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Rapporto di lavoro simulato: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito che negavano le pretese economiche di una donna basate su un presunto rapporto di lavoro domestico con il suo defunto partner. È stato accertato che si trattava di un rapporto di lavoro simulato, creato al solo scopo di ottenere un permesso di soggiorno, mentre la vera natura del legame era una relazione sentimentale. La Corte ha ribadito che la valutazione delle prove è compito dei giudici di merito e non può essere ridiscussa in sede di legittimità.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rapporto di Lavoro Simulato: Quando il Contratto Nasconde una Relazione Personale

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico di rapporto di lavoro simulato, chiarendo i confini tra prestazione lavorativa e legame affettivo. La vicenda riguarda una donna che, dopo la morte del partner, ha citato in giudizio gli eredi per ottenere differenze retributive, TFR e indennità, sostenendo di aver lavorato per lui come collaboratrice domestica per oltre dodici anni. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste, ritenendo il contratto di lavoro una mera finzione.

I Fatti del Caso: Lavoro Domestico o Relazione Sentimentale?

La ricorrente affermava di aver lavorato dal 2005 al 2017 presso la seconda casa del suo datore di lavoro, deceduto nel 2017. A seguito del decesso, ha richiesto agli eredi il pagamento di tutte le spettanze maturate in qualità di lavoratrice domestica. Gli eredi si sono opposti, sostenendo che tra i due non vi era mai stato un rapporto di lavoro subordinato, bensì una relazione sentimentale. A loro dire, il contratto di lavoro era stato creato fittiziamente al solo scopo di permettere alla donna di ottenere un permesso di soggiorno per soggiornare regolarmente in Italia.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia in primo che in secondo grado, i giudici hanno dato ragione agli eredi. Le corti hanno concluso che il rapporto di lavoro era simulato. Questa conclusione non si basava su semplici presunzioni, ma sull’analisi di una copiosa documentazione prodotta dagli eredi. Tali documenti, non contestati dalla ricorrente, dimostravano l’esistenza di una relazione affettiva stabile e duratura. Di conseguenza, le richieste economiche della donna sono state respinte, e la stessa è stata condannata per lite temeraria al pagamento di una somma in favore degli eredi.

Le Ragioni del Ricorso in Cassazione

Insoddisfatta della decisione, la donna ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Errata applicazione delle norme sulla simulazione: Sosteneva che i giudici avessero errato nel ritenere provata la simulazione, ignorando le prove da lei fornite (contratto, buste paga) e non ammettendo le testimonianze a suo favore.
2. Omesso esame di un fatto decisivo: Lamentava che la motivazione della sentenza d’appello fosse insufficiente a giustificare l’accertamento della simulazione.
3. Violazione della norma sulla lite temeraria: Contestava la condanna al risarcimento danni, ritenendola ingiusta e sproporzionata.

Le Motivazioni della Corte: Prova del Rapporto di Lavoro Simulato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando tutte le censure. Gli Ermellini hanno innanzitutto chiarito che il ricorso mirava, in sostanza, a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività preclusa in sede di legittimità. Il compito della Cassazione non è riesaminare il merito della causa, ma verificare la corretta applicazione della legge.
Nel merito, la Corte ha sottolineato che la decisione dei giudici di appello era logicamente e giuridicamente ben motivata. La simulazione non era stata dedotta da mere presunzioni, ma da un accertamento diretto basato su prove documentali concrete che dimostravano “un ben altro tipo di rapporto” tra le parti, ovvero una relazione sentimentale. Il contratto di lavoro, secondo la Corte, era finalizzato a scopi illeciti: prima ottenere la permanenza sul territorio nazionale e, successivamente, percepire indebitamente l’indennità di disoccupazione (Naspi). I giudici hanno quindi confermato che la valutazione delle prove e la scelta di quali ritenere più attendibili spetta esclusivamente al giudice di merito.
Infine, anche la censura relativa alla condanna per lite temeraria è stata respinta, poiché la liquidazione della somma rientra nel potere discrezionale del giudice e non è sindacabile in Cassazione se adeguatamente motivata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Il suo ruolo è garantire l’uniforme interpretazione della legge. La sentenza evidenzia inoltre come, in presenza di prove documentali solide che indicano la natura simulata di un contratto di lavoro, le prove formali come buste paga e contratti possono essere superate. Il caso insegna che l’utilizzo di un contratto di lavoro per fini diversi da quelli previsti dalla legge, come ottenere un permesso di soggiorno, costituisce una simulazione che, se provata, rende il contratto nullo e privo di effetti, esponendo la parte che agisce in giudizio al rischio di una condanna per lite temeraria.

Un contratto di lavoro può essere considerato fittizio se esiste una relazione sentimentale tra le parti?
Sì. Se viene provato che la vera natura del rapporto è una relazione sentimentale e che il contratto di lavoro è stato stipulato solo per altri fini (come ottenere un permesso di soggiorno), i giudici possono dichiarare la simulazione del rapporto di lavoro, rendendolo privo di effetti giuridici.

Quali prove possono essere usate per dimostrare che un rapporto di lavoro è simulato?
La prova della simulazione può derivare da una vasta gamma di elementi. Nel caso esaminato, è stata decisiva la “copiosa documentazione” prodotta dalla parte resistente, che dimostrava la natura affettiva del legame e che non è stata contestata in modo specifico dalla ricorrente. Questo dimostra che le prove documentali che rivelano la realtà dei fatti possono prevalere sugli aspetti formali come il contratto scritto o le buste paga.

È possibile contestare la valutazione delle prove fatta dai giudici di primo e secondo grado presentando un ricorso in Cassazione?
No, di norma non è possibile. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo compito non è quello di riesaminare i fatti o di valutare nuovamente le prove. Può intervenire solo per violazioni di legge o per vizi logici gravi nella motivazione della sentenza, ma non può sostituire il proprio apprezzamento dei fatti a quello dei giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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