Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16817 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16817 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17496/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dal l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avAVV_NOTAIO NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO DITTA INDIVIDUALE COGNOME NOME;
-intimato- per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Trento n. 251/2019, depositata il 18 ottobre 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
–RAGIONE_SOCIALE otteneva dal Tribunale di Trento un decreto ingiuntivo nei confronti di NOME COGNOME per il pagamento di euro 9.679,50, oltre accessori, asseritamente dovuti per la fornitura di materiale edile.
Proponeva opposizione NOME COGNOME, che eccepiva in primo luogo l’incompetenza territoriale del Tribunale di Trento, per essere competente quello di Verona; contestava, comunque, nel merito la sussistenza del credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE contestando l’eccezione di incompetenza territoriale e chiedendo, nel merito, il rigetto dell’opposizione.
Con sentenza depositata in data 19 ottobre 2018, il Tribunale di Trento accoglieva l’eccezione di incompetenza territoriale, dichiarando la competenza del Tribunale di Verona e revocando il decreto ingiuntivo opposto.
-Avverso detta sentenza, la RAGIONE_SOCIALE promuoveva appello.
Si costituiva il NOME, il quale chiedeva il rigetto dell’impugnazione.
La Corte di appello di Venezia, con sentenza depositata il 18 ottobre 2019, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione, con condanna dell’appellante a rifondere le spese del grado di giudizio.
–RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione.
Il Fallimento della ditta individuale NOME COGNOME non ha svolto attività difensiva.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo del ricorso si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 42 e 43 cod. proc. civ.: appellabilità della sentenza. La sentenza della Corte di appello di Trento
risulterebbe erronea in quanto errato sarebbe lo stesso presupposto di base del ragionamento. La questione di cui trattasi riguarda la richiesta di fornitura arrivata alla RAGIONE_SOCIALE regolarmente evasa con consegna del materiale alla impresa edile RAGIONE_SOCIALE. Conseguentemente, RAGIONE_SOCIALE ha emesso fattura e, stante il mancato pagamento, è stata costretta a richiedere l’emissione di decreto ingiuntivo. La richiesta di emissione di decreto ingiuntivo è stata depositata presso il Tribunale di Trento, quale foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione, facoltà prevista dall’art. 20 del codice di rito. È indiscusso quindi che il debitore abbia sede in zona ricadente nel circondario del Tribunale di Verona, ma la legge attribuisce la facoltà di adire un diverso foro avvalendosi dei criteri del forum contractus oppure del forum destinatae solutionis . Il Tribunale di Trento non ha ritenuto ravvisabile la competenza del foro di Trento secondo questi principi e tale assunto si ritiene essere erroneo. Questa errata interpretazione degli artt. 20 cod. proc. civ. e 1182, terzo comma, cod. civ. operata dal Tribunale e ignorata dalla Corte di appello, ha indotto la Corte di appello a ritenere che la pronuncia del Tribunale riguardasse soltanto la questione della competenza territoriale o meno del foro adito e quindi a ritenere l’appello inammissibile, non considerando però che il giudice di primo grado, nel pronunciare per la competenza a favore del Tribunale di Verona, aveva anche esaminato il merito della vicenda. Infatti, aveva preso in esame le doglianze versate in atti circa il luogo di consegna della merce, i documenti di trasporto allegati alla fattura e, addirittura, si era pronunciato circa il disconoscimento operato a verbale da controparte che, secondo la ricorrente, doveva essere dichiarato inammissibile. Non si vede, quindi, come tale pronuncia di primo grado possa essere considerata come una mera pronuncia sulla competenza.
Con il secondo motivo del ricorso si prospetta la mancata pronuncia circa la competenza territoriale del Tribunale di Trento ex artt. 20 cod. proc. civ. e 1182, terzo comma, cod. civ. Parte appellante rivolgeva domanda di riforma della sentenza impugnata, reiterando quanto già espresso in primo grado in tema di erronea applicazione della normativa sulla competenza territoriale; chiedendo di dichiarare la competenza territoriale del Tribunale di Trento per i motivi addotti, con l’effetto di rimettere la causa al Tribunale di Trento per l’esame dell’intera vicenda creditoria. La Corte di appello di Trento, però, si è limitata a valutare il contenuto della sentenza gravata come contenuto di sola competenza e non di merito, con ciò non pronunciandosi circa la d omanda dell’attore che chiedeva di prendere in esame gli elementi di merito della vicenda processuale per addivenire a una pronuncia sulla competenza.
Con il terzo motivo del ricorso si prospetta la violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ.: conseguente errata pronuncia circa le spese di giudizio. Dall’errore della Corte d’appello riguardo alla natura della sentenza di primo grado è conseguentemente derivata l’errata decisione in punto di ammissibilità dell’appello e , per l’effetto, ne è derivata anche un a erronea pronuncia circa le spese di giudizio.
-I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono infondati.
La Corte d’appello ha esattamente dichiarato inammissibile il gravame sul rilievo che la sentenza del Tribunale di Trento -che ha deciso solo sulla competenza, declinandola in favore del Tribunale di Verona, e non ha affrontato il merito -era impugnabile soltanto con il regolamento di competenza.
Le pronunce che decidono soltanto sulla competenza e sulle spese, di primo o di secondo grado -ad eccezione delle sentenze del giudice di pace (art. 46 cod. proc. civ.) -, devono essere impugnate esclusivamente con il regolamento necessario di cui all’art. 42 cod. proc. civ., che configura il regolamento di competenza come unico
mezzo di impugnazione tipico per ottenere una diversa statuizione (Cass., Sez. VI-2, 7 maggio 2015, n. 9268; Cass., Sez. III, 24 marzo 2007, n. 17968; Cass., Sez. III, 23 maggio 2003, n. 8165)
È invece sentenza di merito, appellabile, quella che decide sul fondo della domanda. Non è tale quella che prende in esame le doglianze sul luogo di consegna della merce o che valuta la liquidità o meno del credito ingiunto, perché si tratta di criteri di collegamento ai fini dell’individuazione della competenza.
Sotto altro profilo vi è da osservare che secondo il consolidato orientamento di questa S.C., la sentenza del giudice che statuisca unicamente sulla competenza non contiene alcuna pronuncia di merito, né esplicita né implicita, idonea a passare in giudicato, anche nell’ipotesi che abbia esaminato e deciso questioni preliminari di merito ai fini dell’accertamento della competenza, sicché dà luogo ad un giudicato solo formale e non preclude al giudice dichiarato competente l’esame e l’applicazione, per la decisione di merito, delle norme di diritto sostanziale, ancorché in contrasto con le premesse della sentenza sulla competenza (Cass., Sez. I, 18 luglio 2019, n. 19472; Cass., Sez. I, 20 marzo 2018, n. 6970; Cass., Sez. II, 26 novembre 2014, n. 25144; Cass., Sez. III, 23 aprile 2004, n. 7775).
2. -Con il quarto motivo del ricorso violazione o falsa applicazione dell’art 132, secondo comma, n. 5, cod. proc. civ. La sentenza di secondo grado respinge la doglianza sollevata da parte appellante (odierna ricorrente) circa la nullità della sentenza ex art. 132, comma 2 n. 5 cod. proc. civ. La difesa di RAGIONE_SOCIALE, infatti, aveva eccepito la mancanza della data di deliberazione nella sentenza n. 951/2018. L’art. 132, comma 2, cod. proc. civ. stabilisce che la sentenza deve contenere: 1) l’indicazione del giudice che l’ha pronunciata; 2) l’indicazione delle parti e dei loro difensori; 3) le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti; 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; 5) il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del
giudice. La sentenza di primo grado mancherebbe di uno di questi elementi chiaramente prescritti dalla norma; infatti, in calce alla stessa non è stata apposta la data di deliberazione prevista quale elemento essenziale della sentenza dall’art. 132, secondo comma, n. 5 cod. proc. civ. Al riguardo, si sottolinea come la data di deliberazione possiede rilievo decisivo sotto diversi aspetti, ad esempio, in caso di collocazione del giudice fuori ruolo o a riposo, questa data costituisce il crinale rispetto al quale verificare se il giudice sia o meno dotato di potestas iudicandi , potere senza il quale lo stesso non sarebbe legittimato all’adozione di un provvedimento giudiziale. La Corte di appello, però, respingeva tale doglianza sostenendo che la mancanza della data di deliberazione si risolveva in un mero errore materiale.
2. -Il motivo è infondato.
Parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza di primo grado perché manca la data della deliberazione.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, tuttavia, detta omissione, a differenza dell’indicazione della data di pubblicazione, che ne segna il momento di acquisto della rilevanza giuridica e che, nella specie è riscontrata dalla stessa parte ricorrente, non è elemento essenziale dell’atto processuale, e tanto la sua mancanza, quanto la sua erronea indicazione, non integrano gli estremi di alcuna ipotesi di nullità, costituendo, per converso, fattispecie di mero errore materiale emendabile ex artt. 287 e 288 cod. proc. civ. (Cass., Sez. V, 20 settembre 2017, n. 21806; Cass., Sez. III, 12 aprile 2013, n. 8942; Cass., Sez. V, 29 maggio 2012, n. 8529)
– Il ricorso va dunque rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva svolta in questa sede dall’intimata.
Poiché il ricorso è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre
2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione