Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26384 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26384 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 2287/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Aulla (INDIRIZZO), alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Foligno (PG), alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (non in proprio, ma esclusivamente in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE), con sede in Siena, alla INDIRIZZO, in persona della procuratrice speciale AVV_NOTAIOssa AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia presso l’indirizzo di posta elettronica certificata EMAIL.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 725/2022 della CORTE DI APPELLO DI GENOVA, pubblicata il giorno 20/06/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
19/09/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto ritualmente notificato il 10 luglio 2014, RAGIONE_SOCIALE citò RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Massa per sentire accertare la nullità delle pattuizioni del contratto di mutuo del 25 giugno 2003, tra esse intercorso, per violazione della normativa antiusura, con condanna della convenuta alla restituzione di tutti gli interessi corrisposti, nonché la nullità, per indeterminatezza ex artt. 1346 e 1284 cod. civ., delle corrispondenti pattuizioni, oltre che la violazione dell’art. 1283 cod. civ., con condanna della controparte alla restituzione di tutti gli interessi ultra-legali percepiti, previa rideterminazione del rapporto secondo legge.
1.1. Costituitasi la convenuta, che contestò le avverse pretese, l’adito tribunale, con sentenza n. 776/2018, rigettò le domande dell’attrice.
Il gravame proposto da quest’ultima contro questa decisione fu parzialmente accolto dalla Corte di appello di Genova con sentenza del 20 giugno 2022, n. 725, pronunciata nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE.p.a., in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE
2.1. In particolare, quella corte: i ) dichiarò la nullità della clausola contrattuale che prevedeva il pagamento dell’indennità per la risoluzione anticipata del contratto dovuta all’inadempimento del mutuatario; ii ) disattese, invece, la doglianza con cui l’appellante aveva lamentato « la mancata specificazione degli interessi, non essendo specificato nel contratto, oltre al tasso nominale, il sistema di calcolo e conteggio degli interessi, ovvero il modello di produzione degli interessi, che incide sul costo del finanziamento ». Opinò, sul punto, che « Il CTU ha osservato che il piano di
ammortamento del debito prevede il pagamento prima degli interessi e poi del capitale. Intanto, gli interessi sono calcolati su di una base rappresentata soltanto dal capitale, effettivamente prelevato. Il che -oltre a chiarire il meccanismo di computo degli interessi -esclude anche l’anatocismo ».
Per la cassazione di questa sentenza ha promosso ricorso RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a due motivi. Ha resistito, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi di Siena s.p.a., non in proprio ma esclusivamente in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE
3.1. È stata formulata, da parte del AVV_NOTAIO delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022. A fronte di essa, RAGIONE_SOCIALE ha domandato la decisione della causa. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. e, nella propria, la ricorrente ha prospettato una questione di legittimità costituzionale « dell’art. 380 -bis , comma terzo, ultima parte c.p.c. e d ell’art. 380 -bis, secondo comma, c.p.c. e, comunque, del combinato disposto di tale norme » con riferimento agli artt. 76, 3, 23, 24, 111 e 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 6.1. CEDU, all’art. 11 Cost., in relazione all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ed all’art. 19 del Trattato Unione Europea.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale, ritiene il Collegio che la descritta eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dalla parte ricorrente nella propria memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. sia manifestamente infondata nel suo complesso.
1.1. In proposito, infatti, giova rimarcare che, come si legge in Cass., SU, n. 19293 del 2024, « vale ribadire, con Cass.,Sez. Un., n. 9611 del 2024, che il nuovo art. 380 -bis è stato qualificato in termini di strumento processuale di agevolazione della definizione delle pendenze in sede di legittimità, anche tramite l’individuazione di strumenti dissuasivi di condotte rivelatesi , ex post , prive di giustificazione, e quindi idonee a concretare,
secondo una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del diritto di difesa, giacché non attenersi alla delibazione (altrimenti definita valutazione) del presidente o del consigliere delegato, che trovi, poi, conferma nella decisione finale, lascia presumere una responsabilità aggravata. La stessa sentenza n. 9611 cit., argomentando in ordine alla negazione della funzione decisoria della proposta di definizione e alla negazione della natura impugnatoria della decisione del Collegio, e della sua finalità di riesame e controllo rispetto alla proposta, ha valorizzato la natura non decisoria della proposta e cesellato la funzione giurisdizionale assolta dal Collegio mediante l’ordinanza: deve avere ad oggetto la decisione sul ricorso, e non la legittimità della proposta di definizione anticipata, come ulteriormente confermato dal generico rinvio operato dal terzo comma dell’art. 380 -bis al procedimento in camera di consiglio, ove si accorda alle parti soltanto la facoltà di depositare sintetiche memorie illustrative inerenti alle censure già proposte; che, poi, il legislatore della novella non abbia previsto l’apertura di un apposito contraddittorio sulla proposta di definizione del giudizio, consentendo o richiedendo alle parti di prendere posizione su di essa, è in linea con la constatazione che la medesima proposta non entra innovativamente nell’oggetto del processo di cassazione, né può essere posta, dal Collegio, a fondamento della decisione (Cass., Sez. Un., n. 9611 cit.) ».
1.1.1. È chiaro, dunque, che i tre obbiettivi cui mostra di mirare l’art. 380bis cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, -maggiore rendimento dell’attività giurisdizionale; maggiore celerità della decisione; migliore qualità dell’accertamento su cui la stessa deve poggiare -giustificano pienamente l’adozione di m eccanismi (quale, nella specie, quello dell’applicazione dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ, allorquando il Collegio decida la causa, ai sensi dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ., in conformità alla proposta ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ.) evidentemente finalizzati ad evitare che il raggiungimento di quegli obbiettivi rimanga pregiudicato da condotte processuali rivelatesi con essi non coerenti.
1.1.2. Assolutamente significative, in tal senso, risultano, del resto, le osservazioni di Cass., SU, n. 10955 del 2024, che, al fine di giustificare la ivi ritenuta applicabilità della norma di cui al novellato art. 380bis cod. proc. civ. (che nella parte finale richiama l’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ.) anche nei giudizi (come quello in esame) introdotti con ricorso già notificato alla data dell’1 gennaio 2023 e per i quali, alla data del 28 febbraio 2023, non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, ha affermato che il citato art. 380bis cod. proc. civ. « mira ad apprestare uno strumento di agevolazione della definizione delle pendenze in sede di legittimità, anche tramite l’individuazione di strumenti dissuasivi di condotte rivelatesi ex post prive di giustificazione, e quindi idonee a concretare ipotesi di abuso del diritto di difesa. Sottrarre al corredo di incentivi e di fattori di dissuasione contenuto nella norma in esame -che sono finalizzati a rimarcare, come chiarito nella relazione illustrativa al d.lgs. 149/2022, che la giustizia non è una risorsa illimitata di cui si possa disporre con piena libertà, sicché si giustifica che colui che abbia contribuito a dissiparla, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo -verrebbe a limitare fortemente la portata applicativa della norma, che vedrebbe dispiegarsi compiutamente i suoi effetti solo a distanza di tempo, in contrasto con il chiaro intento del legislatore di offrire nell’immediato uno strumento di agevole e rapida definizione dei ricorsi che si palesino inammissibili, improcedibili ovvero manifestamente infondati ».
1.1.3. È manifestamente infondato, pertanto, l’assunto della ricorrente circa il preteso eccesso di delega (rispetto ai principi sanciti dall’art. 1, comma 9, lett. e], nn. 1, 2 e 3, della legge n. 206 del 2021) a suo dire rinvenibile nell’art. 380 -bis , comma 3, cod. proc. civ. nella parte in cui sancisce che quando questa Corte ‘ definisce il giudizio in conformità alla proposta, applica il terzo e il quarto comma dell’art. 96 ‘.
1.1.3.1. Invero, la Corte costituzionale ha ripetutamente affermato che il controllo della conformità della norma delegata alla norma delegante richiede un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l’uno relativo alla disposizione che determina l’oggetto, i princìpi ed i criteri
direttivi della delega; l’altro concernente la norma delegata, da interpretare, ove possibile, nel significato compatibile con questi ultimi ( cfr. , tra le tante, le sentenze n. 98 del 2024; n. 229 del 2014, n. 230 del 2010, n. 112 e n. 98 del 2008, n. 140 del 2007). Relativamente al primo di essi, il contenuto della delega deve essere identificato tenendo conto del complessivo contesto normativo nel quale si inseriscono la legge delega ed i relativi principi e criteri direttivi, nonché delle finalità che lo ispirano, verificando, nel silenzio del legislatore delegante sullo specifico tema, che le scelte del legislatore delegato non siano in contrasto con gli indirizzi generali della medesima ( cfr., ex aliis , ancora sentenze n. 229 del 2014, n. 341 del 2007, n. 426 e n. 285 del 2006). I principi posti dal legislatore delegante costituiscono, poi, non soltanto base e limite delle norme delegate, ma anche strumenti per l’interpretazione della loro portata; e tali disposizioni devono essere lette, finché sia possibile, nel significato compatibile con tali principi, í quali a loro volta vanno interpretati alla luce della ratio della legge delega, per verificare se la norma delegata sia con questa coerente ( cfr. e plurimis , sentenze n. 237 del 2013, n. 119 del 2013, n. 272 del 2012 e n. 98 del 2008). Infatti l’art. 76 Cost. non osta all’emanazione di norme che rappresentino un coerente sviluppo ed un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, poiché deve escludersi che la funzione del legislatore delegato sia limitata ad una mera scansione linguistica delle previsioni stabilite dal primo; dunque, nell’attuazione della delega, è possibile valutare le situazioni giuridiche da regolamentare ed effettuare le conseguenti scelte, nella fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi ( cfr . sentenze n. 98 del 2008 e n. 163 del 2000). In definitiva, al legislatore delegato compete uno spazio di discrezionalità ( cfr . Corte cost. sent. n. 98 del 2024; sent. n. 100 del 2020) che può essere più o meno ampio in relazione al grado di specificità dei criteri della delega ( cfr . Corte cost. n. 213/2005; Corte cost. n. 490/2000), consentendo comunque l’emanazione di norme che rappresentino un coerente sviluppo e, se del caso, un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante ( cfr . Corte Cost. sent. n. 98 del 2024; sent. n. 150 del 2022; sent. n. 98/2008).
1.1.3.2. Ne consegue, quindi, che, alla stregua delle già esposte osservazioni rinvenibili nelle pronunce delle Sezioni Unite di questa Corte cui si è precedentemente fatto riferimento, la descritta previsione di cui all’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ., risulta chiaramente connessa al nuovo regime procedimentale stabilito per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui integra e completa la disciplina quale opportuno bilanciamento, non irragionevole, tra molteplici interessi, quali il concreto esercizio del diritto di difesa, la ragionevole durata del processo e l’obiettivo di evitare iniziative meramente dilatorie ( cfr . in relazione a quest’ultimo, Corte Cost. ord. nn. 205 del 2010 , 318 del 2008 e 67 del 2007, tutte richiamate nella motivazione della più recente sent. n. 168 del 2023, ove si definisce ‘ interesse generale ‘ il prevenire comportamenti processuali meramente dilatori). La scelta fatta propria dal legislatore delegato di cui al d.lgs. n. 149 del 2022, quindi, non eccede i limiti imposti dall’art. 76 Cost. (in relazione a quanto previsto dall’art. 1, comma 9, lett. e], nn. 1, 2 e 3, della legge delega n. 2026/2021), risultando coerente con la formulazione della delega e con i principi ispiratori della stessa.
1.1.4. Cass., SU, n. 36069 del 2023, peraltro, ha puntualizzato che « Va esclusa una interpretazione della norma che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, dovendo l’applicazione in concreto delle predette sanzioni rimanere affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso di specie ».
1.2. Nemmeno sussiste, poi, nella proposta di cui al novellato art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ., alcuna precostituzione della decisione, profilo, questo, già smentito dalla giurisprudenza formatasi nella vigenza della precedente disciplina del procedimento per la decisione in camera di consiglio sull’inammissibilità o sulla manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso, che aveva ripetutamente escluso che ricorresse l’obbligo di astensione, di cui all’art. 51, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., in capo al giudice relatore autore, dapprima, della relazione e, poi, della proposta ai sensi del primo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ratione temporis vigente, non
rivelando detta relazione o proposta carattere decisorio, né configurandosi quale anticipazione di giudizio da parte del relatore, giacché non ne risultava in alcun modo menomato il verdetto finale spettante al Collegio ( cfr . Cass., SU., n. 9611 del 2024, ribadita, in parte qua , dalla successiva Cass., SU, n. 19293 del 2024).
1.2.1. L’essenza collegiale della giurisdizione di legittimità non è incisa, dunque, dal novellato strumento processuale, sicché la funzione decisoria non conosce alcun vulnus, per essere sempre espressione del Collegio.
1.3. È inipotizzabile, altresì, qualsivoglia pregiudizio al principio del giusto processo, nell’accezione di garanzia della partecipazione dialettica delle parti, quale momento fondamentale per la formazione del convincimento del giudice, posto che, a tacer d’altro, la garanzia del contraddittorio, necessaria in quanto costituente il nucleo indefettibile del diritto di difesa, costituzionalmente tutelato dagli artt. 24 e 111 Cost. è assicurata, comunque, dalla trattazione scritta della causa, con facoltà delle parti di presentare memorie per illustrare le rispettive ragioni, già compiutamente declinate con i motivi dell’impugnazione.
1.4. Da ultimo, deve escludersi qualsivoglia rilevanza, in questo procedimento, della ulteriore doglianza riferita alla previsione del conferimento di una nuova procura speciale della parte al proprio difensore per chiedere la decisione della causa dopo l’avven uta comunicazione della proposta ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ.
1.4.1. In proposito, infatti, è sufficiente rimarcare che l’odierna decisione non si fonda in alcun modo sul mancato rilascio di una tale nuova procura e che le censure riguardanti questioni di legittimità costituzionale non si presentano come fini a sé stesse, ma hanno funzione strumentale in relazione all’obiettivo di conseguire una pronuncia più favorevole di quella resa con il provvedimento impugnato, sicché l’impugnazione deve intendersi come diretta ad investire una questione regolata dalle norme giuridiche la cui costituzionalità sia oggetto di contestazione.
Fermo quanto precede, i formulati motivi denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. », contestandosi alla corte distrettuale di avere illegittimamente desunto dalla c.t.u. espletata nel corso del giudizio un accertamento inesistente in relazione alla specificazione delle modalità di computo degli interessi nel contratto di mutuo, così travisando la prova da cui aveva tratto il proprio convincimento;
2) « Falsa applicazione dell’art. 1194 c.c.; violazione degli artt. 1346, 1284 e 1815 c.c.; violazione dell’art. 117 TUB, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c .», perché la corte territoriale, mostrando di confondere la questione della determinazione degli interessi con la diversa questione dell’imputazione dei pagamenti, ha desunto l’esistenza di un meccanismo pattizio univoco di computo degli interessi a fronte del contratto di mutuo in causa sulla base di un’indicazione rilevata dal c.t.u., rela tiva solo alla verifica degli interessi anatocistici sul piano di ammortamento, inconcludente e comunque in assenza dell’indicazione nel contratto di mutuo dello specifico regime finanziario degli interessi, tale da importare indeterminatezza dell’oggetto della clausola degli interessi e, quindi, la sua nullità, oltre che evidenza della violazione della normativa a tutela della trasparenza bancaria.
3. Va rilevato, innanzitutto, che la menzionata proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. ha il seguente tenore: « Il primo mezzo, con cui si denuncia travisamento della prova, è inammissibile (Cass., Sez. Un., 5 marzo 2024, n. 5792). Il secondo mezzo è inammissibile. Si sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nel non avvedersi che la nullità per indeterminatezz a del contratto di mutuo discendeva dall’omessa indicazione del ‘ regime finanziario ‘ applicabile al computo degli interessi. Va però rilevato c he nella sentenza impugnata di detto ‘regime finanziario’, nei termini sviluppati nel motivo di cassazione, non si discorre affatto, mentre nelle conclusioni trascritte in sentenza si fa soltanto generico riferimento ad un non meglio specificato ‘regime dell’interesse’: di guisa che la censura risulta nuova. Orbene, per giurisprudenza di legittimità assolutamente pacifica (cfr. nelle rispettive motivazioni, tra le più recenti, Cass. n. 5131 del 2023 e Cass. n. 25909 del 2021), qualora con il ricorso per cassazione siano
prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il (motivo di) ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. Infatti, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio a quo , non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (cfr. Cass. n. 32804 del 2019; Cass. n. 2038 del 2019; Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013; 7981/07; Cass. 16632/2010). In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere – qui rimasto inadempiuto – di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. n. 9765 del 2005; Cass. n. 12025 del 2000). Ciò esime dall’osservare che nel caso di specie risulta dalla sentenza che il contratto di mutuo era assistito dal relativo piano di ammortamento, il che rende un’evidente non senso discorrere di indeterminatezza del regime degli interessi ».
4. Il difensore della ricorrente ha espressamente dichiarato di rinunciare alla doglianza di cui al primo motivo ( cfr . pag. 2 della sua istanza di decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ., del 24 aprile 2024) a seguito della sopravvenuta pronuncia resa da Cass., SU, n. 5792 del 2024. Pertanto, si rivela superflua qualsivoglia decisione in ordine alla fondatezza, o non, della doglianza suddetta, così dandosi seguito al principio, qui condiviso, secondo cui la ” rinuncia ad uno o più motivi di ricorso, che rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure, è efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte o del rilascio di uno specifico mandato al difensore, in quanto, implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d’impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa, è rimessa alla discrezionalità del difensore stesso, e resta, quindi, sottratta alla disciplina di cui all’art. 390 cod. proc. civ. per la rinuncia al ricorso ” ( cfr . tra le più
recenti, Cass. n. 414 del 2021; Cass. n. 22269 del 2016; Cass. n. 12638 del 2011; Cass. n. 11154 del 2006).
5. Il secondo motivo di ricorso, invece, è inammissibile perché, il Collegio intende ribadire le complessive argomentazioni, al riguardo, della proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. che resistono ai rilievi formulati da parte ricorrente, ed osserva, inoltre, che: i ) l’indirizzo ermeneutico ivi richiamato ha trovato ulteriore conferma nelle pronunce rese da Cass., SU, n. 9790 del 2024, Cass. nn. 6649 e 3314 del 2024 e da Cass. n. 9434 del 2023, essendosi puntualizzato pure ( cfr . Cass. n. 6127 del 2024) che alle omissioni caratterizzanti il ricorso non può porre rimedio il contenuto di una memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ., esclusivamente destinata ad illustrare le cesure già proposte, senza poterne introdurre di nuove ( cfr., e multis , Cass. n. 17893 del 2020; Cass. n. 24007 del 2017; Cass. n. 26332 del 2016; Cass., SU, n. 11097 del 2006), ed alla quale, pertanto, certamente non potrebbe attribuirsi pure la funzione di eliminare cause di inammissibilità dei formulati motivi di ricorso ( cf r. Cass. n. 5426 del 2024); ii ), come riaffermato, in motivazione, da Cass. n. 8117 del 2022, « il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., consiste in un’esposizione che deve garantire a questa Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia ma anche del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U., 28 novembre 2018, n. 30754, che richiama Cass. n. 21396 del 2018); la valutazione in termini d’inammissibilità del ricorso non esprime, naturalmente, un formalismo fine a sé stesso, bensì il richiamo al rispetto di una precisa previsione legislativa volta ad assicurare uno “standard” di redazione degli atti che, declinando la qualificata prestazione professionale svolta dalla difesa e presupposta dall’ordinamento, si traduce nel sottoporre al giudice nel modo più chiaro la vicenda processuale permettendo, in quel perimetro, l’apprezzamento delle ragioni della parte (Cass., Sez. U., n. 30754 del 2018, cit.); si tratta, come evidente, di una ricaduta del principio di specificità del gravame, calato nel giudizio a critica vincolata qual è quello della presente sede di legittimità »;
iii ) la stessa giurisprudenza della Corte E.D.U. 28 ottobre 2021, ricorso n. 55064/11 e altri 2 – RAGIONE_SOCIALE e altri contro Italia – ha chiarito: a ) che la ricostruita lettura del « principe d’autonomie du pourvoi en cassation », ovvero dell’art. 366, cod. proc. civ., e in questo caso del numero 3 del primo comma, « garantisce un utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili » dall’amministrazione della giustizia, quale conformata dalle norme nazionali e dal diritto vivente a fronte delle domande ad essa rivolte (la Corte evoca in questo quadro le disposizioni contenute nell’art. 360bis cod. proc. civ.); b ) come « tale approccio sia attinente alla natura stessa del ricorso per cassazione che protegge, da una parte, l’interesse del ricorrente a che siano accolte le sue critiche contro la decisione impugnata e, dall’altra, l’interesse generale alla cassazione di una decisione che rischi di pregiudicare la corretta interpretazione del diritto » (§§ 78-79); c ) che, in particolare, la Corte di legittimità, leggendo il ricorso nella sua globalità, deve allora poter « comprendere l’oggetto della controversia, così come il contenuto delle critiche che dovrebbero giustificare la cassazione della decisione impugnata » (§ 110); d ) in applicazione del principio di specificità del ricorso per cassazione, ai fini del rispetto del requisito stabilito dall’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., debbono essere precisate e riferite, con chiara sintesi idoneamente funzionale a elidere dubbi di comprensione, le pretese quali svolte nelle fasi di merito, e le risposte date dai precedenti giudici, così da poter apprezzare la concludenza delle censure a quelle risposte, previa ragionata ovvero pertinente menzione sia degli atti dove verificare quanto così congruamente riportato, sia della loro univoca collocazione nell’incarto documentale come appropriatamente offerto all’esame della Suprema Corte.
5.1. Tutto ciò, peraltro, non senza rimarcare, in via assolutamente dirimente, che, nel caso di specie, risulta dalla sentenza impugnata che il contratto di mutuo era assistito dal relativo piano di ammortamento, il che rende un’evidente non senso discorrer e di indeterminatezza del regime degli interessi.
6 . In conclusione, dunque, l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE deve essere dichiarato inammissibile, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente.
6.1. Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), va disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ.
6.1.1. Vale rammentare, in proposito, che: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. (pure novellato dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente ( cfr . Cass., SU, n. 28540 del 2023; Cass. n. 16191 del 2024).
6.1.2. Pertanto, non ravvisando il Collegio (stante la complessiva ‘tenuta’, pur nella sua sinteticità, del provvedimento della PDA rispetto alla motivazione necessaria per confermare l’inammissibilità del ricorso) ragioni per discostarsi dalla suddetta previsione legale (cfr., in motivazione, Cass., SU, n. 36069 del 2023), la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 7.000 ,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
6.2. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE,
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di RAGIONE_SOCIALE e la condanna al pagamento, in favore della costituitasi controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in € 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna la medesima ricorrente al pagamento della somma di € 7.000,00 in favore della costituitasi controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di RAGIONE_SOCIALE, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile