Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16894 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16894 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
Condominio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37503/2019 R.G. proposto da: CONDOMINIO DI INDIRIZZO rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
– Ricorrente –
Contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– Controricorrente –
Avverso la sentenza del la Corte d’appello di Roma n. 5915/2019 depositata il 01/10/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 18 giugno 2025.
Rilevato che:
NOME COGNOME proprietario di un appartamento nello stabile condominiale di INDIRIZZO Roma, convenne il Condominio davanti al Tribunale di Roma chiedendo l’annullamento
della delibera assembleare, approvata il 25/07/2012, nella parte in cui, i n applicazione dell’ articolo 18 del regolamento di condominio, vietava all’attore l’apertura di uno studio dentistico nell’unità immobiliare di sua proprietà esclusiva.
Il Condominio contestò la domanda e il Tribunale di Roma, con sentenza n. 12414 del 2014, accertò che l’art. 18 del regolamento di condominio non vietava di esercitare nello stabile l’attività di dentis ta, respinse la domanda di annullamento della delibera assembleare, in ragione del fatto che la delibera non aveva natura decisoria ed era soltanto un parere sul contenuto del regolamento, compensò le spese processuali, incluse quelle della fase cautelare;
la Corte d’appello di Roma ha respinto l’appello principale del Condominio , ha dichiarato assorbito l’appello incidentale condizionato di NOME COGNOME e ha condannato l’appellante principale al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado.
Il giudice d’appello, innanzitutto, ha ritenuto non fondata la censura del Condominio secondo cui il Tribunale avrebbe violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato per l’erronea declaratoria della mancanza, nel regolamento, del divieto dell’ attività di dentista, trattandosi di domanda necessariamente connessa a quella di annullamento della delibera assembleare, con la conseguenza che il rigetto di quest’ultima domanda precludeva la possibilità di statuire sulla prima.
La sentenza d’appello, invece, reputa legittima la decisione del Tribunale sulle due domande, trattandosi di domande distinte ed autonome.
L a questione cruciale relativa all’interpretazione dell’art. 18 del regolamento di condominio -che testualmente recita ‘È vietato in modo assoluto di destinare gli alloggi ed i locali ad uso ufficio pubblico, di gabinetto di cura ed ambulatorio per malattie infettive e
contagiose’ è risolta dal giudice d’appello nel senso di escludere che lo studio dentistico possa farsi rientrare tra i ‘gabinetti di cura ed ambulatori per malattie infettive contagione’ , anche tenuto conto che, per la giurisprudenza della S.C., le restrizioni alla proprietà esclusiva, dettate dal regolamento di condominio di natura contrattuale, devono risultare da espressioni rivelatrici di un intento univoco che non può dare luogo ad incertezze e ad un’interpretazione estensiva della norma, con l ‘ulteriore notazione che, prima dell’acquisto dei locali da parte dell’attore, l’immobile era adibito a laboratorio di analisi cliniche.
Conclusivamente, per il giudice d’appello, non è fondata la censura di omessa pronuncia sulle spese del giudizio cautelare, poiché, in realtà, nel disporre l’integrale compensazione delle spese, il primo giudice ha inteso includere anche le spese dell’intero procedimento d’urgenza ;
il Condominio di INDIRIZZO ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, cui NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato memorie; il difensore del Condominio ha fatto istanza di riunione del presente procedimento con altro giudizio tra le stesse parti (vedi infra ).
Considerato che:
Preliminarmente, non si ravvisano i presupposti per disporre la riunione al presente procedimento di quello iscritto al ruolo generale con n. 16747/2021, tra le stesse parti, poiché si tratta di impugnazioni contro due diverse sentenze ; pertanto, l’istanza di riunione proposta dal Condominio in memoria va respinta;
il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 1362 e segg. c.c. e dell’art. 18 del regolamento di condominio.
Il Condominio lamenta che la Corte d’appello, dopo avere stabilito che il regolamento ha natura contrattuale, non ha svolto alcuna attività finalizzata alla ricerca dell’intenzione dei contraenti attraverso il primo strumento ermeneutico rappresentato dal senso letterale delle parole e dalle espressioni utilizzate dai contraenti, e dalla necessità che le clausole del regolamento siano interpretate congiuntamente.
Ed infatti, rimarca il Condominio, lo studio dentistico rientra nella nozione di ‘gabinetto di cura’ , ed è anche notoriamente considerato un ambiente che può turbare la tranquillità e l’igiene e, in effetti, il regolamento vieta (anche) di destinare l’alloggio a ‘qualsiasi uso che possa turbare la tranquillità dei condò mini o sia contrario all’igiene’;
il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. , ossia per vizio di ultra o extra petizione.
Si eccepisce la nullità della sentenza, per carenza della motivazione, nella parte in cui non spiega perché ha respinto la censura del Condominio appellante circa il difetto di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato della decisione del Tribunale, il quale, senza attenersi al petitum dell’unica domanda dell’attore, ha ritenuto che le domande fossero due, accogliendone una e rigettando l’altra;
il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 91, 92 c.p.c.: la sentenza sarebbe viziata nel capo relativo alle spese del giudizio, lì dove ha confermato la compensazione, operata dal primo giudice, delle spese di primo grado, trascurando l’esito positivo, per il Condominio, delle due fasi del giudizio cautelare promosso dall’attore, conclusosi con il rigetto sia del ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. , sia del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c.;
il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 91, 92 c.p.c. per avere la sentenza impugnata erroneamente condannato il Condominio alle spese del giudizio di appello;
il secondo motivo, da esaminare per primo perché attiene ad un error in procedendo , è fondato;
la censura, nella sostanza, riguarda la carenza di motivazione della sentenza nella parte in cui esclude che il Tribunale sia incorso in un vizio di ultrapetizione per avere ritenuto che l’attore avesse proposto due distinte domande, anziché un’unica domanda di annullamento della delibera dell’assemblea fondata sul presupposto che l’art. 18 del regolamento non vieta va di adibire le singole unità immobiliari a studio dentistico.
Il vizio di motivazione apparente ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639, che, in motivazione , richiama Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145).
Nella specie, la sentenza non contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione e, dunque, è apparente e contraddittoria, non consentendo un effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice.
La Corte di Roma, in termini anapodittici, asserisce che, in base all’esame delle conclusioni rassegnate nell’atto di citazione, è
indubbio che quelle proposte dall’attore erano due domande autonome e che, quindi, il rigetto dell’una non si riverberava sulla sorte dell’altra , donde la legittimità della decisione di primo grado, ma sul punto è del tutto carente di motivazione e non illustra la ragione dell’infondatezza del motivo di appello del Condominio.
Quest’ultimo, invero, aveva prospettato un vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado, la quale, trascurando la pretesa dell’attore -il cui oggetto era la richiesta di annullamento della delibera sul presupposto che il regolamento non vietasse di adibire a studio dentistico gli alloggi di proprietà esclusiva -aveva indebitamente frammentato l’unitario petitum della domanda del condòmino in due distinte pretese, autonome e non connesse tra loro, per poi disattendere quella di annullamento della delibera che, per il Tribunale, era soltanto un parere e non una decisione, vincolante, idonea ad incidere sulle proprietà individuali;
6. il secondo motivo è fondato nei termini che seguono;
è noto (cfr. Cass. n. 2770 del 2025) che le restrizioni alle facoltà inerenti al godimento della proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio, volte a vietare lo svolgimento di determinate attività all’interno delle unità immobiliari esclusive, poiché costituiscono servitù reciproche, devono perciò essere approvate o modificate mediante espressione di una volontà contrattuale, e quindi con il consenso di tutti i condòmini, mentre la loro opponibilità ai terzi acquirenti, che non vi abbiano espressamente e consapevolmente aderito, rimane subordinata all’adempimento dell’onere di trascrizione del relativo peso (Cass. n. 23 del 2004; n. 5626 del 2002; Cass. n. 4693 del 2001; Cass. n. 49 del 1992; n. 6769 del 2018; n. 3852 del 2020; n. 24526 del 2022; n. 21024 del 2016). Configurandosi, appunto, tali restrizioni di godimento delle proprietà esclusive come servitù reciproche, intanto può allora
ritenersi che un regolamento condominiale ponga limitazioni ai poteri ed alle facoltà spettanti ai condomini sulle unità immobiliari di loro esclusiva proprietà, in quanto le medesime limitazioni siano enunciate nel regolamento in modo chiaro ed esplicito, dovendosi desumere inequivocamente dall’atto scritto, ai fini della costituzione convenzionale delle reciproche servitù, la volontà delle parti di costituire un vantaggio a favore di un fondo mediante l ‘ imposizione di un peso o di una limitazione su un altro fondo appartenente a diverso proprietario. Il contenuto di tale diritto di servitù si concreta nel corrispondente dovere di ciascun condomino di astenersi dalle attività vietate, quale che sia, in concreto, l ‘ entità della compressione o della riduzione delle condizioni di vantaggio derivanti – come qualitas fundi , cioè con carattere di realità – ai reciproci fondi dominanti, e perciò indipendentemente dalla misura dell ‘ interesse del titolare del Condominio o degli altri condomini a far cessare impedimenti e turbative. Non appaga, pertanto, l’esigenza di inequivoca individuazione del peso e dell’utilità costituenti il contenuto della servitù costituita per negozio la formulazione di divieti e limitazioni nel regolamento di condominio operata non mediante elencazione delle attività vietate, ma mediante generico riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare (quali, ad esempio, l’uso contrario al decoro, alla tranquillità o alla decenza del fabbricato), da verificare di volta in volta in concreto, sulla base della idoneità della destinazione, semmai altresì saltuaria o sporadica, a produrre gli inconvenienti che si vollero, appunto, scongiurare (Cass. n. 15222 del 2023; n. 38639 del 2021; n. 33104 del 2021; n. 24188 del 2021; n. 21307 del 2016; n. 23 del 2004). La condivisa esigenza di chiarezza e di univocità che devono rivelare i divieti ed i limiti regolamentari di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva, coerente con la loro natura di servitù reciproche, comporta
che il contenuto e la portata di detti divieti e limiti vengano determinati fondandosi in primo luogo sulle espressioni letterali usate. L ‘ art. 1362 c.c., del resto, allorché nel primo comma prescrive all ‘ interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l ‘ elemento letterale del contratto, anzi intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile. È infatti da ribadire che l ‘ interpretazione delle clausole di un regolamento condominiale contrattuale, contenenti il divieto di destinare gli immobili a determinati usi, è sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, ovvero per l ‘ omesso esame di fatto storico ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass. n. 16384 del 2018; n. 14460 del 2011; n. 17893 del 2009).
Alla luce di queste premesse concettuali, è evidente la ragione dell’accoglimento del motivo di ricorso: l’interpretazione adottata dalla Corte di Roma del divieto dell’ art. 18 del regolamento di condominio di adibire gli alloggi a ‘gabinetti di cura ed ambulatori per malattie infettive e contagiose’, come non preclusivo dell’attività di studio dentistico -a prescindere dal se sia o meno corretta nell’esito -non è conforme a diritto perché, discostandosi dai canoni legali d’ermeneutica contrattuale , non compie una meticolosa e approfondita indagine sul senso letterale delle espressioni usate, né verifica se l ‘ esegesi del testo della norma convenzionale sia coerente o in conflitto con la comune intenzione dei condòmini, il cui accertamento è ora rimesso al giudice del rinvio;
7. per l’accoglimento del primo e del secondo motivo, gli altri due motivi restano assorbiti;
8. accolti, pertanto, il primo e il secondo motivo e assorbiti gli altri, la sentenza è cassata, con rinvio al giudice a quo per un nuovo esame della controversia secondo i principi sopra enunciati, e anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione,