Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21731 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21731 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 3022/2024 R.G. per regolamento d’ufficio di competenza proposto dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con ordinanza depositata in data 8.01.2024, nella causa
TRA
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente-
E
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BARCELLONA COGNOME DI COGNOME;
-resistente- udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6.02.2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso del 27/6/2023, NOME COGNOME riassumeva la causa innanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, a seguito del decreto del 9/6/ 2023, con cui la Corte d’Appello di Messina aveva declinato la propria competenza in relazione al reclamo proposto dal primo avverso il decreto di inammissibilità del piano di ristrutturazione del debito, emesso dallo stesso Tribunale il 20/1/2023.
Al riguardo, il COGNOME reiterava le deduzioni e le difese esposte nel reclamo, integralmente riportato, in ordine alla sussistenza delle condizioni richieste dagli artt. 68 e ss. d.lgs. 14/2019 per l’accesso alla procedura di ristrutturazione dei debiti, stante l’assenza della colpa grave nella causazione del sovraindebitamento e tenuto conto, di contro, della mancata valutazione da parte degli istituti finanziatori, cui il COGNOME si era nel tempo rivolto, del merito creditizio di quest’ultimo, chiedendo, quindi, di accogliere il ricorso, con contestuale adozione delle misure protettive del patrimonio per tutta la durata della procedura.
Con ordinanza dell’8.01.2024, il Tribunale osservava che: a fronte della riassunzione della causa ad opera del ricorrente, era da proporre il regolamento d’ufficio di competenza ai sensi degli artt. 45 e 47 c.p.c., nonché dell’art. 29, co. 2, d.lgs. 14/2019 (implicitamente richiamato dall’art. 65, co. 2, d.lgs. 14/2019); a differenza di quanto statuito dalla Corte d’Appello, e parimenti condiviso dal ricorrente (che aveva riassunto in conformità il giudizio innanzi a questo Tribunale, nonostante l’originari a proposizione del reclamo ‘ ex art. 50 D.lgs. 14/19 s.m.i. dal D.lgs. 83/2022, come richiamato dall’art. 70 CCII ‘ ), la competenza a decidere sul reclamo proposto avverso il decreto di inammissibilità ex art. 70, co. 1, d.lgs. 14/2019 spettava alla Corte d’appello e non al
Tribunale adito dal sovraindebitato, sia pure in composizione collegiale; la Corte di Cassazione era già stata adita ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c. per effetto dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale della Corte d’Appello di Firenze del 20/6/2023; non risultava, invece, l’adozione di un provvedimento definitorio sulla questione sottoposta; sussistevano i presupposti, ai sensi dell’art. 47 c.p.c. per rimettere la questione alla Corte per la definizione della questione di competenza; ciò premesso, le argomentazioni spese in favore della ritenuta competenza del Tribunale in composizione collegiale (richiamate dalla Corte d’appello) non apparivano condivisibili e, piuttosto, l’impianto normativo complessivamente ricavabile dal codice della crisi deponeva per la competenza riservata alla Corte d’Appello, come desumibile proprio dal fatto che, analogamente al provvedimento di rigetto dell’omologa (che, peraltro, inerisce anche profili di ‘ ammissibilità giuridica ‘ -cfr. art. 70, co. 7, d.lgs. 14/ 2019), anche il decreto di inammissibilità poteva avere ad oggetto determinazioni inerenti al merito della domanda di accesso, sicché il reclamo avverso lo stesso non poteva non sussumersi (direttamente) nell’ambito applicativo dell’art. 70, co. 12, d.lgs. 14/2019 (applicabile ratione temporis) che recitava : ‘ contro il decreto di cui al comma 10, è ammesso reclamo ai sensi dell’articolo 50 ‘; in ogni caso, pur volendo prescindere dal suddetto riferimento normativo e, dunque, pur muovendo dal presupposto dell’assenza di una disciplina direttamente riferibile all’impugnazione de qua , era applicabile la norma generale dettata per le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento e, cioè, l’art. 65, co. 2, d.lgs. 14/2019, che rinvia alle disposizioni del titolo III ‘ in quanto compatibili ‘, tra cui dunque, l ‘art. 47, co. 5 (relativo al decreto di inammissibilità della proposta di concordato preventivo di cui al precedente comma 4), l’art. 50, co. 2 (che, in materia di liquidazione giudiziale, riserva alla Corte d’Appello la cognizione afferente al
relativo reclamo), e l’art. 51 (che assegna sempre alla Corte d’Appello la competenza a decidere sul reclamo proposto contro ‘ la sentenza del tribunale che pronuncia sull’omologazione del concordato preventivo, del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione o degli accordi di ristrutturazione oppure dispone l’apertura della liquidazione giudiziale ‘); il quadro normativo richiamato, quindi, conferma va la scelta del legislatore di rimettere al giudice d’appello la competenza a decidere contro i provvedimenti con cui il Tribunale nega (rigettando o dichiarando inammissibile la relativa domanda) l’accesso allo strumento di superamento della crisi (dell’imprenditore e non), con la conseguenza che anche nel caso di specie era da affermare la competenza della Corte d’Appello di Messina.
Il Pubblico Ministero ha depositato la requisitoria, in conformità dell’istanza del Tribunale, chiedendo che fosse dichiarata la competenza della Corte d’appello di Messina.
RITENUTO CHE
Va dichiarata la competenza del Tribunale in composizione collegiale, difformemente da quanto richiesto dal Tribunale che ha proposto il regolamento d’ufficio.
E’ da premettere che, come anche osservato dal P.M. nella requisitoria depositata, che il codice della crisi di impresa non ha previsto uno specifico rimedio esperibile avverso il decreto di inammissibilità del piano di ristrutturazione del debito, disciplinando esclusivamente l’impugnazione della sentenza di omologa (art. 70, comma 8, che rinvia all’art. 51) ed il reclamo avverso il decreto di diniego dell’omologazione (art. 70, comma 12, che rinvia all’art. 50); analogamente, l’art. 80, comma 7, CCII prevede il reclamo avverso il diniego dell’omologa del concordato minore di cui al precedente comma 5, mentre il medesimo mezzo di impugnazione non è espressamente previsto avverso una pronunzia
di inammissibilità in sede di vaglio preliminare, prima della comunicazione ai creditori, ex art. 78, comma 1, CCII; né soccorrono indicazioni a riguardo nella relazione illustrativa al nuovo Codice.
La questione è stata già sottoposta alla Corte di Cassazione con ordinanza di rinvio pregiudiziale della Corte d’Appello di Firenze ex art 363 bis , definita con decreto del 26.7.2023, con cui la Prima Presidente ha ritenuto inammissibile l’istanza per mancanza di novità, pur rilevando che: ‘ la questione presenta il carattere della necessità, rispetto alla decisione da assumere, mancando sul piano processuale un rimedio per questi provvedimenti negativi del giudice monocratico, peraltro assunti in prevalenza in assenza di contraddittorio, in un sistema processuale che non esclude in astratto questa possibilità, essendo presenti una pluralità di modelli processuali applicabili analogicamente, sia mediante reclamo alla Corte d’Appello che al tribunale in composizione collegiale ‘ .
In tale decreto questa Corte ha dunque messo in evidenza la lacuna consistente nella mancanza di un rimedio relativo ai provvedimenti negativi del giudice monocratico, seppure nell’ambito di un ordinamento processuale che non esclude tale possibilità, attraverso l’argomento analogico attingibile dai modelli contemplati dal diritto positivo.
Pertanto, va osservato, anzitutto, che in difetto di una specifica normativa, devono trovare applicazione le disposizioni del Titolo III, in quanto compatibili (art. 65, comma 2, CCII); si pone quindi la questione se i decreti di inammissibilità ex art. 70, comma 1, ovvero ex art. 78, comma 1, CCII, pur in assenza di espressa previsione di legge e pur avendo natura obbiettivamente distinta rispetto al diniego di omologa reso nel contraddittorio, siano comunque impugnabili mediante reclamo, in ipotesi facendo applicazione, nei limiti della compatibilità, del disposto dell’art. 47 con la relativa disciplina e preclusione
della riproposizione delle domande se non a seguito di mutamenti delle circostanze.
A tale quesito questa Corte, confermando quanto già da essa affermato (v. Cass., n. 24870/2024), fornisce risposta positiva, in quanto il CCII, in generale, a differenza della precedente legge 3/2012, prevede il reclamo dinanzi alla Corte di Appello con riferimento a provvedimenti resi sia dal Tribunale in composizione collegiale che in composizione monocratica, ed in tal senso, salva la disciplina specifica per i decreti del giudice tutelare, è anche l’art. 739 c.p.c.
Il problema si pone, come detto, per l’assenza sul piano processuale di una espressa previsione normativa circa il giudice competente a essere investito del reclamo esperibile avverso il provvedimento negativo reso dal giudice monocratico nella valutazione preliminare dell’ammissibilità della proposta prevista dall’art 70, comma 1, CCII, in assenza di contraddittorio, diversamente dall’espressa previsione normativa del reclamo alla Corte d’Appello previsto invece dall’art 70, comma 12, CCII (applicabile ratione temporis) contro il decreto di diniego dell’omologa di cui all’art 70, comma 10, CCII, ovvero il decreto emesso all’esito del contraddittorio.
Al riguardo, va osservato che, in generale, il decreto di rigetto dell’omologa è un provvedimento diverso da quello oggetto del reclamo in esame; invero, l’omologa, come il suo rigetto, è, infatti, emessa solo ‘ all’esito del contraddittorio instaurato con i creditori ‘, e presuppone un precedente decreto di apertura e ammissione della procedura ex art. 70, comma 1, CCII.
Il decreto di inammissibilità, pronunziato ex art. 70, comma 1, definisce il procedimento con esito negativo, ma è assunto, a differenza del diniego di omologa, all’esito di un procedimento ove non risulta instaurato alcun contraddittorio e impedisce l’apertura della procedura.
Nell’impianto normativo che ha preceduto l’entrata in vigore del cd. decreto correttivo del novembre 2024, mancava dunque un chiaro riferimento normativo che distinguesse tra la competenza a decidere sul reclamo avverso il decreto di rigetto dell’omologa ex art. 70, comma 10, e sul reclamo avverso il decreto di inammissibilità adottato alla verifica preliminare ex art. 70, comma 1.
La tesi che propende per la reclamabilità dinanzi alla Corte d’Appello muove dai seguenti argomenti: la valutazione giudiziale può non essere limitata al profilo della mera ammissibilità della proposta e la fattispecie può non essere dissimile da quella del divieto di omologa ex art. 70, comma 7, CCII; riconoscere la competenza del Tribunale in composizione collegiale sarebbe irragionevole poiché comporterebbe l’assoggettamento a discipline diverse del provvedimento di inammissibilità ex art. 70, comma 1, CCII e del provvedimento di diniego dell’omologa (per il quale è sancita la competenza della Corte d’Appello per quanto concerne il reclamo), provvedimenti resi entrambi da giudici monocratici (come dedotto dal P.M.).
Tali argomentazioni non sono insuperabili. Invero, dall’esame testuale dell’art. 70 emerge come il reclamo in Corte d’Appello sia limitato al provvedimento di diniego dell’omologazione del piano, assunto all’esito del contraddittorio con i creditori e con la partecipazione dell’Organismo di Composizione della Crisi ex art. 70 commi 9 e 10.
In altri termini, la complessiva formulazione dell’art. 70 consente di differenziare chiaramente il provvedimento con cui si dà o si nega l’accesso alla procedura (art. 70, comma 1) da quello che ha ad oggetto l’omologa del piano o il suo diniego.
Tali diverse caratteristiche ontologiche e procedurali tra il reclamo avverso il diniego dell’omologa e quello riguardante l’inammissibilità del
piano di ristrutturazione del consumatore inducono a ritenere la persuasività e plausibilità della conclusione a tenore della quale – attesa la disciplina normativa anteriore al predetto decreto correttivo – il provvedimento d’inammissibilità deve essere reclamato davanti al Tribunale in composizione collegiale, escludendo dalla composizione del collegio stesso il giudice del provvedimento reclamato, sul modello camerale previsto dagli artt. 738 e ss. c.p.c. e 669 terdecies c.p.c.
Al riguardo, tali diversità consentono di diradare i dubbi della supposta irragionevolezza della prospettata competenza del Tribunale, appunto in quanto vengono in rilievo istituti processuali diversi, le cui norme regolatrici soddisfano esigenze diverse, mentre l’eventualità che anche nel procedimento del reclamo in questione possano essere trattati profili differenti dalla mera ammissibilità del piano del consumatore non costituisce argomento sufficiente per assimilarlo al reclamo avverso il diniego di omologa, proprio perché essa non è una connotazione dell’istituto, ma una sovrapposizione ipotetica alla sua struttura.
Va altresì rilevato che la individuazione dell’organo competente nel Tribunale in composizione collegiale si pone in linea di continuità con l’istituto del reclamo avverso i provvedimenti del curatore e del giudice delegato nelle procedure concorsuali (art. 26 legge fall., non più in vigore, oggi di fatto trasfuso nell’art. 124 d.lgs. 14/2019) anche alla luce dei molteplici interventi di adeguamento operati nel tempo dalla Corte Costituzionale, al fine di offrire maggiori garanzie processuali quando, come nella specie, le decisioni afferiscono ai diritti e non all’esercizio di poteri doveri di gestione (Cass., n. 4346/ 2020).
Giova infine evidenziare che nel decreto correttivo al codice della crisi, entrato in vigore dal 26.11.2024, l’art. 70 è stato riformulato prevedendo che: ‘ il giudice, se ricorrono le condizioni di ammissibilità, dispone con decreto che la proposta e il piano siano pubblicati in apposita
area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia e che ne sia data comunicazione entro trenta giorni, a cura dell’OCC, a tutti i creditori. Il giudice può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti. Se non ricorrono le condizioni di ammissibilità provvede con decreto motivato reclamabile nel termine di trenta giorni dalla comunicazione dinanzi al tribunale, il quale provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Nel giudizio di reclamo la proposta e il piano non possono essere modificati e si applicano le disposizioni di cui agli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile. In caso di accoglimento del reclamo il tribunale rimette gli atti al giudice per l’adozione dei provvedimenti conseguenti ‘ .
Al riguardo, può dirsi che l’individuazione del Tribunale quale ufficio competente a decidere il reclamo in questione è avvalorata da quanto esposto nella relazione d’accompagnamento al medesimo decreto correttivo del novembre 2024 sull’art. 70 CCII, nella quale è scritto che: ‘ il comma 2 modifica l’articolo 70 (Omologazione del piano) dettato in tema di omologazione del piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore. La lettera a) sostituisce il comma 1, modificato al fine di rendere la disposizione più chiara, anche nei passaggi procedurali, ed a risolvere dubbi interpretativi sul procedimento. In particolare, le modifiche di natura non meramente terminologica concernono: 1) la possibilità di concessione al debitore del termine di quindici giorni per apportare integrazioni al piano depositato e produrre nuovi documenti; 2) la reclamabilità del decreto di inammissibilità davanti al tribunale e il richiamo espresso, per il giudizio di reclamo, al procedimento in camera di consiglio di cui agli articoli 737 e 738 cod. proc. civ. ‘.
Il legislatore, dunque, non ha inteso innovare, ma ha espressamente affermato che la suddetta riforma era finalizzata a rendere più chiara
la formulazione del testo dell’art. 70 e, dunque, a colmare una lacuna interpretativa che non giovava alla certezza del diritto in ordine ad uno strumento di soluzione della crisi del consumatore.
Per quanto esposto, va dichiarata la competenza del Tribunale adito. Nulla per le spese, attesa la natura del procedimento.
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in composizione collegiale.
Così deciso nella camera di consiglio del 6 febbraio 2025.