneva ab initio al tema del decidere;
3. in conclusione, il ricorso è rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
poiché il ricorso è deciso in conformità della proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis , cod. proc. civ., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis , cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96, cod. proc. civ., con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro nei limiti di legge (non inferiore ad € 500 e non superiore a € 5.000; cfr. Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023, Rv. 668909 -01; Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023, Rv. 668850 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 27947 del 04/10/2023, Rv. 669107 -01);
6 . ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.500,00, più € 200,00, per esborsi, oltre al 15 per cento per il rimborso delle spese generali, e agli accessori di legge.
Condanna la ricorrente al pagamento della somma di € 3.500,00, in favore dei controricorrenti e di una ulteriore somma di € 3.000,00, in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 13 marzo 2024.