Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4601 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4601 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18179/2022 R.G. proposto da:
COGNOME COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato al proprio indirizzo PEC iscritto nel REGINDE rappresentandosi e difendendosi da sé medesimo; -ricorrente- contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliata a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE, l’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende per procura in calce al controricorso;
-controricorrente-
-intimato- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di FOGGIA n. 239/2022 depositata il 27.1.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.9.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
L’avvocato NOME COGNOME chiedeva al Giudice di Pace di Foggia l’emissione di decreto ingiuntivo, a carico di NOME e NOME COGNOME per il pagamento dei compensi professionali, asseritamente maturati, per averli patrocinati in primo ed in secondo grado in un giudizio di opposizione a sanzione amministrativa e nel connesso giudizio esecutivo dell’annullamento della sanzione disposto in secondo grado.
Avverso il decreto ingiuntivo, emesso dal Giudice di Pace di Foggia per € 2.875,08, proponevano opposizione NOME e NOME COGNOME sostenendo che quest’ultimo non aveva conferito alcun mandato all’avv. COGNOME e che la NOME lo aveva officiato solo per il giudizio di primo grado, per cui il decreto ingiuntivo doveva ritenersi nullo, chiedendo in subordine di pagare le somme dovute al professionista solo all’esito della restituzione delle somme loro dovute dal Comune di Foggia a seguito dell’annullamento della sanzione.
Il Giudice di Pace di Foggia, nella resistenza dell’avv. COGNOME, con la sentenza n. 926/2013, rigettava l’opposizione e condannava gli opponenti alle spese processuali ed al risarcimento danni ex art. 96 c.p.c., ritenendo nulla l’opposizione perché gli ingiunti avevano chiesto la nullità, anziché la revoca del decreto ingiuntivo opposto,
e ritenendo che comunque la domanda subordinata da loro avanzata e la fruizione da parte loro degli effetti favorevoli delle decisioni giudiziali sulla sanzione amministrativa dimostrassero la sussistenza dell’invocato rapporto di patrocinio.
Proposto appello dalla NOME e dal COGNOME, il Tribunale di Foggia, con la sentenza n. 239/2022 del 27.1.2022, nella resistenza dell’avv. COGNOME accoglieva parzialmente l’appello, rilevando che la richiesta avanzata dagli opponenti doveva essere qualificata come domanda di revoca del decreto ingiuntivo per difetto del rapporto di patrocinio, che riteneva provato solo per la Sebastiano per il giudizio di opposizione di primo grado e non provato per il COGNOME, e pertanto revocava il decreto ingiuntivo opposto, rigettando la domanda di pagamento dei compensi dell’avv. COGNOME nei confronti del COGNOME, vittorioso anche sulle spese processuali del doppio grado, e condannava invece la Sebastiano al solo pagamento in favore dell’avv. COGNOME dei compensi professionali per il giudizio di opposizione a sanzione amministrativa di primo grado, liquidati in € 641,00 (€ 78,00 per spese, € 163,00 per diritti ed € 400,00 per onorario), oltre accessori ed interessi, nonché al pagamento delle spese processuali del doppio grado.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso a questa Corte l’avv. COGNOME con un unico motivo, cui resiste con controricorso la NOMECOGNOME mentre il COGNOME è rimasto intimato.
Il 6.6.2023 è stata comunicata alle parti proposta di definizione anticipata per inammissibilità del ricorso, ed il 15.7.2023 l’avv. COGNOME ha avanzato istanza di decisione; non sono state depositate memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
Con l’unico motivo l’avv. COGNOME lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo n. 3) e 5) c.p.c., la falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c. e la contraddittorietà della motivazione.
Questo secondo vizio non è più invocabile dopo la riforma dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., mentre non risultano spiegate le ragioni della lamentata violazione dell’art. 83 c.p.c. A ben vedere non è contestato il principio di diritto affermato dal Tribunale di Foggia circa la necessità di tenere distinto il rapporto di patrocinio, che genera il diritto al compenso, dal semplice rilascio della procura, che di per sé non è sufficiente per affermare l’esistenza del rapporto convenzionale di patrocinio, e si punta piuttosto inammissibilmente ad ottenere dalla Suprema Corte, giudice di legittimità, una rivalutazione delle prove documentali, in particolare in ordine alla fruizione da parte degli ingiunti degli effetti favorevoli delle decisioni sui giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, al fine di ottenere un diverso giudizio di fatto sull’esistenza del rapporto di patrocinio che superi il convincimento motivatamente espresso dal giudice di merito nella sentenza impugnata.
Il ricorso è pertanto inammissibile, come già indicato nella proposta di definizione anticipata, ed il ricorrente in base alla soccombenza va condannato al pagamento in favore della controricorrente NOME della spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo secondo il criterio del disputatum (€ 2.234,00, pari ad € 2.875,00 -€ 641,00) e del risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c., oltre al pagamento in favore della Cassa delle Ammende, mentre nulla va disposto per l’intimato COGNOME
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore di NOME delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed € 1.400,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali nella misura del 15%, nonchè al risarcimento dei danni ex art. 96 comma 3° c.p.c., quantificati in € 1.400,00, ed al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di € 600,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda