Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22925 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22925 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4820/2018 R.G. proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME , elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio degli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME che li rappresentano e difendono
– ricorrenti –
contro
Fallimento COGNOME
– intimato – avverso il decreto cron. n. 4516/2017 del Tribunale di Napoli Nord, depositato il 28.12.2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25.6.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (la prima anche in proprio, le altre solo quali coeredi di NOME COGNOME) proposero domanda per essere ammesse al passivo del fallimento di NOME COGNOME per un credito vantato nella misura complessiva di € 145.000, in linea capitale. A sostegno della domanda, le ricorrenti allegarono di avere consegnato quella somma a NOME COGNOME, presentatosi come «consulente e promotore finanziario», affinché provvedesse ad investirla, ma di non avere più ricevuto alcun importo in restituzione.
Il giudice delegato accolse in parte la domanda, nel limite d ell’importo di € 72.400, di cui ritenne provata la consegna, sul presupposto della nullità dei contratti di investimento stipulati tra le parti, per mancanza della necessaria forma scritta, e quindi del carattere indebito del versamento del denaro.
Le ricorrenti proposero allora opposizione contro il parziale rigetto dell ‘insinuazione e il Tribunale di Napoli Nord, nella dichiarata contumacia del fallimento, revocò il provvedimento del giudice delegato e dichiarò «inammissibile la domanda di ammissione al passivo».
Contro il decreto del Tribunale NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi.
Il fallimento è rimasto contumace.
Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso .
Le ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il decreto è censurato per « violazione e falsa applicazione dell’art. 96, ultimo comma, 98, comma 3, 98, comma 11, legge fall. nonché degli artt. 99 e 112 c.p.c.».
Le ricorrenti censurano la violazione del divieto di reformatio in peius , rilevando che -in mancanza di impugnazione incidentale del fallimento (rimasto contumace nel giudizio di opposizione) -il Tribunale non avrebbe potuto dichiarare «inammissibile la domanda di ammissione al passivo», che era stata accolta, sia pure parzialmente per quanto riguarda l’entità del credito insinuato.
Il motivo è palesemente fondato, perché è vietata al giudice dell’opposizione allo stato passivo la reformatio in peius del provvedimento adottato dal giudice delegato nei confronti del creditore opponente in mancanza di un’impugnazione del curatore del fallimento (o di un altro creditore), eventualmente incidentale, ai sensi dell’art. 98, comma 3, legge fall.
Il Tribunale di Napoli Nord, per giungere a tanto, si è limitato ad affermare che il ricorso in opposizione «costituisce un mezzo di gravame con effetti devolutivi determinando la sottoposizione alla cognizione del tribunale di tutta la domanda proposta dai creditori» e a citare, quale precedente conforme, Cass. n. 12047/2015. Dopo di che si è ritenuto legittimato a riesaminare «l’intera domanda presentata da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME».
Le ricorrenti hanno quindi avuto facile argomento nell’evidenziare che il precedente citato depone in senso esattamente contrario a quanto affermato dal Tribunale di Napoli Nord.
Infatti, in quell’arresto, si ribadisce che « l’art.99 legge fall., novellato dapprima dal d.lgs. n. 5/2006 e successivamente dal d.lgs. n. 169/2007, configura il giudizio di opposizione allo stato passivo in senso inequivocabilmente impugnatorio, retto dal principio di immutabilità della domanda », sia pure ponendo un distinguo rispetto al giudizio d’appello (« Detto giudizio si presenta a carattere tipicamente sostitutivo, tale da promuovere il diretto riesame delle stesse situazioni fatte valere con la domanda di ammissione al passivo, né comporta la necessità di far valere specifici motivi di gravame, stante l’inapplicabilità della normativa propria del giudizio d’appello, di cui agli artt. 342 e 346 c.p.c. »).
E a sollevare l’interprete da ogni difficoltà di comprensione del decisum sotto questo profilo la motivazione della sentenza nn. 12047/2015 precisa in modo esplicito che, « In mancanza dell’impugnazione della Curatela, per il Tribunale si poneva solo il divieto della reformatio in pejus rispetto all’ammissione al passivo … ».
Si tratta, del resto, di una regola unanimemente condivisa, che non fa parte della disciplina speciale dell’appello, bensì di quella generale del mezzi di impugnazione, nell’ambito dei quali vale pur sempre il principio di «corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato» (art. 112 c.p.c.), da ricondurre alla necessità di rispettare il giudicato interno (in questo caso endofallimentare) formatosi sulle parti della decisione che non sono state impugnate (v. art. 329 c.p.c.).
Al punto che non si rinvengono precedenti di legittimità in cui sia stato necessario riaffermare ex professo quel principio, ma soltanto incidentali riaffermazioni in contesti in cui esso non
veniva comunque rimesso in discussione (come appunto Cass n. 12047/2015 e, sempre in materia di opposizione allo stato passivo, Cass. n. 37100/2022) o decisioni concernenti la delimitazione della materia coperta dal giudicato (come Cass. n. 25877/2020, sulla distinzione tra rinvio prosecutorio e rinvio restitutorio) oppure l’operatività del divieto di reformatio in peius in situazioni particolari (v., ad es. Cass. n. 20446/2022, ove si è tenuto fermo che « la previsione dell’art. 136 Cost., secondo cui la de claratoria d’incostituzionalità di una norma di legge comporta che quest’ultima cessi di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, debba essere raccordata con i principi generali dell’ordinamento in materia di impugnazioni », e, in particolare, con la circostanza che, « essendo i poteri del giudice dell’impugnazione determinati con riferimento all’impugnazione (tempestiva) delle parti, la mancata impugnazione della parte che potrebbe giovarsi della pronuncia d’incostituzionalit à impedisce che il ius superveniens costituito dalla sentenza della Corte costituzionale possa operare in danno della parte impugnante, ostandovi il divieto di reformatio in peius di cui al combinato disposto degli artt. 100 e 112 c.p.c. »; in senso conforme vengono citate Cass. nn. 599/2008; 15835/2010; 5442/2016).
5. L’accoglimento del primo motivo di ricorso, in quanto comporta la cassazione del decreto impugnato nel suo fulcro essenziale che «dichiara inammissibile la domanda di ammissione al passivo», impone il rinvio del processo al Tribunale di Napoli Nord, che dovrà decidere, in diversa composizione, sull’intera domanda de lle ricorrenti, fermo il giudicato endofallimentare sull’esistenza del credito nella misura già ammessa al passivo dal giudice delegato.
Restano così assorbiti tutti gli ulteriori motivi.
Il Tribunale di Napoli Nord dovrà provvedere anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti motivi, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Napoli Nord, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del