Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20297 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20297 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24861/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME e COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME
-intimate-
Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n. 2417/2019 depositata il 18/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME e NOME COGNOME erano proprietarie di un immobile sito nel RAGIONE_SOCIALE nel Comune di Belvedere Marittimo
(CS) accessibile a piedi e con passaggio anche rotabile attraverso una stradina condominiale denominata INDIRIZZO
Nel giugno del 1998, l’amministratore della società RAGIONE_SOCIALE constatò che le odierne intimate avevano realizzato, oltre al cancello già esistente, un ulteriore cancello di accesso al proprio giardino, installato a pochi metri da quello di accesso al proprio immobile.
Sicché RAGIONE_SOCIALE agì in giudizio per ottenere la condanna di NOME COGNOME e NOME COGNOME alla rimozione del cancello, realizzato a pochi metri dal cancello di accesso al proprio immobile, pregiudicandone l’accesso, compromettendo la possibilità di utilizzazione esclusiva dell’ultimo tratto della stradina, ed incidendo sull’estetica condominiale in violazione dell’art. 1102 c.c. e del regolamento condominiale (in particolare degli artt. 5 e 6 che vietava lo spostamento dei cancelli di accesso rotabile e pedonale).
2. Si costituirono COGNOME NOME e COGNOME NOME contestando, per quel che ancora rileva in questa sede, che tale cancello pregiudicasse i diritti della società attrice, per quanto acclarato in un parallelo giudizio possessorio sempre intentato da RAGIONE_SOCIALE, e chiedendo, stante la realizzazione da parte di Beta di un cancello pedonale sul muro condominiale, la rimozione dell’opera realizzata.
In primo grado venne accolta la domanda di RAGIONE_SOCIALE e la riconvenzionale proposta dall’odierne intimate.
Avverso tale decisione proposero appello COGNOME NOME e COGNOME NOME, lamentando che il Tribunale non aveva valutato la fattispecie al suo vaglio considerando la violazione del regolamento condominiale, ed il giudice di merito, nella contumacia di RAGIONE_SOCIALE in parziale riforma, rigettò la domanda formulata da RAGIONE_SOCIALE
La Corte di merito escluse il vizio di ultra petizione richiamando al riguardo Cass. n. 10169 del 2015 e Cass. n. 12491 del 2014.
Nel merito si osservò che, sebbene le appellanti avessero realizzato un cancello di accesso alla loro proprietà adiacente la proprietà della parte attrice, vi era stato un uso più intenso della cosa comune che non comportava la realizzazione di alcuna servitù a carico del bene comune, avuto riguardo all’articolo 3 del regolamento condominiale. Pertanto, il cancello doveva considerarsi legittimo.
Secondo la Corte di merito, avrebbero dovuto pertanto dovuto essere rigettate in primo grado entrambe le domande perché entrambe le opere, in realtà, determinavano, esclusivamente, un uso più intenso del bene comune.
Avverso questa sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso affidato ad un motivo. COGNOME NOME e COGNOME NOME sono rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in particolare, la violazione degli artt. 1102, 1120, 1138 c.c. in relazione agli artt. 3, 5 e 6 del regolamento condominiale applicabile tra le parti.
Secondo la società ricorrente il giudice non avrebbe considerato che nella specie si era al cospetto di innovazioni regolate dagli artt. 5 e 6 del regolamento che prevedevano non solo il divieto di apportare innovazioni o varianti all’immobile che potessero alterare l’ aspetto dell’unità abitativa, l’estetica delle recin zioni ed il decoro architettonico, ma anche il divieto di modificare muretti e recinzioni (da intendersi come modifica di finiture infissi, parti metalliche, aspetto e forma).
Il ricorso è fondato.
La Corte d’appello, chiamata a verificare la conformità dell’intervento alle disposizioni del regolamento, comprese quelle di cui agli artt. 5 (che vietava anche varianti all’estetica delle recinzioni) e 6 (che vietava anche la modifica ai muretti e alle reti di recinzione), ha però omesso di compiere tale verifica, perché si è limitata ad
accertare l’assenza di lesioni al decoro e la conformità ai principi generali sull’uso del bene comune, mentre, diversamente, avrebbe dovuto verificare la natura delle disposizioni violate.
Il problema nella specie non consisteva nel verificare se l’apertura del cancello avesse violato o meno il decoro architettonico e determinato un uso illegittimo del bene comune ma, piuttosto, di individuare la natura delle specifiche prescrizioni regolamentari invocate ed accertare, di conseguenza, se vi fosse stata violazione di tali norme che prevedevano un limite più stringente all’uso della cosa comune,.
E’ noto infatti che l’art. 1102 c.c. nel prescrivere che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, non pone una norma inderogabile. Ne consegue che i suddetti limiti possono essere resi più rigorosi dal regolamento condominiale, o da delibere assembleari adottate con i ‘quorum’ prescritti dalla legge, fermo restando che non è consentita l’introduzione di un divieto di utilizzazione generalizzato delle parti comuni (Cass. 27233/2013).
Trova quindi nella specie applicazione il principio secondo cui le norme di un regolamento di condominio – aventi natura contrattuale, in quanto predisposte dall’unico originario proprietario dell’edificio ed accettate con i singoli atti di acquisto dai condomini, ovvero adottate in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini possono derogare od integrare la disciplina legale, consentendo l’autonomia privata di stipulare convenzioni che pongano nell’interesse comune limitazioni ai diritti ei condomini, sia relativamente alle parti condominiali, sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle porzioni di loro esclusiva proprietà. Ne consegue che il regolamento di condominio può legittimamente dare
del limite del decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall’art. 1120 cod. civ., estendendo il divieto di innovazioni sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica, all’aspetto generale dell’edificio, quali esistenti nel momento della s ua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva» (Sez. 2, Sentenza n. 1748 del 24/01/2013; più di recente, v. anche Cass. n. 28908/2023 in motivazione).
Si rende pertanto necessario un nuovo esame sulla scorta dei citati principi.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2025