Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25498 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25498 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6374/2022 R.G., proposto da
COGNOME NOME COGNOME in proprio domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale NOME COGNOME ra ppresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato,
–
contro
ricorrente – per la cassazione della sentenza n. 429/2022 della CORTE d’APPELLO di Napoli pubblicata il 3.2.2022;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17.6.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE (di seguito indicata come RAGIONE_SOCIALE, dichiarandosi procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE ( d’ora in avanti indicata come
Procedimento civile -Capacità processuale -Potere di rappresentanza
ad. 17.6.2025
E-Distribuzione), giusta procura speciale per atto Notaio Atlante di Roma del 19.11.2015 (Rep. 51336 -Racc. 25445)», in data 19.4.2018 notificò all’avv. NOME COGNOME un precetto con il quale gli intimò il pagamento di euro 32.847,87, oltre agli accessori, in forza del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma n. 26570/2016 il 17.11.2016, dichiarato provvisoriamente con ordinanza ex art. 648 cod. proc. civ. del 24.5.2017.
L’avv. COGNOME oppose tale precetto citando RAGIONE_SOCIALE quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, con atto notificato il 26.4.2018, a comparire innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere deducendo, tra l’altro, che la prima non era legittimata ad agire in nome e per conto della seconda, non essendo sufficiente la procura da questa conferitale e che i difensori (della stessa RAGIONE_SOCIALE) erano privi del necessario ius postulandi . Sempre in data 26.4.2018 RAGIONE_SOCIALE notificò all’avv. COGNOME un atto con il quale dichiarò di rinunziare al precetto indicato, poiché privo d ell’avvertimento di cui all’art. 480, u . c., cod. proc. civ.
Ciononostante, il 7.5.2018 l’avv. COGNOME iscrisse a ruolo l’opposizione al precett o e il procedimento fu rubricato al n. 3991/2018 r.g. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Il 13.3.2019 RAGIONE_SOCIALE dopo essersi costituita in tale procedimento per chiedere, in considerazione della sua rinunzia al precetto opposto, la dichiarazione della cessazione della materia del contendere e la condanna dell ‘opponente a rifonderle le spese processuali, nonché al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ. per la « palese temerarietà » della sua opposizione, notificò all’avv. COGNOME la copia esecutiva della sentenza del Tribunale di Roma n. 16896/2018, con la quale era stata rigettata l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 26570/2016, e un secondo precetto, con il quale gli intimò il pagamento della complessiva somma, comprensiva delle spese di tale sentenza, di euro 38.731,43, oltre agli accessori. L’avv. COGNOME oppose anche il secondo precetto e il procedimento, rubricato al 2681/2019 r.g. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, fu riunito a quello portante il n. 3991/2018 r.g.
Con sentenza n. 1964/2020, pubblicata il 10.8.2020, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dichiarò cessata la materia del contendere quanto all’opposizione avverso il primo atto di precetto e, sul rilievo che l’ opposizione era in parte infondata e in parte inammissibile, condannò in base al criterio della soccombenza virtuale, l’avv. COGNOME a rifondere alla controparte le spese processuali. Il Tribunale, tuttavia, non si espresse in ordine all’opposizione al secondo precetto del 13.3.2019.
La Corte d’Appello di Napoli con sentenza pubblicata il 3.2.2022 rigettò l’appello proposto dall’avv. COGNOME relativamente al l’atto di precetto notificato il 19.4.2018 e lo dichiarò inammissibile quanto alla censura per l’omessa pronuncia sull’opposizione all’atto di precetto notificato il 13.3.2019 . La Corte d’appello , inoltre, gravò l’appellante delle spese del grado e lo condannò , ai sensi dell’art. 9 6, comma terzo, cod. proc. civ., al pagamento di euro 4.000 in favore dell’appellata.
La Corte d’appello , in particolare, disattese la doglianza in ordine alla legittimazione di RAGIONE_SOCIALE ad agire e resistere in giudizio per conto di EDistribuzione, assumendo l’appellante che le società possano conferire il potere di rappresentanza sostanziale o processuale solo a persone fisiche che siano loro dipendenti. Questione affatto diversa dalla necessità che la parte in senso sostanziale possa affidare il potere di rappresentarla in giudizio a soggetti, ai quali abbia conferito anche il potere di rappresentanza sostanziale in ordine alla situazione giuridica soggettiva sostanziale dedotta in giudizio. Né sussisteva alcun divieto normativo acché il potere di rappresentanza di una società possa essere attribuito ad altra.
Notò ancora la Corte d’appello che il Tribunale aveva espressamente qualificato tutti i motivi dell’opposizione al primo atto di precetto alla stregua di una «opposizione agli atti esecutivi», fatta eccezione per quello di nullità del decreto ingiuntivo alla base del precetto, che qualificava come motivo di « opposizione all’esecuzione », dichiarato inammissibile. Tale complessiva statuizione non era stata oggetto di impugnazione, sì che l’app ello proposto (in particolare il quarto motivo basato sulle eccezioni di
nullità della procura generale conferita da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, di inesistenza della costituzione di RAGIONE_SOCIALE e invalidità della procura alle liti ai difensori costituiti), là dove afferiva a ragioni qualificate come «opposizione agli atti esecutivi», era inammissibile, ‘prim’ancora che manifestamente infondato’ , per essere esperibile il solo rimedio del ricorso straordinario per cassazione.
La Corte d’appello , inoltre, rigettò la doglianza relativa al mancato rilievo che il titolo esecutivo alla base del primo atto di precetto era stato sostituito dalla sentenza di rigetto dell’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ., poiché il precetto aveva già perso efficacia a seguito della rinuncia da parte di RAGIONE_SOCIALE
Il secondo motivo d’appello, con cui l’avv. COGNOME lamentava la violazione dell’art. 306 cod. proc. civ. , era inammissibile là dove i motivi erano stati qualificati dal Tribunale come «opposizione agli atti esecutivi», mentre era infondato relativamente all’unico motivo qualificato come «opposizione all’esecuzione» : il precetto non è atto del processo e la sua rinuncia non comporta l’estinzione del proce dimento di opposizione all’esecuzione preannunciata , fermo restando che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibili i motivi di opposizione all’esecuzione.
In relazione all’omessa pronuncia sul secondo atto di precetto, l’appello era comunque inammissibile ai sensi dell’art. 618, comma secondo, cod. proc. civ., fondandosi l’opposizione sulla validità dell’atto e, quindi, da intendersi come «opposizione agli atti esecutivi».
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre l’avv. NOME COGNOME sulla base di sette motivi. Resiste con controricorso EDistribuzione.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
Entrambe le parti non hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve darsi atto che nel presente giudizio si è costituita RAGIONE_SOCIALE, soggetto nel cui interesse RAGIONE_SOCIALE, quale sua procuratrice, aveva agito in via monitoria nei confronti dell’avv. S COGNOME e notificati due atti di precetto. RAGIONE_SOCIALE si era poi costituita nella riferita qualità in primo e secondo grado nei giudizi di opposizione a precetto proposti dall’avv. COGNOME .
Va richiamato il principio di diritto in base al quale ‘Il procuratore generale ad negotia , cui siano conferiti anche poteri di rappresentanza processuale, diviene titolare di una legittimazione processuale non esclusiva rispetto a quella originaria del rappresentato, il quale può subentrargli e sostituirlo in qualunque momento del processo, non escluso quello iniziale del grado, senza che l’avvenuto conferimento di mandato al difensore, ad opera del rappresentante, comporti la necessità che questi appaia come la sola parte legittimata quanto meno nell’atto introduttivo del giudizio o del grado e con possibilità di sostituzione soltanto successiva ‘ (v. , Cass., 15 giugno 2017, n. 14894). Infatti, ‘ il procuratore generale ad negotia , cui siano conferiti poteri di rappresentanza processuale, è titolare di una legittimazione processuale coesistente con quella del rappresentato, che può subentrargli nel processo e sostituirlo in qualsiasi momento, perché il rappresentante non agisce in concorrenza con il rappresentato, ma in sua sostituzione e per suo conto ‘ (v. Cass., sez. III, 11 gennaio 2002, n. 314; Cass., sez. I, 9 luglio 1994, n. 6524).
Sempre in via preliminare, si deve rilevare che il ricorrente non ha impugnato la sentenza della Corte d’appello nella parte in cui è stata dichiarata inammissibile l’ impugnazione avverso la decisione del Tribunale, che, fatta eccezione per il motivo di opposizione fondato sulla nullità del decreto ingiuntivo alla base dell’atto di precetto notificato il 19.4.2018, aveva qualificato i restanti motivi come «opposizione agli atti esecutivi».
In particolare, la Corte d’appello si è così espressa: ‘Nessuna critica in ordine a quest’ultima decisione risulta però formulata con l’appello in
esame, che pertanto, nella misura in cui è rivolto contro le statuizioni della sentenza appellata concernenti i motivi di opposizione che il Giudice di prime cure ha qualificato di opposizione agli atti esecutivi (cioè, in particolare, per quel che concern e quello che s’è sopra, sub § 2.1, individuato come il suo quarto motivo), è certamente inammissibile (prim’ancora che manifestamente infondato alla luce di quanto osservato nel precedente paragrafo)’ (pagina 5, penultimo capoverso).
Con il quarto motivo d’appello l’avv. COGNOME aveva impugnato la sentenza del Tribunale contestando la ritenuta infondatezza delle ‘eccezioni di nullità della procura generale conferita dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, di inesistenza della costituzione in giudizio della prima di tali società e di invalidità delle procure conferite dalla seconda agli avv.ti COGNOME e COGNOME‘ (pagina 3 della sentenza, da riga 23 a riga 26).
L’avv. COGNOME non ha impugnato in questa sede tale statuizione. Pertanto, sull ‘inammissibilità dell’appello si è formato il giudicato, ossia proprio sui motivi di opposizione ai due atti di precetto basati sull’eccezione di difetto di legittimazione processuale di RAGIONE_SOCIALE con le (pretese) ricadute sulla sua costituzione in giudizio e sulla validità della procura alle liti rilasciata ai suoi difensori. Profili, questi ultimi, alla base dei primi sei motivi di ricorso per cassazione, i quali risultano, pertanto, inammissibili
In secondo luogo, i motivi di impugnazione nel complesso presentano elementi di criticità che non li sottraggono a ulteriori analoghi rilievi in termini di inammissibilità.
Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 77 e 100 cod. proc. civ., 2209, 2203, 2204 e 2094 cod. civ.
Il ricorrente lamenta che RAGIONE_SOCIALE non poteva essere nominata procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, poiché una società di capitali può ben rivolgersi, per le controversie attive e passive, a un avvocato esercente legalmente, cui la procura ad litem può essere conferita dal legale
rappresentante della società stessa o da un suo procuratore generale o speciale, al quale siano stati conferiti poteri sostanziali e processuali, o, ancora, dal procuratore e institore legati per legge da un rapporto di lavoro subordinato con essa, e quindi esclusivamente persone fisiche, facenti parte dell’assetto organizzativo interno della società stessa.
4.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., poiché nel prospettare che il potere di conferire la procura alle liti per conto di una società spetti solo al legale rappresentante, o a un procuratore o institore, che siano persone fisiche dipendenti della medesima compagine, il ricorrente non enuncia alcuna censura rispetto alla ratio decidendi espressa dalla Corte d’appello nel paragrafo 3.1. della motivazione.
In tale paragrafo si legge: ‘ La prima questione che occorre esaminare, posta la sua rilevanza anche ed innanzitutto ai fini della verifica della regolare costituzione del contraddittorio nel presente processo d’appello, è dunque quella della legittimazione della RAGIONE_SOCIALE ad agire e resistere in giudizio in nome e per conto della RAGIONE_SOCIALE, contestata dall’avv. COGNOME poiché, a suo avviso, le società possono conferire il potere di rappresentarle sostanzialmente o processualmente soltanto a persone fisiche che siano loro dipendenti. La tesi -che l’appellante sostiene corroborata da una nutrita serie di precedenti della Corte di cassazione -è però palesemente infondata. I precedenti giurisprudenziali invocati dall’avv. COGNOME si limitano invero in sostanza ad affermare in linea generale che la parte in senso sostanziale (si tratti o meno di una società) non può affidare il potere di rappresentarla in giudizio a soggetti cui non abbia conferito anche il potere di rappresentarla sostanzialmente in ordine alla situazione giuridica soggettiva sostanziale dedotta in giudizio (cfr., ad es., Cass., SS.UU., 24179/2009), non già che il soggetto cui è conferito il potere di agire, anche in giudizio, in nome e per conto di una società debba essere necessariamente una persona fisica, per di più legata da un rapporto di lavoro subordinato con la parte
rappresentata. Né comunque vi sono norme che vietino alle società di conferire il potere di farsi rappresentare sostanzialmente e processualmente ad altre società, come nella specie avvenuto. La costituzione innanzi a questa Corte della RAGIONE_SOCIALE per mezzo degli avvocati da essa nominati quali propri procuratori e difensori, quale procuratrice della RAGIONE_SOCIALE deve pertanto essere giudicata pienamente valida ed efficace, giusta la procura dalla seconda di dette società conferita alla prima per mezzo della scrittura privata autenticata dal Notaio Atlante di Roma indicata nell’epigrafe della presente sentenza’.
Il ricorrente nello sviluppo del motivo ha omesso di censurare in modo pertinente la riferita motivazione, prescindendo totalmente da essa. Il ricorrente, pertanto, ha prospettato la censura in termini non aderenti alla sentenza impugnata, di qui l’inammissibilità del motivo dovendosi senz’altro dare seguito ai consolidati principi di diritto, in base ai quali ‘La proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, comma primo, n.4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio’ (v., Cass., sez. III, 7 novembre 2005, n. 21490; sez. 6-I, 7 settembre 2017, n. 20910; in motivazione, Cass., Sez. Un., 20 marzo 2017, n. 7074, che ribadisce il principio di diritto similare affermato da Cass. n. 359 del 2005, nel senso che «Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono
concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo»; sez. 6-III, 3 luglio 2020, n. 13735).
Con il secondo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., ‘ulteriore violazione e falsa applicazione artt. 75 e 77 cod. proc. civ.’.
Il ricorrente fa notare che dalle ipotesi individuate dall’art. 77 cod. proc. civ. discende una regola generale per cui il diritto di agire spetta anche a chi abbia il potere di rappresentare l’interessato, sempre che questi ne abbia fatto espresso conferimento per iscritto, o nella totalità dei suoi affari (procuratore generale mediante conferimento di procura generale) o in un gruppo omogeneo di questi, paragonabile a un’azienda commerciale o a un suo settore (institore – con procura speciale).
5.1. Il terzo motivo , sotto la rubrica ‘RAGIONE_SOCIALE e i suoi uffici legali –RAGIONE_SOCIALE nominata procuratore generale di RAGIONE_SOCIALE -nullità ed inesistenza della procura generale ad essa conferita da RAGIONE_SOCIALE, denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., ‘ulterior e violazione e falsa applicazione artt. 75, 77, 100 e 182 cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione art. 1398 cod. civ.’
Il ricorrente espone che RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante o dei procuratori o institori, aventi poteri sostanziali e processuali, ben può rivolgersi ai propri uffici legali o alle migliaia di avvocati che esercitano all’esterno, ma non a RAGIONE_SOCIALE estranea al mondo legale. RAGIONE_SOCIALE è una società commerciale e come tale non può assumere la difesa tecnica di un altro soggetto. Proprio perché non può assumere in alcun modo la natura di procuratore generale o speciale di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE non poteva agire in nome e per conto della mandante: RAGIONE_SOCIALE ha agito quale falsus procurator.
5.2. Con il quarto motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. , ‘ Violazione e falsa applicazione art. 115 Tuilps
773/1931; l’art. 52, comma 5, lett. b) del D.Lgs n. 446/1997, D.Lgs. n.112/1999, 1. 265/2002; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1703 c.c.’
Il ricorrente argomenta che RAGIONE_SOCIALE poteva svolgere solo attività stragiudiziale di recupero crediti e non anche agire in giudizio quale procuratore speciale e/o generale di RAGIONE_SOCIALE. Solo i soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 53 del d.lgs. 446/1997, in virtù della l. 265/2002 possono svolgere l’attività di recupero dei crediti ma in favore degli Enti Locali. RAGIONE_SOCIALE non ha alcun potere di procedere al recupero di crediti per via giudiziale e, pertanto, ogni sua attività svolta in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE è inesistente.
5.3. Con il quinto motivo, sotto la rubrica ‘Inesistenza costituzione di RAGIONE_SOCIALE: mancanza di legitimatio ad processum di RAGIONE_SOCIALE: carenza dei presupposti attinenti alla regolare costituzione del rapporto processuale: violazione del rapporto processuale che attiene all’ordine pubblico’, viene denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 77 cod. proc. civ.
Il ricorrente, dopo aver lamentato che il Tribunale e la Corte di appello avrebbero omesso di decidere su una eccezione preliminare riguardante un presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale e alla legitimatio ad processum di RAGIONE_SOCIALE ha esposto che ‘questa Difesa ha invece sempre ritenuto che l’eccezione fosse fondata e che tutte le domande proposte da RAGIONE_SOCIALE a mezzo del procuratore RAGIONE_SOCIALE dovevano essere rigettate perché inammissibili’.
5.4. Con il sesto motivo , sotto la rubrica ‘nullità della procura rilasciata da RAGIONE_SOCIALE ai suoi tre procuratori costituiti in g iudizio’, è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 82 e 83 cod. proc. civ.
Il ricorrente lamenta che nel ritenere valida la procura generale conferita a RAGIONE_SOCIALE i giudici di merito hanno omesso l’esame delle disposizioni di cui agli artt. 82 e 83 cod. proc. civ., oggetto anche di motivo
di appello. Ai sensi dell’art. 77 cod. proc. civ., la rappresentanza sostanziale e processuale della società può essere conferita dal legale rappresentante anche ed esclusivamente a procuratori generali o institori che siano persone fisiche, e dipendenti della stessa società. Di contro, l ‘attività processuale compiuta da avvocati che non sono stati nominati direttamente dal legale rappresentante di E-Distribuzione o dai suoi procuratori speciali o generali, è illecita, nulla ed inesistente. Non avendo CST RAGIONE_SOCIALE alcun potere di costituirsi in giudizio, anche il conferimento della procura ai suoi legali è illegittimo, sì da travolgere ogni atto.
5.5. I motivi sopra indicati sono nel complesso inammissibili.
Anche a prescindere dalla pletorica riproposizione delle stesse doglianze alla base del primo motivo, ossia la pretesa impossibilità per una società di attribuire ad altra il potere di rappresentanza sostanziale e processuale, con le ulteriori ricadute in punto costituzione in giudizio di RAGIONE_SOCIALE e di invalidità della procura alle liti rilasciata ai suoi difensori, salvo aggiungere la lagnanza che RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto rivolgersi ai propri uffici legali o alle migliaia di avvocati che esercitano all’esterno, ma non a RAGIONE_SOCIALE estranea al mondo legale, tutti i motivi, nonostante la loro lunga e complessa articolazione, sono privi dell’identificazione della motivazione criticanda.
Il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un “non motivo” del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (principio costante: si veda Cass. 11 novembre 2005, n. 359; ed in motivazione, Cass., Sez. Un., 7074/2017, cit.; più di recente Cass. 24 settembre 2018, n. 22478; Cass. 12 gennaio 2024, n. 1341; Cass. 6 aprile 2025, n. 9059).
Il ricorrente ha omesso di indicare la motivazione criticanda, così delegando inammissibilmente questa Corte ad individuare a che cosa dovrebbe riferirsi, mentre è onere del ricorrente provvedervi, atteso che per svolgere qualsiasi motivo di impugnazione, che si correli alla motivazione della decisione impugnata, è necessario identificare quest’ultima.
Con il settimo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ.
Il ricorrente lamenta di essersi limitato a tutelare i suoi interessi, opponendosi a ogni attività svolta da RAGIONE_SOCIALE e dai suoi legali ‘perché arbitraria ed illegittima. Appare oltre modo ingiusta, ingiustificata e mortificante la condanna alle spese ed al risarcimento per responsabilità aggravata da parte della Corte Territoriale’.
6.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
La censura svolta si limita a enunciare in modo del tutto generico e assertorio la contrarietà al diritto della condanna alla rifusione delle spese del grado e al risarcimento del danno da responsabilità processuale aggravata, ma non esplica alcun rilievo che possa apprezzarsi alla stregua di una critica in diritto. Così facendo il ricorrente è nuovamente incorso nella violazione del principio di diritto enunciato da Cass. 359/2005 (confermato dalle già citate Cass., Sez. Un., 7074/2017; Cass. 22478/2018; Cass. 1341/2024; Cass. 9059/2025).
7.
Il ricorso, conclusivamente, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Il ricorrente soccombente va anche condannato al pagamento, in favore della controricorrente vittoriosa, di una somma che si stima equo determinare in misura pari alla metà dei compensi calcolati sulle spese processuali (oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente ordinanza al saldo), ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.
La proposizione di un mezzo di gravame inammissibile, per le plurime ragioni sopra esposte, e con doglianze dirette a censurare l’apprezzamento operato dal giudice di merito e all’esito di una duplice totale soccombenza , in assenza di alcuna argomentazione idonea a evidenziare vizi di legittimità dei provvedimenti impugnati, prescindendo persino dall’indicazione della motivazione resa, costituisce indice di mala fede o colpa grave e si traduce in una condotta processuale contraria ai canoni di correttezza, nonché idonea a determinare un ingiustificato sviamento del sistema processuale dai suoi fini istituzionali.
L’impugnazione oggi esaminata si pone in contrasto con un quadro ordinamentale che, da una parte, deve universalmente garantire l’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti (art.6 CEDU) e, dall’altra, deve tenere conto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) e della conseguente necessità di strumenti dissuasivi/sanzionatori (v. Corte cost. 23 giugno 2016, n. 152, dove si sottolinea anche «la finalizzazione alla tutela di un interesse che trascende – o non è, comunque, esclusivamente – quello della parte stessa, e si colora di connotati innegabilmente pubblicistici»; Corte Cost., 6 giugno 2019, n. 139; Cass., Sez. Un., 5 luglio 2017, n. 16601) rispetto ad azioni meramente dilatorie, defatigatorie o pretestuose.
Tale condotta, integrando gli estremi dell’«abuso del processo», si presta, dunque, nella fattispecie, a essere sanzionata con la condanna della parte ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte resistente vittoriosa, di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. (v. Cass. 4 agosto 2021, n. 22208; 21 settembre 2022, n. 27568; 5 dicembre 2022, n. 35593).
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso,
a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.100 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge;
condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., di euro 2.050 oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, del l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte Suprema di Cassazione in data 17 giugno 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME