LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Recesso socio spa: sì alla clausola ad nutum statutaria

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2629/2024, ha stabilito la legittimità della clausola statutaria che consente il recesso socio spa ‘ad nutum’ (a discrezione) anche in società per azioni costituite a tempo determinato. Il caso riguardava un socio di una S.p.A. farmaceutica che si era visto negare il diritto di recesso previsto dallo statuto, poiché le corti di merito ritenevano tale facoltà limitata alle sole società a tempo indeterminato. La Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che l’autonomia statutaria, rafforzata dalla riforma del 2003, permette ai soci di introdurre liberamente ulteriori cause di recesso per bilanciare i propri interessi, a condizione che la società non faccia ricorso al mercato del capitale di rischio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Recesso Socio S.p.A.: La Cassazione Apre alla Clausola “ad Nutum” anche a Tempo Determinato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2629/2024) ha introdotto un principio di fondamentale importanza in materia di recesso socio spa, affermando la piena validità di una clausola statutaria che consente l’uscita ad nutum (cioè a semplice discrezione del socio) anche nelle società per azioni a tempo determinato. Questa decisione amplia notevolmente gli orizzonti dell’autonomia statutaria e offre nuovi strumenti di flessibilità ai soci di società non quotate.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla volontà di un socio di recedere da una Società per Azioni operante nel settore della distribuzione di prodotti farmaceutici. Lo statuto della società, costituita con una durata fissata fino al 2050, prevedeva esplicitamente all’art. 11 la facoltà per i soci di recedere liberamente, con un preavviso di 180 giorni.

Nonostante la chiara previsione statutaria, la società si opponeva, e la questione finiva prima davanti a un collegio arbitrale e poi in Corte d’Appello. Entrambi gli organi giudicanti davano ragione alla società, dichiarando nulla la clausola. La motivazione di fondo era che il recesso ad nutum è un istituto previsto dalla legge (art. 2437, comma 3, c.c.) solo per le società a tempo indeterminato, come contrappeso a un vincolo potenzialmente perpetuo. Estenderlo a società a tempo determinato, secondo i giudici di merito, violava i principi di tutela del capitale sociale e dei terzi creditori.

Il socio, vedendosi negato un diritto che considerava pattuito e fondamentale al momento del suo ingresso in società, ricorreva in Cassazione.

Il Diritto di Recesso Socio S.p.A. e l’Autonomia Statutaria

La questione centrale posta alla Suprema Corte era se l’autonomia dei soci, nell’ambito di una S.p.A. chiusa (che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio), possa spingersi fino a introdurre nello statuto una causa di recesso non prevista dalla legge, come il recesso ad nutum per una società a tempo determinato.

La Corte di Cassazione ha risposto affermativamente, ribaltando completamente le decisioni precedenti e accogliendo il ricorso del socio. Il ragionamento dei giudici si fonda su un’attenta analisi dell’evoluzione del diritto societario, in particolare dopo la riforma del 2003.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha sottolineato come la riforma del diritto societario del 2003 abbia avuto l’obiettivo di aumentare la competitività delle imprese, anche attraverso un ampliamento dell’autonomia statutaria e la valorizzazione della figura del socio-investitore. In questa prospettiva, il diritto di recesso non è più visto solo come una tutela per il socio dissenziente rispetto a specifiche decisioni della maggioranza, ma anche come un fondamentale strumento di exit che incentiva l’investimento.

I punti chiave della motivazione sono i seguenti:

1. Ampia Interpretazione dell’Art. 2437, comma 4, c.c.: Questa norma permette allo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio di prevedere “ulteriori cause di recesso”. Secondo la Corte, questa dicitura non pone limiti qualitativi alle cause introducibili. I soci sono quindi liberi di prevedere anche ipotesi non legate a un dissenso, come il recesso ad nutum, quale frutto di un bilanciamento di interessi da loro stessi concordato.

2. Bilanciamento degli Interessi: Il legislatore ha già operato un bilanciamento tra l’interesse del socio all’uscita e quello della società alla stabilità del capitale. Affidare all’autonomia statutaria la possibilità di introdurre il recesso ad nutum significa semplicemente permettere ai soci di definire un proprio, specifico equilibrio, conforme al loro programma imprenditoriale.

3. Tutela dei Terzi: La preoccupazione per la tutela dei creditori è stata ritenuta infondata. Lo statuto è pubblico e iscritto nel registro delle imprese, quindi i terzi che contrattano con la società sono a conoscenza della potenziale facoltà di recesso dei soci. Inoltre, la procedura di liquidazione della quota prevede meccanismi (offerta delle azioni agli altri soci, poi a terzi) che mirano a evitare la riduzione del capitale sociale, la quale rappresenta solo l’extrema ratio.

4. Limite della Buona Fede: La Corte ha precisato che, come ogni diritto, anche il recesso ad nutum non può essere esercitato in modo abusivo o contrario a buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), rimanendo quindi soggetto a un potenziale controllo giudiziale sotto questo profilo.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e ha enunciato il seguente principio di diritto: “È lecita la clausola statutaria di una società per azioni che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, la quale, ai sensi dell’art. 2437, comma 4, c.c., preveda, quale ulteriore causa di recesso, la facoltà dei soci di recedere dalla società ad nutum con un termine congruo di preavviso”.

Questa sentenza ha implicazioni pratiche di grande rilievo. Per i soci, rappresenta una maggiore libertà nel definire le regole del gioco e nel garantirsi una via d’uscita flessibile. Per le società, diventa uno strumento per attrarre investitori, offrendo loro la sicurezza di poter disinvestire senza dover attendere la scadenza del termine o il verificarsi di eventi eccezionali. Si conferma, dunque, una visione moderna del diritto societario, che privilegia la volontà e l’autonomia delle parti nel modellare il contratto sociale in base alle proprie specifiche esigenze.

Una clausola dello statuto può prevedere il diritto di recesso ‘ad nutum’ per il socio di una S.p.A. a tempo determinato?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che è lecita la clausola statutaria di una società per azioni (che non ricorre al mercato del capitale di rischio) che preveda la facoltà dei soci di recedere liberamente (‘ad nutum’), con un congruo preavviso, anche se la società è costituita a tempo determinato.

Perché la Corte di Cassazione ha considerato lecita questa clausola di recesso?
La Corte ha ritenuto che l’art. 2437, comma 4, del codice civile, che permette allo statuto di introdurre ‘ulteriori cause di recesso’, conferisca ai soci un’ampia autonomia. La scelta di includere il recesso ‘ad nutum’ rappresenta un legittimo bilanciamento di interessi voluto dai soci stessi, in linea con lo spirito della riforma del diritto societario del 2003, che mira a favorire la flessibilità e l’attrattività degli investimenti.

Il diritto di recesso ‘ad nutum’, se previsto dallo statuto, può essere esercitato in modo del tutto arbitrario?
No. La sentenza chiarisce che, sebbene il recesso sia ‘ad nutum’ e quindi non richieda una giustificazione, il suo esercizio rimane comunque soggetto al controllo generale del rispetto dei principi di buona fede e correttezza, come previsto dagli articoli 1175 e 1375 del codice civile. Un esercizio palesemente abusivo del diritto potrebbe essere contestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati