Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32149 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32149 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35016/2019 R.G. proposto da :
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio d i quest’ultimo.
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 621/2019 depositata il 16/05/2019, RG n. 1426/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 621 del 2019, decidendo sull’impugnazione proposta dai lavoratori in epigrafe nei confronti del Comune di Melegnano, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Lodi, in riforma di quest’ultima ha dichiarato l’illegittimità delle operazioni di storno e com pensazione operate con riferimento agli importi liquidati agli appellanti a titolo di trattamento economico accessorio per la ‘ F iera del perdono’ relativo all’anno 2012.
Ha condannato il Comune al pagamento degli importi liquidati agli appellanti a titolo di trattamento economico accessorio per la ‘ Fiera del perdono’ relativo all’anno 2012, oltre interessi dal dovuto al saldo.
La Corte d’Appello ha accolto la domanda dei lavoratori affermando che trovava applicazione l’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014 , e che in ragione di tale disposizione, il Comune non poteva procedere ad un recupero personale nei confronti dei dipendenti, ma doveva rispettare le procedure di recupero dettate dalla norma. Ha assorbito le altre censure.
I lavoratori, agenti di polizia locale, avevano ricevuto un premio accessorio, finanziato con il fondo di produttività di cui all’ art. 15, comma 5, del CCNL 1° aprile 1999, per aver prestato servizio in occasione della ‘ Fiera del perdono ‘ 2012.
Con delibera n. 34 del 2012 era stato approvato lo stanziamento dal suddetto Fondo. Con il CCDI era stata deliberata la liquidazione.
Successivamente, poiché, come accertato dalla Corte dei conti, erano stati superati i vincoli finanziari per il 2012, e quindi il Comune non aveva rispettato il patto di stabilità, quest’ultimo aveva provveduto al recupero delle somme erogate, trattenendole sulla busta paga degli agenti.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il Comune di Melegnano prospettando quattro motivi di ricorso, assistiti da memoria.
Resistono i lavoratori con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Primo motivo. Violazione dell’art. 112 , cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. Violazione dell’art. 434 , cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
La sentenza non avrebbe esaminato l’eccezione , formulata dal Comune nella memoria di costituzione, di novità della questione della irripetibilità del trattamento retributivo accessorio, ai sensi dell’ art.
4 del d.l. n. 16 del 2014, in quanto proposta dai lavoratori solo in appello.
1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non considera la ratio decidendi della sentenza di appello sul punto.
La Corte territoriale ha dato atto dell’eccezione formulata dal Comune in appello, ma l’ha disattesa , in quanto il quadro normativo che regolava la fattispecie imponeva al giudice di valutare l’ applicabilità alla fattispecie dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014 , in applicazione del principio iura novit curia , secondo i principi già affermati da questa Corte.
Come questa Corte ha chiarito (Cass., n. 12534 del 2024): “In materia di procedimento civile, l’applicazione del principio ” iura novit curia “, di cui all ‘ art. 113, comma 1, cod. proc. civ.,
importa la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato ‘ .
Secondo motivo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014, conv. dalla legge n. 68 del 2014, dell’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 11 delle p releggi, in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ.
L’art. 4 cit. non sarebbe applicabile ratione temporis , in quanto è entrato in vigore successivamente alla corresponsione del trattamento indebito per cui è causa e al l’adozione del CCDI.
Atteso il superamento del tetto di spesa, c on l’ipotesi di Accordo 8 ottobre 2013, il Comune e le OO.SS., stabilivano le modalità di recupero, alle quali il Comune medesimo era tenuto a dare attuazione in applicazione dell’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Terzo motivo. Violazione dell’art. 112 , cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014 , e degli artt. 40 e 45 del d.lgs. n. 165 del 2001 , in relazione all’art. 360, n.3, c od. proc. civ.
Deduce il ricorrente che, come esposto nella memoria di costituzione in appello, dall’ambito di applicazione dell’art. 4 cit., vanno esclusi i trattamenti retributivi nulli per violazione del combinato disposto degli artt. 40 e 45 del d.lgs. n. 165 del 2001, perché previsti dalla CCD al di fuori delle ipotesi autorizzate dalla contrattazione di comparto, come avvenuto nel caso in esame.
Su tale punto la Corte d’Appello non si era pronunciata, e qualora si ritenesse esservi stata statuizione implicita, la stessa sarebbe errata.
La CCD non può discostarsi dal CCNL, di talché il CCDI del 16 marzo 2012 nel prevedere, in aggiunta alla maggiorazione del lavoro straordinario, un trattamento premiale non sarebbe conforme all’art. 15, comma 5, del CCNL Enti locali del 1999, che prevede trattamenti accessori per finalità diverse da quelle in esame.
Dunque, nella specie, non vi era solo il superamento del tetto di spesa, ma la contrarietà al CCNL; né poteva trovare applicazione il comma 3 dell’art. 4 cit. , relativo all’adeguamento dei CCI alle disposizioni del d.lgs. n. 150 del 2009.
