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Rationes decidendi: appello inammissibile? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione di inammissibilità di un appello. I giudici hanno stabilito che, per superare il vaglio di ammissibilità, è sufficiente che l’appellante contesti tutte le ‘rationes decidendi’ (le ragioni giuridiche) della sentenza di primo grado, anche se le argomentazioni a sostegno di una di esse sono sintetiche o scarse. Il caso riguardava una condanna per danni a un immobile, basata su due distinti articoli del codice civile (2043 e 2051). La Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto che l’appellante avesse criticato solo una delle due basi giuridiche, mentre la Cassazione ha ritenuto che la contestazione generale della propria responsabilità fosse sufficiente a coprirle entrambe.

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Rationes Decidendi e Ammissibilità dell’Appello: Basta una Critica Sintetica?

L’esito di un processo può dipendere da dettagli procedurali cruciali. Uno di questi è la corretta formulazione dell’atto di appello, specialmente quando la sentenza di primo grado si fonda su più ragioni giuridiche autonome, le cosiddette rationes decidendi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento su questo tema, stabilendo che un appello non è inammissibile solo perché le argomentazioni contro una delle rationes sono ‘scarse’. Vediamo nel dettaglio.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una richiesta di risarcimento danni avanzata dai proprietari di un immobile. Essi lamentavano che la loro abitazione avesse subito dei danni a causa di lavori di sbancamento e riempimento di un terreno confinante. Il Tribunale di primo grado accoglieva la loro domanda, condannando in solido una ditta di costruzioni e altri soggetti, tra cui il futuro ricorrente, al risarcimento.

La condanna si basava su una duplice motivazione giuridica: la responsabilità per danni cagionati da cose in custodia (ai sensi dell’art. 2051 c.c.) e la responsabilità per fatto illecito generico (ai sensi dell’art. 2043 c.c.).

La Decisione della Corte d’Appello e il nodo delle Rationes Decidendi

Uno dei condannati proponeva appello avverso la sentenza. La Corte d’Appello, tuttavia, dichiarava il gravame inammissibile per difetto di interesse. Secondo i giudici di secondo grado, la sentenza del Tribunale era sorretta da due rationes decidendi autonome e l’appellante aveva concentrato le sue critiche esclusivamente sulla responsabilità ex art. 2051 c.c., tralasciando di contestare quella basata sull’art. 2043 c.c.

In pratica, secondo la Corte territoriale, anche se le censure sull’art. 2051 c.c. fossero state fondate, la sentenza sarebbe rimasta comunque valida in virtù dell’altra ratio non impugnata. Di qui, la declaratoria di inammissibilità.

Il Ricorso in Cassazione

L’appellante non si arrendeva e ricorreva in Cassazione, sostenendo di aver, in realtà, contestato la propria responsabilità nella sua interezza, e quindi entrambe le basi giuridiche della condanna. A sostegno della sua tesi, citava un passo del suo atto d’appello in cui affermava che ‘nessuna responsabilità è comunque emersa in capo al convenuto’, né dalla prova testimoniale né dalle perizie.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d’appello con rinvio. I giudici di legittimità hanno chiarito un principio fondamentale: per considerare un appello ammissibile, non è necessaria una critica ampia e dettagliata per ciascuna delle rationes decidendi. Ciò che conta è che tutte le ragioni autonome della decisione siano state oggetto di censura, anche se in modo sintetico.

La Cassazione ha osservato che dal passo dell’appello riportato dal ricorrente si poteva ‘ben desumersi che erano state censurate entrambe le rationes decidendi’. Il fatto che le argomentazioni fossero ‘effettivamente scarse’ non significa che la doglianza non fosse stata introdotta e quindi non sussistesse. In altre parole, la Corte d’Appello ha commesso un errore nel trasformare una valutazione sulla quantità e profondità delle argomentazioni in un giudizio sulla loro stessa esistenza. La critica, seppur sintetica, era stata formulata e doveva essere esaminata nel merito.

Conclusioni

Questa ordinanza offre una lezione preziosa per la pratica legale. Se una sentenza si regge su più pilastri giuridici autonomi, è indispensabile che l’atto di impugnazione li scalfisca tutti. Tuttavia, la Corte di Cassazione adotta un approccio sostanziale piuttosto che meramente formalistico: non è l’ampiezza della critica a determinare l’ammissibilità, ma la sua effettiva presenza. Una doglianza che neghi in radice la responsabilità del convenuto è sufficiente per investire tutte le basi giuridiche della condanna, aprendo la via a un esame di merito in appello. La decisione riafferma che il diritto di difesa non può essere compresso da un’interpretazione eccessivamente rigorosa dei requisiti formali dell’atto di impugnazione.

Un appello è inammissibile se non contesta ampiamente tutte le ragioni della sentenza di primo grado?
No, secondo la Corte di Cassazione, non è l’ampiezza delle argomentazioni a determinare l’ammissibilità, ma il fatto che tutte le rationes decidendi (le ragioni giuridiche autonome della decisione) siano state, anche se sinteticamente, oggetto di censura.

Cosa significa che una sentenza si basa su più ‘rationes decidendi’?
Significa che il giudice ha fondato la sua decisione su più argomentazioni giuridiche, ciascuna delle quali sarebbe da sola sufficiente a sorreggere la sentenza. Ad esempio, una condanna per danni può basarsi sia sulla responsabilità per cose in custodia (art. 2051 c.c.) sia sulla responsabilità per fatto illecito generico (art. 2043 c.c.).

Qual è stato l’errore della Corte d’Appello nel caso esaminato?
La Corte d’Appello ha erroneamente dichiarato inammissibile l’appello ritenendo che l’appellante avesse criticato solo una delle due rationes decidendi. La Cassazione ha invece stabilito che, avendo l’appellante negato in toto la propria responsabilità, aveva implicitamente criticato entrambe le ragioni, anche se con argomentazioni scarse per una di esse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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