Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22924 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22924 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4515/2018 R.G. proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME domiciliati presso gli indicati indirizzi PEC degli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME che li rappresentano e difendono
– ricorrenti –
contro
Fallimento COGNOME
– intimato – avverso il decreto cron. n. 4515/2017 del Tribunale di Napoli Nord, depositato il 28.12.2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25.6.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero domanda per essere ammessi al passivo del fallimento di NOME COGNOME per un credito vantato nella misura di € 300.000 , in linea
capitale. A sostegno della domanda, i ricorrenti allegarono di avere consegnato, in varie occasioni, quella somma di denaro complessiva a NOME COGNOME presentatosi come «consulente e promotore finanziario», affinché provvedesse ad investirla; ma di non avere poi ricevuto alcun importo in restituzione, nonostante l’azione cautelare per sequestro conservativo mossa nei suoi confronti e nonostante il suo rinvio a giudizio in sede penale.
Il giudice delegato accolse in parte la domanda, nel limite d ell’importo di cui ritenne provata la consegna (€ 99.750) , sul presupposto della nullità del contratto di investimento stipulato tra le parti, per mancanza della necessaria forma scritta, e del conseguente obbligo dell’ accipiens di restituire il denaro indebitamente percepito.
NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero opposizione contro il parziale rigetto dell ‘insinuazione e il Tribunale di Napoli Nord, nella dichiarata contumacia del fallimento, revocò il provvedimento del giudice delegato e dichiarò «inammissibile la domanda di ammissione al passivo».
Contro il decreto del Tribunale NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione articolato in undici motivi.
Il fallimento è rimasto contumace.
Il ricorso è trattato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il decreto è censurato per «nullità del provvedimento e del procedimento (violazione del divieto di reformatio in peius ) in relazione agli artt. 98, 99, 93 r.d. 267/1942 (legge fallimentare), art. 112 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.»).
Il motivo è palesemente fondato, perché è vietata al giudice del l’opposizione allo stato passivo la reformatio in peius del provvedimento adottato dal giudice delegato nei confronti del creditore opponente in mancanza di un’ impugnazione del curatore del fallimento (o di un altro creditore), eventualmente incidentale, ai sensi dell’art. 98, comma 3, legge fall.
Il Tribunale di Napoli Nord, per giungere a tanto, si è limitato ad affermare che il ricorso in opposizione «costituisce un mezzo di gravame con effetti devolutivi determinando la sottoposizione alla cognizione del tribunale di tutta la domanda proposta dai creditori» e a citare, quale precedente conforme, Cass. n. 12047/2015. Dopo di che si è ritenuto legittimato a riesaminare «l’intera domanda presentata da COGNOME e COGNOME».
I ricorrenti hanno quindi avuto facile argomento nell’e videnziare che il precedente citato depone in senso esattamente contrario a quanto affermato dal Tribunale di Napoli Nord.
Infatti, in quell’arresto, si ribadisce che « l’art. 99 legge fall., novellato dapprima dal d.lgs. n. 5/2006 e successivamente dal d.lgs. n. 169/2007, configura il giudizio di opposizione allo stato passivo in senso inequivocabilmente impugnatorio, retto dal principio di immutabilità della domanda », sia pure ponendo un distinguo rispetto al giudizio d’appello (« Detto giudizio si presenta a carattere tipicamente sostitutivo, tale da promuovere il diretto riesame delle stesse situazioni fatte valere con la domanda di ammissione al passivo, né comporta la necessità di far valere specifici motivi di gravame, stante
l’inapplicabilità della normativa propria del giudizio d’appello, di cui agli artt. 342 e 346 c.p.c. »).
E a solle vare l’interprete da ogni difficoltà di comprensione del decisum sotto questo profilo la motivazione della sentenza n. 12047/2015 precisa in modo esplicito che, « In mancanza dell’impugnazione della Curatela, per il Tribunale si poneva solo il divieto della reformatio in pejus rispetto all’ammissione al passivo … ».
Si tratta, del resto, di una regola unanimemente condivisa , che non fa parte della disciplina speciale dell’appello, bensì di quella generale del mezzi di impugnazione , nell’ambito della quale vale pur sempre il principio di «corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato» (art. 112 c.p.c.), da ricondurre alla necessità di rispettare il giudicato interno (in questo caso endofallimentare) formatosi sulle parti della decisione che non sono state impugnate (v. art. 329 c.p.c.).
Al punto che non si rinvengono precedenti di legittimità in cui sia stato necessario riaffermare ex professo quel principio, ma soltanto incidentali riaffermazioni in contesti in cui esso non veniva comunque rimesso in discussione (come appunto Cass n. 12047/2015 e, sempre in materia di opposizione allo stato passivo, Cass. n. 37100/2022) o decisioni concernenti la delimitazione della materia coperta dal giudicato (come Cass. n. 25877/2020, in merito alla distinzione tra rinvio prosecutorio e rinvio restitutorio) ovvero ancora l’operatività del divieto di reformatio in peius in situazioni particolari (v., ad es. Cass. n. 20446/2022, ove si è tenuto fermo che « la previsione dell’art. 136 Cost., secondo cui la declaratoria d’incostituzionalità di una norma di legge comporta che quest’ultima cessi di avere
efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, debba essere raccordata con i principi generali dell ‘ ordinamento in materia di impugnazioni », e, in particolare, con la circostanza che, « essendo i poteri del giudice dell ‘ impugnazione determinati con riferimento all ‘ impugnazione (tempestiva) delle parti, la mancata impugnazione della parte che potrebbe giovarsi della pronuncia d ‘ incostituzionalità impedisce che il ius superveniens costituito dalla sentenza della Corte costituzionale possa operare in danno della parte impugnante, ostandovi il divieto di reformatio in peius di cui al combinato disposto degli artt. 100 e 112 c.p.c. »; in senso conforme vengono ivi citate Cass. nn. 599/2008; 15835/2010; 5442/2016).
L’accoglimento del primo motivo di ricorso, in quanto comporta la cassazione del decreto impugnato nel suo fulcro essenziale che «dichiara inammissibile la domanda di ammissione al passivo», impone il rinvio del processo al Tribunale di Napoli Nord, che dovrà decidere, in diversa composizione, sull’intera domanda dei ricorrenti, fermo il giudicato endofallimentare sull’ esistenza del credito nella misura già ammessa al passivo dal giudice delegato.
Restano così assorbiti tutti gli ulteriori motivi.
Il Tribunale di Napoli Nord dovrà provvedere anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti motivi, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Napoli Nord, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del