Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5031 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5031 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
OGGETTO:
RAGIONE_SOCIALE -recesso per giusta causa
R.G. 28166/2019
C.C. 9-2-2024
sul ricorso n. 28166/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, P_IVA, in persona rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
del legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME, con indirizzo pec EMAIL ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in
Roma presso l’AVV_NOTAIO nel suo studio in INDIRIZZO controricorrente avverso la sentenza n. 2390/2019 della Corte d’appello di COGNOME pubblicata il 3-6-2019
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9-22024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso la sentenza parziale n. 8765/2017 del Tribunale di COGNOME che ha dichiarato l’inesistenza di giusta causa di recesso invocata dalla stessa in data 11-1-2012 e quindi l’inesistenza del diritto della stessa di cessare senza preavviso il rapporto di RAGIONE_SOCIALE di assicurazioni con RAGIONE_SOCIALE e per l’effetto ha dichiarato il diritto di RAGIONE_SOCIALE di percepire dalla RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’RAGIONE_SOCIALE 2003 l’indennità sostitutiva del preavviso, le indennità terminali, la somma aggiuntiva, le provvigioni.
La Corte d’appello di Miliano con sentenza n. 2390/2019 depositata il 3-62019 ha accolto l’appello , ha accertato l’esistenza della giusta causa di recesso di cui alla comunicazione in data 11-12012 e per l’effetto la legittimità del recesso, ha dichiarato dovute ad RAGIONE_SOCIALE solo le indennità di cui agli artt. da 27 a 33 dell’ANA 2003, nonché le provvigioni, che ha determinato rispettivamente in Euro 42.304,80 ed Euro 7.975,31, con gli interessi; ha condannato RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
Posto che il recesso per giusta causa era stato esercitato con la comunicazione di data 11-12012 sulla base della scoperta che l’agente RAGIONE_SOCIALE avrebbe eseguito su tre polizze numerose operazioni di storno della polizza per ‘disdetta per non accettazione premio’, con conseguente riaccredito sul monte sconti in dotazione dell’agente della complessiva somma di Euro 161.315,24, la Corte d’appello ha dichiarato che dalle deposizioni risultava che RAGIONE_SOCIALE poteva accedere al sistema Sigea solo per la RAGIONE_SOCIALEazione e la Direzione RAGIONE_SOCIALE, poteva subentrare solo per autorizzare deroghe a determinate condizioni e sempre su richiesta delle agenzie; ha dichiarato essere indubbio che la gestione operativa delle polizze era
riconducibile all’Agenzia, così come l’operazione di ‘disdetta per non accettazione premio’ era di competenza della stessa Agenzia ed era seguita dalla restituzione dello sconto per il suo riutilizzo mediante riaccredito eseguito direttamente dal programma. Ha aggiunto che era evidente che la disdetta delle polizze era appannaggio esclusivo dell’Agenzia , a essa era collegato il riaccredito dello sconto ed era altrettanto pacifico che la reiterazione dell’operazione, come avvenuta nella specie, era ascrivibi le all’Agenzia che aveva la gestione operativa in via esclusiva della polizza. Ha dichiarato che a nulla rilevava che ciò potesse essere imputato a un anomalo funzionamento del sistema RAGIONE_SOCIALE, in quanto l’agente era in grado di avvedersi dell’indebito riaccredito e ha rilevato che la valutazione dei documenti estratti dal sistema RAGIONE_SOCIALE eseguita dal giudice di primo grado non era condivisibile, in quanto i documenti rilevavano le reiterate operazioni eseguite e l’ammontare dello sconto procu rato e riaccreditato automaticamente e i testimoni COGNOME e COGNOME avevano precisato che i documenti erano estrazioni dal sistema. Ha altresì considerato la risposta di RAGIONE_SOCIALE alla richiesta di chiarimenti inviata in data 23-11-2011 da RAGIONE_SOCIALE, la politica di riduzione degli sconti attuata da RAGIONE_SOCIALE dal 2011, il dato che le altre supposte ragioni indicate da RAGIONE_SOCIALE per giustificare il complotto ordito nei suoi confronti erano indimostrate e ha concluso che era stata data prova della sussistenza della giusta causa di recesso.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il consigliere delegato ha depositato in data 11-9-2023 proposta ex art. 380-bis cod. proc. civ. di definizione anticipata del ricorso nel senso di dichiararne l’inammissibilità e in data 18 -10-2023 la ricorrente
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, con istanza del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso e il suo accoglimento.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
All’esito della camera di consiglio del 9-2-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con l’unico motivo di ricorso rubricato ‘ art. 350 n. 5 c.p.c. omesso esame di un fatto controverso che è stato oggetto di discussione tra le parti’ RAGIONE_SOCIALE lamenta che la sentenza impugnata abbia totalmente omesso l’esame del tema della tracciatura sul sistema Sigea dell’operatore che aveva eseguito le operazioni. Evidenzia che il sistema Sigea, attraverso pin e password, consentiva a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di risalire agli autori delle operazioni inserite e quindi anche delle operazioni contestate e rileva che ciò indica che mediante quel tipo di indagine era possibile risalire al dato determinante dell’intera controversia; valorizza che la sentenza di primo grado aveva considerato che RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto identificare gli operatori che avevano compiuto le operazioni e quindi li avrebbe potuti indicare nominativamente e lamenta che la Corte d’appello non abbia tenuto conto di questa circostanza, svolgendo il ragionamento su un piano deduttivo. Sostiene che RAGIONE_SOCIALE fosse a conoscenza delle modalità con le quali le operazioni erano state eseguite e quindi del nominativo del suo autore e cioè di un dato inequivocabile al fine di dimostrare la giusta causa del suo recesso, per cui avrebbe dovuto spiegare la ragione della mancata produzione della prova cardine. Dichiara che tale mancata produzione si giustificava in quanto il documento avrebbe dimostrato la totale estraneità di
RAGIONE_SOCIALE agli addebiti e aggiunge che i documenti riferiti alle ‘ videate ‘ relative alle operazioni non erano probanti, in quanto nulla dicevano sulla genuinità del percorso digitale.
2.Il ricorso è infondato e neppure gli argomenti svolti dalla ricorrente per chiedere la decisione della causa dopo la proposta di definizione anticipata adducono argomenti a sostegno della sua tesi.
E’ acquisito il principio secondo il quale l’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. come riformulato dall’art. 54 d.l. 83/2012 conv. in legge 134/2012 ha introdotto vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo e cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un diverso esito della controversia; quindi, per quanto qui interessa, la ricorrente deve indicare la decisività del fatto, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di fatto decisivo qualora il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione del giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629831-01). Il fatto controverso e decisivo per il giudizio deve consistere in un preciso accadimento o in una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a questioni o argomentazioni che, pertanto, risultano irrilevanti (Cass. Sez. 5 810-2014 n. 21152 Rv. 632989-01, Cass. Sez. 6-1 26-1-2022 n. 2268 Rv. 663758-01); ugualmente, risulta irrilevante la mancata valutazione degli elementi meramente indiziari, in quanto il difetto relativo alla loro mancata valutazione non può costituire punto decisivo, implicando non un giudizio di certezza ma di mera probabilità rispet to all’ast ratta possibilità di una diversa soluzione (Cass. Sez. 1 19-2-2018 n. 3960 Rv. 647419-01).
Nella fattispecie le deduzioni della ricorrente, nonostante lo sforzo profuso anche nella richiesta di decisione dopo il deposito della proposta di definizione anticipata, non sono utili a individuare un fatto avente le caratteristiche richieste dall’art. 360 co. 1 n.5 cod. proc. civ. Nella parte in cui le deduzioni sono volte a lamentare l’omesso esame della mancata individuazione dei soggetti che avevano compiuto le operazioni irregolari in forza delle quali RAGIONE_SOCIALE aveva ottenuto un riaccredito indebito di Euro 161.315,24, non si configura omesso esame di fatto decisivo; ciò in quanto la sentenza impugnata sulla base delle dichiarazioni testimoniali ha accertato che le operazioni erano ascrivibili all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva la gestione esclusiva delle polizze sulle quali erano state eseguite le operazioni indebite. La sentenza ha anche espressamente dichiarato, svolgendo l’accertamento in fatto ad essa spettante e insindacabile in questa sede in quanto immune da vizi logici e giuridici, che, se anche le operazioni fossero state da imputare a un anomalo funzionamento del sistema Sigea, comunque l’ A genzia era in grado di avvedersi dell’indebito riaccredito e alla stessa spettava di svolgere il necessario controllo sull’operato dei suoi collaboratori. In questo modo, la sentenza ha imputato all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la responsabilità per omissione del controllo che prescindeva dall’individuazione dei soggetti che avevano eseguito le operazioni. N on ha pregio l’affermazione della ricorrente nella memoria, secondo la quale in tal modo la sentenza ha presupposto il fatto non provato che le operazioni anomale fossero state eseguite dai collaboratori di RAGIONE_SOCIALE: il controllo che RAGIONE_SOCIALE doveva eseguire secondo la sentenza impugnata era in primo luogo sui riaccrediti -e non su chi li aveva eseguiti-, sulla base del dato di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito – che un numero di accrediti così numeroso e di ammontare complessivo così
elevato non potesse passare inosservato all’agente operante secondo diligenza.
Inoltre, neppure nella parte in cui le deduzioni della ricorrente sono volte a lamentare l’omesso esame del fatto che la mandante RAGIONE_SOCIALE non abbia fornito -né in giudizio né in risposta alle richieste dell’agente nell’immediatezza del fatto – il nome dei soggetti che avevano eseguito le operazioni, nonostante essa fosse in grado di individuarli attraverso la tracciatura delle operazioni eseguite nel sistema operativo, si riesce a individuare un fatto avente i requisiti richiesti dall’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. L ‘affermazione della ricorrente, in quanto presuppone che i nomi degli operatori non siano stati dichiarati perché avrebbero dimostrato l’estraneità di RAGIONE_SOCIALE ai fatti, in primo luogo si concreta in una petizione di principio o in un argomento difensivo, che in sé non incide sulla valutazione delle prove eseguite svolta dalla C orte d’appello sulla base del suo potere di accertamento del fatto. Inoltre, l’affermazione non si confronta con la statuizione della sentenza impugnata, secondo la quale RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto svolgere il necessario controllo che avrebbe fatto emergere l’abusivo riaccredito ; infatti, è evidente che tale deduzione esclude la decisività del fatto del quale si lamenta l’omesso esame, in quanto era l’ Agenzia che avrebbe dovuto dedurre per quale ragione non avesse svolto i controlli o per quale ragione le operazioni anomale non fossero emerse dai controlli. Del resto, le ulteriori affermazioni della ricorrente -nella parte in cui sottintende che le operazioni fossero da ascrivere all’iniziativa di RAGIONE_SOCIALE che intendeva sbarazzarsi dell’ agente RAGIONE_SOCIALE o comunque di altro soggetto che la voleva estromettere dal mercato e perciò fossero espressione di un complotto ordito ai suoi danniulteriormente escludono l’esistenza del vizio ex art. 360 co. 1 n.5 cod. proc. civ., in quanto non ricorre omesso esame: la sentenza ha preso espressamente in considerazione la tesi
dell’esistenza di un asserito complotto (pagg. 7 e 8) e lo ha escluso sulla base degli elementi probatori a disposizione.
3.Ne consegue che il ricorso deve essere integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la società ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore della società controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
Inoltre, poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380bis cod. proc. civ., devono essere applicati, come previsto dal comma terzo dello stesso art. 380bis cod. proc. civ., il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. ci v., con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento a favore della controricorrente di somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di ulteriore somma a favore della cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 (Rv. 668909-01) e Cass. Sez. U 13-10-2023 n. 28540 (Rv. 669313-01), l’art. 380 -bis co.3 cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 co. 3 e 4 cod. pro c. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
Infine, in considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per spese ed Euro 5.500,00 per compensi, oltre 15% dei compensi, iva e cpa ex lege; condanna altresì la ricorrente al pagamento ex art. 96 co. 3 e 4 cod. proc. civ. di Euro 3.000,00 a favore della controricorrente e di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione