Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9973 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9973 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20161-2023 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME
– controricorrente – ricorrente incidentale -nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la RAGIONE_SOCIALE,
Oggetto
R.G.N.20161/2023
COGNOME
Rep.
Ud.26/02/2025
CC
rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 611/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 26/07/2023 R.G.N. 701/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza in atti, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Lecco ha respinto la domanda di restituzione della somma di euro 1.034.805 formulata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di COGNOME NOME ed ha confermato le altre statuizione di merito; ha regolato le spese nei termini di cui in dispositivo.
A fondamento della decisione, la Corte d’appello ha confermato l’inesistenza del dedotto rapporto di lavoro subordinato tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ed ha rigettato la domanda di COGNOME volta ad accertare l’esistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro in capo alle società resistenti, l’illegittimità del licenziamento e le relative conseguenze a carico di tutte le società, posto che considerate le cariche sociali rivestite nel tempo dal lavoratore ha ritenuto non assolto da parte di quest’ultimo l’onere probatorio circa la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
Quanto alle somme già ricevute dal COGNOME, di cui la società con riconvenzionale aveva invocato la restituzione, ha escluso l’applicabilità dell’articolo 2126 c.c. ed ha affermato che l’attività fosse stata comunque svolta e che le somme imputate a titolo di retribuzione erano indice della volontà della società RAGIONE_SOCIALE di riconoscere le stesse somme per le attività di lavoro comunque poste in essere anche se non in regime di subordinazione.
La stessa società non aveva negato lo svolgimento in concreto dell’attività svolta in favore della società, essendosi limitata a contestare il solo regime di subordinazione: in tale contesto era onere della società RAGIONE_SOCIALE dimostrare la gratuità dell’attivit à svolta nel proprio interesse. Tale onere non era stato assolto. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME con tre motivi ai quali hanno resistito con controricorso le intestate società; RAGIONE_SOCIALE ha altresì proposto ricorso incidentale con 4 motivi. Le parti hanno depositato memorie. Il collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di 60 giorni dall’udienza.
Motivi della decisione
Motivi di ricorso principale
1.- Con il primo motivo ed art. 360, n. 3. si deduce violazione artt. 2094 c.c., 1 CCNL Dirigenti piccola industria Confapi, con riferimento ai requisiti della subordinazione ed agli elementi probatori forniti al riguardo, si censura la non puntuale valutazione delle istanze istruttorie
Con il secondo motivo ex art 360, n. 5 s i denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ossia lo svolgimento del ruolo di direttore delle relazioni industriali e di direttore delle risorse umane, con riferimento all’effettiva sussistenza del rapporto di lavoro subordinato intercorso tra le parti;
3.- Con il terzo motivo ex art. 360, n. 3. si prospetta la violazione artt. 24 e 111 cost. nonché degli artt. 115, 116, 421 e 437 c.p.c., in relazione alla mancata ammissione della prova testimoniale.
4.I motivi di ricorso, da esaminare unitariamente per connessione, sono inammissibili e comunque privi di fondamento.
Ed invero essi solo formalmente denunciano plurimi errores in iudicando o in procedendo, mentre nella sostanza criticano la sentenza impugnata per come ha valutato le prove e ricostruito, in base ad esse, il contenuto e le modalità di svolgimento dell’attività del ricorrente, escludendo che la stessa avesse natura subordinata, in conformità alla decisione del tribunale. Essi sono quindi inammissibili perché denunciano vizi relativi all’accertamento dei fatti, alla valutazione delle prove ed alla individuazione delle circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione che la Corte ha effettuato motivatamente valutando le emergenze probatorie, sottoponendole al proprio prudente e discrezionale vaglio critico e respingendo richieste probatorie prive di rilevanza.
Questa Corte di legittimità non potrebbe mai sostituirsi al giudice di appello e ritenere esistenti i presupposti di fatto dichiarati inesistenti dalla Corte di appello e necessari ai fini dell’integrazione della fattispecie giuridica; e quindi ripetere l e valutazioni delle circostanze di fatto, o riesaminare il materiale probatorio o il contenuto degli atti già valutati in maniera motivata dalla Corte d’appello. Fatta salva l’omessa valutazione di un fatto decisivo, il potere di selezionare e valutare le prove idonee ai fini della dimostrazione del fatto appartiene al giudice di merito e non può essere sindacato in questa sede di legittimità.
Nel caso in esame peraltro, i medesimi motivi, laddove reclamano l’omessa valutazione di fatti decisivi, incorrono in un ulteriore vizio di inammissibilità, posto che la ricorrente denuncia l’esistenza del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi che è preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le m odifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019).
Inoltre i medesimi motivi sono del pari inammissibili laddove denunciano la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. Innanzitutto perché, come già detto, la scelta dei mezzi istruttori utilizzabili per il doveroso accertamento dei fatti rilevanti per la decisione è rimessa all’apprezzamento discrezionale, ancorché motivato, del giudice di merito, ed è censurabile, quindi, in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione e non della violazione di legge (Cass. n.21603 del 2013).
Ed inoltre perché in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità.
In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della
violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti, già evidenziati, consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012 (in termini: Cass. 23940 del 2017; v. più in generale: Cass. n. 25192 del 2016; Cass. n. 14267 del 2006; Cass. n. 2707 del 2004).
Per di più, la denunciata violazione dell’art. 115 c.p.c. non è dedotta in conformità dell’insegnamento nomofilattico (v. Cass. n. 11892 del 2016) che, a proposito dell’articolo 115 c.p.c., indica che la violazione “può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre’.
Non esiste perciò alcuna violazione artt. 115 e 116 c.p.c. e 2094 c.c. Sez. 6 1, Ordinanza n. 1229 del 17/01/2019: ‘In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena
prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione’.
Infine, quanto alle denunce relative ai profili probatori, va ricordato che (Ordinanza n. 16214 del 17/06/2019) ‘Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento’.
Di seguito si esaminano i motivi di ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE
1.- Con il primo motivo ex art 360, n. 3 c.p.c. si deduce violazione art. 2126 cod. civ., avendo la Corte errato nell’applicare la norma in oggetto, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato;
La censura è inammissibile perché non si misura e non confuta la ratio decidendi della pronuncia impugnata; la Corte non ha applicato il 2126 c.c., che postula un rapporto di lavoro subordinato nullo, ma ha individuato un autonomo titolo negoziale ( volontà delle parti) atto a sorreggere la erogazione delle somme e la mancata restituzione delle stesse. La Corte ha affermato che la stessa corresponsione negli anni di somme imputate a retribuzione comprensive dei bonus era indice della volontà della società COGNOME di riconoscere a COGNOME NOME dette somme per l’attività posta in essere. Una attività era stata incontestabilmente svolta ed essa era tale da giustificare il pagamento-trattenimento di quelle somme, in base alla volontà
della società e del suo Cda e Comitato esecutivo ( dotato di poteri effettivi).
2.Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4, cpc in relazione all’art. 111 Cost. Omessa motivazione o, sotto altro profilo, motivazione apparente, nella parte in cui la sentenza, nello statuire che il lavoratore avrebbe avuto diritto a trattenere gli importi ricevuti per l’attività lavorativa posta in essere, si è era espressa in termini contradditori e non ha effettuato alcuna disamina logica o giuridica in ordine agli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento.
Il motivo è privo di fondamento atteso che la motivazione della decisione esiste ed è anche congrua; inoltre nell’attuale assetto ordinamentale il vizio di motivazione può essere censurato in Cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 4 in relazione all’art. 132 , comma 2, n. 4 c.p.c. solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente o manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. S. U. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018): ipotesi, tutte, non ravvisabili nel ragionamento logico-giuridico della impugnata pronuncia.
3.- Con il terzo motivo si denuncia ex art 360, n. 4 la violazione dell’art. 112 cpc): la Corte ha errato per aver attribuito all’ing. COGNOME il diritto di trattenere gli importi ricevuti pur in assenza di una specifica domanda diretta ad imputare le retribuzioni percepite al rapporto di amministratore.
Il motivo è privo di fondamento atteso che, come si è visto in relazione al primo motivo, il diritto del lavoratore di ritenere le somme percepite derivava dal rigetto della domanda riconvenzionale della società.
4.- Con il quarto motivo ex art. 360, n. 3 si sostiene la violazione degli artt. 2697 e 2094 cod. civ. per erronea attribuzione su
RAGIONE_SOCIALE dell’onere di ‘dimostrare la gratuità dell’attività svolta nel proprio interesse’.
Il motivo è infondato e non esiste nessuna violazione di legge avendo la Corte accertato in concreto che l’attività fosse stata svolta a titolo oneroso. In ogni caso è pure conforme all’ordinamento che, sussistendo un titolo ed un’attività svolta a titolo oneroso, l’onere di dimostrare la gratuità della stessa fosse a carico delle deducente.
5.- Per tutte le ragioni fin qui esposte entrambi i ricorsi in decisione devono essere complessivamente. Le spese del giudizio si intendono compensate tra tutte le parti del giudizio. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002 a carico di entrambi i ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 com ma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 26.2.2025