SENTENZA TRIBUNALE DI MONZA N. 2073 2025 – N. R.G. 00005742 2024 DEPOSITO MINUTA 18 11 2025 PUBBLICAZIONE 18 11 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MONZA
Prima Sezione CIVILE AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Il giudice unico ha pronunziato il giorno 18/11/2025 la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 5742/2024 R.G. promossa da:
C.F. ), con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO e dell’AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico C.F.
ATTORE/I
contro
(C.F. ), con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO P.
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO
CONVENUTO/I
CONCLUSIONI
Le parti costituite hanno concluso come da fogli depositati telematicamente.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato, chiese di condannare
previo accertamento dell’intervenuta risoluzione dei contratti assicurativi stipulati, al pagamento della somma di € 25.622,45 a titolo di restituzione dei premi versati.
Affermò di aver stipulato in data 14 giugno 2019 un contratto di assicurazione ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ e di aver versato semestralmente il premio assicurativo, pari a € 1.200,00 sino al 1° luglio 2021 e successivamente modificato in € 2.100,00. Precisò di aver sottoscritto un secondo contratto di assicurazione ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ versando il premio semestrale pari a € 1.500,00 in data 6 febbraio 2020 e, così, per entrambe le polizze la somma complessiva di € 27.300,00.
Aggiunse di essere venuto a conoscenza di un provvedimento della Banca Centrale slovena e dell’autorità italiana IVASS che avevano vietato alla compagnia assicurativa di stipulare nuovi contratti a causa del dissesto finanziario.
Pertanto, in data 28 dicembre 2023, aveva chiesto di risolvere i contratti sottoscritti, sospendendo il versamento dei premi e richiedendo la restituzione degli importi versati.
Precisò di aver instaurato la mediazione, con esito negativo a causa della mancata adesione della convenuta.
Si costituì in giudizio e contestò lo stato di insolvenza descritto dall’attore, precisando che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva precisato che ‘ Dopo il ritiro della sua autorizzazione, non è più autorizzata a concludere nuovi contratti assicurativi o ad acquisire nuovi clienti. Tuttavia, se hai già un contratto valido con , rimani cliente della compagnia. Il tuo contratto assicurativo non è stato annullato dal ritiro dell’autorizzazione di e rimane valido. Entrambe le parti rimangono vincolate dai loro obblighi concordati contrattualmente. Per i clienti, ciò significa che i loro diritti e obblighi sono gli stessi di prima ‘ (doc. 7).
Affermò che non era stato avviato alcun procedimento di liquidazione e che la società continuava a svolgere la propria attività assicurativa. Spiegò di aver dato riscontro, con lettera del 26 gennaio 2024, ai reclami formulati dall’attore, precisando che non era possibile alcuna risoluzione delle polizze ovvero rimborso totale dei premi. Tuttavia, a fronte di tali richieste, aveva ritenuto esercitato il riscatto delle polizze da parte del cliente, cosicché, con comunicazioni del 21.02.2024, aveva calcolato il relativo valore, applicando per ciascuna polizza le rispettive clausole contrattuali circa i costi contrattuali e l’esercizio del riscatto (doc. 10). Espose, quindi, di aver liquidato la somma di € 1.686,56 (doc. 11) per la polizza RAGIONE_SOCIALE n. 6018081785, mentre nessuna somma era stata liquidata in relazione alla polizza RAGIONE_SOCIALE n. 6019120549, in quanto il valore di riscatto era pari a 0 €, tenuto anche conto dei costi contrattuali dovuti nei primi cinque anni, non ancora decorsi.
Disattesa la richiesta di prove orali, la causa venne rinviata per decisione alla data del 9 ottobre 2025 in modalità cartolare, con decorrenza anticipata dei termini per le attività di cui all’art. 189 cod. proc. civ.
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La domanda attorea va accolta nei termini di seguito precisati.
È incontestata l’avvenuta conclusione dei due contratti di assicurazione sulla vita, rispettivamente in data 14 giugno 2019 e in data 6 febbraio 2020.
ha chiesto di accertare la ricorrenza dei presupposti dell’art. 1461 c.c., come previsto dalle condizioni generali di contratto e dalla normativa italiana.
Contrariamente, la Compagnia convenuta ha ritenuto che non vi fosse alcun pericolo attuale che potesse giustificare l’applicazione del 1461 c.c..
Va osservato che il rimedio di cui alla suddetta norma attribuisce rilevanza al fatto del deterioramento delle condizioni patrimoniali dell’altro contraente, che faccia insorgere il rischio per la parte adempiente di non ottenere quanto le è dovuto. Nel caso dell’eccezione di sospensione, dunque, il fatto lesivo indispensabile affinché sorga la facoltà di sospendere l’esecuzione della prestazione, paralizzando l’altrui pretesa è rappresentato da un fatto (deterioramento delle condizioni patrimoniali) concer nente la sfera economica dell’altro contraente. Ciò vale a differenziarla dall’eccezione d’inadempimento, nella quale il fatto lesivo è, invece, rappresentato da un comportamento del
contraente.
La ratio dell’art. 1461 c.c. implica che il pericolo di non conseguire la controprestazione, oltre che manifesto, debba essere attuale e non soltanto ipotizzabile in futuro. In ogni caso, la situazione di pericolo può legittimare la parte che ha sospeso la propria prestazione ad ottenere dalla controparte un ‘idonea garanzia in funzione di ristabilire l’equilibrio tra le parti circa l’affidamento da esse fatto sul buon esito del contratto.
Ma, anche l’eventuale mancata prestazione della garanzia di cui all’art. 1461 c.c., non può mai costituire inadempimento che possa da solo importare la risoluzione del contratto, posto che la prestazione della garanzia si configura come un semplice onere dal cui mancato assolvimento deriva il limitato effetto di legittimare la sospensione da parte dell’altro contraente.
La domanda di risoluzione, quindi, non può trovare fondamento nel dedotto mutamento delle condizioni economicopatrimoniali della Compagnia dovuto alla revoca dell’autorizzazione a proseguire nell’esercizio della propria attività di raccolta di nuovi contratti disposta dall’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE perché tale evento non dimostra, di per sé, il verificarsi di un inadempimento definitivo alla possibilità di rendere la prestazione assicurativa.
Nel caso in esame, tuttavia, in data 21 febbraio 2024, ha estinto il rapporto con iquidando il riscatto totale delle polizze, a termini di contratto.
Infatti, la Compagnia assicuratrice aveva provveduto a qualificare la richiesta stragiudiziale di risoluzione per grave inadempimento formulata da parte attrice come ‘reclamo’ e, più specificatamente, come richiesta di riscatto delle polizze stipulate.
Si consideri che il diritto al riscatto costituisce il diritto riconosciuto all’assicurato di risolvere in qualsiasi momento il contratto di assicurazione ottenendo il pagamento del valore del riscatto. Esso rappresenta un diritto personale dell’assicurato.
È condivisa la configurazione giuridica del riscatto quale recesso che produce la totale estinzione del rapporto assicurativo. Al riguardo, è stato opportunamente precisato che il diritto di riscatto rientra, però, nella categoria dei recessi straordinari, volti a consentire al contraente di anticipare la cessazione del rapporto rispetto al momento in cui dovrebbe avvenire, sfuggendo all’inquadramento tra i recessi ordinari, che costituiscono causa estintiva normale dei rapporti a tempo indeterminato ed assolvono la diversa funzione di evitare la perpetuità dei vincoli obbligatori.
Il riscatto si esercita mediante una dichiarazione di volontà unilaterale e recettizia che, ai sensi dell’art. 1335 c.c., si perfeziona, divenendo irrevocabile, dal momento in cui perviene all’indirizzo dell’assicuratore, senza necessità di accettazione da parte di quest’ultimo.
Nel caso in esame, la richiesta di riscatto non risulta formulata in alcun modo da bensì è stata che ha provveduto unilateralmente a chiudere i rapporti con l’attore, a seguito della contestazione d’inadempimento, nonostante quest’ultimo avesse espressamente ribadito la volontà di risolvere il contratto di assicurazione per l’asserita responsabilità della Compagnia, non già di riscattare le polizze.
Il recesso esercitato da risulta ingiustificato, oltre che contrario a buona fede e correttezza, perché la Compagnia avrebbe dovuto, a fronte della preoccupazione del cliente di perdere la copertura, fornire a quest’ultimo le rassicurazioni e le garanzie di solvibilità, legittimamente reclamate in presenza di una situazione di rischio quale quella dovuta alla revoca dell’autorizzazione, indipendentemente dal fatto che il provvedimento sanzionatorio dell’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE operasse solo per il futuro.
Sta di fatto che l’intervenuto recesso ha determinato il venir meno della causa del trasferimento patrimoniale, che trovava giustificazione nelle obbligazioni gestionali ed assicurative assunte dalla convenuta, rendendo prive di causa le relative erogazioni economiche affidate alla sua gestione con funzione assicurativa e di protezione del risparmio.
È pacifico, infatti, che i ‘premi’ versati dall’attore alla Compagnia erano, in realtà, erogazioni in danaro destinate alla costituzione di un capitale gestito dalla Compagnia stessa nell’interesse del cliente.
L’attore ha, comunque, chiesto, con l’originaria domanda, la restituzione delle prestazioni economiche erogate.
va, dunque, condannata alla restituzione delle somme versate dall’attore pari ad € 25.622,45, oltre interessi legali dalla domanda al saldo. Le spese di lite seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunziando, così provvede:
accoglie la domanda proposta da
condanna
a restituire ad
la somma di €
25.622,45, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
condanna a rimborsare ad le spese di lite che liquida in complessivi 6.000,00 per competenze, oltre anticipazioni, spese generali (15%), I.V.A. e contributo c.p.a.;
con sentenza esecutiva.
Monza, 18 novembre 2025.
Il AVV_NOTAIO