Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12921 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12921 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25789/2019 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME.
– Ricorrente –
Contro
NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall ‘ avvocato NOME COGNOME
– Controricorrenti –
Avverso la sentenza del la Corte d’appello di Bari n. 600/2019 depositata il 07/03/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 06 maggio 2025.
Rilevato che:
NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME proprietari pro indiviso dell’unità immobiliare
Comunione e condominio
ubicata nell’edificio sito in Casamassima alla INDIRIZZO facente parte del più ampio complesso edilizio realizzato dalla RAGIONE_SOCIALE -chiesero la demolizione del corpo di fabbrica realizzato da NOME COGNOME sull’area scoperta della propria abitazione, confinante con quella degli attori, in violazione del regolamento di condominio, dell’art. 1120 c.c. e dell’art. 208 del r.d. n. 1165 del 1938.
Il Tribunale di Bari, nel contraddittorio del convenuto, espletata una consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza n. 300/2002, in accoglimento della domanda, condannò COGNOME alla demolizione della costruzione.
Sul gravame interposto dalla parte soccombente, la Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 1202/2005, in parziale accoglimento dell ‘ impugnazione, condannò NOME COGNOME ad apporre sulla costruzione dal medesimo realizzata, al confine con il lastrico solare degli appellati, una barriera in vetro non trasparente o altro materiale alta 1,80 m, tale da non consentire l ‘ inspicere ed il prospicere in alienum e rigettò, per il resto, la domanda proposta da COGNOME e dai COGNOME.
Su ricorso degli originari attori, la Cassazione, con sentenza n. 1748/2013, in accoglimento del secondo motivo di impugnazione e rigettato il primo, ha cassato con rinvio la sentenza d’appello ;
riassunta la causa da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, la Corte d’appello di Bari, nel contraddittorio di NOME COGNOME ha rigettato l’appello di quest’ultimo , ha confermato la sentenza n. 300/2002 del Tribunale di Bari, e ha condannato COGNOME alle spese del giudizio;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
In prossimità dell’udienza , il ricorrente ha depositato una memoria.
Considerato che:
I. per un’esigenza di chiarezza nell’esame dei motivi di ricorso è utile riassumere, per sommi capi, il contenuto della sentenza n. 1748/2013 di questa Corte e quello dell ‘impugnat a sentenza della Corte d’appello di Bari, quale giudice di rinvio .
Con il secondo motivo di ricorso per cassazione, i COGNOME e COGNOME avevano lamentato la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 1138 c.c. in relazione all’art. 1362 e seguenti c.c., e, in generale, delle norme di legge in tema di condominio e dei principi di interpretazione dei contratti, nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata ‘ sulla richiesta di demolizione conseguente alla violazione delle norme contenute nel regolamento condominiale di tipo contrattuale della Cooperativa RAGIONE_SOCIALE
Il loro assunto era di avere dedotto, in primo grado, la violazione delle norme del regolamento condominiale, da parte del convenuto, nell’ erigere il corpo di fabbrica di cui si tratta, e, segnatamente, dell ‘ art. 5 di detto regolamento (che vietava le variazioni dell ” assetto architettonico ed edilizio urbanistico dell ‘ intero complesso così come realizzato ‘ ), dell ‘ art. 6 (che vietava la modifica dello ‘ stato dei luoghi che possa alterare il decoro architettonico della propria unità abitativa e dell ‘ intero complesso ‘ ) e dell ‘ art. 7 (secondo cui le opere e lavori da eseguirsi nelle singole unità abitative ‘ non potranno in alcun modo pregiudicare l ‘ assetto generale, la struttura architettonica e decorativa del comprensorio e di ciascun comparto ‘ ). Ragioni che, spiegavano i ricorrenti, erano state riconosciute dal Tribunale, il quale assumeva che la variazione delle parti visibili della proprietà esclusiva
‘ non può che ripercuotersi ed alterare il ridetto assetto architettonico unitario con conseguente degrado del decoro dell ‘ intero complesso… in contrasto con il regolamento condominiale ‘ . Anche tale punto della decisione di primo grado era stato impugnato da COGNOME e anche su di esso i ricorrenti avevano svolto le proprie repliche. E tuttavia la Corte di Bari si sarebbe arrestata a considerare la lesione del decoro architettonico nell ‘ accezione delineata dal codice civile (ed escludendola in ragione della condizione attuale del complesso edilizio rispetto alla quale era intervenuta l ‘ innovazione), senza tener conto del regolamento condominiale della cooperativa (pur ritenuto operante nei confronti del Verna) ‘ che garantiva una tutela pattizia ben più intensa ‘ , introducendo, in luogo del divieto di lesione del decoro architettonico, ‘ quello ben più rigoroso di mutazione, oltre del decoro architettonico, espressamente previsto dall ‘ art. 6 del regolamento, anche dell ‘ assetto architettonico ed edilizio urbanistico dell ‘ intero complesso così come realizzato (art. 5) ‘ e ‘ dell ‘ assetto generale della struttura architettonica e decorativa del comprensorio e di ciascun comparto (art. 7) ‘ , esprimendo concetti diversi da quelli del mero decoro dell ‘ edificio.
La Cassazione ha accolto il motivo così argomentando (v. pagg. 10 e 11 della sentenza): « La Corte territoriale ha incentrato la propria decisione unicamente sulla portata applicativa della norma di cui all ‘ art. 1120 c.c., richiamando in via del tutto generica l ‘ esistenza di una normativa regolamentare (senza soffermarsi neppure sui relativi contenuti) di divieto di alterazione del decoro dell ‘ intero complesso, senza spendere alcun argomento circa la rilevanza e l ‘ operatività di essa. Tale insufficienza motivazionale, a fronte del rilievo esclusivo invece attribuito alla disciplina legale, urta, peraltro, con il principio secondo cui ‘ in materia di condominio di edifici, l ‘ autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che pongano limitazioni,
nell ‘ interesse comune, ai diritti dei condomini, sia relativamente alle parti comuni, sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà, senza che rilevi che l ‘ esercizio del diritto individuale su di esse si rifletta o meno sulle strutture o sulle parti comuni Ciò, dunque, imponendo al giudice del merito di esercitare appieno i suoi poteri di ermeneutica negoziale sulla regolamentazione convenzionale, ritualmente allegata, che si presenti rilevante nella fattispecie oggetto di cognizione ».
La sentenza di rinvio qui impugnata (v. pag. 4) muove dal postulato che « la Corte d’appello di Bari nella sentenza n. 1202/2005 non ha ritenuto condivisibile il quarto motivo di appello col quale il COGNOME lamentava l’inopponibilità del regolamento condominiale (pag. 6), rilevando, la Corte, che in calce alla delibera di approvazione della disciplina regolamentare in questione figurava la sottoscrizione di esso appellante COGNOME. Da ciò consegue che ogni valutazione circa l’opponibilità del regolamento condominiale ad esso COGNOME è superata da tale statuizione non impugnata e/o cassata dalla Corte Suprema. Pertanto, questa Corte deve ritenere l’applicabilità alla fattispecie in esame del regolamento condominiale predisposto dalla RAGIONE_SOCIALE il 6 maggio 1985 sottoscritto anche da COGNOME NOME »;
il primo motivo di ricorso censura l’ error in procedendo commesso dal giudice di rinvio per avere disatteso la decisione della Cassazione e, quindi, per non aver esaminato la questione della operatività o meno del regolamento di condominio.
Entrando nel merito della questione che la Corte di Bari avrebbe omesso di esaminare, il ricorrente rileva che, nello specifico, le limitazioni di cui al regolamento di condominio non erano a lui opponibili, come si desume dal principio di diritto, espresso da Cass. n. 6769/2018, secondo cui, in mancanza della trascrizione, in
un ‘ apposita nota, di una clausola del regolamento di condominio contenente limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, tali limiti non sono opponibili ai terzi acquirenti;
il secondo motivo censura l’ error in procedendo del giudice di rinvio che, discostandosi dal principio di diritto enunciato dalla Corte nella sentenza di rinvio, avrebbe omesso di verificare se, in base ai criteri dell’ermeneutica contrattuale, la disciplina convenzionale (compreso l’art. 6 del regolamento condominiale , norma che la Corte di Bari non menziona) derogasse o integrasse quella legale, definendo il concetto di decoro architettonico in termini più rigorosi rispetto all’art. 1120 c.c.;
il primo motivo è fondato e ciò comporta l’assorbimento del secondo motivo;
è orientamento consolidato della Corte, che il Collegio condivide e che perciò intende riproporre, quello per il quale, in tema di giudizio di rinvio, il principio della rilevabilità del giudicato (sia interno che esterno) in ogni stato e grado del giudizio deve essere coordinato con i principi che disciplinano il giudizio di rinvio e, segnatamente, con la prospettata efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio, che riguarda non solo le questioni dedotte dalle parti o rilevate d’ufficio nel giudizio di legittimità, ma anche quelle che costituiscono il necessario presupposto della sentenza, ancorché non dedotte o rilevate in quel giudizio, sicché il giudice di rinvio non può prendere in esame neppure la questione concernente l’esistenza di un giudicato esterno o (come nella specie) interno, qualora l’esistenza di quest’ultimo, pur potendo essere allegata o rilevata, risulti tuttavia esclusa, quantomeno implicitamente, dalla sentenza di cassazione con rinvio (vedi, in termini, Sez. 1, Sentenza n. 16171 del 30/07/2015, Rv. 636345 -01, Sez. 1, Sentenza n. 2411 del
08/02/2016, Rv. 638507 -01, Cass. n. 31810/2022, in motivazione ).
La decisione all’attenzione del Collegio si discosta da questo principio di diritto lì dove, in sostanza, nega di poter esaminare la questione circa l’appl icabilità o meno del regolamento condominiale, in forza della considerazione che, continua la sentenza, essa sarebbe coperta da giudicato interno (implicito) per effetto della mancata impugnazione della statuizione della sentenza della Corte di Bari n. 1202/2005, che aveva respinto il quarto motivo di appello, col quale COGNOME lamentava che non fosse a lui opponibile il regolamento di condominio, evidenziando che (v. pag. 4 della sentenza) in calce alla delibera di approvazione della disciplina regolamentare figurava la sottoscrizione dell’appellante.
In realtà, sul punto non esiste alcun giudicato, implicito o esplicito: l ‘errore di diritto processuale commesso dal giudice di rinvio consiste nel fatto che, come sopra anticipato, con la pronuncia di cassazione ex art. 384 c.p.c., era stato demandato alla Corte territoriale, in primis , di stabilire se il regolamento condominiale fosse o meno opponibile a Verna (la Corte Suprema aveva infatti riscontrato la mancata verifica della ‘ operatività ‘ della normativa regolamentare: cfr. pag. 10 sentenza n. 1748/2013); in secondo luogo -ovviamente, per la sola ipotesi di risposta affermativa al primo interrogativo -di verificare l’eventuale rilevanza del regolamento rispetto alla fattispecie in esame.
In altri termini, occorreva innanzi tutto sciogliere il nodo concettuale dell’opponibilità o meno a Verna della disciplina convenzionale, per poi eventualmente stabilire se la costruzione dal medesimo realizzata, all’interno del proprio giardino, fosse vietata o consentita dalle disposizioni del regolamento condominiale, specificamente: dall’art. 5 (che vietava le variazioni dell ” assetto
architettonico ed edilizio urbanistico dell ‘ intero complesso così come realizzato ‘ ), dall ‘ art. 6 (che vietava la modifica dello ‘ stato dei luoghi che possa alterare il decoro architettonico della propria unità abitativa e dell ‘ intero complesso ‘ ) e dall ‘ art. 7 (il quale stabiliva che opere e lavori da eseguirsi nelle singole unità abitative ‘ non potranno in alcun modo pregiudicare l ‘ assetto generale, la struttura architettonica e decorativa del comprensorio e di ciascun comparto ‘ ).
L’ampio scrutinio è stato omesso dal giudice di rinvio che, errando, ha considerato scontata l’applicabilità, alla fattispecie concreta, del regolamento di condominio -che invece era res dubia che la Corte di Bari era chiamata a risolvere -e, compiendo un salto logico-giuridico non consentito, ha ritenuto che quanto edificato da Verna fosse in contrasto con i divieti posti dalle disposizioni convenzionali;
ne consegue che, accolto il primo motivo e assorbito il secondo, la sentenza è cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Bari, la quale, nel decidere la controversia, si atterrà al principio di diritto sopra enunciato, e provvederà altresì a statuire sulle spese di questo e del precedente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese di questo e del precedente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione