Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22140 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22140 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12069/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrente-
Contro
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME COGNOME -intimati-
avverso ORDINANZA di TRIBUNALE TIVOLI n. 941/2023 depositata il 09/05/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che:
Il Tribunale di Tivoli con ordinanza dell’8.5.2024 rigettava le eccezioni preliminari di improcedibilità e di competenza sollevate dalle convenute NOME COGNOME e NOME COGNOME nell’ambito del contezioso promosso da NOME COGNOME e diretto ad ottenere un risarcimento danni legato ad una condotta delittuosa delle resistenti integrante gli estremi della calunnia.
Il primo Giudice riteneva che la causa non rientrasse tra le controversie fra soci, oggetto della clausola compromissoria prevista dallo statuto sociale, ritenendo che l’accertamento in esame dovesse essere effettuato dal giudice ordinario, e neppure nella competenza sostanziale delle sezioni specializzate in materia di impresa, che investe unicamente i rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati.
Avverso tale provvedimento NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per regolamento di competenza, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso NOME COGNOME
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrative in vista dell’udienza camerale.
La Procura generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ritenuto che:
Con il primo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 34, commi 3 e 4, d.lgs. 17/01/2003, n. 5 (attualmente trasfuso nell’art. 838-bis, commi 3 e 4, c.p.c.) nonché dell’art. 5 c.p.c., in relazione all’art. 360 nn. 2 e 3 c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto che la presente controversia non rientrasse nell’ambito applicativo della clausola compromissoria statutaria, in quanto involgente un accertamento demandato unicamente al giudice ordinario.
Si sostiene che quantunque la domanda risarcitoria abbia preso le mosse da una denuncia asseritamente calunniosa, è tuttavia indiscutibile che il relativo giudizio non possa prescindere dall’accertamento incidentale della sussistenza o meno dei fatti di mala gestio attribuiti all’attore (nella sua qualità di socio-amministratore della cooperativa) dai nuovi amministratori (anch’esse socie) denuncianti.
Si aggiunge poi che, contrariamente a quanto affermato dal Giudice del Tribunale, la responsabilità dei componenti degli organi sociali per fatti di mala gestio investe diritti patrimoniali certamente disponibili, tanto è vero che è espressamente ammessa la rinuncia e la transazione della relativa azione ai sensi dell’art. 2393, comma 6, c.c. (applicabile alle cooperative in virtù del richiamo espresso di cui all’art. 2519 c.c.).
Con un secondo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 3, comma 2, lett. a, e comma 3 del d.lgs. 27/06/2003, n. 168 nonché dell’art. 34 c.p.c. in relazione all’art 360 nn. 2 e 3 c.p.c., per avere il Tribunale escluso, anche a prescindere dalla clausola compromissoria, la devoluzione del contenzioso alla Sezione specializzata in materia di impresa istituita presso il Tribunale di Roma.
Si afferma infatti che la causa promossa dal Natali non possa prescindere dall’accertamento della sussistenza o meno dei fatti di mala gestio a lui attribuiti nell’amministrazione della società (in particolare distrazione di somme a favore suo, del coniuge e di terzi -cfr. doc. 5 denuncia): conseguentemente il giudizio in oggetto rientra tra le materie riservate al Tribunale delle imprese.
Ne consegue, secondo le ricorrenti, sia se si debba accertare la sussistenza delle anomalie gestorie attribuite al Natali sia se si debba valutare l’operato delle convenute – che quali componenti del C.d.A. e nell’esclusivo interesse della Cooperativa hanno denunciato le predette anomalie – la competenza a decidere è devoluta alla Sezione specializzata in materia di impresa.
Si lamenta inoltre che il Giudice del Tribunale Tivoli avrebbe del tutto ignorato il disposto del successivo comma 3 dell’art. 3 d.lgs 168/2003, dove è espressamente previsto che ‘ Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2’.
Si rimarca che l’accertamento incidentale della sussistenza e verosimiglianza delle anomalie gestionali attribuite con la denuncia alla responsabilità del Natali, quale Presidente del C.d.A. della RAGIONE_SOCIALE, è una questione tecnicamente pregiudiziale che – ex art. 3, comma 3, dd.lgs. 27/06/2003 n. 168 – costituisce comunque ragione di connessione rilevante ai fini dell’attrazione della controversia principale alla competenza specialistica della sezione specializzata in materia di impresa.
Il ricorso è inammissibile.
Invero, anche dopo il mutamento della forma della decisione sulla competenza, per effetto dell’art. 45 della legge 18 giugno 2009, n. 69, la decisione affermativa della competenza presuppone sempre la rimessione in decisione della causa ai sensi degli artt. 189 e 275 cod. proc. civ. (ed ai sensi dello stesso art. 189 cod. proc. civ. in relazione all’art. 281-quinquies cod. proc. civ. per il procedimento
di decisione del giudice monocratico), preceduta dall’invito a precisare le conclusioni. Ne discende che, ove nel procedimento davanti al giudice monocratico quest’ultimo esterni espressamente od implicitamente in un’ordinanza, senza aver provveduto agli adempimenti sopra indicati, un convincimento sulla competenza e dia provvedimenti sulla prosecuzione del giudizio, tale ordinanza non ha natura di decisione affermativa sulla competenza impugnabile ai sensi dell’art. 42 cod. proc. civ., sicché il ricorso per regolamento di competenza avverso detto atto deve ritenersi inammissibile (Cass. 24509/2013; Cass. S.U. 20449/2014).
Il regolamento di competenza non è esperibile contro il provvedimento del giudice che, nel disattendere la corrispondente eccezione di parte, affermi la propria competenza – senza rimettere la causa in decisione, invitando previamente le parti a precisare le rispettive integrali conclusioni anche di merito – e disponga la prosecuzione del giudizio innanzi a sé, salvo che il giudice non manifesti, in termini di assoluta e oggettiva inequivocità ed incontrovertibilità, la natura decisoria della propria pronuncia, evenienza che ricorre quando risulti, in modo appunto inequivoco ed oggettivo, che egli, nell’esprimersi sulla questione di competenza, ha inteso fare luogo ad una valutazione che reputa non più discutibile ai sensi degli art. 187, comma 3, e 177, comma 1, c.p.c. (Cass. 14223/2017; Cass. 11742/2021).
Nella specie, la incompetenza è stata dichiarata a scioglimento della riserva, sulla base di una valutazione di opportunità di prospettare alle parti l’insussistenza della dedotta incompetenza, il rigetto dell’eccezione di incompetenza non è stato dichiarato come definitivo, ed il processo è proseguito, con la concessione dei termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., in tal modo escludendo dunque il carattere concretamente decisorio, “nel senso che comporti la definitiva sottrazione della questione al giudice che lo ha adottato, conse-
guentemente consentendone la riattivazione solo a mezzo impugnazione” (Cass., Sez. U., 29 settembre 2014, n. 20449).
Il Tribunale di prime cure, dunque, non ha ritenuto come definitiva dinanzi a sé la declaratoria di sulla competenza, in quanto ciò si verifica “solo se lo faccia in termini di assoluta oggettiva inequivocità ed incontrovertibilità, come nel caso che conclami il convincimento (pur in sé erroneo) di poter decidere definitivamente la questione, senza preventivamente invitare le parti alla precisazione delle conclusioni (anche di merito) e senza assumere in decisione (potenzialmente) l’intera controversia”, spogliandosi “in via definitiva della questione” (Cass. Sez. U., n. 20449 del 2014; Cass n. 2238/ 2020).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese verranno regolate all’esito del giudizio di merito.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma 6.2.2025