Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16153 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 16153 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13620/2019 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , ed elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Inquadramento superiore -Revoca -Incremento retributivo -Recupero tramite trattenuta -Art. 2126 c.c. -Applicabilità Esclusione
R.G.N. 13620/2019
Ud. 22/05/2024 CC
NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME
-intimato – avverso la sentenza della Corte d’appello Lecce n. 115/2019 depositata il 19/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 22/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 115/2019, pubblicata in data 19 febbraio 2019, la Corte d’appello di Lecce, nella contumacia dell’appellato NOME COGNOME, ha respinto entrambi gli appelli proposti, rispettivamente, da RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Lecce pubblicata in data 29 dicembre 2014.
Quest’ultima, in accoglimento solo parziale delle domande formulate da NOME COGNOME, aveva condannato l’ RAGIONE_SOCIALE a restituire all’odierna controricorrente l’importo trattenuto a titolo di recupero dell’incremento retributivo corrispondente all’inquadramento nella posizione C3.
Tale inquadramento era stato inizialmente riconosciuto alla lavoratrice con decorrenza 31 dicembre 2006, all’esito di una procedura selettiva bandita nel giugno 2008 ma successivamente – a seguito di contenzioso che aveva condotto alla revisione della graduatoria finale -era stato revocato.
La Corte d’appello, per quanto ancora rileva nella presente sede, ha respinto il gravame di RAGIONE_SOCIALE nel quale si contestava l’applicazione, da parte del giudice di prime cure, dell’art. 2126 c.c., deducendo l’assenza di prova dell’effettivo svolgimento, da parte della lavoratrice, dei compiti connessi all’inquadramento C3 temporaneamente riconosciuto.
La Corte, infatti, richiamato il CCNL Comparto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non RAGIONE_SOCIALE, quadriennio 2006-2009, ha affermato che -al di là dell’impiego non corretto dell’espressione ‘mansioni superiori’ da parte del giudice di prime cure -all’inquadramento nel livello C3 corrisponde comunque un maggior livello di professionalità, cui doveva correlarsi l’affidamento di compiti di adeguato livello.
La Corte ha pertanto concluso che al temporaneo inquadramento della lavoratrice nel livello C3 poteva collegarsi la presunzione dell’effettivo svolgimento di compiti con professionalità corrispondente al livello medesimo, e ciò anche alla luce della circostanza della temporanea corresponsione alla lavoratrice della retribuzione superiore in conformità alla previsione di cui all’art. 7, comma 5, D. Lgs. n. 165/2001.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Lecce ricorre RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
È rimasto intimato NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ., degli artt.6, 9, 11, 12 e 13 del CCNL 2006/2009 e relativo allegato A del CCNL Enti Pubblici non Economici 2006/2009, nonché degli artt. 52 e 63, comma 5, del d.lgs. 165 del 2001.
Deduce il ricorso che il RAGIONE_SOCIALE collettivo nazionale di lavoro per il personale non dirigente degli RAGIONE_SOCIALE sottoscritto il 1° ottobre 2007 (quadriennio 2006/2009) ha rinnovato il sistema di classificazione del personale ed ha riformulato la definizione di mansioni superiori, stabilendo che «il sistema di classificazione del personale (…) è articolato nelle aree A, B e C» (art. 6, comma 1) e che «si considerano ‘mansioni immediatamente superiori’ quelle proprie dell’area immediatament e superiore» (art. 9, comma 2).
Ne consegue che, all’interno di ciascuna area, «tutte le mansioni considerate equivalRAGIONE_SOCIALE» (art. 6, comma 6), sicché avrebbe errato la Corte territoriale nel presumere lo svolgimento di mansioni superiori da parte dell’attuale controricorrente nel p eriodo in cui risultò collocata in categoria C3, in forza della determina poi doverosamente annullata in autotutela dall’Istituto.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.
L’Ente ricorrente censura la decisione della Corte d’appello nella parte in cui quest’ultima ha affermato che l’odierna controricorrente aveva svolto di fatto mansioni superiori per il periodo dicembre 2006/dicembre 2009 in virtù di una mera presunzione, derivante dalla revoca a posteriori dell’inquadramento nella posizione C3, «in tal modo, inopinatamente operando una inversione della disciplina dell’onere della prova ponendola a carico dell’istituto in spregio all’art. 2697 c.c.» .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2126 c.c.
Argomenta la ricorrente che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che l’odierna controricorrente dovesse essere comunque retribuita per il lavoro svolto nella qualifica attribuita legittimamente o illegittimamente, in virtù dell’articolo 2126 c.c., in quanto tale affermazione si porrebbe in contrasto con i principi enunciati in materia da questa Corte.
I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, considerata la loro connessione, e sono fondati.
2.1. Si osserva, in primo luogo che non risultano più in discussione la legittimità dell’annullamento in autotutela della graduatoria finale della procedura selettiva indetta con determina n. 23/208/2008 e il conseguente diniego, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE.N.P.S., dell’inquadramento superiore dell’odierna controricorrente con decorrenza dal 31 dicembre 2006.
ParimRAGIONE_SOCIALE, non è discussione il diritto della lavoratrice di percepire una retribuzione corrispondente al livello economico C3 a decorrere dal 31 dicembre 2009, come disposto in una nuova determina adottata successivamente all’annullamento in autotutela.
L’impugnazione dell’ odierna ricorrente è dunque rivolta contro la decisione della Corte d’Appello di riconoscere il diritto alla maggiore retribuzione a partire dalla decorrenza giuridica prevista nel bando (31 dicembre 2006), invece che dalla data in cui il livello economico fu definitivamente e legittimamente assegnato (31 dicembre 2009).
Si contesta, in particolare, alla Corte territoriale di avere ritenuto di poter presumere lo svolgimento, a partire da quella data, di «mansioni di maggior impegno e rilievo», tali da far sorgere il diritto a una maggior retribuzione.
2.2. Si deve rilevare che vicende sovrapponibili a quella ora in decisione sono state oggetto di una nutrita serie di decisioni di questa Corte (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 4384 del 2024; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 4387 del 2024; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 4482 del 2024; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 5740 del 2024), con considerazioni – a cominciare da quelle svolte da Cass. Sez. L, Ordinanza n. 3855 del 2024, la quale si è pronunciata su ricorso proposto avverso quella sentenza della Corte d’appello di Lecce n . 2996/2017 che è espressamente richiamata nella decisione ora impugnata -che in questa sede devono essere riproposte.
Anche nel caso ora in esame, infatti, si deve ravvisare una contraddizione nella sentenza impugnata, la quale, da un lato, ha confermato il rigetto della domanda della lavoratrice «diretta a conseguire la posizione C3 dal 31.12.2006»; dall’altro lato, ha riconosciuto alla lavoratrice medesima il diritto di percepire una retribuzione corrispondente a «maggior livello di professionalità» con la medesima decorrenza del 31 dicembre 2006.
2.3. La Corte d’Appello ha correttamente ritenuto che, una volta accertata la legittimità dell’operato dell’ RAGIONE_SOCIALE (che ha modificato la graduatoria in ottemperanza a un giudicato ottenuto da altri partecipanti alla selezione), il diritto della lavoratrice di percepire una retribuzione maggiore nel periodo in cui le era stato (erroneamente) attribuito l’inquadramento nella categoria C3 sarebbe potuto derivare solo dallo svolgimento effettivo di mansioni diverse, per le quali sia contrattualmente dovuta una retribuzione maggiore.
Tuttavia, la decisione impugnata ha commesso un doppio errore: sul piano giuridico, alla luce del CCNL 2006/2009, è errato supporre che al passaggio dal livello economico C2 al livello C3 sia collegato lo svolgimento di mansioni qualitativamente diverse e meritevoli, in se
stesse, di una maggiore remunerazione; sul piano logico, è errato presumere lo svolgimento di mansioni più impegnative a partire dal 31 dicembre 2006 valorizzando il fatto noto dell’utile inserimento in graduatoria in esecuzione di una procedura selettiva bandita il 23 giugno 2008.
2.4. Per quanto riguarda il profilo giuridico, la Corte d’Appello ha affrontato la questione posta dall’RAGIONE_SOCIALE e ha riconosciuto che , in virtù del CCNL 2006/2009, all’interno dell’area (nel caso di specie, area C), «tutte le mansioni sono considerate equivalRAGIONE_SOCIALE» (conforme, in tal senso, Cass. n. 21485/2020).
Tuttavia, ha poi ritenuto di poter aggirare il problema (e confermare così la sentenza di primo grado) sostituendo all’espressione «mansioni superiori» (impropriamente usata dal Tribunale) l’affermazione per cui «alla progressione economica endoarea (C3) corrisponde il riconoscimento di un maggior livello di professionalità rispetto a quello iniziale o immediatamente precedente alla posizione 3» e concludendo che «a tale livello di maggiore professionalità, attestato nella graduatoria iniziale cui seguì l’a ttribuzione della posizione 3, doveva necessariamente corrispondere l’affidamento di compiti di adeguato rilievo» .
Sennonché, cambiando le parole, la sostanza del problema rimane immutata: la contrattazione collettiva nazionale, che è norma di diritto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. (e dell’art. 63, comma 5, del D. Lgs. n. 165 del 2001), impone di considerare «equivalRAGIONE_SOCIALE», e dunque parimRAGIONE_SOCIALE esigibili, tutte le mansioni inserite nell’area, senza la possibilità di considerare alcune di esse superiori rispetto ad altre, ai sensi e per gli effetti dell’art. 52 D. Lgs. n. 165 del 2001 (in particolare, comma 5, dove si legge che «al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore»).
In ragione dell’affermata omogeneità delle competenze, conoscenze e capacità richieste per l’inquadramento in ciascuna area, la declaratoria delle aree allegata al CCNL descrive le specifiche e i contenuti professionali per l’accesso ad ogni area, superand o le precedRAGIONE_SOCIALE diversificazioni all’interno dell’area stessa, con la conseguenza che nel nuovo sistema le fasce retributive rappresentano mere progressioni economiche e, quindi, non implicano una diversità di contenuto delle mansioni assegnate.
Se si raffronta il testo originario dell’art. 52 del D. Lgs. n. 165 del 2001 con quello risultante all’esito delle modifiche apportate dal D. Lgs. n. 150 del 2009, si può rilevare che la tornata contrattuale in esame (2006/2009) ha anticipato la riscrittura della norma di legge, che, nella versione novellata, fa esclusivo riferimento all’area e considera qualifica superiore acquisita dopo l’originario inquadramento solo quella ottenuta a seguito del superamento delle procedure di cui all’art. 35, comma 1, lett. a), non già quella, valorizzata dal testo originario della norma, conseguente allo «sviluppo professionale».
Ed infatti, ai sensi dell’art. 52, comma 1, D. Lgs. n. 165 del 2001, come modificato: «Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalRAGIONE_SOCIALE nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondRAGIONE_SOCIALE alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito» .
L’art. 52 citato assegna rilievo solo al criterio dell’equivalenza delle mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacarne la natura equivalente, inapplicabile essendo, nel pubblico impiego, l’art. 2103 c.c. (v., ex aliis, Cass. nn. 11503/2022, 29624/2019).
Dunque, erroneamente la Corte d’Appello ha assimilato la progressione nell’Area (da C2 a C3) allo svolgimento di mansioni di maggior livello professionale, gravando il datore di lavoro dell’onere di provare fatti privi di rilevanza alla luce della contrattazione collettiva.
La Corte d’Appello ha poi richiamato gli artt. 12 e 13 del CCNL per rilevare che la progressione economica all’interno dell’area non dipende soltanto dall’anzianità di servizio, dovendosi premiare il personale meritevole anche in base al livello di esperienza maturato, ai titoli culturali o professionali, agli specifici percorsi formativi e di apprendimento con valutazione finale dell’arricchimento professionale.
L’osservazione è corretta (v. Cass. n. 26274/2021), ma non si vede come possa essere utile al fine di sostenere che la promozione al livello economico superiore comporti l’affidamento di mansioni diverse da quelle esercitate in precedenza.
E, ciò che più conta, il fatto che la progressione economica all’interno dell’area sia basata su criteri (non di semplice durata della permanenza nel livello inferiore, ma anche) di meritevolezza non ha nulla a che vedere con il tema della qualificazione delle varie mansioni inserite nell’area come «superiori» o «equivalRAGIONE_SOCIALE» tra di loro, al fine di affermare o negare il diritto ad una diversa retribuzione a prescindere dal legittimo inquadramento del lavoratore in un determinato livello economico.
Del resto, proprio i criteri di valutazione indicati dal CCNL e richiamati nella sentenza impugnata (livello di esperienza maturato, titoli culturali o professionali, specifici percorsi formativi e di apprendimento) si riferiscono alla qualità della prestazione lavorativa e alle qualità personali del lavoratore, non al tipo di mansioni svolte all’interno dell’area.
In definitiva, venuta meno a determina che aveva attribuito alla lavoratrice il livello economico C3 a decorrere dal 31 dicembre 2006, l’odierna controricorrente non ha titolo a pretendere differenze retributive per le mansioni svolte fino alla data (31 dicembre 2009) con riferimento alla quale quel livello economico le è stato effettivamente assegnato.
2.5. I suindicati errori giuridici commessi dalla Corte d’Appello assorbono la rilevanza di quello logico.
Tuttavia, è evidente che quella del 31 dicembre 2006 è una data puramente virtuale, la cui rilevanza deriva solo dalla decorrenza retroattiva della progressione economica fissata nel bando e di cui non si sarebbe giammai potuto tenere conto in un ragionamento presuntivo basato sulla (erroneamente ritenuta) corrispondenza tra livello economico riconosciuto e tipo di mansioni svolte dal lavoratore.
Anche se fosse ammesso (e non lo è) che l’assegnazione di un livello economico superiore consenta di presumere lo svolgimento di «mansioni superiori», tale presunzione sarebbe utilizzata in modo del tutto irrazionale laddove riferita a un ambito cronologico precedente all’assegnazione del livello economico superiore e, addirittura, alla stessa data di indizione della procedura selettiva (23 giugno 2008).
2.6. Sono dunque fondate tutte le censure mosse dal ricorrente alla sentenza impugnata: 1) è stato violato il CCNL 2006/2009, perché si è supposto che, all’interno della stessa area (in questo caso, area C), si possano distinguere mansioni «superiori» (quantunque denominate in altro modo), che diano diritto a un migliore trattamento economico anche se assegnate al lavoratore in assenza di una legittima procedura selettiva; 2) è stato conseguentemente violato l’art. 2697 c.c., laddove la Corte d’Appello ha posto a carico dell’RAGIONE_SOCIALE l’onere «di dimostrare, e prima ancora allegare, che nel periodo in questione all’odiern a
appellata fossero state di fatto attribuite funzioni operative riconducibili ad un livello di professionalità inferiore a quello formalmente assegnato»; 3) è stato falsamente applicato l’art. 2126 c.c., in un caso in cui non si discute di nullità del RAGIONE_SOCIALE di lavoro, ma, tutt’al più, della corrispondenza tra retribuzione percepita dal lavoratore e retribuzione contrattualmente prevista per le mansioni da lui svolte (art. 52 D. Lgs. n. 165 del 2001).
Il ricorso va quindi accolto e, per l’effetto, la decisione impugnata deve essere cassata e poiché non sono necessari ulteriori accertamRAGIONE_SOCIALE di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., con il rigetto della residua domanda della lavoratrice (tenuto conto delle domande già respinte con statuizioni non impugnate) volta ad ottenere la restituzione delle trattenute applicate da RAGIONE_SOCIALE a titolo di ripetizione di differenze retributive non dovute in relazione al periodo tra il 31 dicembre 2006 e il 31 dicembre 2009.
La domanda, infatti, risulta infondata, essendo volta a ottenere la restituzione di differenze retributive per il periodo (dal 31 dicembre 2006 al 31 dicembre 2009) in cui l’attribuzione del livello economico C3 non era operativa, mentre, per i motivi esposti, non è ipotizzabile lo svolgimento in quel periodo di «mansioni superiori»
L’esito diverso del giudizio e la parziale soccombenza reciproca in entrambi i gradi di merito, giustificano l’integrale compensazione delle spese legali dell’intero processo.
P. Q. M.
La Corte:
accoglie il ricorso, per quanto di ragione, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta la domanda, originariamente proposta dalla controricorrente NOME COGNOME, volta ad ottenere la
restituzione delle trattenute applicate da RAGIONE_SOCIALE a titolo di ripetizione di differenze retributive non dovute in relazione al periodo tra il 31 dicembre 2006 e il 31 dicembre 2009, ferma la decisione di rigetto della domanda di diverso inquadramento già passata in giudicato;
compensa le spese di lite dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 22 maggio