Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9643 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9643 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19962/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (p.e.c.:EMAIL) ed NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL), elettivamente domiciliata presso lo studio di quest ‘ ultimo, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall ‘ AVV_NOTAIO (p.e.c.: EMAIL), elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma,
INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Roma n. 2832/2022, pubblicata in data 2 maggio 2022;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rinvio a nuovo ruolo della causa o, in subordine, il rigetto del ricorso;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOMEAVV_NOTAIO COGNOME
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, proponeva opposizione al precetto notificato da RAGIONE_SOCIALE, con cui quest ‘ ultima, dando atto del parziale versamento delle somme portate dal decreto ingiuntivo n. 90/07 emesso dal Tribunale di Pordenone, confermato dal Tribunale con sentenza n. 372/11 ormai passata in giudicato – pacificamente onorato per sorte ed interessi legali – per aveva intimato il pagamento della somma di euro 20.856,25, data dalla differenza tra gli interessi legali già corrisposti ai sensi dell ‘ art. 1284, primo comma, cod. civ. e quelli dovuti ai sensi dell ‘ art. 2 d.lgs. n. 231/2002, da ritenersi applicabili alla fattispecie in esame.
Il Tribunale di Roma accoglieva l ‘ opposizione all ‘ esecuzione e dichiarava inefficace il precetto opposto, rilevando che il decreto ingiuntivo intimava di pagare la somma di euro 111.792,40, ‹‹ oltre interessi di legge dal dovuto al saldo ›› e che né nel ricorso monitorio, né nella sentenza che aveva definito il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo veniva fatta menzione del d.lgs. n. 231/2002.
La Corte d ‘ appello di Roma ha rigettato l ‘ appello proposto da
RAGIONE_SOCIALE, osservando, da un lato, che il giudice di merito era tenuto ad indicare quali interessi legali aveva comminato, con la conseguenza che, in difetto, dovevano intendersi dovuti solamente gli interessi di cui all ‘ art. 1284, primo comma, cod. civ., e, dall ‘ altro, che non era applicabile al caso in esame il quarto comma dell ‘ art. 1284 cod. civ., come novellato dal d.l. n. 132/2014, convertito, con modificazioni dalla legge n. 162/2014, prevedendo l ‘ art. 17 dello stesso decreto che tali disposizioni producevano effetti ‹‹ rispetto ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all ‘ entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ›› , ossia a decorrere dall ‘ 11 dicembre 2014.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della suddetta sentenza, con due motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis .1. cod. proc. civ.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato conclusioni scritte.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Il Collegio si è riservato il deposito nel termine di sessanta giorni dalla data della decisione.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo d ‘ impugnazione la ricorrente deduce ‹‹ violazione dell ‘ art. 2909 c.c. -art. 12 preleggi ›› .
Sostiene che la decisione impugnata incorre nella violazione denunciata, in quanto il Tribunale di Pordenone, con la sentenza che aveva definito il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, aveva accertato che le somme per le quali era stato richiesto il decreto ingiuntivo costituivano il corrispettivo dovuto per le opere da essa
svolte in forza di contratto di subappalto, cosicché, essendone pacifici i presupposti nel giudizio in cui si era formato il titolo esecutivo, gli ‘interessi di legge’ dovuti non potevano che essere quelli previsti dal d.lgs. n. 231/2002.
Con il secondo motivo la ricorrente censura la decisione impugnata per violazione della Direttiva 2000/35/CE, di cui il d.lgs. n. 231/2002 costituisce attuazione.
Richiamata la ratio della normativa sul contrasto al ritardo nel pagamento dei debiti commerciali e ribadito che la disciplina dettata dal d.lgs. n. 231/2002 risulta applicabile a tutti i contratti tra imprese, comunque denominati, la ricorrente assume che la decisione impugnata si pone in contrasto con il contenuto della direttiva ed invoca l ‘ applicazione dei principi espressi dalla decisione della Corte di Giustizia dell ‘ Unione europea, Grande Sezione, del 17 maggio 2022, nella causa C- 693/19, assumendo che la normativa eurounitaria prevale sul giudicato espresso di segno contrario.
Chiede, se del caso, rinvio, ex art. 267 TFUE, alla Corte di Giustizia UE, ‹‹affinché dica se contra sta o meno con la direttiva sul ritardo del pagamento dei debiti commerciali il diritto interno che imponga, vietando al Giudice dell ‘ Esecuzione di stabilire se la fattispecie rientri nel novero di quelle cui è applicabile la direttiva stessa, una interpretazione del titolo esecutivo che contrasti col diritto comunitario applicabile al caso di specie, ove dal titolo non sia rinvenibile una statuizione, con valore di giudicato, di accertamento di presupposti contrari››.
Il ricorso è inammissibile, in quanto i motivi, congiuntamente esaminati, non sono idonei alla cassazione della sentenza impugnata, incentrandosi contro una sola delle due autonome rationes decidendi su cui questa si fonda.
La Corte territoriale, invero, con la prima ratio decidendi ha
rilevato, facendo applicazione di Cass. n. 22457/17, che, avendo il giudice ingiunto il pagamento di ‹‹ interessi di legge dal dovuto al saldo ›› , senza ulteriori specificazioni, dovevano intendersi liquidati soltanto gli interessi di cui all ‘ art. 1284, primo comma, cod. civ., in ragione della portata generale di questa disposizione, rispetto alla quale le altre ipotesi di interessi previste dalla legge hanno natura speciale, cosicché non poteva ritenersi consentito al giudice dell ‘ opposizione all ‘ esecuzione di procedere alla integrazione o correzione del titolo esecutivo, in difetto di impugnazione della sentenza che aveva deciso sull ‘ opposizione a decreto ingiuntivo; con la seconda, ha escluso l ‘ applicazione, al caso in esame, del d.lgs. n. 231/2002, sul rilievo che non potesse operare, ratione temporis , la disciplina del quarto comma dell ‘ art. 1284 cod. civ. nella formulazione introdotta dall ‘ art. 17 del d.l. n. 132 del 2014, che dispone che ‹‹ se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta la domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali ›› , pacificamente applicabile ai soli giudizi introdotti a decorrere dall ‘ 11 dicembre 2014.
Questa seconda ratio, del tutto autonoma dall ‘ altra, nel senso che essa è, con ogni evidenza, in grado di sorreggere da sola la decisione, non è stata attinta dalla ricorrente con i motivi di ricorso sopra illustrati.
Ciò comporta che le doglianze svolte, non investendo in alcun modo questa seconda ratio , anche se fossero ritenute fondate, non potrebbero portare in alcun modo all ‘ accoglimento del ricorso, in quanto la decisione non cesserebbe di reggersi su quella seconda ratio , ormai consolidatasi, che vale a sorreggere la statuizione di infondatezza dell ‘ opposizione all ‘ esecuzione proposta da RAGIONE_SOCIALE
Difatti, quando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su due diverse rationes decidendi, idonee entrambe a giustificarne autonomamente le statuizioni, la circostanza che l ‘ impugnazione sia rivolta soltanto contro una di esse e non attinga l ‘ altra, determina una situazione nella quale, consolidatasi la ratio decidendi non criticata dall ‘ impugnazione, divengono inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative all ‘ altra ragione esplicitamente fatta oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l ‘ intervenuta definitività dell ‘ altra, alla cassazione della decisione stessa (Cass., sez. 3, 14/02/2012, n. 2108; Cass., sez. L, 11/02/2011, n. 3386; Cass., sez. 1, 12/10/2007, n. 21431; Cass., sez. 1, 18/09/2006, n. 20118; Cass., sez. 3, 24/05/2006, n. 12372; Cass., sez. U, 08/08/2005, n. 16602): con soluzione divergente -ma non quoad effectum e quindi senza necessità, attesa l’equipollenza del risultato, di prendere espressamente posizione sulla questione, che si lascia qui impregiudicata -dall ‘ altra, del rigetto dell ‘ impugnazione, come pure sovente si è da questa Corte affermato (Cass., sez. 3, 06/07/2020, n. 13880; Cass., 27/12/2016, n. 27015; Cass., 22/9/2011, n. 19254, Cass., sez. 1, 11/1/2007, n. 1658; Cass., sez. 3, 13/7/2005, n. 14740; Cass., sez. U, 08/08/2005, n. 16602), basata sul rilievo della prevalenza della considerazione dell ‘ intervenuta formazione del giudicato in ordine alla ratio decidendi non censurata.
A tanto consegue che deve essere rigettata -per irrilevanza della questione, in ragione dell ‘ accertata inammissibilità del ricorso -la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell ‘ Unione europea ex art. 267 TFUE, formulata dalla ricorrente.
4. Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione