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Recesso committente appalto: sì al risarcimento danni

Un committente recede da un contratto di appalto per una ristrutturazione non completata e chiede il risarcimento per i vizi dell’opera parzialmente eseguita. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 421/2024, stabilisce che il ‘recesso committente appalto’ non impedisce di agire per il risarcimento dei danni. La garanzia speciale per vizi e difformità, con i suoi termini brevi di prescrizione, si applica solo alle opere completate. Per le opere incomplete, si applicano le regole generali sull’inadempimento contrattuale, con prescrizione ordinaria.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Recesso Committente Appalto: Il Diritto al Risarcimento per Vizi non si Perde

Nel complesso mondo dei contratti di appalto, una delle situazioni più spinose è quella in cui il committente decide di interrompere i lavori prima del loro completamento. Ma cosa succede se, al momento dell’interruzione, l’opera già realizzata presenta vizi e difformità? La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 421/2024 offre un chiarimento fondamentale: il recesso committente appalto, previsto dall’art. 1671 c.c., non preclude la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni per l’inadempimento dell’appaltatore.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un contratto di appalto per la ristrutturazione di un immobile. A causa di rallentamenti e presunte inadempienze da parte dell’impresa costruttrice, la committente prima sospendeva e poi comunicava il proprio recesso unilaterale dal contratto.

L’impresa edile citava in giudizio la committente per ottenere il pagamento dei lavori eseguiti e non saldati. La committente, a sua volta, proponeva una domanda riconvenzionale, chiedendo la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’impresa, la restituzione degli acconti versati e il risarcimento di tutti i danni subiti, chiamando in causa anche il direttore dei lavori per la sua concorrente responsabilità.

Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente la domanda dell’impresa, ritenendo che il contratto si fosse sciolto per effetto del recesso e non per inadempimento. Le domande risarcitorie della committente venivano respinte perché considerate soggette alla prescrizione breve biennale prevista dall’art. 1667 c.c. per la garanzia per i vizi. La Corte d’Appello confermava sostanzialmente questa impostazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza d’appello, accogliendo le doglianze della committente e stabilendo principi di diritto di notevole importanza pratica. I giudici hanno chiarito la distinzione fondamentale tra la disciplina speciale della garanzia per vizi e difformità dell’opera e le regole generali sull’inadempimento contrattuale.

Analisi del Recesso Committente Appalto e Inadempimento

Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione delle norme applicabili quando un contratto di appalto viene interrotto prima del suo totale compimento. La Cassazione ha sottolineato che la garanzia speciale, con i suoi termini di decadenza e prescrizione (artt. 1667 e 1668 c.c.), presuppone che l’opera sia stata completata e consegnata. Questa disciplina è pensata per tutelare il committente da difetti che emergono a lavoro finito.

Quando, invece, l’opera non viene terminata – come nel caso di recesso del committente – la responsabilità dell’appaltatore per la parte di lavoro eseguita in modo difforme o viziato non rientra in questa garanzia speciale. Si ricade, invece, nell’ambito della responsabilità contrattuale generale, disciplinata dall’art. 1453 c.c. e seguenti.

Questo significa che il committente che esercita il diritto di recesso può legittimamente chiedere la restituzione degli acconti versati per lavori non eseguiti o eseguiti male e il risarcimento per i danni derivanti dall’inadempimento dell’impresa. Tali azioni non sono soggette alla prescrizione breve di due anni, ma al termine ordinario decennale (art. 2946 c.c.).

La Responsabilità del Direttore dei Lavori

Un altro punto cruciale affrontato dalla sentenza riguarda il ruolo del direttore dei lavori. La Corte ha ribadito che il direttore dei lavori ha un’obbligazione di mezzi e deve vigilare con la dovuta diligenza professionale affinché l’opera sia eseguita conformemente al progetto e alle regole dell’arte.

In caso di omessa vigilanza, che concorre a causare il danno subito dal committente, il direttore dei lavori risponde in solido con l’appaltatore, in base al principio dell’art. 2055 c.c. Questa responsabilità è autonoma e deve essere accertata indipendentemente dalle vicende del rapporto tra committente e appaltatore. Pertanto, la Corte d’Appello aveva errato nel ritenere inammissibile la domanda contro il direttore dei lavori solo perché il committente doveva un indennizzo all’impresa.

Le Motivazioni

La Corte Suprema motiva la sua decisione sulla base di una netta distinzione concettuale. Il recesso unilaterale (art. 1671 c.c.) è un diritto potestativo che scioglie il contratto per il futuro (ex nunc), riconoscendo all’appaltatore un indennizzo per le spese sostenute, i lavori eseguiti e il mancato guadagno. La risoluzione per inadempimento (art. 1453 c.c.), invece, scioglie il contratto con effetto retroattivo (ex tunc) a causa di una colpa grave di una delle parti e dà diritto al risarcimento integrale del danno.

L’esercizio del diritto di recesso non sana né cancella gli inadempimenti pregressi dell’appaltatore. Pertanto, il committente mantiene il diritto di far valere tali inadempienze per ottenere un risarcimento. I danni subiti possono essere portati in compensazione con l’indennizzo dovuto all’appaltatore. La disciplina speciale per vizi dell’opera completata non è applicabile, poiché la sua ratio è legata alla verifica finale di un’opera conclusa, non a un’esecuzione interrotta.

Le Conclusioni

La sentenza n. 421/2024 della Cassazione offre preziose indicazioni pratiche per committenti e operatori del settore edile:

1. Il recesso non esclude il risarcimento: Un committente che recede da un appalto prima della fine dei lavori non perde il diritto di chiedere il risarcimento per i vizi e le difformità della parte di opera già eseguita.
2. Si applica la prescrizione ordinaria: Le azioni di risarcimento per inadempimento in un appalto non completato sono soggette al termine di prescrizione ordinario di dieci anni, e non a quello breve di due anni previsto per la garanzia per vizi dell’opera finita.
3. Il direttore dei lavori è corresponsabile: La responsabilità del direttore dei lavori per omessa vigilanza è autonoma e può essere fatta valere in solido con quella dell’appaltatore, secondo le regole generali sulla responsabilità contrattuale.

Se il committente recede dal contratto di appalto prima della fine dei lavori, perde il diritto di chiedere il risarcimento per i difetti dell’opera già eseguita?
No. Secondo la Cassazione, l’esercizio del diritto di recesso unilaterale non preclude al committente la facoltà di invocare la restituzione degli acconti e il risarcimento dei danni subiti a causa di inadempimenti dell’appaltatore verificatisi prima del recesso.

In caso di appalto non completato, si applica la prescrizione breve di due anni per la denuncia dei vizi?
No. La disciplina speciale sulla garanzia per vizi e difformità, che prevede termini brevi di decadenza e prescrizione (art. 1667 c.c.), si applica solo alle opere terminate. Se l’opera è incompleta, le richieste risarcitorie del committente per inadempimento seguono le regole generali e il termine di prescrizione ordinario di dieci anni.

Il direttore dei lavori risponde insieme all’appaltatore per i danni subiti dal committente a causa dei vizi dell’opera?
Sì. Se l’omessa vigilanza del direttore dei lavori ha concorso in modo efficiente a produrre il danno, egli risponde in solido con l’appaltatore. La sua responsabilità professionale deve essere accertata e non è esclusa dal fatto che tra committente e appaltatore sia in corso una controversia sull’indennizzo dovuto per il recesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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