Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25022 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25022 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14065/2022 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (EMAIL) e NOME COGNOME (EMAIL);
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8012/2021 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 1/12/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/6/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
ritenuto che,
con sentenza resa in data 1/12/2021, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento per quanto di ragione dell’appello proposto da NOME COGNOME e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere con riguardo alle domande di risoluzione per inadempimento proposte da entrambe le parti nei loro reciproci confronti, e ha confermato la condanna pronunciata dal primo giudice a carico di NOME COGNOME per il pagamento, in favore di NOME COGNOME, degli importi dalla stessa dovuti a titolo di canoni di locazione in relazione al periodo di preavviso connesso al recesso esercitato dalla conduttrice;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come, a seguito della riconsegna dell’immobile locato e del comportamento complessivo delle parti, l’efficacia del contratto di locazione in esame doveva ritenersi già venuta meno, con la conseguente cessazione della materia del contendere in relazione alle reciproche domande di risoluzione per inadempimento proposte dalle due parti;
sotto altro profilo, la corte territoriale ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice, nella parte in cui aveva condannato la conduttrice al pagamento dei canoni di locazione dovuti per il periodo di preavviso connesso al relativo recesso da contratto, evidenziando, infine, ai fini dell’accertamento della soccombenza virtuale, l’insussistenza di alcun inadempimento della locatrice in relazione alla prospettata inidoneità dell’immobile locato ad essere destinato allo svolgimento dell’attività imprenditoriale della conduttrice, avendo le parti previsto e regolato tale specifica ipotesi unicamente quali condizione di legittimazione del recesso della conduttrice dal contratto di locazione;
avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;
NOME COGNOME resiste con controricorso;
la ricorrente ha depositato memoria;
considerato che,
con il primo motivo, la ricorrente si duole della nullità della sentenza impugnata ex art. 161 c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento all’art. 27, comma 8, della legge n. 392/78 ed all’art. 1578 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.c.), per avere la corte territoriale erroneamente riconAVV_NOTAIOo la domanda proposta dalla conduttrice all’ipotesi del diritto di recesso di cui l’art. 27, co. 8, della legge n. 392/78, non avendo l’odierna istante mai esercitato alcun recesso dal contratto avendo bensì costantemente invocato la sola risoluzione del contratto per inadempimento della locatrice, con la conseguente emanazione, da parte del giudice a quo , di una decisione extra petita in violazione dell’art. 112 c.p.c., non potendo certamente considerarsi cessata la materia del contendere in relazione all’accertamento dell’inadempimento della COGNOME contestata dall’odierna ricorrente;
il motivo è, nel suo complesso, infondato;
osserva il Collegio -al di là del rilievo del carente assolvimento, da parte della ricorrente, dei propri oneri di allegazione imposti dall’art. 366 n. 6 c.p.c. -come il giudice d’appello abbia ricostruito, sulla base della documentazione specificamente indicata in sentenza, la complessiva evoluzione della vicenda contrattuale deAVV_NOTAIOa in giudizio, rilevando come, mediante una lettera raccomandata del 19/12/2013, il difensore della conduttrice avesse comunicato alla locatrice di voler risolvere il contratto di locazione per non avere ottenuto i titoli
amministrativi necessari per lo svolgimento della propria attività imprenditoriale;
a tale riguardo, lo stesso giudice d’appello ha opportunamente evidenziato come le parti avessero espressamente regolato tale possibile sopravvenienza contrattuale nell’art. 6 del contratto, stabilendo che il diniego dei titoli amministrativi necessari per lo svolgimento dell’attività della conduttrice avrebbe potuto costituire valido motivo di recesso dal contratto, con l’implicito riconoscimento dell’insussistenza di alcuna promessa, da parte della locatrice, di adoperarsi per ottenere detti titoli amministrativi nell’interesse della conduttrice;
ciò posto, del tutto coerentemente la corte territoriale ha ricavato che, lungi dall’emergere alcun presupposto per il riconoscimento di qualsivoglia inadempimento della locatrice, la missiva inviata dalla conduttrice nel dicembre del 2013 avrebbe potuto interpretarsi unicamente come manifestazione, da parte di quest’ultima, della volontà di recesso: premessa indispensabile per il riconoscimento del dovere della stessa conduttrice di corrispondere comunque i canoni di locazione per tutto il periodo semestrale di preavviso, nonché per il riconoscimento della legittimità del rifiuto, da parte della locatrice, della riconsegna dell’immobile nel periodo di preavviso;
nel quadro di tale ragionamento è del tutto riconoscibile l’avvenuta piena valutazione, da parte della corte dell’appello, del comportamento contrattuale di entrambe le parti, segnatamente nel senso dell’accertata insussistenza di alcun inadempimento della locatrice e, viceversa, del pieno riconoscimento dell’inadempimento della conduttrice per non aver corrisposto i canoni dovuti per tutto il periodo semestrale del preavviso connesso al recesso;
proprio queste premesse, di seguito, sono state considerate dalla corte d’appello ai fini della valutazione della soccombenza virtuale (cfr. pag. 7-8), avendo il giudice a quo escluso il ricorso di alcun inadempimento della locatrice, non solo per non aver assunto alcun obbligo di ottenere i titoli amministrativi necessari alla conduttrice, ma anche per avere la conduttrice originariamente accettato l’immobile locato nello stato di fatto in cui si trovava al momento della conclusione del contratto;
ciò posto, muovendosi l’intera argomentazione della corte territoriale entro questi certi ed espliciti riferimenti (l’inesistenza di alcun inadempimento della locatrice e l’accertato inadempimento della conduttrice), deve ritenersi che all’avvenuto riconoscimento, da parte del giudice d’appello, della cessazione della materia del contendere sulle domande di risoluzione proposte dalle due parti, nessun altro significato può essere ascritto se non quello di ritenere priva di significato una pronuncia sulla risoluzione del contratto (e dunque sulla cessazione della relativa efficacia, già ratificata dalle parti in connessione alla restituzione dell’immobile), e dunque non certo quello di rendere irrilevante, ai fini della decisione, l’accertamento del comportamento inadempiente dell’uno o dell’altra parte;
tale accertamento è stato, viceversa, espressamente conAVV_NOTAIOo dal giudice a quo , come attestato dalla conferma della condanna della conduttrice al pagamento dei canoni dovuti per il periodo di preavviso (proprio sul presupposto dell’accertato inadempimento della medesima conduttrice) ed escluso ogni inadempimento della locatrice per il mancato conseguimento dei titoli amministrativi indispensabili per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale della conduttrice (evenienza che la corte territoriale ha espressamente riconAVV_NOTAIOo, in conformità agli
accordi documentalmente conclusi tra le parti, all’integrazione di un’ipotesi di legittimazione al recesso del conduttore);
l’infondatezza della censura in esame rileva, peraltro, anche alla luce del tenore della motivazione, essendosi la corte territoriale limitata a rilevare, sulla base delle allegazioni delle parti e senza affermare in alcun modo l’avvenuta proposizione di alcuna domanda di accertamento della scadenza del contratto per effetto di recesso (e, dunque, non incorrendo affatto nella violazione del l’art. 112 c.p.c.), che si era obiettivamente verificata la fattispecie del recesso con il conseguente obbligo di pagamento del canone da parte della conduttrice in accoglimento della rilevata contestazione di inadempimento invocata dalla locatrice a sostegno della domanda di risoluzione;
è peraltro opportuno rilevare aggiuntivamente in questa sede come la corte territoriale non abbia considerato che lo sfratto venne intimato in data 27 giugno 2014 e, dunque, quando il semestre di efficacia del recesso non era ancora decorso, avendo la corte d’appello rilevato come il recesso fosse stato esercitato con la lettera del 27 gennaio 2014;
con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale trascurato la considerazione dell’avvenuta introduzione, da parte della conduttrice, del procedimento di mediazione presso il Tribunale di Frosinone, giungendo ad affermare che nessuna offerta di riconsegna, successiva a quella del 27/1/2014, fosse mai intervenuta da parte della conduttrice;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come l’odierna ricorrente si sia inammissibilmente astenuta dall’allegazione di alcun minimo passaggio argomentativo destinato a giustificare l’eventuale rilevanza del fatto (il tentativo di media-conciliazione) la cui considerazione sarebbe stata omessa dal giudice d’appello ;
in particolare, la ricorrente dedica un’indiretta ed equivoca menzione a ll’ eventuale rilevanza di tale circostanza in rapporto all’ipotetica sussistenza di offerte di riconsegna dell’immobile successive al gennaio 2014 (censurando l’affermazione della corte d’appello secondo cui nessuna offerta di riconsegna sarebbe mai stata avanzata dopo il gennaio 2014), ma nelle parti della documentazione relativa a tale incidente processuale riportate in ricorso non risulta avanzata, neppure implicitamente, alcuna offerta di riconsegna dell’immobile ;
la censura in esame deve pertanto dirsi inammissibile, poiché evoca il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. in assenza di alcuna deduzione di fatti concretamente decisivi ai fini del giudizio;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro, 2.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del
15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione