Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1342 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1342 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18529/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TORINO n. 593/2023, depositata il 15/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
NOME COGNOME ha convenuto davanti al Tribunale di Alessandria NOME COGNOME, chiedendo di accertare l’esatta individuazione della linea di confine intercorrente fra il proprio fondo e quello del convenuto; l’attrice lamentava l’occupazione da parte del convenuto di una porzione del proprio mappale in pregiudizio delle proprie ragioni di proprietaria e chiedeva il rilascio della porzione indebitamente occupata senza titolo dal convenuto e l’apposizione dei termini lapidei. Il convenuto si è costituito e ha eccepito l’improponibilità dell’azione di regolamento dei confini e comunque la sua infondatezza.
Con la sentenza n. 426/2021, il Tribunale di Alessandria ha determinato l’esatto confine fra il fondo di proprietà dell’attrice e il limitrofo fondo di proprietà del convenuto secondo quanto indicato dal consulente tecnico d’ufficio, ricalcando la linea del confine catastale; ha condannato Repetto al rilascio in favore dell’attrice dell’eventuale porzione di terreno rientrante nell’ambito della sua proprietà alla luce del confine come sopra determinato e ha disposto a cura della parte più diligente l’apposizione dei termini.
La sentenza è stata appellata da NOME COGNOME Con la sentenza n. 593/2023 la Corte d’appello di Torino ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Il Consigliere delegato dal Presidente della sezione seconda ha ritenuto che il ricorso sia inammissibile e/o manifestamente infondato e ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 1 c.p.c.
Il ricorrente ha chiesto, ai sensi del comma 2 dell’art. 380 -bis c.p.c., la decisione del ricorso da parte del Collegio.
La controricorrente ha depositato memoria, con la quale chiede il rimborso delle spese processuali del procedimento ex art. 373 c.p.c., conclusosi con ordinanza di inammissibilità del 26 ottobre 2023, del quale ha depositato i relativi atti e nota spese.
Una memoria, denominata ‘comparsa conclusionale’, è stata depositata dal ricorrente.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso si articola in un motivo che contesta, ai sensi del comma 1, n. 3 dell’art. 360 ‘violazione o falsa applicazione di norme di diritto’ e che poi, alla pag. 3, indica quale ‘oggetto del ricorso per cassazione’: ‘1. errata indicazione dei criteri che consentirebbero di identificare i rispettivi confini dei due lotti; 2. evidente contraddizione tra gli elementi obiettivi contenuti negli atti del procedimento esecutivo che consentono di ritenere perfezionata una vendita a corpo e il criterio, ritenuto prevalente dalla Corte d’appello, secondo il quale nella vendita corpo il criterio distintivo riguarderebbe unicamente la determinazione del prezzo e non la sua identificazione’.
Il ricorso è inammissibile. Anzitutto, il ricorrente si limita a denunciare la ‘violazione o falsa applicazione di norme di diritto’, senza indicare le disposizioni di legge che assume violate dal giudice di merito (cfr. la pronuncia delle sezioni unite n. 23745/2020, secondo cui ‘l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende
le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa’). In ogni caso, la censura è inammissibile, in quanto il giudice di merito ha accertato la linea di demarcazione tra i terreni delle parti alla luce della descrizione contenuta nei rispettivi titoli di acquisto, osservando che i riferimenti ivi contenuti ai confini e alle estensioni dei mappali (che non avevano nel tempo subito variazioni di consistenza o frazionamenti) erano conformi alle risultanze delle mappe catastali e dell’impianto meccanografico ed erano stati confermati, altresì, dalle misurazioni eseguite in loco dal consulente tecnico d’ufficio nel corso delle indagini peritali (cfr. le pagg. 5, 7 e 8 della sentenza impugnata), correttamente ritenendo irrilevante la circostanza che il ricorrente avesse acquistato il proprio lotto ‘a corpo’ e non ‘a misura’, trattandosi di questione afferente esclusivamente alla determinazione del prezzo del bene aggiudicato e non alla sua identificazione (cfr. la pag. 8 della sentenza), in coerenza con l’orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 8327/1997). Le deduzioni in senso contrario del ricorrente, secondo cui dall’esame del proprio titolo di acquisto e degli atti della procedura esecutiva sarebbe emersa la corrispondenza della linea di confine con quella risultante dall’attuale stato di fatto dei terreni, oltre a non confrontarsi specificamente con le diverse ed articolate argomentazioni del giudice di merito, si risolvono in censure all’accertamento dei fatti e alla valutazione delle prove acquisite, profili del giudizio che non sono sindacabili in sede di legittimità.
Le spese liquidate in dispositivo seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., avendo il Collegio definito il giudizio in conformità alla proposta, trovano applicazione il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. (v. al riguardo la pronuncia delle sezioni unite n. 28540/2023, secondo cui, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380-
bis , comma 3, c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, nel prevedere nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c., ‘codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi a una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente’).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del procedimento ex art. 373 c.p.c. che liquida in euro 400 e delle spese del presente giudizio che liquida in euro 3.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge, nonché al pagamento sempre in favore della controricorrente di euro 3.500 ai sensi del comma 3 dell’art. 96 c.p.c. e al pagamento di euro 3.000 in favore della cassa delle ammende ai sensi del comma 4 dell’art. 96 c.p.c.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione