Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13045 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13045 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
Oggetto:
Sanzioni amministrative – Violazioni codice della strada – NCC
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28045/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME della Civica Avvocatura e dall’avvocato NOME COGNOME del foro di Roma, con procura speciale in calce al ricorso, ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ultimo difensore;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ avvocato NOME COGNOME del foro di Venezia e dall’avvocato NOME COGNOME del foro di Roma ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ultimo difensore;
-controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Venezia n. 1356/2019, depositata in data 20 giugno 2019 e notificata il 21 giugno 2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che:
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione innanzi al Giudice di Pace di Venezia avverso cinque ordinanze-ingiunzioni elevate dal Comune di Venezia (n. 11960 del 2011, n. 12618 del 2011, n. 13296 del 2011, n. 13846 del 2011 e n. 13842 del 2011) per la violazione dell’art. 5 bis legge n. 21 del 1992, dell’art. 1, comma 1 lett. a) del Regolamento comunale di accesso al territorio del Comune di Venezia, dell’art. 15, punto 4 del Regolamento comunare di attuazione della legge Regione Veneto n. 63 del 1993, della Diposizione Mobilità e RAGIONE_SOCIALE P.G. 2011/178019 del 24.04.2011 e D.G. n. 65/2011, del punto 1 dell’Ordinanza n. 77/2011 del Comune di Venezia;
il Giudice di Pace di Venezia, con sentenza n. 691/2016, accoglieva l’opposizione ritenendo la illegittimità dell’art. 5 bis legge n. 21 del 2992 in combinato disposto con l’art. 1 lett. a) del Regolamento comunale di accesso al territorio di Venezia e dell’Ordinanza Dirigenziale n. 310/2006, nonostante le prime due norme invocate fossero poste alla base esclusivamente di parte delle ordinanze-ingiunzione impugnate, in quanto valutati come configuranti non una mera comunicazione, ma piuttosto quale previsione di una necessaria autorizzazione che avrebbe precluso la libertà di transito;
in virtù di gravame interposto dal Comune di Venezia, il Tribunale di Venezia, nella resistenza della RAGIONE_SOCIALE, che proponeva anche appello incidentale, con sentenza n. 1356 del 2019, disposta la correzione dell’epigrafe della sentenza del
giudice di prime cure, indicando tra gli opponenti anche NOME COGNOME ed NOME COGNOME, rigettato l’appello incidentale per non essere un reale motivo di impugnazione ma solo la richiesta di una motivazione diversa, respingeva anche quello principale.
A sostegno della decisione adottata il Tribunale di Venezia riteneva che gli errori segnalati nel ragionamento svolto dal Giudice di pace in relazione agli artt. 5 bis legge n. 21/1992m 1 comma 1 lett. a) del Regolamento comunale di accesso al territorio di Venezia e all’Ordinanza comunale n. 310/2006 anche agli artt. 15, comma 4 del Regolamento comunale di attuazione della legge Regione Veneto n. 63 del 1993 e all’Ordinanza n. 77/2011 del Comune di Venezia, non erano dirimenti.
Confermava la illegittimità de l Regolamento per l’accesso al territorio comunale dei natanti a motore con stazza lorda inferiore alle 10 tonnellate e con portata limitata alle 20 persone, adibiti al servizio pubblico non di linea di noleggio con conducente autorizzati da altro comune, ritenendo che la comunicazione prevista dal regolamento comunale fosse sostanzialmente subordinata al pagamento dell’importo previsto per l’accesso. Secondo il Tribunale subordinare l’accesso al la preventiva comunicazione doveva ritenersi illegittimo anche tenuto conto della disparità di trattamento con gli altri operatori esentati o esclusi.
Del resto, la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva evidenziato, con la segnalazione effettuata al Comune di Venezia, che siffatta disciplina aveva creato una discriminazione tra operatori NCC autorizzati dal Comune di Venezia e operatori autorizzati da altri Comuni non funzionale né proporzionale rispetto alle esigenze rappresentate dall’Amministrazione.
Le medesime valutazioni venivano effettuate con riferimento all’art. 15, comma 4 del Regolamento comunale di attuazione
della legge Regione Veneto n. 63/1993 e al punto 1 dell’Ordinanza n. 77/2011 del Comune di Venezia;
il Comune di Venezia ha proposto ricorso per cassazione avverso detta sentenza sulla base di sei motivi, cui ha resistito la RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
-in prossimità dell’adunanza camerale il Comune ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. contenente anche rinuncia parziale al ricorso, insistendo per l’accoglimento quanto alle ordinanze-ingiunzione 13296/2011 e n. 13842/2011 emesse per violazione dell’art. 15, comma 4 del Regolamento comunale in attuazione della legge regionale n. 63/1993 e dell’Ordinanza n. 77/2011; ha depositato memoria illustrativa anche parte controricorrente.
Atteso che:
-in via pregiudiziale occorre osservare che è intervenuta rinuncia, da parte del difensore della ricorrente, nella memoria depositata ex art. 380-bis c.p.c., quanto alle censure mosse con riferimento alle ordinanze ingiunzione n. 11960 del 2011, n. 12618 del 2011 e n. 13846 del 2011 relativamente alla violazione del Regolamento per l’accesso al territorio del Comune di Venezia adottato in attuazione dell’art. 5 -bis della legge n. 21/1992. Al riguardo il Comune precisa di rinunciare totalmente al secondo motivo di ricorso e parzialmente ai restanti motivi.
Ciò posto, il Collegio reputa di dover dare seguito al principio secondo cui la rinuncia ad uno o più motivi di ricorso rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure, efficace nella specie anche per il rilascio di uno specifico mandato al difensore in tal senso, in quanto, implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d’impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa, è rimessa alla discrezionalità
del difensore (cfr. Cass. n. 22269 del 2016; Cass. n. 414 del 2021);
-passando all’esame dei motivi ancora scrutinabili, essi attengono sostanzialmente alla violazione dell’art. 15, comma 4 del Regolamento comunale adottato in attuazione della legge Regione Veneto n. 63/1993, approvato anni prima rispetto alle modifiche della legge quadro n. 21/1992.
Quanto al primo motivo, il Comune di Venezia deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 5, allegato E, della legge n. 2248 del 1865, 11 della legge n. 21 del 1992 e 12 della legge Regione Veneto n. 63 del 1993, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., laddove ai punti 1.1 e 1.2 si lamenta il non avere considerato che la diversità di disciplina della circolazione fra operatori in possesso di autorizzazione al noleggio con conducente del Comune di Venezia e operatori in possesso di titoli autorizzatori di altri comuni trova un fondamento normativo nel carattere della territorialità e nel sistema del contingente di licenze e autorizzazioni.
Relativamente al terzo motivo il Comune denuncia la violazione e la falsa applicazione del Regolamento comunale in attuazione (…) dell’art. 12 legge Regione Veneto n. 63/1993, degli artt. 3, 9 e 41 della Costituzione in relazione all’art. 360, comma 1 n. 1 e n. 3 c.p.c., laddove ai punti 3.A e 3.B assume che le disposizioni oggetto di disapplicazione abbiano fondamento (oltre che nel contrasto all’abusivismo) nella tutela della sicurezza della navigazione, dell’ambiente e del paesaggio della città di Venezia.
Quanto al quarto motivo l’ente ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 legge n. 287/1990 in merito alla segnalazione dell’RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 1 e n. 3 c.p.c., per avere il giudice del gravame tratto la
creazione di una regola dalla segnalazione dell’RAGIONE_SOCIALE che non ha il compito di fissare regole ma solo di applicare regole al caso concreto.
Relativamente al quinto motivo il Comune lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 T.U.E. e della legge n. 130/2008, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., per avere il giudice dell’appello fatto riferimento a profili di diritto europeo che non colgono nel segno, trattandosi di fattispecie regolata esclusivamente dal diritto nazionale.
Quanto al sesto motivo l’ente locale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 117 Cost. e degli artt. 49, 56, 96 TFUE, della legge n. 278/1990 e della legge n. 21/1992, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. e dell’art. 132, comma 2 n. 4 c.p.c., insistendo nel sostenere che la disciplina europea della concorrenza non vieta qualunque limite alla stessa, ma richiede che eventuali restrizioni, vincoli, limiti o regolamentazioni tutelino interessi di pari o superiore rango.
I motivi di ricorso meritano una trattazione unitaria ponendo, seppure sotto diversi profili, la medesima questione della applicabilità dell’art. 15, comma 4 del Regolamento comunale di attuazione della legge Regione Veneto n. 63/1993. Essi sono infondati.
Le sanzioni delle quali si discute -di cui alle ordinanze ingiunzione n. 13296 del 2011 e n. 13842 del 2011 – sono state irrogate per la violazione, da parte di titolari di licenza NCC, delle disposizioni comunali sull’istituzione della zona a traffico limitato, per le quali le disposizioni della legge quadro n. 21/1992 prevedevano l’emanazione , già nella formulazione precedente alla riforma di cui al d.l. n. 207/2008, che nella fattispecie erano state emanate già nel 2006 ed erano vigenti nel periodo di sospensione dell’efficacia della riforma del 2008.
La questione è identica ad altre già decise da questa Corte ( ex plurimis, Cass. n. 29275 del 2023). Si tratta, infatti, di un contenzioso che ha visto contrapposti il Comune di Venezia e i titolari di licenza di noleggio con conducente rilasciati da altri comuni della gronda lagunare.
Nell’ordinanza sopra citata si legge che, sul piano normativo, la legge 15 gennaio 1992, n. 21 (‘Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea’), attribuisce rispettivamente alle Regioni (art. 4) e ai Comuni (art. 5) competenze in materia di servizio di trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea e, in particolare, prevede che i Comuni, nel redigere i relativi regolamenti, si attengano ai principî stabiliti dalle Regioni.
La conseguente legge Regione Veneto 30 dicembre 1993, n. 63, in accordo con la legge n. 21 del 1992, disciplina gli aspetti essenziali e le modalità di esercizio del servizio pubblico di trasporto non di linea e fissa la disciplina delle necessarie licenze. La potestà normativa comunale -che si colloca entro i binari delle disposizioni statali e regionali -non deve oltrepassare il limite della mera regolamentazione delle modalità di svolgimento del servizio di noleggio con conducente. In altri termini, la potestà normativa comunale, che ha natura residuale, deve svolgersi in consonanza con quella regionale che, a sua volta, si armonizza con la potestà normativa di cui è titolare in via esclusiva lo Stato.
Così tracciate le coordinate delle competenze comunali, venendo al caso di specie, sono viziate le disposizioni (come la determina dirigenziale n. 310 del 2006) che, nel regolare la materia degli autoservizi pubblici non di linea (attuati dagli operatori NCC), prevedono una disciplina differenziata, in relazione alla circolazione nella ZTL istituita nel centro storico della città, a seconda che si tratti di operatori autorizzati dal Comune di
Venezia o di operatori autorizzati da altri comuni della c.d. gronda lagunare. Infatti, esclusivamente a questi ultimi, a differenza dei primi, è fatto divieto, totale o temporaneo, di ingresso nelle acque della ZTL cittadina.
Il Tribunale nel ritenere che le fonti normative secondarie poste alla base delle ordinanze ingiunzione opposte realizzano una disparità di trattamento tra operatori NCC autorizzati dal Comune di Venezia e quelli autorizzati da altri comuni ha evidenziato che si tratta di disciplina non giustificata da altre superiori esigenze.
L ‘affermazione deve essere sicuramente recepita ed è decisiva al fine di ritenere illegittima l’ordinanza comunale n. 310/2006 di cui si discute, la quale si risolve in un divieto o in una fortissima limitazione al transito, previsione che non costituisce attuazione dell’art. 11, comma 1 legge n. 21/1992, che non consentiva tale esclusione.
Per quanto qui di interesse, la previsione non trova giustificazione neppure nell’art. 12 legge Regione Veneto n. 63/1993, che in nessuna delle sue disposizioni consente di distinguere la circolazione all’interno delle acque del Comune di Venezia dei servizi di trasporto non di linea in relazione al comune di rilascio dell’autorizzazione. Infatti, l’art. 12 , comma 5 legge Regione Veneto n. 63/1993 dispone ‘il numero complessivo delle licenze di taxi rilasciate e il numero di autorizzazioni per le altre attività di trasporto acqueo dovrà comunque sempre tenere conto delle esigenze di una corretta gestione del traffico acqueo e, in particolar modo per ciò che riguarda la città di Venezia e l’intero ambito lagunare, degli effetti del moto ondoso derivanti dalla circolazione dei natanti a motore’; in questo modo la disposizione indica in quali termini il Comune debba considerare gli effetti del moto ondoso nella regolamentazione del trasporto non di linea, e cioè in fase di
valutazione dell’esistenza dei presupposti per il rilascio delle autorizzazioni alle attività di trasporto non in linea e in fase di disciplina del traffico, ma non al fine di distinguere il transito dei soggetti già autorizzati sulla base della loro provenienza.
Secondo il suo stesso preambolo, l’ordinanza n. 310/20026 ha inteso perseguire sia la finalità di salvaguardia del patrimonio culturale e ambientale di Venezia sia la finalità di limitare il traffico acqueo ai titolari di licenze NCC rilasciate da altro comune per attuare la finalità di cui all’art. 12 , comma 5 legge regionale n. 63/1993, che non consentivano tale limitazione.
Ne consegue che la determina dirigenziale n. 310 del 2006 è illegittima per eccesso di potere nella parte in cui il Comune di Venezia introduce limitazioni all’accesso alla ZTL per i natanti titolati da altri comuni in vista della tutela di un distinto e autonomo interesse, non direttamente correlato alla materia del servizio pubblico di trasporto non di linea, quale l’esigenza di ridurre il moto ondoso nella città, in funzione della salvaguardia dell’assetto ambientale e della tutela del patrimonio artistico e monumentale della laguna di Venezia e realizzando il suddetto fine limitando le restrizioni all’ingresso solo ai titolari di licenza NCC rilasciata da comuni diversi da quello di Venezia. In tal modo l’Amministrazione ha posto una limitazione non consentita dalla legge attributiva del relativo potere.
Quindi, si deve concludere che in questa parte l’ordinanza dirigenziale n. 310/2006, come si è già detto, è viziata quantomeno da eccesso di potere e che, ricorrendo per questo i presupposti per disapplicare tale disposizione, il giudice di merito correttamente ha escluso l’integrazione dell’ illecito contestato.
Peraltro, è persuasivo il richiamo al l’intervento dell’RAGIONE_SOCIALE, la quale ha segnalato (ai sensi dell’art. 21, legge n. 287 del 1990) ‘distorsioni concorrenziali’ indotte dall’ordinanza dirigenziale n. 310 del 2006, che creano una discriminazione tra operatori NCC
autorizzati dal Comune di Venezia e operatori autorizzati da altri Comuni. Al riguardo è sufficiente richiamare Cass., Sez. Un., n. 17541/2023 (pagg. 24 e 25) che, a proposito della normativa statale, alla quale le disposizioni (regionali e) comunali debbono attenersi, constata che «l’esigenza di adeguare le disposizioni della legge n. 21 del 1992 -in considerazione sia di problematiche relative al rapporto tra i servizi di taxi e di noleggio con conducente (va ricordato che in origine gli obblighi di servizio pubblico discendevano solo per il servizio di taxi, i quali risultano disciplinati dalle leggi regionali, ai cui criteri devono attenersi i Comuni nel regolamentarne l’esercizio, enti ai quali sono delegate le funzioni amministrative), sia per l’esigenza di rispondere alle nuove realtà economiche che offrivano servizi non immediatamente riconducibili a quelli previsti dalla regolamentazione nazionale, anche al fine di superare i dubbi riguardanti la loro legittimità -ha caratterizzato le ultime legislature, a ciò stimolate anche dagli interventi delle RAGIONE_SOCIALE indipendenti di settore, quali l’RAGIONE_SOCIALE (che ha inviato al Governo ed al Parlamento il 21 maggio 2015 un atto di segnalazione sulla rilevanza economicoregolatoria dell’autotrasporto di persone non di linea) e l’RAGIONE_SOCIALE), intervenuta più volte proprio sul tema della riforma della disciplina del settore Taxi e NCC (da ultimo, il 10 marzo 2017, ha inviato una segnalazione al Parlamento ed al Governo in cui si sottolinea che il settore dalla mobilità non di linea – taxi e NCC – richiede una riforma complessiva, in quanto è ancora regolato dalla legge n. 21 del 15 gennaio 1992, oramai non più al passo con l’evoluzione del mercato)».
In conclusione, per le ragioni esposte il ricorso va rigettato.
Si giustifica la compensazione delle spese relative al giudizio di legittimità, in considerazione della novità delle questioni e della pronuncia delle Sezioni Unite sopravvenuta nel corso del presente giudizio.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del Comune ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P . Q . M .
La Corte rigetta il ricorso;
dichiara interamente compensate le spese dell’intero giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 co.1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del Comune ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda