Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11061 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11061 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
DITTA RATA DI COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa
da ll’ Avv.
NOME
NOME
Campisi
pec:
EMAIL
-ricorrente –
Contro
COGNOME SIENA, rappresentato e difeso dall’ Avv. COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona n. 1342/2020, depositata il 16.12.2020, notificata il 22.12.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto:
contratti
bancari. Recesso
-La ditta RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio Monte Paschi di Siena per la declaratoria di inefficacia della revoca delle linee di credito e per il risarcimento dei danni conseguenti. La Banca si costituiva proponendo domanda riconvenzionale per il pagamento dei saldi a debito relativi ai conti correnti ordinari e ai conti correnti anticipi effetti e fatture sbf accesi dall’attrice presso varie agenzie della Banca.
─ Il tribunale di Ascoli Piceno rigettava le domande attoree e accoglieva la domanda riconvenzionale proposta dalla Banca.
─ La ditta RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME proponeva gravame dinanzi alla Corte di appello di Ancona che, con la sentenza qui impugnata, rigettava l’appello.
─ Per quanto qui di interesse la Corte di merito precisava quanto segue:
la ditta cliente ha contestato l’arbitrarietà del recesso contrattuale esercitato dalla banca;
la prova testimoniale non è stata ammessa in quanto in parte inammissibile per la necessità di prova scritta e in parte irrilevante ai fini della decisione; la parte non ha specificato in qual modo l’assunzione delle prove avrebbe potuto sovvertire le risultanze documentali;
d)la non arbitrarietà del recesso è risultata adeguatamente provata dalla previsione contrattuale del recesso, dalla presenza di titoli insoluti delle contabili bancarie, dei protesti che, nel loro insieme, sono idonei a comprovare l’insorgenza di un aumento anomalo degli scoperti di conto corrente e degli insoluti con riguardo ai crediti cartolari e alle fatture scontate;
al fine di dimostrare la regolarità del rapporto, non è sufficiente allegare il mancato superamento dei limiti degli affidamenti concessi o dimostrare il rilascio di garanzie personali, ma occorre dimostrare la capienza dei patrimoni della società debitrice e/o dei garanti;
l’aggravamento della posizione debitoria, pur se determinata in via prevalente da affidamenti su anticipi fatture, è stata efficacemente dimostrata da un aumento anomalo della complessiva situazione debitoria tale da delineare un pericolo di solvibilità per il cliente;
le contestazioni svolte sulla domanda riconvenzionale sono state in parte infondate e carenti di specificità. Il giudice di I grado ha preso atto che il credito era stato provato con l’esibizione dei contratti che provano le condizioni pattuite e gli estratti conto certificano le movimentazioni debitorie e creditorie tenendo presente che le singole annotazioni contabili non erano mai state tempestivamente impugnate nella loro realtà effettuale;
la differenza delle somme pretese dalla Banca rispetto a quelle richieste con le missive con le quali era stato intimato il rientro si giustifica con la maturazione degli interessi passivi e con l’aumento degli effetti e delle ricevute insolute.
─ La ditta RAGIONE_SOCIALE di COGNOME PaoloCOGNOME ha presentato ricorso per cassazione con cinque motivi. Monte dei Paschi di Siena ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
─ Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione de ll’art . 1845 in relazione all’art.360, comma 1, n. 3, c.p.c.
5.1La censura tende a dimostrare che il cambio di gestione e di proprietà verificatosi dalla Banca Toscana al Monte dei Paschi di Siena avrebbe comportato l’introduzione di nuovi parametri di proporzionalità tra affidamenti e garanzie ritenuti errati. Si tratta di una mera affermazione non suffragata dalla menzione di alcuna prova acquisita agli atti del giudizio e priva di qualsiasi specificità. In ogni caso la motivazione della Corte è basata sulla valutazione
degli esiti istruttori ed in particolare dagli oggettivi elementi della presenza di titoli di credito insoluti, contabili bancarie, protesti che di per sé denotano la presenza di un aumento anomalo degli scoperti di conto corrente e degli insoluti con riguardo ai crediti cartolari e alle fatture scontate. Tali giustificazioni non sono adeguatamente censurate non rispettando il principio che il debitore il quale agisce per far dichiarare l’arbitrarietà del recesso ha l’onere di allegare l’irragionevolezza delle giustificazioni date dalla banca, dimostrando la sufficienza della propria garanzia patrimoniale (Cass., n. 17291/2016; Cass., n.29317/2020). La sola giustificazione addotta riguarda la proporzionalità esistente tra l’entità dell’affidamento e i limiti quantitativi delle fideiussioni. Tali considerazioni non considerano che secondo i criteri definiti con Basilea II nel 2008 l’erogazione del credito deve corrispondere al rating oggettivo dell’impresa finanziata che è il frutto di una serie di calcoli matematici che includono fattori quantitativi (indici di bilancio, centrale di rischi e indici di andamento aziendale) e fattori qualitativi (prospettive settoriali e altre situazioni caratteristiche dell’azienda) ed il risultato è un valore numerico al quale corrisponde una determinata ‘propensione all’insolvenza’. Tale valutazione ha i caratteri dell’oggettività ed è complessiva di una serie di fattori che vanno ben al di là della proporzionalità tra capitali finanziati e garanzie prestate poiché l’obiettivo è di valutare la capacità patrimoniale del debitore e la sua capacità di rimborsare il credito accordato. In ogni caso, la Corte sul l’assunto difensivo della proporzionalità tra capitale finanziato e garanzie ha ritenuto che tale elemento non fosse sufficiente e dovesse essere completato da una specifica prova sulla «capienza dei patrimoni della s.n.c. debitrice e dei garanti» mai allegata. Tale motivazione non è in alcun modo aggredita dall’attuale ricorrente.
6. -Con il secondo motivo: omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art.360,
comma 1, n. 5, c.p.c. ovvero circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in ordine alle risultanze documentali: l’intervenuta fusione della Banca Toscana e della Banca Antonveneta nella Monte dei Paschi di Siena.
6.1 ─ La censura non è autosufficiente, poiché non è allegato come e quando il presunto fatto decisivo sia stato introdotto nel giudizio di merito e nella motivazione della sentenza non v’è traccia di tale argomentazione difensiva. Perché il principio di autosufficienza, con la «specifica indicazione» richiesta dall’articolo 366, n. 6, c.p.c., possa dirsi osservato, occorre, secondo la giurisprudenza di questa Corte:
-per un verso, sul piano contenutistico, che il ricorso per cassazione esponga tutto quanto necessario a porre il giudice di legittimità in condizione di avere completa cognizione della controversia e del suo oggetto, nonché di cogliere il significato e la portata delle censure contrapposte alle argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti edotti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Cass., n. 31082/2017; Cass., n. 1926/2015; Cass., n. 7825/2006; da ult. tra le tante Cass., n. 12191/2020; Cass., n. 10143/2020; Cass., n. 12481/2022), sicché il ricorrente per cassazione deve esplicitare quale sia, per la parte rilevante, il contenuto degli atti o dei documenti che pone a fondamento del ricorso, riassumendoli o trascrivendoli a seconda di quanto di volta in volta occorra;
-per altro verso che il ricorso soddisfi l’onere di «localizzazione processuale» di ciascun atto o documento su cui il ricorso si fonda (v. da ult. Cass., Sez. Un., 9 novembre 2021, n. 32673, nonché, limitando le citazioni a pronunce delle ultime settimane, Cass.,, n. 31796 del 2021, Cass., n. 31756 del 2021, Cass., n. 31590 del 2021, Cass. n. 31377 del 2021, Cass., n. 29667 del 2021; Cass., n. 10671/2022; Cass., n. 11325/2023; Cass., n.12841/2022; per gli atti e documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio v. Cass., n.
195/2016), onere di localizzazione indispensabile perché la Corte di cassazione sia posta in condizione di individuare ciascun atto o documento senza effettuare soverchie ricerche, e che d’altronde richiede un minimo sforzo di diligenza, risolvendosi nella semplice indicazione, con riguardo a ciascun atto o documento, del fascicolo (di quale delle parti, ovvero d’ufficio, di primo o di secondo grado) in cui esso è rinvenibile, con l’indicazione della collocazione entro il fascicolo (adempimento, perciò, armonico, per la sua intuitività e semplicità, con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, sancito dalla Convenzione EDU: Cass., n. 27/2020; Cass., n. 7455/2015). Sul tema merita richiamare la Corte EDU, sez. I, 28 ottobre 2021, r.g. n. 55064/11, la quale ha preso atto del principio di autonomia del ricorso per cassazione, e del collegato principio di autosufficienza.
7. ─ Con il terzo motivo: Insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione della sentenza impugnata in relazione all’art.360, comma 1, n. 5, c.p.c. circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in ordine alle risultanze documentali: l’esistenza di adeguate linee di garanzia.
8. -Con il quarto motivo: Insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione della sentenza impugnata in relazione all’art.360, comma 1, n. 5, c.p.c. circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in ordine alla domanda riconvenzionale: incongruenza tra la documentazione inviata dal Monte dei Paschi di Siena al cliente per il rientro delle esposizioni e gli estratti conto prodotti.
8.1 -Il terzo e il quarto motivo sono correlati e possono essere trattati unitariamente. La censura lamenta la violazione dell’art. 360, comma 1, n.5, c.p.c. perché la Corte non avrebbe esaminato una serie di evidenze presentate in entrambi i gradi di giudizio. La censura non considera che la sentenza della Corte qui impugnata è
conforme alla sentenza di primo grado, sicché trova applicazione l’art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c. (qui applicabile ratione temporis -pur essendo stato abrogato dall’art. 3, comma 26, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 -ai sensi dell’art. 35, commi 1 e 4, d.lgs. cit., trattandosi di ricorso per cassazione proposto in data anteriore al 28 febbraio 2023), a mente del quale in caso di ‘doppia conforme’ non è ammesso il ricorso per cassazione per il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. Sarebbe stato, dunque, onere non assolto -della ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. U., n. 8053/2014; Cass., n. 5528/2014; Cass., n. 26774/2016; Cass., n.2630/2024; e successive conformi). A tale onere dimostrativo, invece, la ricorrente si è completamente sottratta (Cass., n. 5947/2023; Cass., n. 26934/2023; Cass., n.31028/2024; Cass., n.30413/2024).
-Con il quinto motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 299 ss. c.p.c. in relazione all’art.360, comma 1, n. 3, c.p.c. La Corte avrebbe considerato come appellante la società RAGIONE_SOCIALE condannandola al pagamento delle spese di lite. L’azione è stata invece esercitata dalla DITTA RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Paolo per perdita di personalità giuridica della società RAGIONE_SOCIALE Le spese del grado di appello dovrebbero ricadere sulla DITTA RATA e, quindi, sul suo titolare e non sulla società RAGIONE_SOCIALE e, quindi, sui soci liquidati che ne sono rimasti estranei.
9.1 -La censura è inammissibile, poiché trattasi di mero errore materiale che può essere corretto con la specifica procedura dinanzi alla Corte di Appello.
10. -Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 6.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima