Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4980 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4980 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME , rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO, pec: EMAIL
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1676/2019, della Corte di Appello di Firenze, pubblicata il 5.12.2019, notificata il 16.12.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21.2.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Oggetto: intermediazione finanziaria
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso ex art. 702 c.p.c. il ricorrente conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, il RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per sentire accertare o dichiarare la nullità e/o inefficacia e/o annullabilità dei contratti di vendita di bond emessi dalla Lehman Brother e per l’effetto condannare la convenuta alla restituzione della somma addebitata per l’acquisto oltre il risarcimento del danno. I titoli in questione erano stati trasferiti ad altro intermediario (Banco di Napoli).
-Il giudice adito con sentenza n.1073/2015 rigettava tutte le domande assumendo che:
l’ordine di acquisto era assistito da valido contratto quadro (quello n.NUMERO_DOCUMENTO richiamato nell’ordine di acquisto poi sostituito dal successivo relativo al dossier titoli n.1516 e firmato da entrambi gli investitori, padre e figlio e ove la mancata sottoscrizione dell’atto da parte della Banca era sopperita dalla sua esecuzione da entrambe le parti) cui era seguito l’ordine di acquisto per il quale non è necessaria la forma scritta e che comunque era risultato sottoscritto dal cliente, mentre la mancanza di sottoscrizione della Banca era irrilevante attesa la effettiva esecuzione dell’ordine e la sua accettazione da parte del cliente e considerato il tenore dell’art.1327 c.c.;
-in punto di danno da inadempimento contrattuale non vi era stata violazione dell’onere informativo precontrattuale, per la consegna del documento sui rischi di investimento e per l’avvenuta compilazione da parte del cliente del questionario sul profilo dell’investitore;
-che non era stata data prova, incombente sull’attore, di una situazione di conflitto di interessi della Banca;
che non ricorreva ipotesi di inadeguatezza dell’investimento, da escludere tenendo conto del profilo di investitore dichiarato; dei precedenti contestuali investimenti effettuati dal cliente in titoli similari ed anche di maggior rischi con importi investiti per somme rilevanti; dalla caratteristica del titolo inserito nella lista quelli a marchio Patti Chiari e comunque qualificato come investimento a basso rischio a tutto compatibile con il profilo di investitore del cliente;
infine, non ricorreva violazione dell’obbligo informativo in corso di investimento dato che il titolo era risultato con rating A fino a pochi giorni prima del fallimento; mentre al riguardo non significativo doveva ritenersi l’andamento dei CDS.
-L’attuale ricorrente proponeva gravame dinanzi alla Corte di Appello di Firenze che con la sentenza qui impugnata rigettava l’appello.
-Per quanto qui di interesse la Corte di merito statuiva che:
la contestazione sulla validità del contratto quadro richiamato nell’ordine di acquisto e in precedenza sottoscritto dall’attuale ricorrente e dal padre non è mai stata formulata. La contestazione riguarda un ulteriore contratto regolarmente consegnato all ‘investitore, che recepisce e ribadisce il primo, ma che è valido nonostante non sia sottoscritto dall’intermediario ;
la domanda di risarcimento del danno era disattesa poiché i titoli oggetto di contestazione erano stati onorati dalla procedura concorsuale che aveva pagato il 100% del capitale oltre gli interessi relativi alle obbligazioni;
per mera completezza osservava:
l’appellante aveva comprato le medesime obbligazioni sin dal 2003 che erano state tutte regolarmente incassate;
il cliente aveva acquistati anche titoli a più alto rischio;
nel questionario sul profilo lo stesso aveva riferito di avere una propensione al rischio molto alta;
ne derivava la totale irrilevanza sulle omesse informazioni sulle obbligazioni acquistate che risultavano adeguate al profilo del cliente;
al momento dell’acquisto (2007) il rating delle obbligazioni era pari ad A e il default del settembre 2008 fu imprevisto ed imprevedibile;
anche ai fini della clausola Patti chiari rilevava che il rating rimase positivo fino al default e non era ipotizzabile alcuna informativa precedente;
la presenza del conflitto di interesse era basato su mere allegazioni non provate.
–COGNOME NOME ha presentato ricorso per cassazione con sei motivi ed anche memoria.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente osservato che la domanda proposta dall’attuale ricorrente è mirata ad ottenere la restituzione della somma utilizzata per l’acquisto dei titoli e il conseguente risarcimento del danno.
A tal proposito la Corte formula una decisione fondata su due ratio decidendi:
infondatezza del motivo di appello riguardante l’assenza del contratto quadro richiamato nell’ordine di acquisto ;
mancata contestazione «da parte dell’appellante degli assunti dell’appellata, la quale, riferendo fatti notori, osserva come i tioli oggetto di controversia siano stati onorati dalla procedura concorsuale che ha pagato il 100% del capitale oltre interessi relativi alle obbligazioni. Tale mancata contestazionel’appellante omette di depositare la conclusionale e poi
deposita una replica ove evita accuratamente di replicare a tale osservazione – autorizza a ritenere non provato in senso negativo (in termini cioè di sua inesistenza), il ricorrere del danno di cui si chiede ristoro: con conseguente conferma del rigetto della domanda risarcitoria»;
soltanto «per mera completezza» valuta la totale infondatezza del gravame nel merito.
Il ricorrente deduce:
5. -Con il primo motivo: Violazione dell’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c. con riferimento all’art. 112 c.p.c., Nullità della sentenza per omessa pronuncia. Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 con riferimento all’art. 23 . Corte avrebbe errato a qualificare e valutare la domanda relativamente alla deduzione della nullità degli ordini per assenza di un valido contratto antecedente agli ordini di acquisto omettendo la pronuncia.
5.1 -La censura è inammissibile.
La Corte ha valutato gli esiti probatori e ha dedotto che l’investimento è stato perfezionato il 9 ottobre 2007 e che in tale data era stato sottoscritto dal solo cliente anche il contratto quadro. Nel settembre 2008 era stato sottoscritto un nuovo contratto. Nell’ordine di acquisto si fa espresso riferimento al contratto -quadro di intermediazione n. 9448/2128423 con cui è stato aperto il dossier titoli n. NUMERO_DOCUMENTO sul quale sono stati inseriti i titoli in oggetto ed in ogni caso la mancata sottoscrizione della Banca non incide sulla validità del titolo. La censura, in modo non sempre lineare, pretende una diversa valutazione degli esiti istruttori e non il mero controllo della veridicità e della coerenza delle argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata. La valutazione, non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr., anche Cass., n. 15235/2022; Cass., n. 9352/2022; Cass., n. 6000/2022; Cass., n. 25915/2021), «non potendosi surrettiziamente trasformare il
giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative» (letteralmente Cass., n. 15235/2022; cfr. Cass., S.U., n. 34476/2019; Cass., n. 8758/ 2017; Cass., n. 32026/2021; Cass., n. 9352/2022). Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 6073/2023; Cass. n. 2415/ 2023).
6. -Con il secondo motivo: Violazione dell’art. 360, comma 1, nn.3 e 4 , c.p.c. con riferimento all’art. 11 5, comma 1, c.p.c., principio di non contestazione e comma 2 fatto notorio. La Corte avrebbe ritenuto non contestata la circostanza che la procedura fallimentare dell’emittente aveva rimborsato il 100% del capitale oltre interessi al cliente e comunque lo aveva considerato fatto notorio. L’asserzione della Banca non è mai stata f ormulata; di talchè non è ipotizzabile l’applicazione del principio della non contestazione. MPS aveva, infatti, fatto riferimento a riparti parziali nella procedura.
6.1 -La censura è inammissibile.
La Corte ha ritenuto che la parte non ha mai efficacemente replicato all’affermazione dell’appellata e ha fatto riferimento all’esistenza di un fatto notorio che in sede di merito non è stato mai efficacemente contestato. Tale contestazione non può avvenire in sede di legittimità. In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti,
abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass., n. 20867/2020) ed, inoltre, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice di merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1 , n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto che va censurato nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass., n. 27847/2021).
7. -Con il terzo motivo: Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 con riferimento agli artt. 26 e 28 TUF. La corte ha ritenuto provata l’assenza di informazioni al momento della negoziazione, ma ha ritenuto la circostanza irrilevante sulla base della circostanza di precedenti acquisti del medesimo titolo effettuati dal ricorrente.
8. -Con il quarto motivo: Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4 con riferimento a ll’ art. 26 TUF e del Regolamento Consob n. 11522/98 Omessa pronuncia. La Corte non si è pronunziata sulla inadeguatezza dell’operazione per dimensione e concentrazione del rischio
9. -Con il quinto motivo: Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4 , c.p.c. con riferimento all’art. 101 c.p.c. Nullità della sentenza. Ai sensi dell’art. 1010 c.p.c., una volta rilevato d’ufficio l’assenza del nesso causale tra l’omessa informazione e la compiuta negoziazione, avrebbe dovuto assegnare un termine per consentire alle parti il deposito di osservazioni sulla questione.
10. -Con il sesto motivo: Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. con riferimento agli artt. 21 e 23 d.lgs. n. 58/1998, 28 e 29 Regolamento Consob n. 11522/1998, nonché degli artt. 1218 e 1223 c.c. La Corte ha ritenuto che non vi era prova sulla circostanza che una corretta informazione avrebbe indotto il cliente a non concludere la negoziazione del titolo
10.1 -Come si è già preliminarmente precisato le censure espresse nel terzo, quarto, quinto e sesto motivo riguardano motivazioni espresse dalla Corte soltanto per ‘ mera completezza ‘ . È inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta “ad abundantiam”, e pertanto non costituente una “ratio decidendi” della medesima. Infatti, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse (Cass., n. 23635/2010; Cass., n. 8755/2018; Cass., n. 18429/2022; Cass., n. 36387/2023).
-Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 8.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione