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Recesso ad nutum e contratto: la durata è vincolante

Una società di servizi professionali ha contestato la risoluzione anticipata di un contratto da parte di un cliente. I giudici di merito avevano considerato legittimo il recesso ad nutum, nonostante la presenza di un termine di durata. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che la pattuizione di una durata specifica può costituire una deroga alla facoltà di recesso libero, e ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione della volontà delle parti.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Recesso ad Nutum: la Durata del Contratto Può Escluderlo?

La facoltà di recesso ad nutum, ovvero la possibilità per il cliente di interrompere un rapporto di prestazione d’opera professionale in qualsiasi momento, rappresenta un principio fondamentale nel nostro ordinamento. Tuttavia, questa facoltà non è assoluta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito che l’apposizione di un termine di durata al contratto può essere sufficiente a derogare a tale diritto, vincolando le parti fino alla scadenza pattuita. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: un Contratto e una Disdetta Anticipata

Una società di servizi professionali citava in giudizio una società cliente per ottenere il pagamento dei compensi relativi a un contratto di manutenzione di parti condominiali. La società attrice sosteneva che il cliente avesse inviato una comunicazione di recesso senza rispettare il termine di preavviso di 90 giorni prima della scadenza contrattuale, e che, di conseguenza, il rapporto dovesse considerarsi efficace per un ulteriore periodo, con l’obbligo di corrispondere i relativi compensi.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano la domanda. I giudici di merito avevano interpretato la comunicazione del cliente non come una disdetta tardiva, ma come l’esercizio del diritto di recesso libero (ad nutum), legittimamente esercitabile in qualsiasi momento nei contratti d’opera intellettuale. Secondo la Corte d’Appello, la sola previsione di un termine di durata non era sufficiente a dimostrare la volontà delle parti di escludere questa facoltà.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Recesso ad Nutum

La società di servizi ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione delle norme sull’interpretazione del contratto. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame.

La Derogabilità del Recesso ad Nutum

Il punto centrale della decisione è che il diritto di recesso ad nutum previsto dall’art. 2237 c.c. per il cliente non ha carattere inderogabile. Le parti, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, possono decidere di escluderlo. Per particolari esigenze, possono quindi vincolarsi per l’intera durata del rapporto.

L’Importanza della Durata Contrattuale

La Corte ha stabilito che l’apposizione di un termine a un rapporto di collaborazione professionale continuativa può essere un elemento sufficiente a integrare la deroga convenzionale alla facoltà di recesso. In altre parole, se le parti fissano una scadenza precisa, si presume che abbiano voluto impegnarsi fino a quella data, rinunciando alla possibilità di un’interruzione anticipata e immotivata.

Le Motivazioni della Sentenza

I giudici di legittimità hanno ritenuto errata l’interpretazione della Corte d’Appello, giudicandola troppo restrittiva. Secondo la Cassazione, il giudice di merito non può limitarsi a verificare la mancanza di una clausola espressa che vieti il recesso. Deve, invece, compiere un’analisi complessiva del contenuto del negozio per accertare se le parti abbiano inteso vincolarsi per un determinato periodo, escludendo la possibilità di scioglimento anticipato. La previsione di un termine di durata, unita a una clausola di preavviso per la disdetta (finalizzata a impedire il rinnovo automatico), è un forte indizio in tal senso. La funzione della disdetta è infatti diversa da quella del recesso: la prima opera alla scadenza del contratto, mentre il secondo lo interrompe prima del termine.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la stabilità dei rapporti professionali a tempo determinato. Stabilisce che la volontà delle parti di vincolarsi fino a una scadenza predefinita, manifestata attraverso l’apposizione di un termine, prevale sulla regola generale del recesso libero. Per i professionisti e le imprese, ciò significa maggiore certezza sulla durata degli incarichi. Per i clienti, implica la necessità di valutare attentamente gli impegni assunti, poiché non potranno sciogliersi dal contratto prima della scadenza senza incorrere in responsabilità, a meno che il contratto non lo preveda espressamente.

È sempre possibile per un cliente recedere liberamente da un contratto di prestazione d’opera professionale?
No. Secondo la Corte, il diritto di recesso ad nutum del cliente non è inderogabile. Le parti possono, attraverso un accordo, escludere tale facoltà e vincolarsi fino alla scadenza pattuita del contratto.

La semplice previsione di una durata in un contratto è sufficiente a escludere il recesso ad nutum?
Sì, può essere sufficiente. La Corte afferma che l’apposizione di un termine a un rapporto di collaborazione professionale continuativa può integrare la deroga convenzionale alla facoltà di recesso, senza che sia necessario un patto specifico ed espresso in tal senso.

Qual è la differenza tra ‘disdetta’ e ‘recesso’ secondo la Corte?
La disdetta ha la funzione di impedire il rinnovo automatico del contratto alla sua scadenza naturale. Il recesso, invece, consente lo scioglimento unilaterale del contratto in qualsiasi momento, anche prima della scadenza pattuita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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