Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34195 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34195 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi riuniti, iscritti ai nr. 21771/2021 e 21772/2021 R.G. proposti da:
COGNOME NOME NOME e NOME, elettivamente domiciliati in Catanzaro INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende;
ricorrenti contro
Comune di Catanzaro, elettivamente domiciliato in Catanzaro INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, RAGIONE_SOCIALE, e per essa, la RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende, RAGIONE_SOCIALE, e per essa RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende e RAGIONE_SOCIALE e per essa RAGIONE_SOCIALE elettivamente
domiciliata presso lo studio dell’avvocato NOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-controricorrenti- avverso il decreto del Tribunale Catanzaro di cui ai procedimenti riuniti in nn. 1, 1-2 ,1-3 e 1-4 del 2020 depositato il 15/06/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con decreto del 23.11.2020, notificato in data 24.11.2020, il Tribunale di Catanzaro, in composizione monocratica, pronunciandosi sulla domanda di accordo di composizione della crisi proposta da COGNOME NOME COGNOME e NOME, tra loro legati da vincolo di coniugio, provvedeva ad omologarlo, disponendo che i debitori lo adempissero nei tempi e nei modi indicati nell’omologa (30 g iorni) sotto il controllo del liquidatore nominato ex art. 13 comma 1, l. 3/12.
2 Il Comune di Catanzaro, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (di seguito denominati per brevità ‘creditori opponenti’) proponevano distinti reclami; il Tribunale di Catanzaro, riuniti i giudizi, in accoglimento dei reclami, rigettava la domanda di omologa dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento e condannava i reclamati alla refusione delle spese di giudizio.
2.1 I giudici circondariali disattendevano la pregiudiziale eccezione, sollevata dai reclamati, di inammissibilità dei reclami per non essere stati impugnati, nelle forme e nei modi di cui all’art 26 l.fall., il decreto di autorizzazione alla richiesta del contratto di cessione assunto dal G.D e il decreto di fissazione dell’udienza di omologa, previsto dall’art. 10 comma 1 l. nr 3/2012.
Sempre in via preliminare, veniva respinta l’ulteriore eccezione di inammissibilità del reclamo proposto dagli istituti di credito i quali, secondo la prospettazione dei reclamati, avrebbero potuto e dovuto
ricorrere allo strumento dell’opposizione ex art. 404 c.p.c . o al rimedio previsto dall’art. 14 l. nr 3/2012.
Nel merito il Tribunale calabrese rilevava che: i) dalla relazione dell’Organismo di Composizione della Crisi (di seguito indicato per brevità OCC) non emergeva in maniera chiara e coerente la situazione di sovraindebitamento dei coniugi COGNOMECOGNOME i quali a giustificazione dell’atto di liberalità avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di beni immobili in favore della propria figlia avevano affermato la piena capienza del residuo patrimonio immobiliare al soddisfacimento dei creditori; ii) l’alternativa liquidatoria per il Comune di Catanzaro, creditore che aveva espresso voto contrario all’accordo, avuto riguardo al patrimonio immobiliare in titolarità dei ricorrenti, era maggiormente conveniente rispetto al trattamento economico riservato dall’accordo (€ 65.851,67 pari al 5% del credito complessivo); iii) la decisione di escludere dalla proposta di composizione della crisi, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE , RAGIONE_SOCIALE, società che si erano rese cessionarie dei crediti vantati da Banche cedenti nei confronti dei coniugi COGNOME, nell’ambito di operazioni di riorganizzazione degli istituti di credito, si palesava del tutto irragionevole in quanto, contrariamente a quanto accertato dall’OCC, le società finanziarie avevano sufficientemente documentato la titolarità dei crediti.
3 COGNOME NOME Luciano e NOME hanno proposto ricorso per la cassazione affidato a nove motivi; i creditori opponenti hanno svolto difese mediante controricorso. I ricorrenti, il Comune di Catanzaro e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente si dà atto della riunione al presente giudizio del procedimento nr 21772/2021.
1.1 I formulati motivi di ricorso denunciano, in sintesi, rispettivamente:
1)violazione dell’art. 12 comma 2, l. 3/12 e 737 c.p.c ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.: si sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibili i reclami di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE poiché proposti dalle cessionarie oltre il termine di 10 giorni previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 739 comma 2 c.p.c. e 12 della l. 3/2012;
violazione del combinato disposto dell’art. 10 comma 2, l. 3/12 e dell’art. 26 l.f all. (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.): si ascrive al Tribunale di non aver rilevato l’inammissibilità del reclamo avverso il provvedimento di omologa dell’accordo per avere i reclamanti omesso di impugnare, nei termini di cui all’art. 26 l.fall., il decreto di autorizzazione alla richiesta del contratto di cessione assunto dal G.D nonché il decreto di fissazione dell’udienza ex art.10 comma 1 l. 3/2012 ;
violazione dell’art 112 c .p.c. (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 11,12 e 14 della l. 3/2012) : si deduce la nullità del decreto impugnato perché in contrasto con il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, in quanto sarebbe stato attribuito ai reclamanti un bene della vita diverso rispetto a quello da essi richiesto. In particolare i reclamanti avevano chiesto ‘l’annullamento’ o ‘la revoca’ del decreto di omologa mentre la statuizione dell’impugnato decreto è di rigetto della domanda di omologa dell’accordo di composizione della crisi;
violazione degli artt. 404 c.p.c. e 12 comma 2 l. 3/2012 violazione del giudicato (art. 360 commi 1 n. 3 -5 c.p.c.) perché i giudici circondariali non avrebbero rilevato il giudicato interno formatosi sulla esclusione dei crediti delle cessionarie non avendo le stesse impugnato con le forme e la tempistica prevista dall’art . 26 l.fall. i decreti del G.D. di autorizzazione dell’OCC a richiedere
alle società finanziarie i contratti di cessione e di fissazione dell’udienza per l’omologa dell’accordo;
violazione art. 6 comma 2 lett. a) l. 3/2012 (art. 360 comma 5 c.p.c.): si contesta il giudizio del Tribunale che ha ritenuto non sussistente la condizione di sovraindebitamento e si deduce che lo squilibrio fra le obbligazioni assunte dai debitori e la loro capacità di far fronte alle stesse era in re ipsa, atteso che il successivo e continuo accumularsi di debiti con l’erario e con il proprio legale avevano creato uno stato di sovraindebitamento grave; per non parlare delle spese per le molteplici e documentate difese tecniche per i cui compensi si era giunti ad oltre € 800.000, somma pari da sola a circa la metà del valore degli immobili pignorati; inoltre, la relazione dell’OCC, ben lungi dall’essere contraddittoria, aveva ritenuto gli immobili sufficienti a coprire il pagamento dei creditori partecipanti all’accordo, in quanto per quelli esclusi non v’era necessità di considerarli;
violazione degli artt. 7,8,9,10 e 11 legge 3/2012 (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.): si argomenta che il Tribunale non avrebbe potuto imporre l’alternativa liquidatoria ai debitori, anche se prospettata dai creditori; si imputa, inoltre, al Tribunale di aver svolto un non consentito giudizio sulla convenienza dell’accordo di esclusiva pertinenza dei creditori;
7) violazione degli artt. 1264 e 1248 c.c. e 58 d.lvo 385/1993 (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.): si lamenta che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere provata la titolarità del credito delle controricorrenti società finanziarie in forza di cessioni in blocco in quanto « la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale non ha la funzione di attestare la legittimazione attiva del cessionario dei crediti, né quella di omologare la funzione sostitutiva prevista dall’art. 58 comma 4° TUB, ma quella di sostituire la funzione dell’art. 1264 cc tesa ad impedire l’eventualità di pagamenti liberatori fatti dal debitore al cedente ». La pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale e l’iscrizione al Registro delle Imprese sono estranee al perfezionamento della fattispecie traslativa (Cass. 22548/18), né alla produzione del relativo effetto avendo valenza costitutiva o di sanatoria di eventuali vizi dell’atto , così come non fanno parte della documentazione contrattuale attinente alla fattispecie traslativa. In definitiva, secondo i ricorrenti, non sarebbe stata fornita in maniera puntuale la prova documentale dell’incorporazione e del l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco;
violazione art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 91 c .p.c. (art.360 comma 1 n. 3 c.p.c. ): si deduce l’abnormità della condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di lite nei confronti dell’OCC, stante il fatto che il medesimo non si è costituito in giudizio, ma ha solo depositato un atto a difesa della propria relazione e del proprio operato ed ha chiesto il rigetto dei reclami;
violazione degli artt.7, 8 e 15 della legge 3/2012 (art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c.) per avere il Tribunale accolto il reclamo del Comune di Catanzaro, senza aver esplicitato al proposito alcuna ragione. A dire dei ricorrenti in nessun punto della pronuncia impugnata vi è riferimento alle doglianze dell’Ente e alle motivazioni giuridiche per cui si è ritenuto di accogliere il suo reclamo.
2 Si precisa sin d’ora che, al fine di evitare continue ripetizioni, tutti gli articoli richiamati nel prosieguo di questa motivazione devono intendersi riferiti a quelli corrispondenti alle disposizioni di cui alla legge n. 3 del 2012, ove non diversamente specificato.
3 Va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta da RAGIONE_SOCIALE
3.1 E’ noto che la ricorribilità per cassazione a norma dell’art. 111, comma 7, Cost. postula la verifica che il provvedimento impugnato sia congiuntamente dotato dei caratteri della decisorietà e definitività (Cass. n. 22797 del 2023). Con specifico riguardo alle
procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinate dalla legge n. 3 del 2012 (e successive modificazioni), questa Corte, alla luce dei richiamati principi, ha più volte affermato l’ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. tutte le volte in cui il provvedimento impugnato rivesta i caratteri della decisorietà e definitività, in quanto idoneo ad incidere su diritti soggettivi, regolamentando in modo incontrovertibile lo stato di sovraindebitamento.
3.2 In particolare, i caratteri della decisorietà e definitività sono stati rinvenuti, non solo nelle ipotesi di ricorso avverso i provvedimenti di contenuto latamente omologatorio -come nel caso di accoglimento del reclamo contro il rigetto della proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (Cass. n. 35976/ 2022), nonché di rigetto del reclamo contro l’omologazione dell’accordo di composizione o del piano del consumatore (Cass. n. 30948 / 2021) ma anche, come nel caso di specie, nell’ipotesi di accoglimento del reclamo contro l’omologazione del piano del consumatore (Cass. n. 10095/2019, a superamento di Cass. n. 19117/ 2017). Al contrario, i caratteri della decisorietà e definitività non sono stati riscontrati nel provvedimento di rigetto del reclamo avverso la declaratoria di inammissibilità della proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (Cass. n. 27301/2022; 4500/2018; 20917/2017; 1869 /2016; 6516/2017), ovvero nel decreto del tribunale che abbia dichiarato inammissibile la proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (Cass. n. 30534 del 2018) trattandosi di casi in cui la domanda può essere riproposta. Alla luce dei criteri sopra richiamati, deve ritenersi che anche il provvedimento impugnato in questa sede, con cui il tribunale in composizione collegiale ha accolto il reclamo contro il provvedimento che reca l’omologazione dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento,
risulti munito dei caratteri della decisività e definitività e sia, perciò, suscettibile di controllo in virtù di ricorso ex art. 111 Cost..
4 Il primo mezzo di impugnazione è infondato.
4.1 Va rilevato, infatti, che questa Corte in un recente arresto (cfr. Cass. 4326/2024) ha escluso che il termine breve di dieci giorni previsto dall’art. 739 c.p.c. per la proposizione del reclamo avverso il decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti possa decorrere dalla data della pubblicazione del decreto in quanto, in assenza di una norma specifica, i mezzi di diffusione collettivi del provvedimento non sono, di regola, mai idonei a far decorrere il termine breve previsto dall’art. 739 c.p.c., non garantendo alcuna ragionevole certezza della conoscenza dell’atto.
E’ stato, quindi, affermato il principio secondo il quale «in materia di reclamo avverso il decreto di omologazione dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, il rinvio operato dall’art. 12 comma 2 all’ art. 739 c.p.c. è compatibile con la decorrenza del relativo termine di proposizione di dieci giorni dalla comunicazione da parte della cancelleria, in forma integrale, del provvedimento».
Nel caso di specie non risulta che a RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, creditori esclusi dall’accordo, sia stata comunicat o dalla Cancelleria il decreto di omologa.
5 Il secondo e il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente stante la loro intima connessione, non meritano accoglimento.
5.1 E’ di tutta evidenza come il decreto di autorizzazione alla richiesta del contratto di cessione assunto dal G.D costituisca un mero provvedimento di natura ordinatoria, non soggetto ad alcuna impugnazione in quanto inidoneo a ledere qualsivoglia situazione soggettiva.
5.2 Considerazioni più complesse, che impongono una sommaria ricostruzione dell’intero procedimento della composizione della crisi
da sovraindebitamento, vanno svolte in ordine al decreto di fissazione dell’udienza ex art.10 comma 1.
5.3 Tale disposizione prevede che dopo il positivo vaglio di ammissibilità della proposta con riferimento agli articoli da 7 a 9 della legge, il Giudice fissa ‘immediatamente’ con decreto l’udienza, disponendo la comunicazione ai creditori, nei luoghi e con le forme previsti dal comma 1 dell’art. 10 entro quaranta giorni prima dell’udienza: termine che si ricava sommando i trenta giorni previsti dal richiamato comma dell’art. 10 al termine di dieci giorni prima dell’udienza posto ai creditori per il recapito all’organismo di composizione della crisi, con le forme alternativamente previste dall’art. 11, comma 1, « della dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, come eventualmente modificata ».
Ai sensi del comma 6 della norma in commento « si applicano, in quanto compatibili, gli art 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo si propone al Tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento ».
La disposizione, quindi, disciplina uno specifico ed autonomo rimedio impugnatorio avverso il decreto pronunciato dal giudice ai sensi del comma 1 del medesimo articolo, con la conseguenza che se un creditore intenda prospettare doglianze sulla contestata sussistenza dei requisiti contemplati dagli artt. 7, 8 e 9 deve farlo attraverso il reclamo avverso il decreto ex art. 10, comma 1 (cfr. Cass. nr 39841/2023).
L’art 11 stabilisce che « i creditori fanno pervenire, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, all’organismo di composizione della crisi, dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, come eventualmente modificata almeno dieci giorni prima dell’udienza di cui all’articolo 10, comma 1. In mancanza, si ritiene che abbiano prestato consenso alla proposta nei termini in cui e’ stata loro comunicata. Ai fini dell’omologazione
di cui all’articolo 12, e’ necessario che l’accordo sia raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti » .
L’art 12 prevede che, trascorso il termine suddetto per l’espressione del consenso/dissenso da parte dei creditori, l’OCC verifica l’eventuale raggiungimento della maggioranza e predispone la relazione sui consensi espressi che trasmette, poi, a tutti i creditori (art. 12, comma 1).
5.4 È proprio la relazione sui consensi il documento nel quale l’organismo deve individuare analiticamente i crediti computati ai fini del raggiungimento delle maggioranze ed i crediti esclusi, con l’indicazione delle ragioni dell’esclusione.
5.5 I creditori, ricevuta la relazione predetta, nei dieci giorni successivi possono sollevare eventuali contestazioni (art. 12, comma 1), le quali possono riguardare anche le decisioni in ordine all’inclusione o esclusione di un credito dal computo della maggioranza, così come l’ammontare del credito stesso ai fini della decisione sulla proposta.
5.6 I creditori dissenzienti e quelli esclusi o qualunque altro interessato, possono poi contestare la convenienza dell’accordo (cd. cram dawn): in quest’ultimo caso, infatti, il giudice procede all’omologa se ritiene che il credito può essere soddisfatto dall’esecuzione dello stesso in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda.
5.7 La medesima relazione viene trasmessa, poi, unitamente alle eventuali contestazioni, dall’OCC al giudice. L’omologazione dell’accordo viene pronunciata solo se il tribunale, risolta ogni altra contestazione, verifichi -tra l’altro anche il raggiungimento della percentuale dei consensi pari almeno al sessanta per cento dei crediti (art. 12, comma 2).
5.8 Orbene, è indubbio (come affermato da questa Corte con la sent. 30841/2023) che, in sede di omologazione, il giudice deve accertare la regolarità della procedura che ha condotto al
raggiungimento dell’accordo e riesaminare le decisioni assunte dall’OCC in ordine all’inclusione o esclusione di crediti dal quorum e quanto all’ammontare del credito riconosciuto ai fini del raggiungimento della maggioranza.
Tale controllo va compiuto non solo in presenza di eventuali contestazioni, ma anche d’ufficio, in quanto funzionale alla verifica del raggiungimento della percentuale, riscontro che la legge pone in capo al giudice (art. 12, comma 2).
5.9 Ciò premesso, nel caso di specie è stato accertato dal Tribunale che le società finanziarie RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, escluse dall’accordo in quanto non ritenuti creditori dall’OCC, non abbiano ricevuto comunicazione alcuna, né del decreto di fissazione dell’udienza ex art. 10 comma 1, né della relazione dell’OCC e neppure del provvedimento di omologa.
5.10 L’interesse a sollevare contestazioni sulla loro esclusione dall’accordo di composizione della crisi e sulla convenienza dell’accordo -che hanno contenuto diverso da quelle eventualmente sollevate (o comunque sollevabili) nell’ambito del già descritto procedimento di reclamo di cui all’art. 10 -appare dunque sorto in una fase procedurale successiva al decreto di fissazione dell’udienza e lo strumento per far valere detto vizio o dette irregolarità della procedura è quello del reclamo avverso il decreto di omologa ai sensi dell’art. 12 comma 2 , sicché non può predicarsi la formazione di alcun giudicato interno.
6 Il terzo motivo è infondato.
6.1 Nella giurisprudenza di legittimità è consolidato l’orientamento secondo il quale «il vizio di ultra o extra petizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che egli è libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a
base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, ma di rilevare altresì, indipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge» (cfr. Cass. 26999/2005, 15383/2010 e 20932/2019).
6.2 Ciò precisato, non vi è dubbio, come si evince dalla lettura dell’impugnato provvedimento, che tutti i reclami proposti dagli odierni controricorrenti, contestando l’irregolarità della procedura, il difetto di requisiti per accedere alla procedura di composizione della crisi e la convenienza della proposta, miravano ad ottenere una pronuncia di caducazione del decreto di omologa che non poteva che comportare la conseguenziale statuizione di rigetto della domanda di accordo di ristrutturazione da sovraindebitamento proposta dagli attuali ricorrenti.
7 Il quinto e sesto motivo sono inammissibili.
7.1 Le censure, lungi dal prospettare un error in iudicando , si risolvono, nella sostanza, in una generica critica investente l’accertamento e l’apprezzamento del giudice del merito in ordine alla quaestio facti della mancata sussistenza della condizione di sovraindebitamento e al giudizio di convenienza dell’accordo.
Il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. 21381/2006, 8758/2017 e 28108/2020).
8 Anche il settimo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.
8.1 E’ stato infatti puntualizzato dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di cessione di crediti in blocco ex art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, che, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei
contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi del citato articolo, dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la descritta notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte cedente (cfr., tra le tante e da ultimo, Cass nr. 17944/2023; 3405/2024 e 28790/2024).
La prova della cessione di un credito non è, quindi, soggetta a particolari vincoli di forma e, dunque, la sua esistenza è dimostrabile con qualunque mezzo di prova, anche indiziario, e il relativo accertamento è soggetto alla libera valutazione del giudice del merito
8.2 Orbene, nel caso di specie il tribunale, contrariamente a quanto affermato dall’OCC, ha proprio ritenuto provata , attraverso l’esame della documentazione, la cessione dei crediti; cioè dalla comunicazione fatta dalle banche cedenti, originari creditori, ai debitori ceduti nonché dalla circostanza che nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, di opposizione a precetto e all’esecuzione, nel corso dei quali come cessionari erano intervenuti, ex artt. 111 c.p.c., RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, i coniugi RAGIONE_SOCIALE non avevano mosso alcuna contestazione sulla titolarità dei crediti e sulla legittimazione ad agire dei predetti cessionari.
8.3 Anche in questo caso si è al cospetto di un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità se non attraverso i ristretti limiti dell’art. 360 comma 1 nr. 5 c.p.c. e per carenza di motivazione.
9 L’ottavo motivo è inammissibile in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il Tribunale non ha emesso una statuizione di condanna dei reclamati al pagamento delle spese
legale sostenute dall’OCC, ma ha liquidato, in favore di quest’ultimo , il compenso per l’attività espletata nell’ambito della procedura.
10 Il nono motivo è inammissibile in quanto non si confronta con una delle rationes decidendi dell’impugnata decisione.
10.1 Il Tribunale, in accoglimento delle doglianze avanzate dal Comune di Catanzaro ha, sulla scorta degli accertamenti compiuti sul patrimonio immobiliare dei coniugi, effettuato il giudizio di convenienza richiesto dall’amministrazione comunale arrivando alla conclusione che il creditore nello scenario liquidatorio trovasse maggior soddisfacimento rispetto al trattamento economico assicurato dalla proposta di accordo (€ 65.851,67 pari al 5% del credito complessivo). Si è al cospetto di un accertamento in fatto sufficientemente motivato.
Conclusivamente il ricorso è rigettato.
11 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta i riuniti ricorsi; condanna i ricorrenti alla refusione delle spese del presente complessivo giudizio, che liquida in favore di ciascuno dei controricorrenti, in complessive € 7.200, di cui € 200 per spese, oltre Iva, Cap e rimborso forfettario al 15%; ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 5 novembre 2024.