Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17679 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17679 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13733/2022 R.G. proposto da :
COMUNE DI TARANTO, in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato in Taranto INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende ;
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME COGNOME
-controricorrenti-
nonchè contro
COGNOME NOMECOGNOME
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZ.DIST.TARANTO n. 395/2021 depositata il 17/11/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La presente controversia trae origine dalla condanna pronunciata nei confronti del sig. NOME COGNOME già Vice Sindaco del Comune di Taranto, ritenuto responsabile di aver predisposto e sottoposto all’approvazione del Consiglio Comunale i rendiconti consuntivi relativi agli esercizi 2000 -2004, i quali non rappresentavano fedelmente la reale situazione economicopatrimoniale dell’ente. Per tali condotte, il sig. COGNOME è stato condannato al risarcimento dei danni in favore del Comune.
Successivamente alla condanna, il sig. COGNOME procedeva alla disposizione a titolo gratuito di diversi beni immobiliari in favore del coniuge e dei figli, atti che il Comune di Taranto assumeva essere finalizzati a pregiudicare la garanzia del credito risarcitorio vantato nei suoi confronti.
Sulla scorta di tali premesse, il Comune conveniva in giudizio NOME COGNOME, la moglie NOME COGNOME e i figli NOME e NOME COGNOME chiedendo: in via principale, la dichiarazione di inefficacia ex art. 2901 c.c. delle donazioni indirette aventi ad oggetto due beni immobili, nonché delle donazioni di somme di
denaro correlate; in subordine, l’accertamento della simulazione degli atti dispositivi, con il conseguente riconoscimento in capo a NOME COGNOME della titolarità sostanziale dei beni trasferiti.
Nel corso del giudizio, a seguito del decesso dell’avv. COGNOME difensore costituito per il sig. COGNOME il giudizio veniva interrotto. Il Tribunale di Taranto, con ordinanza, dichiarava estinto il giudizio per tardiva riassunzione da parte del Comune.
Con sentenza n. 395/2021, depositata il 17 novembre 2021, la Corte d’Appello di Lecce Sezione distaccata di Taranto, in accoglimento del gravame proposto dal Comune, annullava l’ordinanza di estinzione del giudizio e, nel merito, rigettava integralmente le domande formulate dall’ente locale nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il Comune di Taranto propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.
3.1. Resistono con controricorso NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME.
Le parti hanno depositato rispettiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente esaminata l’eccezione sollevata dai controricorrenti in ordine alla validità della procura alle liti rilasciata dal dirigente del Servizio Affari Legali-Avvocatura del Comune di Taranto, sul presupposto che, al momento della notifica del ricorso per cassazione, l’ente locale non fosse amministrato da un Sindaco, bensì da un Commissario prefettizio, in ragione della decadenza degli organi elettivi (Sindaco e Consiglio comunale) intervenuta anteriormente.
L’eccezione è fondata e va accolta nei termini di seguito indicati. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la procura alle liti rilasciata da un dirigente comunale è da ritenersi inammissibile ove non sia prevista da una specifica disposizione statutaria (o,
subordinatamente, regolamentare, purché lo statuto rinvii espressamente alla normativa regolamentare in materia di rappresentanza legale).
In assenza di tale previsione, la rappresentanza processuale attiva e passiva dell’ente resta esclusivamente attribuita all’organo politico titolare della funzione rappresentativa, e cioè al Sindaco (o al Commissario prefettizio nei casi di scioglimento del consiglio comunale), ai sensi dell’art. 50 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL).
Nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l’autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all’azione, salva restando la possibilità per lo statuto comunale competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio (“ex” art. 6, secondo comma, del testo unico delle leggi sull’ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) – di prevedere l’autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l’uno o l’altro intervento in relazione alla natura o all’oggetto della controversia). Ove l’autonomia statutaria si sia così indirizzata, l’autorizzazione giuntale o la determinazione dirigenziale devono essere considerati atti necessari, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell’organo titolare della rappresentanza.
Nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, lo statuto del Comune – ed anche il regolamento del Comune, ma soltanto se lo statuto contenga un espresso rinvio, in materia, alla normativa regolamentare -può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere
gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratico – amministrativa del Comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria (o, alle condizioni di cui sopra, regolamentare) non sussista, il sindaco conserva l’esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del Comune, ai sensi dell’art. 50 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. In particolare, qualora lo statuto (o, nei limiti già indicati, il regolamento) affidi la rappresentanza a stare in giudizio in ordine all’intero contenzioso al dirigente dell’ufficio legale, questi, quando ne abbia i requisiti, può costituirsi senza bisogno di procura, ovvero attribuire l’incarico ad un professionista legale interno o del libero foro (salve le ipotesi, legalmente tipizzate, nelle quali l’ente locale può stare in giudizio senza il ministero di un legale), e, ove abilitato alla difesa presso le magistrature superiori, può anche svolgere personalmente attività difensiva nel giudizio di cassazione Cass. Sez. Un. 12868/2005; Cass. n.4556/2012).
L’art. 27 D. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (recante la disciplina del l’organizzazione del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche non statali) non attribuisce ex lege ai Dirigenti degli enti locali la legittimazione processuale, ma rimette all’autonomia statutaria e regolamentare dell’ente la possibilità di attribuire ai dirigenti tale funzione, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 4 e 16 dello stesso decreto.
Solo qualora lo Statuto comunale -o, nei limiti indicati, un Regolamento -preveda espressamente tale attribuzione, il Dirigente può validamente rilasciare procura alle liti per conto dell’ente.
Ne consegue che, in mancanza di una puntuale previsione statutaria o regolamentare conforme al quadro normativo sopra richiamato, non risultando indicata alcuna disposizione statutaria o regolamentare espressamente richiamata dallo Statuto da cui
possa desumersi che la rappresentanza legale esterna dell’ente stesso, in sede processuale, sia stata nel caso attribuita al Dirigente che ha sottoscritto la procura alle liti, la procura nella specie rilasciata dal Dirigente del Sevizio affari legali-Avvocatura del Comune, carente della legittimazione a rappresentare in giudizio l’ente locale deve ritenersi nulla, la legittimazione processuale attiva spettando esclusivamente al Sindaco (o, in caso di scioglimento degli organi elettivi, al Commissario prefettizio, quale rappresentante legale pro tempore dell’ente), ai sensi dell’art. 50 del D.Lgs. n. 267/2000 .
Ne consegue l’ inammissibilità del ricorso ex art. 83, 3° comma, c.p.c.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza