Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1276 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1276 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29915/2020 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
– controricorrenti –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI n. 1359/2020, depositata il 20/04/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME in qualità di proprietario di terreni e di porzione di fabbricato siti nel Comune di Massa Lubrense -località Sant’INDIRIZZO sui INDIRIZZO, alla INDIRIZZO ed i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME, in qualità di proprietari di una striscia di terreno di mt 6,5 dipartentesi dalla medesima INDIRIZZO, adivano il Tribunale di Torre Annunziata-Sez. distaccata di Sorrento per sentire condannare NOME COGNOME, proprietaria di altri terreni e porzioni immobiliari ubicate nel medesimo sito, alla eliminazione di una serie di abusi in danno di beni comuni. La convenuta spiegava una serie di domande riconvenzionali (regolamento di confini tra particelle 482 3 843; accertamento dell’inesistenza di una servitù di veduta sul cortile comune esercitata da NOME COGNOME attraverso una ringhiera posta sul lastrico solare e di una servitù di condotta fognaria e di passaggio).
Il Giudice adito accoglieva in parte le domande, condannando la COGNOME:
a ripristinare
l’area comune sottostante la stanza al primo piano;
ad arretrare la propria recinzione sui propri confini in modo da lasciare libera e disponibile l’area destinata a viale carrabile a servizio di tutti i germani COGNOME;
ad eliminare tutte le barriere esistenti locale servizio igienico al fine di consentire il libero uso ed accesso a tutti i condomini;
alla rimozione del tratto di condotta fognaria che attraversa la proprietà degli attori.
Il Tribunale condannava inoltre gli attori alla rimozione del tratto di condotta fognaria che attraversa la proprietà della convenuta (capo e della sentenza).
La COGNOME impugnava la decisione innanzi alla Corte d’Appello di Napoli che, con sentenza 20.4.2020 n. 1359/2020, in accoglimento del suo primo motivo di appello, riformava per extrapetizione la sentenza impugnata limitatamente al capo d), riguardante la condanna della convenuta alla rimozione del tratto di condotta fognaria che attraversava la proprietà degli attori; dichiarava inammissibile il terzo motivo di appello e rigettava gli altri. Procedeva poi alla regolamentazione delle spese dell’intero gi udizio modificando anche quelle di primo grado.
NOME COGNOME ricorre per cassazione con sei motivi, contrastati con controricorso da NOME COGNOME nonché da NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Per evidenti ragioni di priorità logica, occorre scrutinare per primo il quinto motivo di ricorso, con il quale si denuncia omesso rilievo del difetto di integrità del contraddittorio in caso di litisconsorzio necessario in materia condominiale e nullità degli atti e delle sentenze ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., in relazione agli artt. 872-873 cod. civ. e 102 e 331 cod. proc. civ. La ricorrente chiede pronunciarsi la nullità di tutti gli atti dei giudizi di primo e secondo grado e delle sentenze che li hanno definiti, in riferimento alla domanda ex art. 949 cod. civ. proposta da parte attrice con atto di citazione innanzi al Tribunale di Torre Annunziata. Osserva in proposito che già dalla CTU in primo grado emergeva una pluralità di unità immobiliari all’interno del fabbricato e, quindi, una pluralità di condòmini titolari delle relative pertinenze condominiali.
Richiama la sua memoria ex art. 183 comma 5 cpc e la relazione del CTU.
1.1. Il motivo è inammissibile.
In tema di litisconsorzio necessario, la parte che denunci per cassazione la violazione dell’art. 354 cod. proc. civ., in relazione all’art. 102 cod. proc. civ., ha l’onere di indicare nominativamente, nel ricorso, le persone che debbono partecipare al giudizio ai fini dell’integrità del contraddittorio, nonché di documentare i titoli che attribuiscano ai soggetti pretermessi la qualità di litisconsorti, ricadendo sul ricorrente il dubbio in ordine a questi elementi, tale da non consentire a questa Corte di ravvisare la fondatezza della dedotta violazione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10168 del 27/04/2018, Rv. 648352 -02, conf. da: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12534 del 2024).
Nel caso in esame, il ricorso (v. pag. 36) si limita a generiche affermazioni citando tali ‘ sigg. COGNOME e ‘ NOME COGNOME senza neppure indicare il rispettivo titolo di proprietà, nonché i condividendi eredi COGNOME (pag. 37) fornendo dati relativi ad oltre 50 anni orsono (divisione e donazione del 1972 di cui non sono riportati neppure i passaggi salienti) e quindi non so ddisfa l’onere di specificità.
Passando all’esame degli altri motivi, con il primo di essi si deduce erronea applicazione del divieto di ius novorum in appello, in relazione a censure costituenti mere difese, nonché in relazione all’onere probatorio gravante su parte attrice ed al principio iura novit curia – Violazione di legge ex art. 360, comma 1, nn 3 e 4 cod. proc. civ. e/o falsa applicazione degli artt. 342 e 345 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2697 cod. civ., 167, 113, 115 e 276 cod. proc. civ. La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibili, in quanto articolate in divieto dello ius novorum , le censure relative al preteso diritto d’uso a vantaggio di
tutti i condòmini gravante sul servizio igienico annesso ad un immobile di proprietà della ricorrente. In tesi, la presunta non immediata contestazione di parte convenuta non può acclarare il diritto rivendicato dagli attori. La tipicità delle modalità di costituzione delle servitù prediali impedisce di attribuire rilevanza alle dichiarazioni, pur se rese in sede giudiziale, di riconoscimento dell’esistenza del peso in questione da parte dell’attuale proprietaria del fondo servente. Inoltre, continua la ricorrente, le critiche in punto di diritto mosse dalla COGNOME alla motivazione della sentenza non costituiscono eccezioni in senso stretto, come tali disciplinate dal regime normativo ex art. 167, comma 2, cod. proc. civ. bensì mere difese articolabili in ogni fase e grado del giudizio e, quindi, anche mediante proposizione di censure in fase di appello.
2.1. Il motivo di ricorso si rivela inammissibile perché carente di riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (sulla sorte del motivo che non coglie la ratio decidendi, Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017, Rv. 645361 -01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 8247 del 2024 ; cfr. anche Sez. 3 – , Ordinanza n. 1341 del 12/01/2024; Sez. 2 – , Ordinanza n. 9450 del 09/04/2024).
Il giudizio di inammissibilità della censura è stato sostanzialmente fondato dalla Corte d’Appello (v. sentenza pag. 9) sul riconoscimento – reso in primo grado dalla COGNOME del diritto d’uso del servizio igienico a favore dei COGNOME (la Corte ha evidenziato infatti che la COGNOME si era resa ‘ disponibile a ripristinare l’accesso del proprio servizio igienico a favore dei COGNOME, secondo le modalità più opportune che potranno essere concordate ‘). L’aggiunto richiamo all’art. 345 cod. proc. civ. (sull e domande nuove in appello) non scalfisce la correttezza della decisione, basata sulla applicazione della
regola della non contestazione, la cui valutazione, come è noto, è prerogativa del giudice di merito (cfr. Sez. 2 – , Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019). E nella comparsa di costituzione e risposta della COGNOME (p. II, secondo capoverso) -cui questa Corte accede direttamente, in virtù della natura processuale del vizio dedotto -alla richiesta del COGNOME di ripristinare l’uso comune del servizio igienico allocato sul viale la difesa della COGNOME risponde dichiarandosi appunto disponibile a ripristinare detto accesso, secondo le modalità più opportune da concordarsi tra le parti.
E’ inconferente, invece, il riferimento alle mere difese articolabili in ogni fase e grado del giudizio: la non contestazione -anzi, l’esplicito riconoscimento del diritto d’uso del servizio igienico a favore di tutti i condòmini contenuto nella comparsa di costituzione in primo grado -vale ad escludere, all’atto della decisione, l’applicabilità della regola di giudizio di cui all’art. 2697 c.c., nei casi in cui il fatto costitutivo della domanda (nel caso specifico: la sussistenza di un diritto d’uso sul servizio igienico proveniente dall’atto di compravendita), benché non provato, sia da ritenersi implicitamente pacifico.
Va d’altro canto osservato che «il principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ. ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni» (v. tra le varie Cass. Sez. 3, sent. 5 marzo 2020, n. 6172, Rv. 657154-01), le une e le altre da intendersi in senso sostanziale, atteso che il principio è stato sempre interpretato nel senso che, «imponendo al convenuto l’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte» (o, per converso, all’attore di prendere posizione sui fatti modificativi o estintivi allegati dal convenuto: cfr. Cass. Sez. 3, sent. 3 maggio 2016, n. 8647, Rv. 639713-01), determina «effetti vincolanti per il
giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti» (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 21 giugno 2013, n. 15658, Rv. 626904-01).
Col secondo motivo si deduce omesso esame della configurabilità/ammissibilità in concreto della servitù condominiale rivendicata da parte attrice -Mancato rilievo d’ufficio della nullità di una clausola negoziale per impossibilità/indeterminatezza dell ‘oggetto Violazione di legge ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 1027, 1058, 1067 cod. civ., ed art. 276, comma 2, cod. proc. civ.- ulteriore violazione di legge artt. 1346-1421 cod. civ. La ricorrente censura la pronuncia nella parte in cui ha omesso di verificare la configurabilità/ammissibilità della servitù condominiale rivendicata da parte attrice. L’attribuzione indiscriminata della facoltà d’uso di un locale igienico a terzi indefiniti condòmini, a tempo indeterminato, in assenza di ogni specificità dell’utilità riservata, produce un sostanziale svuotamento del diritto di proprietà che non appare compatibile con il menzionato schema ex art. 1027 cod. civ. A ciò si aggiunga che il testo della clausola contenuto nel l’atto notarile di divisione del 21.12.1972 oltre a non avere valenza costitutiva, semmai ricognitiva, ha un contenuto indefinito tale da provocare la nullità/inefficacia della menzionata disposizione negoziale per indeterminatezza/impossibilità dell’ogget to, ex art. 1346 cod. civ.
3.1. Avendo il Collegio dichiarato inammissibile il primo motivo sull’uso del servizio igienico per mancata censura della ratio decidendi basata sulla non contestazione, il secondo motivo deve
dichiararsi logicamente assorbito, rilevandosi -ma solo per completezza – che, nella dichiarazione della COGNOME, i destinatari erano stati individuati appunto nei componenti della famiglia COGNOME e la parte non aveva posto limiti di tempo all’uso del servizio, come era in sua piena facoltà.
4. Con il terzo motivo si denuncia l’invalidità della «pronuncia a sorpresa» -Rilievo d’ufficio non sottoposto alla previa discussione delle parti, sebbene risolutivo ai fini del decisum -Error in procedendo -Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. -violazione dell’art. 183, comma 3, cod. proc. civ. ( ante riforma legge n. 69/2009), in relazione agli artt. 24 e 111 della Costituzione. Secondo la ricorrente, il giudice di seconde cure ha rigettato la sua domanda riconvenzionale di regolamento dei confini fondando la sua decisione su una circostanza del tutto nuova, mai neanche eccepita dalla difesa degli appellati, cioè sull’interposizione della via vicinale tra i due fondi tale da rendere improponibile la domanda di regolamento di confini e di inibizione del transito giacchè le due particelle non sono confinanti. La ricorrente, più precisamente, lamenta la violazione del diritto del contraddittorio e del diritto di difesa in quanto la novità dell’interposizione addotta dal giudic e di seconde cure non è stata preceduta dalla concessione di un termine per consentire la discussione delle parti in conformità all’art. 183, comma 3 (applicabile ratione temporis al presente giudizio sorto nel 2002).
4.1. Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
Nell’atto di appello dell’odierna ricorrente riportato in ricorso: pp. 25-28 -si legge che le due domande riconvenzionali di regolamento di confini e negatoria servitutis originariamente proposte in primo grado dalla difesa della COGNOME erano state
sollecitate a causa della presenza di un breve tracciato interpoderale, prolungamento della comune stradina vicinale che consentiva l’accesso ad entrambi i fondi di parte attrice e parte convenuta (v. ricorso p. 25, ultimi due righi; p. 26, primi 5 righi; v. anche p. 34, 3° capoverso). La Corte d’Appello si è limitata ad osservare che proprio la presenza di questo «sconfinamento» della comune stradina vicinale verso la proprietà Maresca (p.lla 843) consentiva agli attori il legittimo passaggio per raggiungere il proprio fondo (p.lla 842); sicchè – concludeva la Corte – la domanda di regolamento di confini andava formulata nei termini di esatto confine con il viale comune, e doveva essere proposta contro tutti i comproprietari di detto viale (v. sentenza p. 11, 5° capoverso). In altri termini, come ammette lo stesso ricorso e come già precisato nell’atto di appello, a sconfinare sul fondo Maresca e ad interporsi tra i due fondi è un breve tracciato interpoderale di congiunzione dei due fondi alla via vicinale, sul quale -sottolinea la Corte d’Appello -i COGNOME/COGNOME esercitavano un legittimo passaggio.
4.2. Del resto, tale valutazione della Corte territoriale, mentre non costituisce «pronuncia a sorpresa» (Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 3543 del 06/02/2023, Rv. 666867 – 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1617 del 19/01/2022, Rv. 663636 – 01), si innesta in una valutazione del fatto inammissibile in sede di legittimità.
Con il quarto motivo si deduce violazione di legge e dei principi relativi al giudicato interno anche implicito -Contrarietà della decisione d’appello a quanto già accertato dalla consulenza tecnica d’ufficio così come recepita dalla sentenza di primo grado, relativa al capo e) del dispositivo non impugnato -ex art. 360, comma 1, nn. 3) e 4) cod. proc. civ., in relazione agli artt. 324, comma 2, 329 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ. La ricorrente osserva che lo sconfinamento
nel fondo Maresca del tracciato di congiunzione alla via vicinale e la prossimità dei fondi di proprietà COGNOME/COGNOME e COGNOME, individuati rispettivamente dalle p.lle 842 e 843, è stato sostanzialmente accertato dalla pronuncia di primo grado che, recependo le risultanze della CTU, aveva già accolto la negatoria servitutis, sebbene limitatamente al passaggio della condotta fognaria: pronuncia sul punto rimasta inattaccata e, quindi, passata in giudicato. Secondo la ricorrente, insomma, la striscia su cui insiste il tratto della condotta fognaria che sconfina nella sua proprietà è parzialmente lo stesso tratto interessato dal breve tracciato cementizio su cui è esercitato il contestato passaggio carrabile. Ad avviso della ricorrente, pertanto, o vi è una illecita servitù sia della condotta fognaria che del transito sul fondo Maresca o non vi è alcuna illecita servitù.
5.1. Il motivo è inammissibile.
La disposta rimozione da parte degli attori della condotta fognaria posta sulla proprietà della convenuta COGNOME non comporta automaticamente il formarsi di un giudicato interno sulla inesistenza di servitù di passaggio che la COGNOME assume illegittimamente esercitato sul proprio fondo, essendo totalmente diverso il petitum (rimozione di condotte fognarie nel primo caso e divieto di passaggio nell’altro). L’identità, al più, poteva riguardare solo il tracciato interessato dalle due domande, anche se la Co rte d’Appello ha accertato in fatto che il passaggio dei COGNOME viene esercitato sulla stradina vicinale (v. pag. 11 sentenza).
In ogni caso, la questione andava posta sotto il profilo dell’omesso esame circa un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 cpc (asserita coincidenza del tracciato interessato dalla condotta fognaria a servizio della proprietà COGNOME e dal transito
esercitato da costoro), ma la ricorrente non ha ritenuto di porre una siffatta censura.
6. Con il sesto motivo si deduce infine violazione di legge sulla regolamentazione delle spese ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 4) cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 324, 112, 99 e 336 cod. proc. civ., nonché violazione dei principi relativi al giudicato interno e al divieto di reformatio in peius per l’appellante, mancando l’appello incidentale, il vizio di ultrapetizione e la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. La ricorrente osserva che all’ esito del giudizio di secondo grado essa aveva conseguito un complessivo assetto degli interessi più favorevole rispetto a quello statuito in primo grado (poiché, accogliendo il suo primo motivo di gravame, il giudice d’appello aveva eliminato la condanna alla rimozione del tratto di condotta fognaria che attraversava la proprietà degli attori: capo d della sentenza); ciononostante, la Corte distrettuale ha riformato la regolamentazione delle spese legali del primo grado in senso peggiorativo in assenza di un’impugnazione espressa di controparte.
6.1. Il motivo è fondato.
La parziale riforma della decisione impugnata, da parte della sentenza d’appello, può dar luogo alla modifica del capo relativo alle spese del primo grado di giudizio solo all’esito del rigoroso riscontro di un rapporto di dipendenza tra i due capi, inteso in senso costituzionalmente rispettoso del diritto all’impugnazione, tale cioè da non trasformare la proposizione dell’impugnazione in una reformatio in pejus per chi abbia impugnato» (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 28136 del 05/10/2023, Rv. 669125 -01).
Nel caso in esame, il giudice di prime cure nel regolare le spese del giudizio conclusosi con la prevalente soccombenza della
convenuta COGNOME aveva condannato quest’ultima a rimborsare i 3/4 delle spese di lite agli attori e, quanto alla restante frazione, anziché procedere, come avrebbe dovuto, alla compensazione tra le parti, aveva invece condannato gli attori, seppur prevalentemente vittoriosi, al pagamento in favore della COGNOME di 1/4 delle spese di lite, oltre a 1/4 delle spese di CTU.
Ebbene, la Corte d’Appello, dopo avere adottato una decisione, comunque, più favorevole alla convenuta rispetto a quella adottata dal Tribunale (avendone eliminando la condanna di cui al capo d della sentenza di primo grado), nel provvedere alla regolamentazione delle spese di lite, ferma la condanna della convenuta al rimborso dei 3/4 delle spese, ha compensato per 1/4 tutte le spese del giudizio di primo grado (e addirittura ha posto ‘ ad integrale carico della Maresca ‘ le spese di consulenza: v. pag. 12), benché gli attori risultati prevalentemente vittoriosi non avessero proosto nessuna impugnazione incidentale per censurare l’erroneità della loro condanna a rimborsare le spese all’attrice seppure per 1/4.
In tal modo, la Corte d’Appello si è discostata dal predetto principio di diritto perché ha compiuto una vera e propria reformatio in pejus in ordine alle spese del giudizio di primo grado ai danni dell’appellante che, lo si ripete, pur avendo ottenuto in appello un più favorevole assetto dei propri interessi, contemporaneamente ha subito un trattamento deteriore sul regime della restante frazione di spese del giudizio di primo grado (compensate in appello, mentre il Tribunale le aveva, con indubbio vantaggio peer la convenuta, addossate agli attori).
La pronuncia impugnata, pertanto, merita di essere cassata in parte qua , spettando al giudice del rinvio la rideterminazione delle spese di lite in applicazione del principio sopra riportato.
Il giudice di rinvio (che si individua nella Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione) deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo del ricorso e rigetta i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2024 e, a seguito di