Quarto motivo. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014 e dell’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, in relazione all’art. 360, n.3, c od. proc. civ.
Assume il ricorrente che l’art. 4 cit. non prevede l’irripetibilità dei trattamenti retributivi indebitamente corrisposti in violazione del patto di stabilità, ma introduce solo una misura di favore per coloro che ne abbiano goduto in buona fede.
Il secondo, terzo e quarto motivo devono essere esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione.
Gli stessi sono fondati.
Il comma 1 dell’art. 4 , cit., prevede ‘Le regioni e gli enti locali che non hanno rispettato i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva integrativa sono obbligati a recuperare integralmente, a valere sulle risorse finanziarie a questa destinate, rispettivamente al personale dirigenziale e non dirigenziale, le somme indebitamente erogate mediante il graduale riassorbimento delle stesse, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il sup eramento di tali vincoli’.
Si tratta di una disposizione che introduce un sistema di recupero delle somme versate sulla base di una contrattazione collettiva integrativa nulla per violazione dei vincoli finanziari posti a questa e, quindi, colpita dalla sanzione prevista dagli ultimi due periodi del
comma 3 dell’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, per il quale: ‘Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate’.
Tale sistema, secondo la prospettazione erroneamente accolta dalla Corte territoriale, presenterebbe carattere di specialità rispetto al principio generale dettato dall’ art. 2033, cod. civ., e ne escluderebbe l’applica zione, impedendo che il recupero avvenga direttamente nei confronti del percettore degli importi non dovuti.
Come questa Corte ha già affermato (Cass., n. 17648 del 2023, le cui motivazioni si richiamano ai sensi dell’art. 118 , cod. proc. civ., si v. anche Cass., nn. 17317, 17324, 17320, 14762 del 2024, Cass., n. 12109 del 2022), con principi ai quali si intende dare continuità, l’art. 4, comma 1, del d.l. n. 16 del 2014, conv., con modif., dalla legge n. 68 del 2014, non introduce un sistema alternativo a quello disciplinato dall’art. 2033 , cod. civ. P ertanto, anche nell’ipotesi regolata da detto art. 4, comma 1, cit., l’ Ente locale può agire per il recupero dell’indebito nei confronti del lavoratore che abbia percepito somme erogate senza rispettare i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva integrativa.
Tale disposizione ha previsto semplicemente un meccanismo obbligatorio di riassorbimento delle risorse illegittimamente utilizzate per mezzo della contrattazione integrativa che opera all’interno della stessa P ubblica Amministrazione, nel senso che ne limita l’autonomia nella gestione delle disponibilità future, e si aggiunge al rimedio generale dell’art. 2033 , cod. civ.
Dunque, la stessa non deroga affatto all’art. 2033 , cod. civ., con la conseguenza che la Pubblica Amministrazione può recuperare
direttamente dal dipendente che le abbia percepite le somme indebitamente versate (citate Cass., n. 17317 del 2024, n. 17648 del 2023).
Peraltro, con riguardo alla norma di sanatoria di cui all’art.4, comma 3, del d.l. n. 16 del 2014, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la retroattività della sanatoria è temporalmente limitata agli atti di costituzione e di utilizzo dei fondi per la contrattazione collettiva, adottati da Regioni ed Enti locali in epoca successiva all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2009, deponendo in tal senso il tenore letterale della disposizione e la sua “ratio”, volta ad operare non una sanatoria generalizzata, bensì a riallineare, quanto al periodo temporale di tolleranza per l’adeguamento alla riforma, la contrattazione successiva al d.lgs. n. 150 del 2009 a quella vigente al momento della sua entrata in vigore (Cass., n.12109 del 2022). Nel caso già esaminato venivano in rilievo atti dispositivi adottati prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo del 2009, ma lo stesso ragionamento può essere esteso agli atti successivi al termine di adeguamento.
Inoltre, l’art. 4, comma 3, cit., non è applicabile alla fattispecie perché pacificamente il Comune non ha rispettato il patto di stabilità e, quindi, non sussiste la condizione richiesta dalla norma di sanatoria.
Si applica, quindi, l’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, che nella versione vigente ratione temporis prescrive che ‘Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, cod. civ. In caso di accertato superamento di vincoli finanziari da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell ‘ economia e delle finanze è fatto altresì
obbligo di recupero nell’ambito della sessione negoziale successiva. Le disposizioni del presente comma trovano applicazione a decorrere dai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni’.
Infine, si osserva che, come evidenziato dal ricorrente, nella fattispecie, il Comune non ha proceduto al normale recupero ex art. 2033, cod.civ., bensì ha effettuato un recupero a valere sul trattamento accessorio effettivamente dovuto per lo stesso anno 2012 ed eventualmente per quelli successivi, non discostandosi, sostanzialmente, dalle modalità di recupero previste dal legislatore. 6. La Corte accoglie il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, inammissibile il primo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso. Inammissibile il primo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Milano in diversa comp osizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale dell’ 8 novembre 2024.