Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1375 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1375 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27838/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE.
-RICORRENTE- contro
RAGIONE_SOCIALE DI COGNOME RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore p.t., elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE).
-CONTRORICORRENTE- avverso LA SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 660/2019, depositata il 15/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso in tre motivi, illustrati con memoria, avverso la sentenza della C orte d’appello di Milano n. 660/2019, che ha confermato il rigetto della domanda di pagamento dei compensi per la manutenzione di parti condominiali.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Sono intervenuti con memoria NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME NOME COGNOME eredi di NOME COGNOME, liquidatore e socio unico, deceduto in corso di giudizio.
La società attrice aveva lamentato che la controparte aveva inviato una disdetta del contratto con comunicazione del 24.6.2014, non osservando il termine di 90 gg. prima della scadenza, sicché il rapporto doveva considerarsi efficace fino al 7.3.2016, con obbligo di versare integralmente i corrispettivi concordati.
Il Tribunale ha respinto la domanda, riqualificando la comunicazione di disdetta come recesso libero, legittimamente esercitabile anche senza preavviso.
La sentenza è stata confermata in appello.
Aderendo alle conclusioni del primo giudice, la Corte distrettuale ha affermato che la semplice apposizione di un termine di durata non consentiva di ritenere che le parti avessero inteso derogare alla libera recedibilità nei contratti d’opera professionale, non sussistendo alcuna pattuizione contraria, tale non potendo intendersi la scrittura del 7 marzo 2008 con cui le parti avevano stabilito che in caso di vendita dell’immobile l’incarico sarebbe stato risolto senza compensi o penali. Non era violato neppure il principio di non contestazione, poiché il tribunale si era limitato a svolgere una doverosa operazione interpretativa del contratto.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione degli articoli 132,158 e 161 c.p.c., deducendo la nullità della sentenza per la mancata indicazione nell’intestazione del nominativo dei componenti del collegio che avevano emesso la decisione, sostenendo che, avendo la Corte deciso la causa ai sensi dell’articolo 281 sexies c.p.c., non poteva soccorrere l’indicazione dei nominativi contenuti nel verbale di udienza.
Il motivo è infondato.
Ai sensi dell’art. 276, comma 1, c.p.c., alla deliberazione della decisione “possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione”: la norma va interpretata nel senso che i giudici che deliberano la sentenza devono essere gli stessi dinanzi ai quali sono state precisate le conclusioni.
Fanno fede, in proposito, le risultanze del verbale di udienza, non essendo decisive le indicazioni presenti nell’intestazione della sentenza impugnata, rispetto alla quale eventuali omissioni o errori si presumono determinate da errore materiale emendabile ai sensi degli artt. 287 e 288 c.p.c. (Cass. s.u. 11853/2011; Cass. 3268/1995; Cass. s.u. 10526/1996; Cass. 11516/1999; Cass. 8136/2011; Cass. 4875/2015).
La prova della denunciata violazione non può evincersi dalla sola omissione, nella intestazione della sentenza, del nominativo del giudice quando esso sia stato invece riportato nel verbale dell’udienza di discussione, sia perché l’intestazione della sentenza non ha una sua autonoma efficacia probatoria, riproducendo i dati del verbale d’udienza, sia perché da quest’ultimo, facente fede fino a querela di falso dei nomi dei giudici componenti il collegio e della riserva espressa degli stessi giudici a fine udienza di prendere la decisione in camera di consiglio, nasce la presunzione della regolarità della deliberazione della sentenza, ulteriormente avvalorata dalla circostanza che, ai sensi dall’art. 276 c.p.c., tra i compiti del Presidente del collegio vi è quello di controllare che i
giudici presenti nella camera di consiglio siano quelli risultanti dal verbale dell’udienza di discussione (Cass. s.u. 11853/2011; Cass. 3268/1995; Cass. s.u. 10526/1996; Cass. 11516/1999; Cass. 8136/2011; Cass. 4875/2015).
Nel caso in esame è pacifico nel verbale di udienza risultano indicati i nominativi dei giudici, sicché l ‘assenza di tali indicazioni nel frontespizio della sentenza non è causa di nullità, non avendo rilievo che la sentenza sia stata deliberata previa concessione dei termini ex art. 190 c.p.c..
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli articoli 2337, 1373, 1362 e 1363 c.c., sostenendosi che, in contrasto con la prevalente giurisprudenza di legittimità, la Corte d’appello abbia ritenuto che la previsione di un termine di efficacia del contratto professionale non implichi e sia sufficiente anche da sola a dimostrare che le parti abbiano voluto escludere la facoltà di recesso ad nutum , avendo comunque omesso di interpretare il contenuto dell’accordo tenendo conto dell’oggetto, della qualità delle parti e della natura fiduciaria del contratto.
Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 115, 167, 214, 215 c.p.c., 1362 e 2702 c.c., sostenendo che la Corte abbia posto a fondamento della decisione una interpretazione del contratto difforme dalle deduzioni di parte, essendo pacifico che non fosse possibile recedere ad nutum dal contratto, occorrendo considerare che la scrittura con cui le parti avevano previsto il recesso libero in caso di vendita dell’immobile era una pattuizione integrativa del l’originario contratto.
Il secondo motivo è fondato, con conseguente logico assorbimento del terzo.
Aderendo all’ interpretazione del contenuto delle clausole negoziali effettuata dal Tribunale, la Corte di merito ha ritenuto che la sola previsione del termine di durata e della facoltà di disdetta da inviarsi 90 gg prima della scadenza, non comportasse alcuna
deroga alla libera recedibilità dal rapporto professionale in mancanza una pattuizione in tal senso, reputando insufficiente anche la comunicazione successiva alla stipula con cui le parti avevano previsto che in caso di cessione dell’immobile oggetto della gestione condominiale, il rapporto sarebbe cessato senza alcuna indennizzo o penale, pur essendo tale patto superfluo ove il recesso libero fosse stato già consentito a termini di contratto.
La sentenza è difforme dall’insegnamento di questa Corte che a partire dalla pronuncia n. 24367/2008 ha costantemente affermato il principio secondo cui la previsione della facoltà di recesso ” ad nutum ” del cliente nel contratto di prestazione d’opera intellettuale, quale contemplata dall’art. 2237, comma primo, c.c., non ha carattere inderogabile e, quindi, è possibile che, per particolari esigenze delle parti, sia esclusa una tale facoltà fino al termine del rapporto, ragion per cui anche l’apposizione di un termine ad un rapporto di collaborazione professionale continuativa può essere sufficiente ad integrare la deroga convenzionale alla suddetta facoltà di recesso, senza che a tal fine sia necessario un patto specifico ed espresso.
E’ sempre necessario accertare in concreto se le parti abbiano inteso o meno vincolarsi in modo da escludere la possibilità di scioglimento del contratto prima della scadenza pattuita, accertamento che è demandato al giudice di merito e che non può esaurirsi nella rilevazione del termine o nella mancanza di una deroga espressa, ma che deve investire l’intero contenuto del negozio, dando compiutamente conto in motivazione del risultato interpretativo ottenuto (Cass. n. 14016 del 2013; Cass. 469/2016; Cass. 21904/2018; Cass. 24350/2019; Cass. 17934/2020; Cass. 14439/2024). Non era decisiva la necessità della disdetta per impedire la rinnovazione, la quale assolve ad una funzione diversa dal recesso, poiché quest’ultimo consente lo scioglimento unilaterale del contratto in qualsiasi momento ed anche prima che
il rapporto si sia rinnovato (o successivamente a tale rinnovo), mentre la prima incide solo sulla scadenza contrattuale, determinando la cessazione o la rinnovazione del rapporto per la durata originaria, non essendo i due istituti incompatibili (come confermano le diposizioni degli artt. 3 e 4 del testo originario della l. 392/1978 in tema di locazioni immobiliari).
E’ , in conclusione, accolto il secondo motivo, con rigetto del primo ed assorbimento del terzo.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda