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Rapporto di lavoro subordinato: la Cassazione decide

Un lavoratore, impiegato per anni da una grande azienda di radiotelevisione tramite una successione di contratti a termine e di collaborazione, ha ottenuto il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, rigettando il ricorso dell’azienda. L’ordinanza stabilisce che la lunga inerzia del lavoratore nel contestare la natura dei contratti non costituisce un’accettazione tacita della situazione, soprattutto quando emerge un intento elusivo da parte del datore di lavoro. La sostanza del rapporto prevale sulla forma contrattuale.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rapporto di Lavoro Subordinato: Quando la Forma Cede alla Sostanza

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, offre spunti cruciali sulla qualificazione del rapporto di lavoro subordinato, specialmente nei casi in cui viene mascherato da una catena di contratti formalmente atipici. La Suprema Corte ha stabilito che la realtà fattuale delle mansioni svolte prevale sempre sul ‘nomen iuris’ del contratto, e che l’inerzia del lavoratore nel rivendicare i propri diritti non sana l’illegittimità originaria del rapporto.

I Fatti: Una Lunga Serie di Contratti Precari

Il caso esaminato riguarda un giornalista che ha lavorato per una grande azienda radiotelevisiva nazionale per circa quindici anni. Il rapporto è stato formalizzato attraverso una successione ininterrotta di contratti: prima contratti di lavoro subordinato a tempo determinato e, successivamente, molteplici contratti di collaborazione.
Nonostante la diversa etichetta formale, il lavoratore ha sempre svolto mansioni di inviato, inserito pienamente nell’organizzazione aziendale, ricevendo direttive, partecipando a riunioni di redazione e utilizzando strumenti forniti dall’azienda. Anni dopo, ha impugnato tutti i contratti, chiedendo al giudice di accertare l’esistenza di un unico e continuo rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall’inizio della collaborazione.
La Corte d’Appello gli ha dato ragione, condannando l’azienda al pagamento delle differenze retributive. L’azienda ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

L’Analisi della Corte: Perché la Realtà Prevale sul Contratto Scritto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la sentenza di secondo grado. I giudici hanno smontato punto per punto le difese del datore di lavoro, ribadendo alcuni principi fondamentali del diritto del lavoro.

Il Principio del Rapporto di Lavoro Subordinato di Fatto

Il cuore della decisione risiede nel principio secondo cui, per qualificare un rapporto di lavoro, non ci si deve fermare all’etichetta formale data dalle parti (il cosiddetto ‘nomen iuris’), ma bisogna indagare le concrete modalità di svolgimento della prestazione. Nel caso di specie, le prove testimoniali avevano dimostrato in modo inequivocabile l’esistenza degli indici tipici della subordinazione: l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.

L’Irrilevanza dell’Inerzia del Lavoratore

Uno degli argomenti principali dell’azienda era l’acquiescenza: il lungo tempo trascorso prima che il lavoratore impugnasse i contratti avrebbe dovuto essere interpretato come un’accettazione tacita della situazione. La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che la semplice inerzia non è sufficiente a configurare una risoluzione del rapporto per mutuo consenso. Per farlo, il datore di lavoro deve provare l’esistenza di circostanze ulteriori e significative che dimostrino una chiara volontà del lavoratore di porre fine al rapporto, cosa che in questo caso non è avvenuta.

La Decisione della Cassazione sul Rapporto di Lavoro Subordinato

La Corte ha rigettato sia il ricorso principale dell’azienda che quello incidentale del lavoratore, consolidando l’orientamento giurisprudenziale a favore della prevalenza della sostanza sulla forma.

Rigetto del Ricorso Principale dell’Azienda

I motivi del ricorso aziendale sono stati tutti respinti. La Corte ha ritenuto che né le dimissioni presentate durante uno dei contratti a termine, né una transazione precedentemente conclusa, potessero interrompere la continuità del rapporto di lavoro subordinato di fatto, essendo state interpretate dai giudici di merito come atti limitati ai singoli rapporti formali e non all’intera relazione lavorativa sostanziale.

Rigetto del Ricorso Incidentale del Lavoratore

Anche le richieste del lavoratore, volte a ottenere il pagamento delle retribuzioni anche per i periodi non lavorati e un’indennità di qualificazione professionale, sono state respinte. La prima per un difetto nella domanda originaria e la seconda per motivi procedurali, in quanto inammissibile in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Cassazione si fondano sulla necessità di tutelare il lavoratore quale parte debole del rapporto, impedendo che l’abuso di forme contrattuali atipiche possa mascherare un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato. I giudici hanno sottolineato che l’utilizzo sistematico e prolungato di contratti a termine o di collaborazione per coprire esigenze stabili e ordinarie dell’azienda configura un’operazione elusiva della legge. L’inerzia del lavoratore, spesso dettata dal timore di perdere il lavoro, non può essere interpretata come una rinuncia ai propri diritti fondamentali. La valutazione degli elementi fattuali, come l’inserimento nell’organizzazione aziendale e l’assoggettamento a direttive, è un accertamento di merito che, se logicamente motivato come in questo caso, non è sindacabile in sede di legittimità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

Questa ordinanza rappresenta un importante monito per le aziende che utilizzano in modo improprio contratti flessibili. Dimostra che il tempo non sana le irregolarità e che i lavoratori possono, anche a distanza di anni, ottenere il riconoscimento dei loro diritti. Per i lavoratori, invece, è la conferma che la legge offre strumenti di tutela efficaci contro la precarietà fittizia, a condizione di poter dimostrare, attraverso prove concrete, la natura subordinata della propria prestazione lavorativa.

La lunga inerzia di un lavoratore nel contestare contratti a termine può essere considerata come un’accettazione della situazione (acquiescenza)?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola inerzia o il mero decorso del tempo non sono sufficienti per dimostrare un consenso tacito del lavoratore alla risoluzione del rapporto. Il datore di lavoro deve provare l’esistenza di ulteriori e significative circostanze che manifestino una chiara volontà del lavoratore in tal senso.

Una transazione firmata tra le parti per chiudere i rapporti pregressi impedisce al lavoratore di chiedere successivamente il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato?
Non necessariamente. La Corte ha stabilito che l’interpretazione della portata di una transazione è un accertamento di fatto. Se dal testo dell’accordo e dal contesto emerge che la transazione riguardava solo specifici aspetti dei contratti formali (es. spettanze come programmista) e non la natura stessa del rapporto lavorativo (es. rapporto giornalistico dissimulato), essa non preclude un’azione successiva per l’accertamento della subordinazione.

Le dimissioni date durante uno dei contratti a termine interrompono la continuità necessaria per riconoscere un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato?
No. La Corte ha chiarito che le dimissioni da un singolo contratto a tempo determinato, all’interno di una sequenza di rapporti volti a mascherare un unico vincolo di subordinazione, non interrompono la continuità del rapporto sostanziale. Tali dimissioni esplicano i loro effetti solo sul singolo contratto formale, ma non precludono il diritto del lavoratore di far accertare l’esistenza di un rapporto a tempo indeterminato sin dall’origine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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