Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5630 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1   Num. 5630  Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
SENTENZA
sul ricorso 24727-2019 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, in giudizio personalmente;
– controricorrente –
nonché
NOME;
– intimata – avverso le ORDINANZE DEL TIBUNALE DI SALERNO depositate in data 15/2/2019 e 16/5/2019;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ udienza pubblica del 17/5/2024;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito, per la ricorrente, l ‘ AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale di Salerno, con ordinanza collegiale resa in  data  15/2/2019,  ha  accolto  il  reclamo  che  NOME  COGNOME ha proposto avverso il decreto con il quale, il 17/9/2018, il giudice monocratico dello stesso tribunale aveva omologato il piano del consumatore proposto da NOME COGNOME.
1.2. Il tribunale, in particolare, dopo aver premesso che il reclamo era stato ritualmente notificato alle parti costituite nel giudizio di primo grado, ha escluso che la COGNOME avesse provato di trovarsi effettivamente in stato di sovraindebitamento. In particolare, ha rilevato che la reclamata era titolare di un patrimonio immobiliare, costituito dalle porzioni di due cespiti (fra cui una villa a pochi chilometri da Salerno adibita a RAGIONE_SOCIALE), che in sede esecutiva era stato stimato in €. 833.690,00 e posto in vendita per €. 584.000,00, la cui liquidazione avrebbe senz’altro consentito l’integrale pagamento dei crediti insoddisfatti, ammontanti a soli € . 65.000.
1.3. Il  tribunale,  infine,  con  successiva  ordinanza  del 29/5/2019, ha corretto l’errore materiale contenuto nel dispositivo del provvedimento, là dove disponeva la condanna del reclamante, anziché della COGNOME, al pagamento delle spese processuali, mentre ha e scluso che le richieste di quest’ultima, e cioè la revoca del provvedimento collegiale e la modifica della decisione sulle spese, potessero formare oggetto del procedimento di cui agli artt. 287-289 c.p.c..
1.4. NOME  COGNOME,  con  ricorso  notificato  in  data 13/8/2019, illustrato da memoria, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione dell’ordinanza del 15/2/2019, così come (asseritamente) modificata con l’ordinanza del 29/5/2019.
1.5. NOME COGNOME ha resistito con controricorso, mentre l’altra parte intimata non ha svolto difese.
2.1. Il ricorso, con ordinanza interlocutoria n. 22198/2023, è stato rimesso alla pubblica udienza.
2.2. Il pubblico ministero ne ha chiesto il rigetto.
2.3. Le parti costituite hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1. Il ricorso, intanto, è ammissibile. In tema di procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinate dalla l. n. 3/2012 e succ. mod., questa Corte ha più volte affermato l ‘ ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione tutte le volte in cui, come nel caso in esame, il provvedimento impugnato rivesta i caratteri della decisorietà e definitività, in quanto idoneo ad incidere, in modo incontrovertibile, sui diritti soggettivi del debitore e/o dei creditori.
3.2. Il ricorso è anche tempestivo. L ‘ art. 739 c.p.c., secondo il quale il provvedimento emesso in camera di consiglio dal tribunale, se pronunziato in confronto di più parti, è reclamabile entro dieci giorni dalla notificazione, non deroga, infatti, alla regola generale per cui, in difetto (com ‘ è rimasto incontestato nel caso in esame) di notificazione (Cass. n. 18514 del 2003; conf., Cass. n. 12972 del 2018; Cass. n. 12819 del 2016; Cass. n. 22932 del 2011, in motiv.) ovvero di comunicazione integrale del provvedimento da parte della cancelleria (cfr., in tema di termine per il reclamo, Cass. n. 4326 del 2024), il termine per la proposizione del ricorso per cassazione avverso il decreto camerale è pari non già, come di norma, a sessanta giorni ma, in forza dell ‘ art. 327, comma 1°, c.p.c., a sei mesi dalla sua pubblicazione (cfr. Cass. n. 18514 del 2003; conf., Cass. n. 12972 del 2018; Cass. n. 12819 del 2016; Cass. n. 22932 del 2011, in motiv.).
4.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 12 bis della l. n. 3/2012 nonché degli artt. 18 l.fall. e 102, 331, 354 e 739 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 e n. 4 c.p.c., ha censurato l ‘ ordinanza impugnata nella parte in cui il tribunale ha escluso che il reclamo, che ha poi accolto, dovesse essere notificato a tutti i creditori della debitrice proponente, omettendo, tuttavia, di considerare che, come può argomentarsi dalle norme dettate dalla legge fallimentare, anche nel giudizio di reclamo il contraddittorio dev ‘ essere integrato nei confronti di tutti i creditori menzionati nel piano del consumatore, i quali, infatti, pur non avendo partecipato al giudizio, subiscono gli effetti della relativa omologazione.
4.2. La censura è infondata.
4.3. Rileva, sul punto, la Corte che: – l ‘ art. 12 bis , comma 5, l. n. 3/2012, dispone che il giudizio di omologazione del piano del consumatore è disciplinato, tra l ‘ altro, dall ” art. 12, comma 2, terzo e quarto periodo ‘ ; – il terzo periodo dell ‘ art. 12, comma 2, prevede, a sua volta, che ‘ si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile ‘ ; – il quarto periodo dell ‘ art. 12, comma 2, infine, dispone che ‘ il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento ‘.
4.4. In ragione di questa normativa, risulta, allora, evidente che il decreto che pronuncia (oppure nega) l ‘ omologazione del piano  del  consumatore  è  impugnabile,  come  previsto  dall ‘ art. 739  c.p.c.  (applicabile  attraverso  il  doppio  richiamo  operato dall ‘ art. 12 bis all ‘ art. 12 della l. n. 3 cit. e da quest ‘ ultimo agli artt. 737 ss. c.p.c.), con il reclamo al tribunale, entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione/notificazione in forma
integrale o, in mancanza, nel più lungo termine previsto dall ‘ art. 327 c.p.c. (Cass. n. 4326 del 2024).
4.5. L ‘ art.  739  c.p.c.,  applicabile  in  virtù  del  richiamo indiretto  operato  dall ‘ art.  12 bis l.  n.  3  cit.,  utilizza  il  verbo ‘ proporre’ nella  forma  riflessiva  (‘ … si  può  proporre … ‘) e dunque non precisa a chi competa la legittimazione all ‘ impugnazione del decreto camerale né a chi il relativo ricorso deve essere necessariamente notificato.
4.6. Questa  Corte,  tuttavia,  ha  da  tempo  chiarito  che  la legittimazione alla proposizione del reclamo avverso il decreto camerale spetta esclusivamente a chi abbia assunto, nel giudizio di primo grado, la qualità di parte (Cass. n. 1508 del 1970).
4.7. Costituisce, del resto, acquisizione pacifica nella giurisprudenza di legittimità che la qualità di legittimato all ‘ impugnazione (appello o ricorso per cassazione) si determina, nei gradi e nelle fasi ulteriori del giudizio, esclusivamente per relationem rispetto alla qualità di parte formalmente assunta nei gradi e nelle fasi anteriori (Cass. n. 3745 del 1978; Cass. n. 4025 del 1984) e che è, dunque, inammissibile l ‘ impugnazione proposta contro soggetti diversi da quelli che sono stati parti nel suddetto giudizio (Cass. n. 32248 del 2021, in motiv., la quale rinvia a Cass. S.U. n. 15145 del 2001, Cass. n. 520 del 2012, Cass. n. 13954 del 2006 e Cass. n. 4063 del 1995).
4.8. Tali principi, seppur elaborati con specifico riferimento al procedimento di cognizione ordinaria, sono certamente utilizzabili anche in relazione a quello camerale, nel quale ‘ […] così come nel giudizio contenzioso ordinario, la qualità di parte e quindi di soggetto legittimato al reclamo ex art. 739 c.p.c., si determina, nei gradi del procedimento successivi al primo, esclusivamente per relationem, rispetto alla qualità di parte formalmente assunta in primo grado, mentre coloro che sono
stati indebitamente estranei al procedimento possono denunciare in sede contenziosa ordinaria, la nullità del provvedimento camerale emesso inter alios ‘ (Cass n. 5877 del 1991; conf., Cass. n. 7119 del 1996).
4.9. Si tratta, peraltro, di un’impostazione che l a giurisprudenza di legittimità ha diffusamente seguito in materia fallimentare, quando, in particolare, ha chiarito, con riferimento al reclamo avverso il decreto di omologazione del concordato preventivo, che la legittimazione a proporre il reclamo previsto dall’art. 183 l.fall. (che è anch’esso deciso dalla corte d’appello secondo ‘ il rito camerale di cui agli art. 737 e seg. c.p.c. ‘: Cass. n. 22932 del 2011, in motiv.) discende unicamente dall’avere l’impugnante assunto la qualità di parte in senso form ale nel giudizio di omologazione di cui all’art. 180 l.fall. (come debitore ovvero come opponente) e dall’essere rimasto soccombente rispetto alla decisione assunta dal tribunale (cfr. Cass. n. 3954 del 2016, in motiv.; Cass. n. 2886 del 2007).
4.10. Tale conclusione deve trovare applicazione anche nel reclamo avverso il decreto che ha pronunciato sull’omologazione del piano del consumatore sovraindebitato previsto dalla l. n. 3/2012, se non altro perché, pur nelle diversità sistematica e normativa che contraddistingue quest’ultimo rispetto al concordato preventivo (in particolare perché il piano non deve essere votato né approvato dalla maggioranza dei creditori), a ben vedere i due istituti, oltre ad avere una comune ratio di fondo (costituita, come è stato ben detto, dall’intento di limitare il ricorso a procedure puramente liquidatorie ‘ garantendo in via anticipata, ai creditori, una soddisfazione anche solo parziale governata dalla par condicio nonché, al contempo, al debitore di godere della esdebitazione senza attendere il corso della liquidazione’ ), presentano evidenti affinità tanto sul piano
sostanziale, quanto su quello procedurale: – comune divieto di azioni esecutive individuali (
4.11. Pertanto, nel giudizio di reclamo instaurato dal debitore sovraindebitato avverso il diniego dell’omologa del piano del consumatore dallo stesso proposto, così come in quello introdotto dal creditore (ove già opponente) nei confronti del decreto di omologazione del piano proposto dal debitore, la legittimazione attiva e passiva spetta esclusivamente (oltre che al debitore) agli creditori che abbiano rivestito la qualità di parte in senso formale nel precedente grado del procedimento.
4.12. Ciò,  beninteso, sempre che il reclamante non sia un creditore che lamenti di non essersi potuto costituire dinanzi al giudice  monocratico  per  difetto  o  nullità  della  comunicazione
prevista dall’art. 10 e dal primo comma dell’art. 12 bis l. n. 3/2012, dato che in questo caso (non ricorrente nella vicenda in esame), la peculiarità della disciplina del procedimento in esame impone di escludere che il terzo possa limitarsi ad invocare il rimedio generale dell’opposizione del terzo prevista dall’art. 404 c.p.c. : il piano del consumatore, al pari del concordato preventivo, una volta omologato, vincola, infatti, tutti i creditori, siano essi stati opponenti o meno nella fase di omologa, dovendosi, al contrario, riconoscere al creditore una eccezionale legittimazione a proporre reclamo avverso il decreto di omologazione del piano pur se pronunciato senza opposizioni, purché non sia ancora divenuto cosa giudicata, al solo fine di denunciare le violazioni della legge processuale che gli hanno impedito di partecipare al giudizio innanzi al tribunale (Cass. n. 32248 del 2021, in motiv.).
