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Regolamento condominiale: limiti all’uso della proprietà

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2403/2024, ha stabilito che un regolamento condominiale può limitare l’uso delle proprietà private, come vietare una sala giochi, solo se la clausola è di natura contrattuale, ovvero approvata all’unanimità. Una delibera a maggioranza non può introdurre nuovi divieti specifici se il regolamento originario non li prevede esplicitamente. La Corte ha chiarito che tali limiti costituiscono servitù reciproche e devono essere formulati in modo chiaro e inequivocabile, non potendo derivare da divieti generici.

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Regolamento condominiale: quando può limitare l’uso della proprietà privata?

L’apertura di un’attività commerciale, come una sala giochi o un ristorante, all’interno di un condominio può spesso generare tensioni tra i residenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 2403 del 25 gennaio 2024, offre chiarimenti fondamentali su quando e come un regolamento condominiale può legittimamente imporre limiti all’uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva. La Corte ha stabilito che tali restrizioni, per essere valide, devono derivare da clausole di natura contrattuale, approvate all’unanimità, e formulate in modo esplicito e non generico.

I fatti di causa

Il caso ha origine dalla controversia tra una società, proprietaria di un’unità immobiliare, e il condominio in cui l’immobile è situato. La società aveva concesso in locazione il proprio locale a un’azienda terza per l’apertura di una sala giochi. Il condominio si è opposto, forte di una delibera assembleare approvata a maggioranza (ma con il voto contrario della società proprietaria) che esprimeva ferma contrarietà all’insediamento di attività come sale giochi, ristoranti o locali pubblici con apertura serale oltre le ore 20:00.

Secondo il condominio, tale delibera era una mera interpretazione dell’articolo 1 del regolamento, il quale destinava lo stabile ad “alloggi per abitazioni civili ed uffici, negozi, nonché studi professionali”. La società proprietaria, invece, ha impugnato la delibera sostenendo che essa costituisse una modifica peggiorativa del regolamento condominiale, introducendo un divieto non previsto, e che, in quanto tale, avrebbe richiesto l’unanimità dei consensi. Il condominio, a sua volta, ha agito in via riconvenzionale per ottenere la cessazione dell’attività della sala giochi.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione al condominio, ritenendo che l’attività di sala giochi non rientrasse nella categoria dei “negozi” e che, in ogni caso, violasse un’altra norma regolamentare che vietava usi “contrari alla tranquillità”. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La decisione della Corte sul regolamento condominiale

La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo le ragioni della società proprietaria. Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra regolamento assembleare e regolamento condominiale contrattuale.

I giudici hanno chiarito che le norme di un regolamento che limitano i diritti dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, vietando determinate destinazioni d’uso, costituiscono vere e proprie servitù reciproche. Tali vincoli reali possono essere imposti solo attraverso:

1. Un regolamento di natura contrattuale, approvato all’unanimità da tutti i condomini.
2. Un regolamento predisposto dall’originario costruttore e richiamato espressamente nei singoli atti di acquisto.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su alcuni principi cardine del diritto condominiale:

* Necessità di chiarezza e specificità: Per costituire una servitù, il divieto deve essere enunciato nel regolamento in modo chiaro ed esplicito. Non è sufficiente un generico riferimento a pregiudizi da evitare, come l’uso “indiscreto e contrario alla tranquillità”. Una clausola così vaga non permette di individuare con certezza il peso imposto sul fondo e non soddisfa il requisito di specificità necessario per limitare il diritto di proprietà.

* Interpretazione letterale: Il termine “negozio”, secondo il suo significato letterale, indica un locale aperto al pubblico dove vengono esposte e vendute merci al dettaglio. La Corte ha ritenuto che una delibera a maggioranza non potesse modificare questo significato per escludere a posteriori specifiche attività commerciali come una sala giochi. Una tale operazione non è un’interpretazione, ma una modifica sostanziale del regolamento.

* Invalidità della delibera a maggioranza: Poiché la delibera del 21 maggio 2012 introduceva un nuovo e specifico divieto non previsto dal regolamento originario, essa modificava di fatto una clausola che incideva sui diritti reali dei singoli. Pertanto, per essere valida, avrebbe richiesto il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio, manifestato in forma scritta. Essendo stata approvata a maggioranza, la delibera era invalida.

La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame che dovrà attenersi ai principi enunciati.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale a tutela del diritto di proprietà in ambito condominiale. I proprietari di immobili non possono vedere compresso il loro diritto di utilizzare e destinare il proprio bene sulla base di delibere a maggioranza che introducono divieti non previsti da un regolamento condominiale contrattuale. Per limitare l’uso delle proprietà esclusive, è indispensabile che le clausole siano non solo approvate all’unanimità, ma anche formulate con un linguaggio inequivocabile, che delinei con precisione i limiti e i divieti. In assenza di tali presupposti, prevale la piena facoltà del proprietario di godere del proprio immobile, nel rispetto delle norme di legge.

Un’assemblea di condominio può vietare l’apertura di una sala giochi con una delibera a maggioranza?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una delibera approvata a maggioranza non può introdurre un nuovo divieto specifico (come quello per una sala giochi) se questo non è già esplicitamente previsto da un regolamento di natura contrattuale. Una tale delibera costituisce una modifica del regolamento che incide sui diritti reali e richiede, pertanto, il consenso unanime di tutti i condomini.

Cosa si intende per regolamento condominiale contrattuale e perché è importante?
È un regolamento approvato all’unanimità da tutti i proprietari o predisposto dall’originario costruttore e accettato da ogni acquirente nel proprio atto di compravendita. La sua natura contrattuale è fondamentale perché solo questo tipo di regolamento può imporre limiti al diritto di proprietà dei singoli condomini, come divieti su specifiche destinazioni d’uso, che assumono la natura di servitù reciproche.

Una clausola generica che vieta usi ‘contrari alla tranquillità’ è sufficiente a impedire una specifica attività commerciale?
No. La Corte ha stabilito che una clausola così generica non soddisfa l’esigenza di inequivoca individuazione del vincolo che costituisce il contenuto di una servitù. Per limitare il diritto di proprietà, i divieti devono essere specifici e chiaramente formulati, non basati su concetti vaghi da verificare caso per caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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