Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 23054 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 23054 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27334-2022 proposto da:
Adunanza camerale
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (quest’ultima quale incorporante RAGIONE_SOCIALE), in persona dei rispettivi legali rappresentanti ‘ pro tempore ‘ , domiciliate presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentate e difese dall’ AVV_NOTAIO COGNOME;
ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (la COGNOME, quale erede di NOME COGNOME, i COGNOME, di NOME COGNOME), domiciliati presso l’indirizzo di posta elettronica dei propri difensori, rappresentati e difesi degli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
Oggetto
OPPOSIZIONE ESECUZIONE
Sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. – Istanza di riassunzione ex art. 297 c.p.c. – Rigetto
Regolamento di competenza –
Inammissibilità – Ragioni
R.G.N. 27334/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 27/03/2024
– resistenti con memoria ex art. 47 cod. proc. civ. nonché contro
COGNOME NOME;
– intimata –
Avverso l’ordinanza emessa nel procedimento R.G. 13998/20 dal Tribunale di Palermo, in data 12/10/2022;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 27/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (la seconda quale incorporante la società RAGIONE_SOCIALE) hanno proposto, sulla base di un unico motivo, regolamento necessario di competenza avverso l’ordinanza del 14 ottobre 202 2 con cui il Tribunale di Palermo ha dichiarato inammissibile il loro ricorso in riassunzione ex art. 297 cod. proc. civ., finalizzato alla prosecuzione del giudizio di opposizione all’esecuzione per rilascio, da esse proposto nei riguardi di NOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, giudizio oggetto di sospensione ex art. 295 cod. proc. civ. con provvedimento del 30 maggio 2022, anch’esso da intendersi impugnato con il medesimo regolamento , ‘ove ritenuto necessario’ .
Riferiscono, in punto di fatto, le odierne ricorrenti una complessa vicenda (anche dal punto di vista processuale), relativa ad un contratto di locazione immobiliare intercorso tra di esse, in qualità di conduttrici, e la predetta NOME COGNOME, oltre ai danti causa in via ereditaria di NOME e NOME COGNOME, nonché di NOME e NOME COGNOME.
In particolare, per quanto qui di interesse, essendo stato dichiarato risolto -con statuizione passata in giudicato -tale contratto di locazione, veniva intimato, a carico delle predette società, con atto di precetto del 1° febbraio 2017, il rilascio della ‘ res locata ‘. Nondimeno, l’esecuzione del titolo giudiziale, su richiesta della parte istante, veniva reiteratamente procrastinata dall’Ufficiale Giudiziario, stante l’esistenza di trattative tra le parti, poi sfociate nella conclusione di un accordo transattivo il 27 ottobre 2017, finalizzato alla definizione del più ampio (oltre che annoso) contenzioso tra di esse, accordo contemplante, tra l’altro, l’impegno degli aventi diritto al rilascio a sospendere la predetta procedura esecutiva. Tuttavia, essendo insorta controversia giudiziaria anche in merito a detta transazione, in particolare quanto alla sua validità, le società odierne ricorrenti proponevano opposizione al rilascio, incardinando innanzi al Tribunale di Palermo -dopo che il giudice dell’ese cuzione aveva disposto la sospensione della procedura esecutiva -la fase di merito del giudizio ex art. 615 cod. proc. civ. Esso, però, veniva sospeso dall’adito giudicante , con la suddetta ordinanza del 30 maggio 2022, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., essendosi riconosciuto carattere pregiudiziale al giudizio relativo all’accordo transattivo intervenuto tra le parti, giudizio nel frattempo pervenuto in appello, essendo stato proposto gravame avverso la sentenza con cui il medesimo Tribunale panormita aveva riconosciuto la ‘persistente efficacia della transazione’.
Orbene, sul presupposto che la disposta sospensione dovesse essere pronunciata non a norma dell’art. 295 cod. proc. civ., bensì dell’art. 337 cod. proc. civ., le società oppostesi al rilascio proponevano ricorso per la riassunzione del giudizio ex art. 297 cod. proc. civ., iniziativa dichiarata inammissibile -con ordinanza del 14 ottobre 2022 -dal giudice dell’opposizione . Esito al quale esso perveniva sul rilievo che le due società avrebbero dovuto
proporre regolamento di competenza avverso il provvedimento di sospensione, piuttosto che assumere un’iniziativa tesa, nella sostanza, a conseguire la revoca della disposta sospensione del giudizio.
Avverso tale ordinanza del Tribunale palermitano (e con esso , ‘laddove si ritenga necessario’, anche del provvedimento di sospensione), hanno proposto regolamento necessario di competenza le predette società RAGIONE_SOCIALE, sulla base -come detto -di un unico motivo.
3.1. Esso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 282, 295, 297 e 337 cod. proc. civ.
In via preliminare, le ricorrenti premettono un duplice rilievo. Per un verso, sottolineano che le Sezioni Unite di questa Corte hanno riconosciuto l’ammissibilità del regolamento necessario di competenza avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di prosecuzione del giudizio, ex art. 297 cod. proc. civ. (è citata Cass. Sez. Un., sent. 29 luglio 2021, n. 21763). Per altro verso, rimarcano che il rapporto di pregiudizialità tra il giudizio di opposizione al rilascio e quello, pendente in appello, relativo alla validità ed efficacia dell’intervenuta transazione, ‘non è affatto in discussione’, tanto che ‘alcuna censura afferisce all’acclarata natura pregiudicante del processo definito in primo grado’.
La loro iniziativa, pertanto, è finalizzata a proporre censure che ‘attengono ad una errata applicazione di norme che, una volta accertata la pregiudizialità, governano l’istituto della sospensione’. In particolare, le ricorrenti lamentano come già fatto con l ‘ istanza di prosecuzione del giudizio -che, pendendo appello in relazione al giudizio sulla transazione, la sospensione andava disposta non a norma dell’art. 295, cod. proc. civ., bensì dell’art. 337, comma 2, cod. proc. civ. Di conseguenza, sarebbe
stata indispensabile, da parte del giudice dell’opposizione esecutiva, ‘un’espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l’autorità in quel processo’ (ovvero, quello sospeso), e ciò ‘sulla base di un confronto t ra la decisione stessa e le critica che ne è stata fatta’ in appello, di talché ‘la sospensione discrezionale in parola è ammessa ove il giudice del secondo giudizio motivi esplicitamente le ragioni per le quali non intende riconoscere l’autorità della pri ma sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, chiarendo perché non ne condivide il merito o le ragioni giustificatrici’.
Hanno resistito all’avversaria impugnazione, con la medesima memoria di costituzione, l’COGNOME, NOME COGNOME e i COGNOME, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo Sostituto, ha fatto pervenire requisitoria scritta, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il proposto regolamento
Entrambe le parti private hanno presentato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il regolamento è inammissibile, per una duplice, concomitante, ragione.
9.1. Per un verso, infatti, deve rilevarsi -come sottolineato dai resistenti -il difetto di interesse all’impugnazione.
Invero, le ricorrenti premettono, all’illustrazione del motivo di impugnazione, che ‘alcuna censura afferisce all’acclarata natura pregiudicante del processo definito in primo grado’, che, pertanto, non intendono porre in discussione, mirando la loro inizi ativa solo a far valere la ‘errata applicazione di norme che, una volta accertata la pregiudizialità, governano l’istituto della sospensione’.
L’esperito regolamento, dunque, non si propone di attingere l’obiettivo della rimozione della disposta sospensione del giudizio, ma -par di comprendere -una sorta di ‘ correzione ‘ della motivazione del provvedimento, dovendo la sospensione disporsi a norma dell’art. 337, comma 2, cod. proc. civ., e dunque attraverso l’esplicitazione delle ragioni per le quali il giudice del processo ‘pregiudicato’ non intende riconoscere l’autorità della decisione assunta all’esito del processo ‘pregiudiziale’, fatta ogget to d’impugnazione.
Ne consegue, pertanto, la necessità di dare seguito al principio secondo cui ‘l’interesse all’impugnazione -inteso quale manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire e la cui assenza è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo -deve essere individuato in un interesse giuridicamente tutelabile, identificabile nella concreta utilità derivante dalla rimozione della pronuncia censurata, non essendo sufficiente l’esistenza di un mero interesse astratto ad una più corretta s oluzione di una questione giuridica’ (Cass. Sez. 6 -5, ord. 18 febbraio 2020, n. 3991, Rv. 656787-01).
9.2. Per altro verso, deve rilevarsi che, sebbene le ricorrenti richiamino l’arresto delle Sezioni Unite che ha ritenuto esperibile
il regolamento necessario di competenza anche contro il provvedimento di rigetto dell’istanza di riassunzione del giudizio ex art. 297 cod. proc. civ. (si tratta di Cass. Sez. Un., sent. 29 luglio 2021, n. 21763, Rv. 662227-01), deve rilevarsi come siffatta iniziativa sia stata assunta, nel caso di specie, in difetto delle condizioni di ammissibilità di tale impugnazione, come delineate dalla pronuncia suddetta.
Al riguardo, deve notarsi come il caso deciso dalle Sezioni Unite (peraltro, comunque nel senso dell’inammissibilità ‘in concreto’ del proposto regolamento) fosse del tutto diverso da quello in esame. E ciò, innanzitutto, perché riguardante un provvedimento di sospensione adottato (correttamente) ex art. 295 cod. proc. civ., allorché il processo ‘pregiudiziale’ era -a differenza di quanto accaduto nel caso che qui occupa -ancora pendente in primo grado. Ciò detto, sopravvenuta -nel processo pregiudiziale -la decisione del primo giudice, una delle parti del giudizio ‘pregiudicato’, sul presupposto che quella decisione non fosse stata impugnata, e dunque che fosse passata in giudicato, proponeva istanza di prosecuzione del giudizio ‘pregiudicato’. Essa, però, veniva rigettata, sul rilievo che, in realtà, quella decisione era stata appellata. Seguiva, tuttavia, una nuova istanza ex art. 297 cod. proc. civ., motivata sul l’assunto che il gravame non era stato esperito da tutte le parti del giudizio pregiudizia le e che, in particolare, il ‘ thema decidendum ‘ devoluto all’esame del giudice di seconde cure fosse divenuto privo d’influenza rispetto all’esito del giudizio pregiudicato. Anche tale rinnovata istanza veniva respinta, sicché avverso tale (seconda) decisione di rigetto veniva proposto il regolamento necessario di competenza, il quale, sebbene ritenuto astrattamente esperibile dal Supremo Collegio, veniva, in concreto, ritenuto inammissibile. Conclusione, questa, motivata sul rilievo che la ricorrente ‘avrebbe avuto l’onere di impugnare
tempestivamente con regolamento di competenza il primo provvedimento di diniego dell’istanza di prosecuzione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 297 cod. proc. civ., non potendo avvalersi di tale strumento avverso il secondo provvedimento’, e ciò in quanto ‘la mancata proposizione del regolamento avverso la prima ordinanza’ aveva consumato il potere di impugnazione ‘con tale mezzo non esercitato nel termine contemplato dall’art. 47, comma 2, cod. proc. civ.’, rendendo, ‘perciò, inammissibile la formulazione dello stesso regolamento di competenza avverso il successivo provvedimento di rigetto dell’istanza di prosecuzione del giudizio dipendente’ (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 21763 del 2021, cit ., in particolare pagg. 13 e 14).
Orbene, l’applicazione di analoghi principi al caso -pur differente -che qui occupa (giacché caratterizzato dal fatto che la sospensione è stata disposta, non prima, ma dopo che il giudice del processo pregiudiziale aveva pronunciato sentenza), comporta che la parte intenzionata a lamentare la violazione dell’art. 337, comma 2, cod. proc. civ., lungi dal formulare l’istanza ex art. 297 cod. proc. civ., avrebbe dovuto attivare , ‘ omisso medio ‘ , lo strumento del regolamento di competenza, di talché il mancat o esercizio del potere d’impugnazione ex art. 45 cod. proc. civ., nel termine di cui al successivo art. 47, ha determinato la sua consumazione.
Diversamente opinando, del resto, si finirebbe con il consentire alle parti del giudizio ‘pregiudicato’ allorché il giudice dello stesso, pur in presenza di appello proposto avverso la sentenza resa all’esito del primo grado del giudizio pregiudiziale, d isponga la sospensione, erroneamente, non a norma dell’art. 337 cod. proc. civ., bensì dell’art. 295 del medesimo codice la proposizione ‘ sine termine ‘ del regolamento, giacché le basterebbe formulare un’istanza di sospensione ex art. 297 cod. proc. civ. , vedendosela respingere, per essere ‘ de facto ‘ rimess i
in termini per contestare quella prima decisione non tempestivamente impugnata.
Di qui, pertanto , l’ulteriore ragione di inammissibilità del regolamento in esame.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo, in applicazione del principio secondo cui, in caso di regolamento di competenza, ‘il valore effettivo della causa deve essere considerato indeterminabile, non potendo trovare applicazione alcuno dei criteri previsti dall ‘art. 5 del d.m. n. 55 del 2014 del Ministero della Giustizia quando la questione oggetto del giudizio abbia rilievo meramente processuale’ (Cass. Sez. 6 -3, ord. 14 gennaio 2020, n. 504, Rv. 656577-01).
In ragione della declaratoria di inammissibilità del regolamento, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 -della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 2 0 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, applicandosi tale norma, in ipotesi, anche con riferimento al regolamento di competenza, stante la sua natura impugnatoria (Cass. Sez. 6-Lav., ord. 22 maggio 2014, n. 11331, Rv. 63091001).
La Corte dichiara inammissibile il regolamento, condannando le società RAGIONE_SOCIALE a rifondere, a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME le spese del presente giudizio, liquidate in € 2.2 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della