4.13. Le conclusioni raggiunte trovano pieno conforto nell’interpretazione adottata da questa Corte in merito alla disciplina, del tutto identica, prevista in tema di omologa del concordato fallimentare senza opposizioni, ai sensi dell’art. 129, comma 4°, l.fall., laddove, anche di recente, si è affermato che: – non è legittimato alla presentazione del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., il creditore dissenziente che abbia ricevuto la comunicazione individuale del deposito del decreto del giud ice delegato previsto dall’art. 129, comma 2°, l.fall. e che sia stato conseguentemente posto nelle condizioni di poter proporre opposizione, senza avvalersi della relativa facoltà nel termine previsto dall’art. 129, comma 3°, l.fall.; – tale legittimazione compete, invece, a quei soggetti, potenzialmente interessati al decreto di omologa del concordato fallimentare, i quali, pur se pienamente identificabili dall’esame degli atti della procedura fallimentare, non abbiano ricevuto la comunicazione
del predetto decreto del giudice delegato (così Cass. n. 19461 del 2021).
4.14. Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, infine, pur disciplinando la materia dell’impugnazione della (sentenza di) omologazione del piano del consumatore in modo del tutto difforme rispetto alla disciplina emergente dal combinato disposto degli artt. 12, comma 2, della l. 3 cit. e 739 c.p.c., fornisce nondimeno elementi che depongono senz’altro per la soluzione in precedenza esposta: -‘ la sentenza di omologa (dell’accordo di ristrutturazione dei debiti del consumatore) … è impugnabile ai sensi de ll’articolo 51’ (art. 70, comma 8); – il decreto che nega l’omologazione (dell’accordo di ristrutturazione dei debiti del consumatore)è, invece, reclamabile a norma dell’art. 50 (art. 70, comma 12); – la sentenza di omologazione del ‘ concordato minore ‘ è impugnabile, al pari di quella in materia di concordato preventivo, a norma dell’art. 51 (arg. ex art. 74, comma 4); il decreto di rigetto dell’omologazione del ‘ concordato minore ‘ è, infine, reclamabile a norma dell’art. 50 (art. 80, comma 7); – gli artt. 50, comma 1 e 2, e 51, comma 1 e 6, prevedono, a loro volta, che, tanto nell’uno, quanto nell’altro caso, l’impugnazione è proposta esclusivamente da e nei confronti delle ‘ parti ‘, e cioè i soli soggetti che, in qualità di debitore ovvero di creditore (o altro interessato) opponente, si siano formalmente costituiti nel giudizio di omologazione.
4.15. In  definitiva,  vanno  enunciati  i  seguenti  principi  di diritto: ‘ il decreto che abbia pronunciato sull’omologazione del piano  del  consumatore  può  essere  impugnato  con  il  reclamo esclusivamente ad iniziativa di chi (debitore, creditore o interessato) abbia assunto la qualità di parte in senso formale nel giudizio di omologazione e sia rimasto soccombente, rispetto alla  decisione  assunta ; nel  procedimento  di  reclamo  sono
litisconsorti  necessari,  oltre  al  debitore  non  reclamante,  i  soli soggetti  che,  avendo  contestato  (quali  creditori  o  comunque interessati)  la  convenienza  del  piano,  si  siano,  come  tali, costituiti nel procedimento di omologazione ed abbiano, quindi, ivi assunto la qualità di parte in senso formale’.
4.16. Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando la violazione degli artt. 6, 7, 8 e 12 bis della l. n. 3/2012 nonché dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., contesta in primo luogo che il ricavato dalla vendita degli immobili di cui è proprietaria consenta l’integrale soddisfacimento dei debiti da cui è gravata; rileva che, come dimostrato dai plurimi tentativi di vendita andati deserti in ventennali procedure esecutive, gli immobili in questione non sono di pronta liquidazione, come invece richiesto dall’art. 6 della l. n. 3/2012, in ragione delle loro irregolarità urbanistiche che richiederebbero costi di regolarizzazione per circa €. 160.000,00; sostiene inoltre che il reclamo di COGNOME avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per la sua genericità.
4.17. Entrambe le censure in cui si articola il motivo sono inammissibili: – la prima, pur se denunciata in rubrica sotto il profilo del vizio di violazione di legge, si limita in realtà a richiedere a questa Corte una nuova valutazione delle risultanze istruttorie, diversa da quella operata dal giudice di merito, come noto sindacabile in sede di legittimità solo nei ristretti limiti di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., ma non indica quale sia il fatto decisivo omesso che, se considerato, avrebbe condotto a ritenere sussistente lo stato di sovraindebitamento della COGNOME e dà inoltre assiomaticamente per provate talune circostanze (durata ventennale delle procedure esecutive; gravi irregolarità urbanistiche di uno degli immobili) senza precisare,
secondo quanto richiesto dall ‘art. 366, 1° comma, c.p.c., se e quando sarebbero state documentate in giudizio; – la seconda, parimenti,  difetta  del  requisito  dell’autosufficienza,  in  quanto non  riporta  il  contenuto  dell’atto  di  reclamo,  che  non  risulta neppure allegato specificamente al ricorso.
4.18. Con il terzo motivo la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115, 116, 132 c.p.c., 118 disp.att. c.p.c. nonché degli artt. 12 bis e 14 bis della l. n. 3/2012, in relazione all’art. 360 n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c., denuncia la mancanza e/o l’insufficienza, nonché la contraddittorietà della motivazione dell’ordinanza impugnata, deducendo , sotto il primo profilo, che le ragioni poste a fondamento della decisione assunta sarebbero state esposte in forma talmente concisa da renderle in sostanza tamquam non essent e, sotto il secondo, che il collegio ha accolto il reclamo ai sensi dell’art. 12 bis della l. n . 3/2012 ma ha argomentato la pronuncia con l’espresso richiamo alle previsioni dell’art. 14 bis della legge, di cui non ricorrevano i presupposti.
4.19. Il motivo è manifestamente infondato, atteso che la motivazione dell’ordinanza impugnata, seppur sintetica, è chiarissima (tanto che la ricorrente l’ha integralmente censurata col secondo motivo) e si pone ben al di sopra del cd. ‘ minimo costituzionale ‘ al cui cospetto si arresta il sindacato di legittimità di questa Corte (cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014) e che (al di là del rilievo che l’omologazione ben può essere contestualmente negata, per ragioni concorrenti, ai sensi sia dell’art. 12 bis sia dell’art. 1 4 bis cit.) nella specie il tribunale ha, all’evidenza , revocato l’omologa del piano per mancanza di convenienza dell’accordo.
4.20. Con  il  quarto  motivo  la  ricorrente,  lamentando  la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione
all’art. 360 n. 3 e n. 4 c.p.c., deduce l’erroneità dell’ordinanza di correzione dell’errore materiale nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che la stessa non avesse dimostrato il valore attuale del suo patrimonio.
4.21. Con  il  quinto  motivo  la  ricorrente,  lamentando  la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 12 bis e 14 bis della l.  n.  3/2012,  in  relazione  all’art.  360  n.  3  e  n.  4 c.p.c., denuncia il vizio di ultrapetizione da cui sarebbe affetta l’ordinanza di correzione dell’errore materiale, là dove il tribunale avrebbe accertato la sussistenza di atti di frode.
4.22. I motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili  perché  investono  considerazioni  del  giudice  del merito totalmente prive di valenza decisoria, in quanto contenute in un’ordinanza che si è limitata a correggere l’errore materiale  (in  ordine  all’indiv iduazione  del  soggetto  tenuto  al pagamento  delle  spese)  da  cui  era  affetto  il  dispositivo  del provvedimento di revoca.
Il ricorso dev ‘ essere, quindi, rigettato.
Le  spese  di  lite  seguono  la  soccombenza  e  sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17,  della  l.  n.  228/2012,  della  sussistenza  dei  presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 2.200,00, di
cui  €.  200,00  per  esborsi,  o ltre  accessori  di  legge  e  spese generali  nella  misura  del  15%;  dà  atto,  ai  sensi  dell ‘ art.  13, comma 1quater ,  del  d.P.R.  n.  115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti  processuali  per  il  versamento,  da  parte  della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così  deciso  a  Roma,  nella  Camera  di  consiglio  della  Prima