Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1271 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1271 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2024
Oggetto: compensi professionali
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33775/2019 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con domicilio in Roma, INDIRIZZO
-RICORRENTE –
contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI -MAGISTRATO DELLE ACQUE -PROVVEDITORATO INTERREGIONALE OPERE PUBBLICHE VENETO -TRENITO E FRIULI VENEZIA NOME, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, INDIRIZZO
-CONTRORICORRENTE – avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1477/2019, pubblicata in data 5.4.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.12.2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 1477/2019, la Corte distrettuale di Venezia ha confermato la pronuncia del locale tribunale con cui erano state respinte la richiesta di risoluzione del contratto di incarico per il
collaudo collegiale del Mose di Venezia, formulata da NOME COGNOME e la domanda di risarcimento del danno, pari al compenso non erogato e alla perdita di altre opportunità lavorative.
Il Tribunale aveva ritenuto che il contratto professionale prevedesse la condizione sospensiva implicita della costituzione del collegio dei collaudatori, che non aveva avuto luogo poiché uno dei membri designati, versando in situazione di incompatibilità, non aveva potuto accettare l’incarico.
Nel confermare la pronuncia, la Corte d’appello ha ritenuto che l’efficacia del contratto fosse condizionata alla regolare ed effettiva costituzione della Commissione, necessaria affinché l’incarico potesse essere svolto, e che il mancato verificarsi di tale circostanza presupposta non impedisse l’esercizio del potere di scioglimento del contratto da parte dell’amministrazione (Cass. n.12235/2007), non essendo apposto un termine di efficacia del rapporto e non avendo le parti escluso la facoltà di recesso libero.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME propone ricorso in tre motivi.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti resiste con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie.
L’eccezione di nullità della notifica del ricorso, eseguita presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato, è infondata: la tempestiva costituzione del Ministero ha sanato la nullità per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156, comma terzo, c.p.c. (Cass. 3704/1968; Cass. 3662/1969; Cass. 1548/2002; Cass. 5853/2017; Cass. 12339/2021).
3. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 1362 e ss. c.c., per aver la Corte d’appello attribuito valenza decisiva ad
un fatto, asseritamente presupposto, del tutto ignorato dallo stesso Ministero , il quale, nell’esercitare il recesso, non aveva inteso far valere la presupposizione e la mancata costituzione del collegio di collaudatori quale causa di scioglimento del contratto.
Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 1362, comma primo, 1328, 1373, comma primo e 2237 c.c., lamentando che il Giudice territoriale, in violazione dei criteri di interpretazione contrattuale, non abbia ritenuto che la costituzione della Commissione Collegiale di collaudo fosse intervenuta già con la nomina dei tre componenti, pur in assenza di una formale accettazione dell’incarico da parte di ciascuno dei designati, così negando erroneamente che il contratto avesse acquistato piena efficacia, e per aver ritenuto ammissibile il recesso ad nutum nonostante l’appos izione di un termine minimo di durata del rapporto professionale.
Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 1372, 1373, comma primo, e 2237 c.c., per aver la sentenza contraddittoriamente affermato sia che il contratto d’incarico non si era neppure perfezionato a causa del mancato avveramento della condizione sospensiva di efficacia , sia che l’amministrazione, esercitando il recesso, l’aveva sciolto . Si censura la sentenza per aver negato che l’attività professionale fosse stata almeno in parte svolta.
2.1. I tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati.
La sentenza -distintamente considerando le conseguenze derivanti dal mancato avveramento della condizione negoziale di efficacia da quelle riconducibili all’esercizio del potere di recesso da parte della committente – ha ritenuto infondata la richiesta di risoluzione per inadempimento della committenza in conseguenza di entrambi gli eventi negoziali concorrenti, ponendo in rilievo che il contratto non
era mai divenuto efficace, poiché le attività di collaudo andavano inscindibilmente svolte dal collegio di professionisti, che non era stato mai costituito (e non individualmente dai singoli professionisti designati), e che l’amministrazione aveva esercitato legittimamente il recesso ad nutum prima che il contratto avesse esecuzione, esercitando non poteri di revoca per ragioni di interesse pubblico, ma un vero e proprio recesso, espressione di facoltà negoziali conferite dal contratto.
Non rileva quindi che il recesso fosse stata esercitato per ragioni diverse da ll’esistenza della condizione implicita di efficacia , trovando giustificazione nelle circostanze addotte dall’amministrazione sulla base di motivazioni non specificamente censurate, trattandosi comunque di recesso libero ex art. 2237 comma primo, c.c. il cui esercizio, anche se non sorretto da giusta causa, determina comunque lo scioglimento del rapporto, salvo il rimborso delle spese e il compenso dovuto per le prestazioni espletate (Cass. 3707/1989),
Su tale ultimo aspetto le censure non superano, tuttavia, l’accertamento svolto nei due gradi di causa circa il fatto che nessuna attività di collaudo era stata svolta o fosse possibile svolgere senza la costituzione del collegio, a conferma dell’inscindibilità dell’incarico (cfr., su tali aspetti, Cass. 451/1973; Cass. 5203/2008), e in merito alla piena efficacia del recesso ad nutum (e del conseguente scioglimento del rapporto), con l’impossibilità di pronunciare la risoluzione per inadempimento della resistente e di dar seguito alle pretese risarcitorie.
Sotto altro profilo (in disparte la questione, non specificamente dedotta in ricorso, se la presupposizione fosse o meno rilevabile d’ufficio ), l ‘esistenza di una condizione sospensiva (implicita) non aveva impedito la costituzione del rapporto, come sostiene il
ricorrente, influendo esclusivamente sulla efficacia del contratto, e non era ostativa per l’esercizio del recesso, potendo la committente sciogliersi da ogni vincolo anche prima che il rapporto acquistasse efficacia.
La Corte di merito, oltre a chiarire, con accertamento non contestato, che il contratto non prevedeva un termine di efficacia, ma solo la prevedibile durata della fase di effettuazione del collaudo , ha posto in rilievo che neppure la previsione di un termine di durata del rapporto escludeva di per sé la facoltà di recesso “ad nutum” previsto, a favore del cliente, dal primo comma dell’art. 2237 c.c., occorrendo che il regolamento di interessi contenuto nel contratto dimostrasse che le parti avevano inteso, attraverso la previsione del termine, escludere la possibilità di scioglimento del contratto prima della scadenza pattuita, evenienza non verificatasi nel caso in esame (Cass. 21904/2018; Cass. 25668/2018; Cass. 469/2019; Cass. 22786/2013).
In conclusione, i primi due motivi sono respinti, poiché la sola legittimità del recesso, sebbene basato su motivazioni che non avevano attinenza alla condizione implicita di efficacia, giustificava lo scioglimento anticipato del vincolo contrattuale senza dar luogo a pretese economiche del ricorrente, avendo la Corte accertato in fatto che nessuna attività, neppure preliminare, era stata svolta, occorrendo il concorso di tutti i professionisti incaricati in conseguenza dell’inscindibilità della prestazione (cfr. sentenza pag. 5 e 7, ove è spiegato che poteva ‘considerarsi adempimento solo l’operato della Commissione nel suo complesso e che presupposto per svolgere l’incarico era proprio la costituzione della commissione e non l’accettazione da parte dei membri nominati).
Anche le contestazioni oggetto del terzo motivo sono da respingere, non ravvisandosi alcuna incompatibilità tra il recesso e
la pendenza della condizione implicita di efficacia, data anche la mancata apposizione di termine di durata dell’incarico.
Il ricorso è respinto, con aggravio delle spese processuali.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 10200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda