Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7672 Anno 2019
2018
3568
Civile Sent. Sez. 2 Num. 7672 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2019
SENTENZA
sul ric8rso
NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentato e da l l’ 2 ·Iv c cØ:Jt( ~~ERGLYPH(cmap:df00) IO COGNOMENOME COGNOME
4d-2015 proposto da: difeso
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in oersona del legale rappreser:tan” c: prc tempore, eletti·ìlamerìte ào.’niciliata dell’avvccatG NOME COGNOME che la rappresen~a e difende uni:dme~te agli avvocati NOME COGNOME ir ROMA , DEL 14 , presso 10 studio NOME COGNOME ;
avverso la se~tenza n. 1707/2014 della CORTE di MILANO, de~ositata il 12/05/2014;
udita la reltzione della causa svolta nella udienza del ~3/11/2018 dal Consigliere NOME COGNOME udito il P.~. in persona del Sostituto Generale Dott. NOME COGNOME che ha rigetto del r~corso principale ed il rigetto rico~so incid2ntale;
udito l’Avvocato COGNOME Sergio COGNOME del ricorrente, che si riporta agli atti;
uditi gli Avvocati COGNOME NOME e NOME, :~Lfensori del resistente che si agli atti;
D’APPELLO pubblica Procuratore concluso per il del difensore COGNOME riportano
FATII DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato, RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE -ora RAGIONE_SOCIALE -al fine di veder accertata l’esistenza di un rapporto contrattuale avente ad oggetto la fornitura delle pubblicazioni RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, nei numeri compresi tra il giugno 1994 e il giugno 1995. Su tale presupposto, l’attrice chiedeva di sentir dichiarare l’illegittimità del recesso di RAGIONE_SOCIALE dal predetto contratto e, per l’effetto, di condannarla al pagamento in favore di PROGRAF dell’ammontare pari all’intera fornitura, quantificato in euro 180.760,00.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE , la quale chiedeva il rigetto delle domande avversarie, deducendo l’inammissibilità delle stesse in forza del principio del ne bis in idem , in quanto le pretese attoree erano già state oggetto di due differenti giudizi pendenti innanzi al Tribunale di Milano; la convenuta eccepiva, inoltre, l’intervenuta prescrizione del credito e nel merito l’infondatezza della domanda.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 3478/2008, disattese le eccezioni di “giudicato” e di prescrizione sollevate da RCS, respingeva, nel merito, la domanda dell’attrice, ritenendo tempestivo e giustificato il recesso di RCS.
Successivamente, disposta l’interruzione del giudizio per la sopravvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese in data 29.14.2010, la causa veniva
t
riassunta da NOME COGNOME già legale rappresentante e socio unico della società medesima.
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 1707/2014, confermava le statuizioni di primo grado , compensando tra le parti le spese di lite.
La Corte territoriale, premesso che RCS aveva intimato una prima disdetta il 13.1.1994 ed una secondo disdetta, definitiva, 1’1.8.1994, riteneva che l’appellante, odierno ricorrente, sulla base delle argomentazioni dedotte, avesse incentrato la propria censura sull’ultima disdetta.
Cio’ posto, e ritenuto che nel caso di specie fosse configurabile un unico rapporto contrattuale di durata, avente ad oggetto la fornitura di lavori di grafica e prestampa in relazione alle due riviste “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, il giudice di appello ha rilevato, confermando la sentenza di primo grado, la tempestivita’ della disdetta dell’1.8 .1994, essendo stata intimata nel rispetto del termine di 30 gg. previsto dall’accordo-quadro n.399 P.D. del 1992, come chiaramente indicato nella missiva suddetta in cui si comunicava la conclusione del rapporto contrattuale con il fascicolo n.1061 della “Rivista Meccanica” ed il fascicolo n. 143 della “RAGIONE_SOCIALE“, in uscita, rispettivamente, il 3.10 ed il 30.11 dell’anno 1994.
La Corte territoriale, inoltre, pronunciando sull’appello incidentale spiegato da RCS escludeva la violazione del ” ne bis in idem” da parte della sentenza di primo grado, non sussistendo identita’ di petitum e causa petendi del giudizio in esame con la causa antecedente RG 1668/96, la cui statuizione di merito concerneva la responsabilita’
precontrattuale della RCS; il giudice di appello rilevava infine l’infondatezza della censura avente ad oggetto la prescrizione del diritto della Prograf, validamente interrotto dalla raccomandata del 21.4.2004.
Avverso detta sentenza propone ricorso in cassazione, articolato in quattro motivi, NOME COGNOME.
La RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato con cinque motivi e non condizionato con gli ultimi due motivi (sesto e settimo).
In prossimità dell’odierna udienza entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 codice di rito.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza e del procedimento ex. art. 360 n. 4 c.p.c., per avere la Corte d’Appello erroneamente ritenuto che l’appellante avesse inteso riferirsi unicamente all’illegittimità della seconda disdetta, datata l agosto 1994, ricevuta da RAGIONE_SOCIALE e non anche alla prima disdetta, del 13 gennaio 1994, deducendo di non aver mai limitato la propria domanda alla sola disdetta del l agosto 1994.
Il motivo di ricorso Ł inammissibile.
L’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda sia stata o meno avanzata e compresa nel “thema decidendum” -tale statuizione, ancorchØ in ipotesi erronea, non può essere direttamente censurata per “ultrapetizione”, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, ritenendo che una certa questione debba ritenersi
ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non Ł logicamente riscontrabile afferendo, se del caso, al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte e non a quello inerente a principi processuali, sicchØ detto errore può concretizzare solo una carenza nell’interpretazione di un atto processuale.
Considerato dunque che la Corte territoriale ha specificamente pronunciato sulla domanda del ricorrente, come qualificata all’esito di una argomentata interpretazione della stessa, il motivo Ł inammissibile, in quanto si risolve nella generica censura alla suddetta interpretazione della domanda da parte giudice del merito, che non può farsi valere se non previa deduzione della violazione di specifici canoni interpretativi, che nel caso di specie non risulta formulata.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la falsa applicazione delle norme in tema di recesso ed abuso del diritto, ex art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto legittimo il recesso eseguito dalla R. C. S.
Il motivo di ricorso e inammissibile per difetto di specificità poichŁ non indica le disposizioni di legge che si assumono violate, in relazione a specifiche statuizioni della sentenza impugnata, facendo genericamente riferimento alle norme in materia di recesso ed abuso del diritto di recesso; in particolare, il ricorrente deduce che ne’ la prima, ne’ la seconda disdetta conducono ad un recesso, non contenendo alcuna valida motivazione.
In contrario si osserva che entrambi i giudici di merito, con motivazione logica, coerente ed adeguata, hanno ritenuto la legittimità del recesso da parte di RCS, giusta specifica previsione dell’accordo quadro, e preso atto della comunicazione in data 1.8.1994, con la quale RCS comunicava che, a causa della cessione delle testate a Etas, il rapporto di fornitura doveva ritenersi concluso con il fascicolo n.l061 della Rivista Meccanica e con il fascicolo 143 della Rivista RAGIONE_SOCIALE.
Del pari inammissibile, per violazione del canone di autosufficienza del ricorso ed in quanto si limita a contestare genericamente l’interpretazione della fonte negozia le senza specifica indicazione dei canoni ermeneutici violati, la deduzione del ricorrente, che contesta la qualificazione del rapporto operata nei due gradi del giudizio, allegando che il contratto di somministrazione per cui e’ causa avrebbe ad oggetto un determinato quantitativo di merce, con la conseguenza che non potrebbe qualificarsi come contratto a tempo indeterminato, dovendo farsi coincidere il termine di durata del contratto con l’esaurimento della fornitura finale.
Non viene peraltro riportato nel corpo del ricorso il contenuto del negozio, ne’ la specifica clausola rilevante ai fini dell’oggetto e della qualificazione del rapporto intercorso tra le parti asserita mente violata.
Del pari inammissibile, per novita’ della questione e per genericita’, la censura secondo cui il recesso di RCS configurerebbe un vero e proprio abuso del diritto, in violazione dei doveri di buona fede e correttezza
contrattuale, posto che non viene indicato alcun elemento da cui desumere che il recesso sia stato attuato con modalita’ o per perseguire fini diversi ed ulteriori rispetto a quelli consentiti (Cass. 18.9.2009 n. 20106).
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 1355 c.c. in tema di clausola meramente potestativa risolutiva, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per non avere la Corte ritenuto che il recesso della RAGIONE_SOCIALE fosse privo di valida motivazione, e conseguentemente nullo.
Il terzo motivo e’ inammissibile.
Il ricorrente invoca infatti la violazione dell’art. 1355 c.c. in relazione al recesso intimato da RCS , deducendo la nullita’ di tale atto quale clausola risolutiva meramente potestativa, laddove l’esercizio del recesso non integra e non puo’ logicamente integrare un clausola negoziale, ma solo atto di esercizio di un diritto fondato su una clausola; in ogni caso secondo il consolidato indirizzo di questa Corte la condizione risolutiva meramente potestativa non e’ affetta da nullita’ ( cass. 2497/2004) fermo restando che come gia’ evidenziato non risulta in alcun modo specificato il dedotto “abuso del diritto” da parte di RCS.
Con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione di norme di diritto in tema di subfornitura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per non avere la Corte qualificato il contratto alla stregua di un rapporto di subfornitura e conseguente nullità del recesso, in violazione dell’art.6 1.192/1998.
Il motivo e’ inammissibile per “novità” della censura, nonchŁ per violazione del canone di autosufficienza del ricorso.
Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata Ł onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione delle medesime innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 23675/2013).
Nel caso di specie, non risulta che parte ricorrente abbia mai ritualmente sollevato nel corso dei giudizio di merito la violazione della 1.192/1998, che presuppone specifici presupposti ed accertamenti di fatto in relazione alla natura del rapporto contrattuale intercorso tra le parti ed alla configurabilita’ della c.d. “dipendenza economica” del subfornitore.
Anche sotto altro profilo la censura e’ inammissibile, per difetto di autosufficienza, in quanto non vengono specificamente riportate le clausole negoziali o altri elementi ai fini della qualificazione del rapporto per cui e’ causa in termini di subfornitura.
Passando al ricorso incidentale, il rigetto del ricorso principale assorbe l’esame dei primi cinque motivi del ricorso incidentale, in quanto condizionati.
Con il sesto motivo ( erroneamente rubricato come “quinto”) di ricorso incidentale si denuncia la violazione degli artt. 112, 91, 92 e 96 c.p.c. in relazione all’art. 360
nn. 3 e 5 c.p.c., per non avere la Corte pronunciato in relazione alla domanda di condanna alla refusione delle spese di lite del giudizio di primo grado ed alla domanda di condanna ex art. 96 cpc per lite temeraria.
Il motivo di ricorso, che consiste in due censure, Ł infondato.
Quanto alla omessa pronuncia sulla domanda ex art. 96 cpc, si osserva che la sentenza con la quale il giudice compensi le spese di lite, indicando le circostanze che integrano i giusti motivi per detta pronuncia, contiene una implicita esclusione dei presupposti richiesti per la condanna della parte soccombente al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata e resta quindi sottratta ad ogni censura non solo l’omessa motivazione ma, addirittura, l’omessa pronuncia sull’istanza di risarcimento di tali danni (Cass. 3876/2000).
Del pari infondata la censura relativa alla omessa pronuncia sul motivo di impugnazione proposto da RCS avverso la statuizione di compensazione delle spese del giudizio di primo grado.
La Corte ha infatti integralmente respinto sia l’appello principale, proposto dall’odierno ricorrente principale, che l’appello incidentale di RCS, confermando la valutazione di soccombenza reciproca, già posta dal primo giudice a fondamento della statuizione di compensazione nel giudizio di primo grado.
Con il sesto motivo di ricorso incidentale si censura la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. relativamente alla
compensazione delle spese del giudizio di appello in relazione all’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.
Il motivo di ricorso Ł infondato.
Premesso che in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 3 c.p.c., Ł limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi. (Cass. 24502/2017), nel caso di specie, come già evidenziato, la pronuncia di compensazione risulta adeguatamente giustificata in forza della soccombenza reciproca delle parti, essendo stato respinto sia l’appello principale che quello incidentale.
Anche nel presente giudizio, considerata la soccombenza reciproca, va disposta l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13 comma l quater Dpr 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, rispettivamente per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma l bis dello stesso art. 13
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale.
Spese compensate.
l
r
Ai sensi dell’art. 13 comma l quater Dpr 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, rispettivamente per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma l bis dello stesso art. l.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2018 l