Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 48 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 48 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1503/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
– intimato
–
avverso il decreto del Tribunale di Vibo Valentia n. 7156/2017 depositato il 7/12/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ammetteva al passivo della procedura il credito di € 694.852,99 vantato da Riscossione Sicilia s.p.a. in ragione della tardività dell’insinuazione, dato che l’istante non aveva dimostrato che il ritardo non era dipeso da causa a lui non imputabile, nonché « perché gli estratti di ruolo prodotti si riferivano a cartelle notificate in epoca antecedente la dichiarazione di fallimento, allorquando
RAGIONE_SOCIALE era ancora RAGIONE_SOCIALE, già insinuatasi al passivo » (v. decreto impugnato, pag. 2).
Il Tribunale di Vibo Valentia, a seguito dell’opposizione presentata da RAGIONE_SOCIALE, rilevava che il G.D. aveva rigettato la domanda non solo perché tardiva, ma anche perché altrimenti si sarebbe duplicata l’ammissione degli stessi crediti, attesa l’avvenuta insinuazione tempestiva di Equitalia Sud s.p.a.
Constatava che la società opponente non aveva impugnato quest’ultimo specifico motivo di rigetto, essendosi limitata a eccepire il fatto che non le fosse stato inviato avviso ai sensi dell’art. 92 l. fall. e a rappresentare la differente soggettività giuridica di RAGIONE_SOCIALE e Riscossione RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE
Respingeva, pertanto, l’opposizione.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto, pubblicato in data 7 dicembre 2017, prospettando tre motivi di doglianza.
L’intimato fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione del principio dispositivo previsto dagli artt. 95, comma 3, e 99, comma 7, l. fall. nonché del disposto degli artt. 115, comma 1, e 112 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ.: il tribu nale ha escluso l’accoglimento della domanda di insinuazione tardiva presentata da RAGIONE_SOCIALE in mancanza di prova della differenza tra gli estratti di ruolo oggetto della domanda e quelli già ammessi su istanza di Equitalia Sud.
In realtà il curatore, pur avendone l’onere, non aveva mai eccepito, in sede di verifica dei crediti, l’identità del credito per il quale Riscossione Sicilia s.p.a. aveva domandato l’insinuazione al passivo rispetto a quello di Equitalia Sud già ammesso.
Il G.D. aveva escluso la domanda tardiva perché l’istante non aveva provato la non imputabilità del ritardo, disattendendo le osservazioni dell’istante, relative alla tardività della domanda, in quanto gli estratti di ruolo si riferivano a cartelle notificate in epoca antecedente la dichiarazione di fallimento, quando Riscossione Sicilia s.p.a. era ancora Equitalia Sud, soggetto che si era già insinuato al passivo fallimentare.
A fronte di questi erronei rilievi RAGIONE_SOCIALE aveva proposto opposizione assumendo che il G.D. aveva erroneamente identificato RAGIONE_SOCIALE con Equitalia Sud, malgrado fossero due soggetti differenti e indipendenti, e spiegando di aver provveduto essa stessa ad emettere e notificare gli estratti di ruolo.
Ciò nonostante, il tribunale ha erroneamente e illegittimamente posto a carico di Riscossione RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, in violazione del principio dispositivo, l’onere di provare una circostanza, ossia la diversità dei propri estratti di ruolo e dei crediti presupposti, rispetto a quelli già insinuati al passivo da Equitalia, della quale non poteva né doveva essere a conoscenza, stante l’assenza di qualsiasi rilievo in merito del curatore nella fase di formazione del passivo e nella fase di opposizione, dove questi era rimasto contumace.
Il tribunale, perciò, non poteva -in tesi di parte ricorrente – né rilevare d’ufficio la presunta duplicazione delle istanze di ammissione al passivo, né porre a carico dell’opponente un onere probatorio impossibile da assolvere.
4.2 Il secondo motivo di ricorso prospetta, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 12 e 24 d.P.R. 602/1973.
Queste norme evidenziano come la caratteristica della riscossione mediante ruolo deve essere ravvisata nella separazione tra titolarità del credito e titolarità dell’azione esecutiva; non era, dunque, possibile al concessionario conoscere l’esistenza di ru oli insinuati al
passivo da un altro agente della riscossione e le relative causali e dimostrarne la diversità rispetto a quelli ad essa affidati.
Il tribunale ha addossato a RAGIONE_SOCIALE le conseguenze del mancato assolvimento di un onere probatorio a cui questa non era tenuta, dando per scontato che il rischio di duplicazione fosse fondato, quando l’Agenzia delle Entrate di Vibo Valen tia aveva spiegato che vi era stata soltanto una riscossione frazionata affidata a concessionari differenti.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del rapporto di connessione fra loro esistente, risultano inammissibili.
Il tribunale non ha affatto addossato a Riscossione RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE l’onere di dimostrare la diversità dei propri estratti di ruolo da quelli già ammessi al passivo su richiesta di un altro concessionario, bensì -e ben diversamente -ha constatato che il provvedimento del G.D. si fondava su due distinte ed autonome rationes decidendi (giacché la domanda era stata giudicata da un lato tardiva, dall’altro come volta a duplicare l’ammissione degli stessi crediti, già insinuati su iniziativa di Equitalia Sud s. p.a.), rilevando poi come quest’ultimo specifico motivo di rigetto non fosse stato impugnato.
Il collegio di merito ha così fatto applicazione del principio secondo cui l’omessa impugnazione di una ratio decidendi del provvedimento impugnato rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della decisione.
Le censure in esame muovono dal presupposto che il G.D. avesse disposto l’esclusione del credito in ragione della sola tardività della domanda; non sollevano però alcuna specifica contestazione in merito all’interpretazione offerta dal tribunale al contenuto del provvedimento in quella sede impugnato, con riguardo al fatto che la decisione del G.D. fosse formata da due capi completamente autonomi.
Ne discendono, da un lato, la definitività dell’accertamento compiuto in sede di verifica in ordine al fatto che la domanda costituisse la duplicazione di una richiesta di ammissione al passivo già accolta, dall’altro l’inammissibilità delle doglianze in esame, che non colgono appieno le ragioni fondanti il provvedimento impugnato e che (contestando l’inesistenza di un onere probatorio dell’istante circa la diversità dei propri estratti di ruolo da quelli già insinuati dal concessionario in precedenza incaricato) si sviluppano sul presupposto che il provvedimento di esclusione del G.D. fosse fondato sul solo rilievo della tardività della domanda.
Il terzo motivo di ricorso lamenta, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 13, comma 1quater , d.P.R. 115/2002 e 91 cod. proc. civ.: la statuizione impugnata ha dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione senza che ne ricorressero i p resupposti, poiché l’opposizione non era stata rigettata integralmente, in quanto il tribunale aveva riconosciuto l’ammissibilità della domanda di insinuazione tardiva in considerazione del mancato invio dell’avviso previsto dall’art. 92 l. fall.
Inoltre, il tribunale avrebbe dovuto condannare la procedura al pagamento delle spese processuali, dato che l’opposizione doveva essere accolta e non respinta.
Il motivo risulta in parte infondato, in parte inammissibile.
7.1 Le Sezioni Unite di questa Corte (vedi Cass. 4315/2020) hanno enunciato il principio secondo cui è riservata al giudice la valutazione del ‘presupposto processuale’ che determina in astratto il raddoppio del contributo, ossia l’aver adottato una pronun cia integrale di rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell’impugnazione ; il che è proprio quello che è avvenuto nel caso di specie, in cui il Tribunale di
Vibo Valentia ha adottato tale statuizione dopo aver rigettato l’opposizione allo stato passivo.
Questa Corte (cfr. Cass. 4346/2024) si è poi orientata nel senso di ritenere che anche il giudice dell’opposizione allo stato passivo ex art. 98 l fall., stante la natura impugnatoria, sia pur sui generis , del giudizio, debba rendere l’attestazione della sussistenza del presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 115/2002, quando la pronuncia adottata è inquadrabile nei tipi previsti dalla norma.
7.2 Il profilo di doglianza relativo alla regolamentazione delle spese di lite non considera l’esito della lite, di totale rigetto dell’opposizione, ed assume la necessità di una diversa decisione a tal riguardo sul presupposto della fondatezza delle critiche mosse al contenuto della decisione impugnata.
L’assunto risulta così inammissibile, perché prospettato in termini incoerenti rispetto al contenuto della decisione impugnata e solo nell’auspicio di un accoglimento del ricorso in esame.
8. Il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 28 novembre 2024.