Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1835 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1835 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10439/2019 R.G. proposto da: COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
NOME COGNOME
– intimata – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 104/2019 depositata il 15/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. NOME COGNOME e NOME COGNOME, comproprietari dell’immobile sito in Canaro (RO) , INDIRIZZO convenivano in giudizio, avanti al Tribunale di Rovigo, NOME COGNOME, proprietaria dell’immobile confinante sito in Canaro (RO), INDIRIZZO al fine di accertare la realizzazione da parte della convenuta di una costruzione in violazione delle disposizioni codicistiche in materia di distanze legali di cui agli artt. 873 e ss. c.c. con condanna al ripristino dello stato dei luoghi ex ante , e abbattimento delle costruzioni illegittime. Gli attori chiedevano accertarsi altresì che dal tubo di scarico posto sul muro a confine tra le proprietà delle parti in causa fuoriuscivano immissioni di gas eccedenti la normale tollerabilità, con condanna della convenuta a spostare il tubo suddetto ad altezza regolamentare e a contenere le immissioni di gas entro i limiti di tollerabilità imposti ex lege.
Si costituiva in giudizio NOME COGNOME contestando le tesi dei ricorrenti e chiedendo in via preliminare il mutamento del rito e nel merito, respinte le domande dei signori COGNOME in via subordinata, di accertare la conformità edilizia e urbanistica della sopraelevazione, respingendo la domanda di riduzione in pristino e di abbattimento dell’opera, in via riconvenzionale di accertare che il garage di proprietà dei ricorrenti era stato edificato senza il rispetto delle distanze dal confine, ordinandosi l’arretramento del manufatto con condanna al risarcimento dei danni.
Ric. 2019 n. 10439 sez. S2 – ad. 18/12/2024
Il Tribunale di Rovigo accertava la violazione delle distanze legali di cui all’art. 873 c.c. da parte della convenuta con riferimento alla sopraelevazione e la condannava alla riduzione in pristino della parte del manufatto eccedente le distanze previste, accertava la posizione non regolare del tubo di scarico posto sul confine tra le proprietà delle parti e condannava la convenuta a spostare il tubo suddetto ad altezza regolamentare, rigettava le ulteriori domande. A seguito di istanza ex art. 287 c.p.c. proposta dai signori COGNOME disponeva la correzione della sentenza inserendo l ‘accertamento dell’intervenuta usucapione in capo a NOME COGNOME (erede dell’originario proprietario COGNOME e NOME COGNOME del diritto di mantenere il garage (distinto al NCEU del Comune di Canaro Foglio 25 particella 73 sub 2 e 4) a distanza non regolamentare dal confine come da concessione in sanatoria rilasciata dal Comune di Canaro.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistevano all’appello e proponevano appello incidentale.
L a Corte d’appello di Venezia respingeva sia l’appello principale che quello incidentale, confermando la sentenza impugnata
Per quel che ancora rileva la Corte evidenziava che gli appellati, COGNOME COGNOME erano attori in primo grado e la COGNOME, costituendosi nel giudizio, oltre a contestare le domande aveva chiesto, in via riconvenzionale, che venisse ordinato ai ricorrenti l’arretramento del loro garage, in quanto violava le distanze rispetto al confine. Alla prima udienza era stato disposto il
mutamento di rito; l’udienza ex art. 183 c.p.c. non si era tenuta e successivamente erano state depositate le memorie ex art. 183, sesto comma, c.p.c., pertanto, solo con la prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c., a fronte della richiesta avanzata in via riconvenzionale dalla convenuta, gli attori, integrando le loro domande, avevano chiesto che venisse accertata nei loro confronti l’intervenuta usucapione del diritto di mantenere il garage a distanza non regolamentare dal confine. La domanda, pertanto, non era tardiva.
Il secondo motivo d’appello era parimenti infondato, dal momento che l’asserita autorizzazione alla deroga alle distanze di legge proveniva da NOME COGNOME che all’epoca non era proprietario e, inoltre, la missiva faceva riferimento ad un mero sconfinamento e all’installazione di un ponteggio nella proprietà COGNOME. Il tenore della missiva, che tra l’altro era condizionata e proveniva da chi non era proprietario, inducevano a ritenere pacificamente che non si trattasse di un’autorizzazione alla deroga alle distanze.
Peraltro, gli effettivi proprietari NOME COGNOME e NOME COGNOME, preso atto che l’intervento edilizio che stava realizzando la COGNOME era una vera e propria nuova costruzione in sopraelevazione, in data 19 luglio 2010, l ‘avevano diffidata formalmente a rispettare le distanze di legge, sicché si poteva escludere senza alcun dubbio che gli odierni appellati avessero mai consentito la deroga alle distanze previste dalla legge nel caso concreto. L’asserito accordo derogatorio avrebbe, inoltre, dovuto prevedere la redazione di una scrittura privata.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
NOME COGNOME è rimasta intimata.
Entrambe le parti, con memoria depositata in prossimità dell’udienza , hanno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve esaminarsi l’eccezione di improcedibilità del ricorso per omesso deposito, unitamente al ricorso, della relata di notifica della sentenza impugnata.
1.1 L’eccezione è infondata sia perché la suddetta copia risulta depositata, sia perché il ricorso è stato notificato il 18.3.2019, quindi entro i 60 giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata, avvenuta il 15.1.2019 (cfr. in proposito, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11386 del 30/04/2019 Rv. 653711; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013 Rv. 628539).
1.2 Passando all’esame delle censure, i l primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione degli artt. 183 e 702 bis e ter c.p.c. commesso con l’accoglimento della ‘ reconventio reconventionis ‘ inammissibilmente proposta dagli attori in udienza successiva a quella di prima comparizione e conseguente nullità della sentenza impugnata
Secondo la ricorrente, la riconvenzionale degli originari attori, proposta in risposta alla domanda riconvenzionale di arretramento, era tardiva.
1.2 Il motivo è inammissibile perché generico e privo di specificità.
In tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla S.C. ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone
l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23834 del 25/09/2019, Rv. 655419 – 01).
Nella specie, parte ricorrente riferisce a pag. 4 del ricorso che la domanda riconvenzionale era stata proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME con la memoria ex art. 183, comma 1, c.p.c. e successivamente asserisce che la medesima domanda è stata proposta con memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c.
Peraltro, dalla scansione delle fasi processuali che si legge nella sentenza impugnata, risulta che la prima udienza utile in risposta alla riconvenzionale svolta dalla COGNOME è stata quella in cui, a seguito del mutamento del rito, è stata proposta la domanda di usucapione e parte ricorrente non fornisce alcuna ricostruzione alternativa, sicché il motivo è inammissibile.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.) .
La censura riguarda l’asserita autorizzazione alla deroga alle distanze che, secondo la Corte d’appello, non proveniva dal proprietario nonostante controparte avesse solo eccepito che le missive non costituivano un incontro di consensi.
Pertanto, la sentenza meriterebbe di essere riformata perché avrebbe erroneamente assunto che l’accordo doveva essere ratificato dalla proprietà e in violazione dell’articolo 115 c.p.c. ha
rilevato d’ufficio la carenza di legittimazione ad agire di NOME COGNOME
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 1326 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.).
Secondo parte di corrente dall’esame del testo della lettera del 22 giugno 2010 sottoscritta da NOME COGNOME si evincerebbe che l’accordo intercorso tra le parti non aveva ad oggetto soltanto un mero sconfinamento all’installazione di un ponteggio ma si estendeva all’ampliamento da realizzare senza il rispetto delle distanze. L’accordo era subordinato all’accettazione da parte della ricorrente della deroga all’osservanza della distanza dal confine.
3.1 Il secondo e il terzo motivo di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.
Entrambe le censure lamentano l’erronea valutazione ed interpretazione delle missive intercorse tra le parti di cui invocano: a) una diversa interpretazione quali accordi negoziali; b) un loro diverso esame quali documenti probatori.
Quanto alla violazione dell’artt. 115 c.p.c. deve osservarsi che per dedurne la violazione occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita
dall’art. 116 c.p.c. (Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 01).
Sotto il profilo della violazione dell’art. 1326 c.c. deve richiamarsi il seguente principio di diritto: L’interpretazione di un atto negoziale è un tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, normalmente incensurabile in sede di legittimità, salvo che nelle ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, alla stregua del c.d. “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., nella formulazione attualmente vigente, ovvero, ancora, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, previsti dall’art. 1362 ss. c.c. non richiamati dal ricorrente.
Peraltro, in modo del tutto plausibile la Corte d’Appello ha ritenuto che le lettere di NOME COGNOME oltre a provenire dal soggetto che all’epoca non era il proprietario, non manifestassero in alcun modo la volontà di accettare la richiesta della ricorrente di costruire in deroga alle distanze quanto piuttosto la accettazione della contrapposta proposta di voler consentire la deroga delle distanze ai controricorrenti.
La lettura alternativa che offre parte ricorrente, oltre a non essere supportata da alcun elemento, è comunque preclusa in sede di legittimità.
In conclusione, il ricorso è respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte controricorrente che liquida in euro 3.800,00 più 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione