Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27469 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27469 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20387/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA, domiciliata ex lege in ROMAINDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CALTANISSETTA n. 226/2020 depositata il 21/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Si tratta di una controversia da contratto preliminare di vendita ( stipulato nell’ottobre 2007 ) di un locale commerciale da costruire per il prezzo di € 260.000. Si prevede la stipula del definitivo entro il 2009. I promissari acquirenti NOME COGNOME e NOME COGNOME versano € 96.000, di cui € 50.000 a titolo di caparra confirmatoria e € 46.000 a titolo di acconto prezzo. Mancata la stipula entro il termine, a metà del 2010 vi è uno scambio di comunicazioni tra le parti relativo al ritardo e alle cause di giustificazione. I promissari acquirenti convengono dinanzi al Tribunale di Enna (Nicosia) la promittente venditrice Bif per l’accertamento del grave inadempimento di quest’ultima, la legittimità del recesso degli attori (comunicato l’8/7/2010 ) e la condanna della convenuta alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria, cioè di € 100.000 , oltre a € 46.000 di acconto prezzo e di Iva. La convenuta argomenta che il termine del 2009 non è essenziale, il ritardo è imputabile ai promissari acquirenti per le modifiche interne da loro richieste e in via riconvenzionale domanda di poter ritenere la caparra. Il Tribunale rigetta la domanda degli attori e dichiara inammissibile la riconvenzionale della convenuta. La Corte d’appello riforma, accogliendo la domanda degli attori.
Ricorre in cassazione la promittente venditrice, con due motivi, illustrati da memoria. Resistono i promissari acquirenti con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Il primo motivo, p. 5, censura che la Corte di appello ha accertato la legittimità del recesso dell’8/7/2010 sulla base dell’inadempimento grave da parte della promittente venditrice, consistente nel ritardo nella stipulazione del contratto definitivo, nonostante che il termine del 2009 sia stato ritenuto non essenziale, mentre il Tribunale ha ritenuto correttamente illegittimo il recesso, poiché tale facoltà non è stata riconosciuta ai promissari acquirenti e non è
possibile riqualificare la domanda degli attori come domanda di risoluzione del contratto per inadempimento. Si fa valere che il recesso ex art. 1373 c.c., quale scioglimento unilaterale del vincolo contrattuale, deroga all’art. 1372 c.c. e quindi è da pattuire espressamente (art. 1373 c.c.: «se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto » ). Si deduce violazione degli artt. 1372, 1373 e 1385 c.c., 111 e 112 Cost. (correttamente: c.p.c.).
Il primo motivo è rigettato.
Esso non tiene distinti due istituti che di comune hanno essenzialmente il nome, non la sostanza: da un lato, il recesso convenzionale, cioè la facoltà di ciascuna delle parti di estinguere il rapporto per decisione unilaterale, facoltà che le parti possono introdurre nel contratto ai sensi dell’art. 1373 co. 1 c.c. ; dall’altro lato , il recesso ex art. 1385 co. 2 c.c., cioè la dichiarazione unilaterale della parte non inadempiente di risolvere il contratto per inadempimento della controparte, ove ne sussistano i presupposti (imputabilità, importanza non scarsa), accertabili giudizialmente ove sorga controversia sul punto ( cfr. Cass. 18392/2022).
Nel caso attuale si tratta di quest’ultimo. Argomenta infatti la sentenza: a prescindere dalla essenzialità del termine, dall’11/6/2010 i promissari acquirenti si sono attivati per ottenere l’adempimento del preliminare. La corrispondenza tra le parti non ha sortito esito positivo. La promittente venditrice, convocata per la stipula del definitivo, non ha dato prova della non imputabilità a lei dell’inadempimento, ma ha procrastinato senza motivo la stipula del definitivo per alcuni mesi, fino a metà ottobre 2010, nonostante che lei stessa avesse individuato la data del 9/10/2010 per la stipula dell’atto. Pertanto, è legittima la decisione dei promissari acquirenti di dichiarare ex art. 1385 co. 2 c.c. il recesso dal contratto e di esigere la restituzione del doppio della caparra confirmatoria a suo tempo versata.
Il secondo motivo, p. 10, denuncia l’omesso esame circa fatt i decisivi, cioè le note raccomandate della società costruttrice del 9
giugno 2010 e del 26 luglio 2010. Ciò avrebbe consentito alla Corte di appello di avere un quadro completo della situazione, esteso anche al comportamento inadempiente degli stessi promissari acquirenti.
Il secondo motivo è inammissibile.
Il giudice di merito che fondi il proprio apprezzamento su alcune prove piuttosto che su altre non incontra altro limite (rispettato nel caso attuale) che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento in una motivazione effettiva, resoluta e coerente (che rispetti quindi i canoni dettati da Cass. SU 8053/2014). Di talché egli – in obbedienza al canone di proporzionalità di una motivazione necessaria, idonea allo scopo e adeguata – non è tenuto a discutere esplicitamente ogni singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante. Sarebbe superfluo ricordare che l’esito positivo della verifica compiuta dalla Corte di cassazione non implica logicamente che essa faccia proprio tale apprezzamento: esso è e rimane del giudice di merito.
-Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 5.600 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 01/10/2024.