Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14249 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14249 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1813-2023 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata – avverso la sentenza n. 2494/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/07/2022 R.G.N. 1158/2020;
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Latina che aveva respinto il suo ricorso diretto all’accertamento della costituzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e della persistenza di tale rapporto stante l’inefficacia del licenziamento verbale avvenuto il 25.8.2009, nonché alla condanna della suddetta società alla sua immediata riammissione in servizio e al pagamento delle retribuzioni dall’allontanamento alla riammissione effettiva e alla regolarizzazione contributiva;
la Corte d’Appello, per quanto qui rileva, fondava, in sintesi, la propria decisione sul difetto di allegazione e prova della subordinazione, e riteneva, tra l’altro, non provate la dedotta fittizietà di contratto di trasporto tra la società RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE, che aveva sottoscritto un contratto di fornitura di servizi con RAGIONE_SOCIALE) e RAGIONE_SOCIALE, e la dedotta fittizietà del rapporto di lavoro subordinato quale addetto alle consegne con RAGIONE_SOCIALE (di cui era legale rappresentante il figlio del ricorrente NOME COGNOME), prospettato come meramente formale rispetto al rapporto di lavoro sostanziale con RAGIONE_SOCIALE;
avverso la sentenza d’appello ricorre per cassazione NOME COGNOME con unico motivo, articolato in due sotto-motivi; resiste con controricorso, illustrato da memoria, la società RAGIONE_SOCIALE, mentre la società RAGIONE_SOCIALE non si è costituita nel presente grado di giudizio; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
parte ricorrente denuncia vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione del combinato degli artt. 1350, 2096 cod. civ., 1 D. Lgs. n. 368/2001 (applicabile ratione temporis ), 1 D. lgs. n.81/2015, anche in relazione agli artt. 2697 c.c., 113 e 115 c.p.c. e violazione dei canoni ermeneutici in materia di rapporto di lavoro a tempo indeterminato e relativo requisito di forma; nonché vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per l’apparenza degli argomenti usati dalla Corte territoriale per il rigetto dei motivi di appello in violazione dell’art. 111, comma 6 Cost.;
il ricorso risulta nel complesso inammissibile;
in primo luogo, perché è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. S.U. n. 34476/2019);
specificamente, la valutazione circa la sussistenza degli elementi dai quali inferire l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato costituisce un accertamento di fatto, rispetto al quale il sindacato della Corte di cassazione è equiparabile al più generale sindacato sul ricorso al ragionamento presuntivo da parte del giudice di merito; pertanto, il giudizio relativo alla qualificazione di uno specifico rapporto come subordinato o autonomo è censurabile ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. solo per ciò che riguarda l’individuazione dei caratteri identificativi del lavoro subordinato, per come tipizzati dall’art. 2094 c.c., mentre è sindacabile nei limiti ammessi dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. allorché si proponga di criticare il ragionamento (necessariamente presuntivo) concernente la scelta e la ponderazione degli elementi di fatto, altrimenti denominati indici o criteri sussidiari
di subordinazione, che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (Cass. n. 22846/2022); la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro va correttamente individuata sulla base di una serie di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente, con un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 14434/2015, n. 11959/2023);
in secondo luogo, perché, nel caso concreto, in fatto, la Corte d’Appello ha confermato integralmente la sentenza di primo grado, così realizzandosi ipotesi di cd. doppia conforme rilevante ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c. (ora art. 360, comma 4, c.p.c.) e dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.; la critica sulla scelta e valutazione dei cd. indici della subordinazione risulta, quindi, preclusa, atteso che, quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.; ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», con conseguente inammissibilità della censura ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni sono fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (v. Cass. n. 29715/2018, n. 7724/2022, n. 5934/2023, n. 26934/2023);
va infine rammentato che il sindacato di legittimità sulla motivazione è circoscritto alla sola verifica della violazione del cd. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass. S.U. n. 8053/2014, n. 23940/2017, n. 16595/2019); nel caso di specie, la Corte ha esplicitato adeguatamente il percorso logico-argomentativo che l’ha portata a ritenere non dimostrata la ricostruzione in termini di fittizietà del rapporto di lavoro con altri datori e di subordinazione con RAGIONE_SOCIALE;
le spese del presente giudizio sono regolate secondo soccombenza, e liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore di parte controricorrente costituita, dichiaratosi antistatario;
al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r . n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’Adunanza camerale del 26 marzo 2024.