Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25359 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25359 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8083-2023 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE tutte in concordato preventivo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti – avverso la sentenza n. 3512/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/09/2022 R.G.N. 49/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Agenzia
R.G.N.8083/2023
COGNOME
Rep.
Ud 03/07/2025
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Roma, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il ricorso proposta da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE volto a far dichiarare che il recesso dal contratto di agenzia sottoscritto tra le parti era avvenuto per giusta causa, rappresentata dalla mancata corresponsione del compenso fisso mensile per i mesi di gennaio e febbraio 2009 nonché dalla revoca di un incarico accessorio di coordinamento e destinazione al ruolo di agente semplice per le regioni di Abruzzo e Molise, con richiesta di condanna delle società al pagamento delle indennità conseguenziali, oltre che al risarcimento del danno;
la Corte, in estrema sintesi, ha confermato che ‘la revoca dell’incarico accessorio, proprio in quanto riferito ad un rapporto contrattuale distinto da quello di agenzia, non può dispiegare alcun effetto su quest’ultimo, né sotto il profilo della pretesa inadempienza del preponente revocante agli obblighi discendenti dal contratto di agenzia, né dall’angolo visuale di una pretesa carenza di interesse del medesimo preponente alla prosecuzione del rapporto di agenzia (tra le altre Cass. 4945/19, Ordinanza n. 16940 del 27/06/2018 e ancora Cass. Sentenza n. 19678 del 10/10/2005)’;
la Corte, quanto all’omesso pagamento di due mensilità di compensi, ha poi ritenuto che: ‘Trattandosi di un rapporto proseguito con reciproca soddisfazione per oltre 22 anni, di un incarico assai ben compensato, con il pagamento complessivo da ultimo di oltre 11.000 euro mensili, sembra al collegio che il ritardato pagamento di due mensilità, a fronte della incontroversa proposta di pagamento di anticipazioni sul
fatturato per l’attività strettamente agenziale nuovamente richiesta dalle società per 4500 al mese circa, non consenta di qualificare il recesso dell’agente come determinato da giusta causa. Il ritardo nel pagamento delle due mensilità, invero impropriamente giustificato dalle società convenute con l’omesso svolgimento di qualsivoglia attività da parte del COGNOME – laddove la stesse società riconoscevano che solo dal 9.3.2009 l’incarico era stato formalmente ritirato può aver determinato una situazione di disagio per l’agente, ma giammai può aver causato il recesso dal contratto agenziale e l’impossibilità di una sua prosecuzione anche solo temporanea, durante il periodo di preavviso (peraltro le somme non corrisposte nelle due mensilità di gennaio e febbraio 2009 non sono richieste nel presente giudizio dovendosi presumere che , seppur tardivamente , siano state dunque corrisposte al lavoratore). La parte avrebbe potuto al più richiedere, con autonoma causa risarcitoria, eventuali danni sofferti per effetto di una illecita o improvvida revoca dell’incarico di coordinamento, assumendo il danno ingiusto comunque sofferto per detto diverso titolo, e salve le valutazioni del caso sulla sussistenza dei relativi presupposti giuridici: giammai poteva riportare le conseguenze della revoca dell’incarico quali eventi scatenanti il recesso per giusta causa. Da ultimo, per completezza argomentativa, vale sottolineare che la prova testimoniale ha pure consentito di accertare che quanto meno una parte delle condotte contestate all’ispettore per omesso controllo dell’operato degli agenti sottoposti al suo coordinamento erano fondate, e ciò con specifico riferimento alle violazioni commesse dall’agente COGNOME, confermate dal Cracas nel corso dell’escussione testimoniale.’;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con tre motivi; hanno resistito con unico controricorso le intimate società in concordato preventivo; parte ricorrente ha comunicato memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere esposti secondo la sintesi offerta dalla stessa parte ricorrente;
1.1. il primo denuncia: ‘Art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c. Violazione di legge -violazione degli artt. 1751 e 2119 c.c. Art. 360 comma 1 n. 5) c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo -Si contesta la decisione della Corte di merito laddove ha ritenuto che la revoca di un incarico di coordinamento non possa mai ed in alcun caso costituire giusta causa di recesso dal rapporto di agenzia’;
1.2. il secondo motivo denuncia: ‘Art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c. Violazione di legge -violazione degli artt. 1748, 1751 e 2119 c.c. Art. 360 comma 1 n. 5) c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo -Si contesta la decisione della Corte di merito laddove ha ritenuto che il mancato pagamento di due mensilità di provvigioni, accompagnato ad una serie di ulteriori condotte descritte in atti, non costituisca giusta causa di recesso dell’agente’;
1.3. il terzo mezzo denuncia: ‘Art. 360 comma 1 n. 5) c.p.c. si contesta la decisione della Corte laddove ha omesso di considerare i fatti che dimostrano l ‘insussistenza dei rilievi disciplinari sollevati nei confronti del ricorrente’;
il ricorso è inammissibile;
tutti i motivi sono formulati invocando il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi in radice preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modi fiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022);
ciò inoltre determina la cristallizzazione dei fatti così come accertati dai giudici del merito, con conseguente intangibilità della ricostruzione della vicenda storica, di modo che, amputato ciascun motivo dall’inammissibilità della censura concernente l’ omesso esame di fatti asseritamente decisivi, ogni residua doglianza contenuta negli stessi motivi, diviene inammissibile, perché presuppone un mutamento del narrato, non percorribile in questa sede di legittimità che non è deputata a valutare diversamente il merito (v. Cass. n. 20822 del 2025, in motivazione);
2.1. il primo motivo, inoltre, non può trovare accoglimento in quanto la sentenza impugnata è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui: ‘Il rapporto tra contratto di agenzia ed incarico accessorio di supervisione deve essere ricostruito attraverso lo schema del collegamento negoziale, con vincolo di dipendenza unilaterale. I contratti accessori, infatti, seguono la sorte dei contratti principali cui accedono, ma non ne mutuano la disciplina, onde ciascuno di essi rimane assoggettato alle proprie regole (legali o convenzionali) ed il vincolo di collegamento, vale a dire l’interdipendenza esistente tra i due rapporti negoziali, rileva solo nel senso che le vicende del rapporto principale si ripercuotono sul rapporto accessorio, condizionandone la validità e l’efficacia. Ne deriva che la revoca dell’incarico accessorio, proprio in quanto riferito ad un rapporto contrattuale distinto da quello di agenzia, non può dispiegare
alcun effetto su quest’ultimo, né sotto il profilo della pretesa inadempienza del preponente revocante agli obblighi discendenti dal contratto di agenzia, né dall’angolo visuale di una pretesa carenza di interesse del medesimo preponente alla prosecuzione del rapporto di agenzia’ (Cass. n. 16940 del 2018);
2.2. il secondo motivo è altresì inammissibile perché nelle forme della pretesa violazione di norme di diritto nella sostanza invoca una diversa valutazione dei fatti avuto riguardo alla sussistenza o meno di una giusta causa di recesso dal rapporto di agenzia che è senz’altro rimessa al giudice del merito (cfr. Cass. n. 3595 del 2011);
2.3. infine, inammissibile l’ultima censura anche perché contrasta un ‘ argomentazione della sentenza impugnata -circa la sussistenza di un addebito al COGNOME – affatto decisiva, che non enuclea una circostanza di cui sarebbe stato omesso l’esame, tale che, se fosse stat a scrutinata, la controversia avrebbe avuto con certezza un diverso esito (cfr. Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014);
pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 7.000,00, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 3 luglio 2025.
La Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME