Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18365 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18365 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19673-2020 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 350/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 31/12/2019 R.G.N. 19/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 19673/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 25/03/2025
CC
Fatti di causa
La Corte d’appello di Ancona, con la sentenza in atti, in parziale accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, ha revocato il decreto ingiuntivo emesso in favore di NOME COGNOME ed ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di quest’ultimo della somma di euro 8000 oltre accessori a titolo di compenso della collaborazione a progetto intervenuta da aprile a luglio 2014; ha inoltre compensato le spese di entrambi i gradi di giudizio.
La Corte ha rilevato che la condotta processuale del ricorrente, che nel giudizio monitorio aveva domandato le mensilità per il lavoro a progetto asseritamente prestato sino ad aprile 2015, senza fare menzione dell’intervenuta cessazione del rapporto di lavoro a progetto, violasse il dovere di lealtà processuale di cui all’articolo 88 c.p.c. comportando le conseguenze indicate nel primo comma dell’articolo 92 c.p.c. seppure nella misura attenuata dell’integrale compensazione delle spese.
A fondamento della sentenza la Corte ha ritenuto, per quanto ancora rileva in questa sede, che tra le parti fosse intervenuto un contratto di collaborazione a progetto valido, di durata triennale, con decorrenza dal 1 marzo 2013 e corrispettivo mensile di euro 2000 e che lo stesso contratto a progetto contrariamente a quanto dedotto nel ricorso monitorio laddove si affermava la permanenza del rapporto di lavoro a progetto a fine aprile 2015 con riserva di chiedere le mensilità successive fino alla scadenza del contratto – era stato in realtà risolto dal recesso unilaterale esercitato per giusta causa dalla società committente con la missiva raccomandata del 7 luglio 2014; tuttavia, nonostante la committente non avesse dimostrato in giudizio la sussistenza della giusta causa di recesso, l’esercizio della facoltà di recesso ad nutum era stata contemplata dalle parti nel contratto di collaborazione a progetto all’articolo 3,
comma 2 in cui si prevedeva che “sia durante il periodo di vigenza contrattuale che durante i periodi di eventuale rinnovo ciascuna delle parti potrà recedere dal contratto con comunicazione scritta inviata a mezzo raccomandata AR almeno 90 giorni prima della scadenza”; pertanto, al collaboratore spettavano le mensilità non pagate fino al recesso nella misura di quattro mensilità in ragione di euro 8000.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME con tre motivi di ricorso ai quali ha resistito RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Le parti hanno depositato memorie prima dell’udienza; il collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di 60 giorni.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo si deduce la violazione per errata applicazione del disposto dell’articolo 76, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003 nel testo vigente al momento della stipula del contratto in data 28 febbraio 2013, in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c., posto che la Corte d’appello aveva applicato alla fattispecie il disposto dell’articolo 67 del d.lgs. n. 276/2003 non nel testo in vigore al momento della stipula del contratto a progetto (per come modificato dalla legge n. 92/2012), il quale prevedeva che le parti potevano recedere prima della scadenza del termine solo per giusta causa oppure quando fossero emersi i profili di inidoneità professionale del collaboratore.
2.- Col secondo motivo si deduce violazione degli articoli 88 e 92 c.p.c. in riferimento al richiesto accoglimento del motivo 1 in relazione all’articolo 360, numero 3 c.p.c., posto che il ricorrente non aveva domandato altro se non quanto risultante dai diritti
a lui spettanti in base al contratto di collaborazione a progetto e non aveva pertanto violato il dovere di lealtà.
3.- Con il terzo motivo, si deduce violazione dell’articolo 360, numero 5 c.p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto discussione tra le parti (natura ed efficacia del recesso ottenuto nel contratto a progetto in atti per cui è causa); atteso che l’esistenza della possibilità di recesso ad nutum del contratto costituiva errore su un fatto discusso tra le parti nel corso di giudizio e la cui pretermissione era stata decisiva nella impugnata sentenza.
4.- I primi due motivi di ricorso devono ritenersi fondati.
La Corte d’appello, non avendo la committente provato la giusta causa di recesso, ha affermato che era possibile il recesso ad nutum previsto nel contratto individuale, laddove invece la legge in vigore (art. 67 d.lgs. 276/2003 vigente ratione temporis) al momento dei fatti non ammetteva alcuna deroga solutoria rispetto alla giusta causa e quindi non era certamente ammesso il recesso ad nutum, costituendo questa una ipotesi di recesso radicalmente nulla perché contraria alla legge vigente all’epoca della conclusione del contratto.
5.- La censura relativa alla violazione dell’art. 67 d.lgs. 276/03 risulta sollevata in modo specifico e rituale.
Al momento del recesso non era consentita la facoltà di recesso ad nutum prevista nel contratto di collaborazione a progetto perché l’articolo 67 del decreto legislativo 276/03 nel testo modificato dall’articolo 1, comma 23, lettera D, della l. n.92/2012 disponeva in senso difforme.
6.Invero il testo originario dell’art.67 prevedeva: ‘Estinzione del contratto e preavviso. 1. I contratti di lavoro di cui al presente capo si risolvono al momento della realizzazione del progetto o del programma o della fase di esso che ne costituisce l’oggetto. 2. Le parti possono recedere prima della scadenza
del termine per giusta causa ovvero secondo le diverse causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale.’
7.L’art.1, comma 23 lett. d e f legge 2012 n.92 ha sostituito il comma 2 dell’articolo 67 con il seguente: «2. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa. Il committente può altresì recedere prima della scadenza del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto. Il collaboratore può recedere prima della scadenza del termine, dandone preavviso, nel caso in cui tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di lavoro».
8.L’art. 76 è stato poi abrogato dal d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 solo per il futuro, essendo stato previsto (con l’art. 52, comma 1) che ‘le disposizioni di cui al presente articolo sono abrogate e continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto’.
9.- Alla luce di quanto fin qui osservato deve essere accolto il primo motivo del ricorso e di conseguenza anche il secondo motivo. Resta assorbito il terzo.
La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rimessione al giudice di rinvio indicato in dispositivo il quale dovrà procedere alla prosecuzione della causa e provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Ancona in
diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25.3.2023.